LUCIANO CERASA, Dai grandi ai (tanti) piccoli: la mappa dell’evasione fiscale –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 18 OTTOBRE 2019

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 18 OTTOBRE 2019

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Dai grandi ai (tanti) piccoli: la mappa dell’evasione fiscale

Dai grandi ai (tanti) piccoli: la mappa dell’evasione fiscale

Nel mirino – Il nero supera 109 miliardi di euro all’anno. Autonomi e imprese sono quelli con la maggiore propensione a non versare

Chi sono e quanti sono gli evasori grandi e piccoli in Italia? Mentre si discute ancora se aggirare il fisco sia un peccato veniale o un reato da punire, perlomeno come un furto con destrezza qualsiasi, le statistiche ufficiali ci forniscono una fotografia abbastanza nitida di un fenomeno di massa che interroga la cultura giuridica del Paese. Come certifica l’annuale rapporto allegato alla Nota di aggiustamento del documento di economia e finanza sui risultati conseguiti dallo Stato in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, in media la stima dell’evasione tributaria per il triennio 2014-2016 – calcolata come il divario tra gettito teorico e gettito effettivo – è pari a circa 109,7 miliardi di euro, di cui 98,3 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,4 miliardi di non-entrate contributive.

Il tax gap dell’Irpef da lavoro autonomo e da impresa, Ires, Iva e Irap ammonta a 84 miliardi di euro. A questa stima occorre aggiungere circa 6,1 miliardi di euro dell’Irpef per il lavoro dipendente irregolare, comprese le addizionali regionali e comunali, circa 5,1 miliardi di euro dell’Imu per gli immobili diversi dall’abitazione principale, circa 944 milioni di euro per la cedolare secca e 741 milioni per il canone Rai.

Si osserva, in particolare, una propensione media al gap Irpef per i lavoratori autonomi e le imprese pari al 68,3% che sottrae in media all’erario 33,3 miliardi l’anno, contro il 3,7% del lavoro dipendente (5,3 miliardi).

Lo scarto tra gettito realizzato e atteso si attesta al 27,1% per l’Iva (35,8 miliardi), al 23,6% per l’Ires (8,2 miliardi) e al 21,5% per l’Irap (6,5 miliardi). L’Imu sconta un coefficiente di inattendibilità del 26,6%. L’11,2% delle locazioni sfugge alla tassazione (944 milioni), come il 27,4% del canone Rai, nonostante il prelievo forzoso sulle bollette elettriche. Da sottolineare che la quota di imposte per le quali è stato stimato il tax gap si ferma all’87,5%.

Secondo l’ultimo Rapporto Istat pubblicato due giorni fa l’economia “non osservata”, che sfugge cioè alla contabilità nazionale e quindi anche ai pochi controlli dell’Agenzia delle Entrate ammonta a 211 miliardi di euro nel solo 2017: il 12,1% del Pil. Al sommerso economico (valore aggiunto occultato), che vale poco meno di 192 miliardi di euro, si sommano le attività illegali pari a circa 19 miliardi. Il 41,7% del sommerso si concentra nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, trasporti e magazzinaggio, attività di alloggio e ristorazione, dove si genera il 21,4% del valore aggiunto totale. I lavoratori irregolari nel 2017 erano 3 milioni 700 mila, in crescita di 25 mila unità rispetto al 2016. Nella media del triennio 2014-2016 risultano mancate entrate contributive pari a circa 11,4 miliardi di euro l’anno, di cui 8,6 miliardi circa a carico dei datori di lavoro e 2,7 miliardi a carico dei lavoratori dipendenti. Dalla rilevazione annuale dei risultati dell’azione ispettiva svolta dall’Ispettorato del lavoro emerge una positività dei controlli effettuati in rapporto al numero di aziende elevatissima. Nel 2016 a fronte di 144.163 ispezioni e 166.280 verifiche ispettive sono stati accertati 162.932 lavoratori irregolari, di cui 42.306 completamente in nero.

Dall’Europa arriva un dato eclatante sulla prima industria italiana: la fuga di capitali in nero. L’ultimo rapporto del Dipartimento per la fiscalità generale e l’unione doganale della Commissione europea, diffuso venerdì scorso, mostra che l’Italia è al quarto posto nell’Unione per la quantità di patrimoni esportati nei paradisi fiscali. Nel 2016 sono stati 142 miliardi di euro, pari all’8,1% del Pil. La tendenza a omettere redditi e tesoretti vari nella dichiarazione all’Agenzia delle Entrate si è ridotta negli anni. Nel 2001 erano stati portati fuori dai confini 216, 9 miliardi di dollari, nel 2015 “solo” 163,4. Per di più avvertono alla Commissione europea, questi calcoli della ricchezza offshore comprendono solo i depositi bancari (25%) e le attività di portafoglio (75%). Sfuggono dalle maglie della statistica assicurazioni sulla vita, contanti, criptovalute, gioielli, metalli preziosi e opere d’arte. Chi ha la possibilità di aprire una residenza in un Paese offshore non è un mancato contribuente qualsiasi. La ricchezza detenuta indirettamente da cittadini europei nei paradisi fiscali tramite soprattutto società di comodo ammontava a circa il 44% del totale di questo immenso tesoro, sperduto tra isolette tropicali e forzieri olandesi e lussemburghesi veri o virtuali.

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