–grazie a nemo ! — MICHELE SERRA, L’ANALISI. IL NORMALE PAESE DELL’ODIO. REPUBBLICA — 8 NOVEMBRE 2019 –pag. 1-39

 

 

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LE PERLE DI NEMO

 

 

REPUBBLICA — 8 NOVEMBRE 2019 –pag. 1-39

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L’analisi

Il normale Paese dell’odio

di Michele Serra

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LILIANA SEGRE

 

 

 

U na signora milanese di 89 anni, deportata nei lager come milioni di ebrei d’Europa e scampata, insieme a pochi, allo sterminio, deve girare scortata da due carabinieri perché subissata di insulti e minacce online. Succede in Italia il sette di novembre dell’anno 2019.

La notizia non consente di drammatizzare né di minimizzare. Ha una sua definitiva e terrificante eloquenza. È la conferma “ufficiale” che settantacinque anni dopo i campi di sterminio la voce dei carnefici ancora si leva contro le vittime (superior stabat lupus…). Imputa loro di essere vivi e per giunta parlanti. È l’odio che l’assassino nutre per il testimone del suo delitto.

Liliana Segre è stata nominata senatrice a vita proprio in virtù della sua testimonianza; dunque, trattandosi di Auschwitz, della sua sopravvivenza. Di qui l’ostilità implacabile di chi nega la Shoah come di chi la rivendica.

Categoria, questa seconda, tutt’altro che trascurabile e anzi quasi “pop”, come dimostra la frequente invocazione sui social, anche da parte di bravi padri e madri di famiglia, anche di consiglieri comunali di ridenti e prosperose cittadine del Nord, a “Hitler che non ha finito il suo lavoro”.

Chi attacca gli ebrei scampati ai forni lo fa con l’accanimento (satanico, direbbe un credente) dei malvagi. Ma lo fa anche con una baldanza, e una “normalità”, che possono essere giustificate solo da un mutamento altrettanto sconvolgente del quadro politico, del quale stentiamo a renderci conto fino in fondo.

Perché nazisti, fascisti, razzisti sono sempre esistiti; ma mai come adesso, nella storia europea successiva alla catastrofe della guerra, si sono sentiti nel pieno diritto di esserlo. E così ben rappresentati sulla scena politica.

“Normali”: è soprattutto questo, nelle costanti apparizioni pubbliche, di piazza e mediatiche, che rivendicano di essere i giovanotti che fanno selfie con la svastica e inneggiano a Mussolini (persecutore e deportatore di migliaia di italiani ebrei. Innocenti, ma ebrei.

Uguali a lui, a noi, a loro, a tutti: ma ebrei).

Di questi “normali” derisori di Anna Frank, e fischiatori di neri, e linciatori morali e a volte fisici di chiunque non sia dello stesso branco, sono piene le curve di stadio, divenute non si sa perché, non si sa come, calamite dell’istinto di sopraffazione; e ne è piena quella immensa curva di stadio che sono i social, che in queste ore, a quanto pare, stanno rincarando la dose dei “buuuh” alla signora Segre, colpevole di scorta, dunque colpevole di vittimismo da un lato (il vittimismo di una vittima!), di arroganza castale dall’altro: che altro può essere, una senatrice a vita, se non un membro della casta?

Il risultato (ovvio, inevitabile dopo anni di assuefazione a tutta la merda di cui sopra) è una signora di 89 anni che altro non ha fatto, nella sua vita recente, che parlare, tra l’altro con pacatezza ammirevole, del martirio di milioni di esseri umani, assegnata alla protezione delle forze dell’ordine: come chi si ribella alla mafia.

Non per spirito polemico, nemmeno per puntiglio cronistico, solo per il rispetto dell’evidenza va ricordato che pochi giorni fa quasi mezzo Parlamento italiano — la metà di destra; nella quale è compresa tutta la destra italiana, anche lo sparuto manipolo dei sedicenti moderati — è rimasto seduto e silenzioso di fronte alla senatrice Segre.

Astenendosi (perfino fisicamente, grazie alla postura) dall’adesione a un progetto di contrasto all’odio razziale che per quanto “burocratico”, per quanto velleitario, avrebbe meritato almeno un poco di rispetto, invece che finire nel calderone becero, indecente, della rivolta contro il “politicamente corretto”.

Già, perché anche inorridire di fronte alla deportazione degli ebrei, a questo punto della storia italiana, rischia di diventare appena un segmento, tra i tanti, del “politicamente corretto”.

Nessuno è così stupido, e neanche così pessimista, da pensare che quei parlamentari rimasti con il culo sulla poltrona di fronte a Liliana Segre (dunque di fronte ai cancelli di Auschwitz) siano favorevoli ai lager, o fascisti, o nazisti (anche se qualcuno sicuramente lo è: nei banchi della Lega e nei banchi di Fratelli d’Italia).

Ma nessuno è così stupido, e neanche così ottimista, da non capire che il ripudio dell’antifascismo da parte della destra italiana, da Berlusconi in poi, non poteva che avere conseguenze devastanti.

L’antifascismo è consustanziale alla democrazia europea: addirittura alla nascita dell’Europa.

Non lo è perché così ci piace pensare, così ci piace dire.

Lo è perché così la Storia ha stabilito: la distruzione del nazifascismo, la Bestia che scatenò la Guerra, è la condizione stessa della rinascita dei popoli europei. Tanto per capire meglio che cosa significa “sovranismo”: distruzione dell’Europa ovvero della democrazia.

La destra italiana non è più antifascista da tempo.

Senza rendersi conto che questo significa, per lei stessa, perdere orientamento, perdere identità, perdere autonomia.

Insomma perdere se stessa. Se l’è mangiata tutta quanta, infatti, quel Capitano che pareva destinato a incarnare solamente i sogni della destra energumena e antidemocratica: un estremista, un curvaiolo, come da autobiografia. Ma l’intero stadio si è arreso alla curva. L’intero stadio è curva.

Per questo la senatrice Segre, scampata ad Auschwitz, deve girare con la scorta. Con una grande e comprensibile voglia: abbandonare lo stadio. Abbandonarlo al suo destino.

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