SPAGNA::: RISULTATI ELEZIONI — 11 NOVEMBRE 2019:: 1. PIERRE HASKI, INTERNAZIONALE; 2. ALDO CAZZULLO DEL CORRIERE : IN SPAGNA LE ELEZIONI PROLUNGANO LA CRISI POLITICA, A MENO CHE IL PSOE CHIEDA AIUTO AL Pp –VOX TERZO PARTITO

 

INTERNAZIONALE — 11 NOVEMBRE 2019

https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2019/11/11/spagna-elezioni-crisi

 

 

Il primo ministro spagnolo uscente, Pedro Sánchez, davanti al quartier generale del Partito socialista a Madrid, il 10 novembre 2019. (Bernat Armangue, Ap/Ansa)

 

 

In Spagna le elezioni anticipate prolungano la crisi politica

 

 

Domenica 10 novembre gli spagnoli hanno votato per la quarta volta in quattro anni, e le ennesime elezioni anticipate non hanno permesso al paese di lasciarsi alle spalle la crisi politica. Al contrario.

L’elemento sconvolgente delle elezioni in Spagna è il risultato di Vox, partito di estrema destra che ha raddoppiato il numero di seggi. Fino a cinque anni fa Vox non esisteva, ma oggi è la terza forza politica nazionale. Il partito deve questo successo alla crisi catalana e alle violenze che il mese scorso hanno segnato Barcellona dopo la condanna a dure pene carcerarie inflitta ai leader indipendentisti. L’estrema destra ha sfruttato la situazione durante la campagna elettorale per soffrire sul nazionalismo.

Ma Vox si nutre anche dell’instabilità politica spagnola. Il primo ministro socialista Sánchez non è riuscito a costruire una maggioranza dopo il voto di aprile, e anche stavolta incontrerà grandi difficoltà.

Qualcosa si è bloccato nella vita politica spagnola, che dopo il ritorno della democrazia e la morte di Franco era stata dominata da due grandi partiti, i socialisti e i conservatori.

 

La crisi economica ha colpito duramente il paese, con il suo bagaglio di sfiducia nei confronti di una classe politica considerata inefficace. Ma le alternative via via emerse hanno mostrato presto i loro limiti. Ciudadanos, formazione di centrodestra, ha vissuto un periodo di gloria, ma è crollata nello scrutinio di domenica. Podemos, partito della sinistra radicale, è costretto ad affrontare complicati problemi interni. Nel frattempo la crisi catalana ha permesso all’estrema destra di crescere, prima in Andalusia e poi a livello nazionale.

La frammentazione non è appannaggio esclusivo della Spagna, ma un fenomeno che si ripresenta in quasi tutte le democrazie europee, colpite dalla crisi dei grandi partiti di governo. Accade in Francia, in Italia e nella maggior parte delle vecchie democrazie, Germania compresa, dove la grande coalizione destra-sinistra sembra non avere più futuro.

L’aspetto più significativo, in tutto questo, è che il voto, strumento di decisione definitiva da parte del popolo sui grandi temi di un paese, non è più sufficiente in questo clima segnato dalla polarizzazione. È il caso della Spagna, ormai in crisi prolungata, ma non solo. I britannici voteranno tra tre settimane, anche in questo caso anticipatamente, per tentare di uscire dall’impasse in cui si trovano ormai da tre anni.

A essere rimessa in causa, evidentemente, è la democrazia rappresentativa. Gli elettori hanno la sensazione che il voto non possa cambiare le loro vite perché le decisioni non dipendono più dalle urne ma da forze più potenti e più oscure. I social network, dal canto loro, non fanno che alimentare questo sospetto.

Winston Churchill diceva che la “democrazia è il peggiore dei sistemi, fatta eccezione per tutti gli altri”. L’aforisma si applica anche alla democrazia rappresentativa, che manifesta segnali d’usura e persino di inadeguatezza alle esigenze dei cittadini. Il problema è che non abbiamo ancora trovato qualcosa di meglio.

 

(Traduzione di Andrea Sparacino)

 

CORRIERE–10 NOVEMBRE 2019

https://www.corriere.it/esteri/19_novembre_10/elezioni-spagna-risultati-2019-vox-psoe-64de97c6-03e2-11ea-a09d-144c1806035c.shtml

 

 

 

Elezioni in Spagna, i risultati: Sánchez perde la scommessa, ultradestra raddoppia

I socialisti spagnoli sono il primo partito ma non sfondano. Il Pp recupera: è l’alleato possibile per il governo di grande coalizione. Vox la terza forza in Parlamento

Elezioni in Spagna, i risultati: Sánchez perde la scommessa, ultradestra raddoppiaA sinistra il socialista Pedro Sánchez, a destra Santiago Abascal (Vox)

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Pedro Sánchez perde tre seggi e una scommessa. Il premier non ha più una maggioranza di sinistra, assiste al boom dell’estrema destra, ha bisogno del Pp. L’unica soluzione è l’accordo tra i due grandi partiti. Mancano dieci minuti a mezzanotte, quando Sánchez parla da un palco davanti alla sede del partito socialista. I militanti quasi non lo stanno a sentire. Gridano, cantano, gli danno sulla voce. Lui è costretto a sgolarsi: «Lasciatemi finire… vi prego… vi vedo molto partecipativi, anche troppo… Stavo dicendo che abbiamo vinto…».    In realtà, stavolta Sánchez non ha vinto. È arrivato primo. Non è la stessa cosa. Aveva chiesto il voto anticipato nella convinzione di crescere rispetto alle elezioni del 28 aprile. Invece il segno è negativo. Soprattutto, la situazione si è molto complicata.

Podemos perde sette seggi: una soddisfazione personale per Sánchez, che non ama Pablo Iglesias; ma anche una possibilità in meno, uno schema di gioco che diventa impossibile, un forno che si chiude. Nel Parlamento uscente esisteva una teorica maggioranza di sinistra; in quello nuovo, no; a meno di non mettere insieme un terrificante puzzle di indipendentisti catalani, autonomisti baschi, nazionalisti navarrini.«Con Casado no!» implorano i militanti. In realtà, a Sánchez non resta che l’accordo con il nemico di sempre: il Partito popolare di Pablo Casado, la destra un tempo considerata postfranchista e ora moderata.    Più che una grande coalizione, sarà un compromesso storico. Lo impone anche il buon risultato dei separatisti.

In Catalogna il primo partito è la Sinistra repubblicana, il cui leader Oriol Junqueras è in galera; risalgono gli indipendentisti duri di Junts per Catalunya; entrano alle Cortes gli estremisti della Cup, che finora non partecipavano alle elezioni nazionali per non dare l’impressione di riconoscere lo Stato spagnolo. Con gli autonomisti delle Canarie e della Cantabria, si affacciano in Parlamento pure il Blocco galiziano e la lista che ricorda: «Teruel existe!».

 Il boom di Santiago Abascal, che raccoglie oltre il doppio dei seggi, rappresenta uno choc emotivo per la sinistra spagnola. Ad aprile Sánchez era riuscito a mobilitare il proprio elettorato, e a convincere moderati e incerti che la destra neofranchista e antisistema rappresentava un rischio per la democrazia. Stavolta non è andata così. Vox tallona Psoe e Pp a Madrid. È il primo partito a Murcia. Conquista l’unico seggio di Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco, dove l’immigrazione è l’emergenza quotidiana. E si consolida in tutto il Paese. «Abbiamo restituito voce a un pezzo di Spagna che non l’aveva – grida nella notte Abascal -. Ora aspettiamo anche gli amici che votavano socialista».

Il Partido popular, invece, si è presentato a queste elezioni su una linea di centro. La svolta è cominciata proprio la sera del 28 aprile, quando il giovane leader Pablo Casado disse testualmente: «Ho appena telefonato al presidente Sánchez. Il Psoe ha vinto le elezioni. Il Partido socialista obrero español è un grande partito, che ha fatto la storia del nostro Paese». Stavolta il Pp ha ventidue seggi in più, Casado non deve riconoscere una sconfitta. Si presenta come «forza tranquilla» e apre al dialogo con i socialisti: «Aspettiamo le proposte di Sánchez».

 La lista del premier resta quella più votata. Ma ad aprile aveva il doppio dei seggi rispetto al Pp. Ora la distanza si è ridotta. E la soluzione più probabile è un’intesa tra i due grandi partiti, coerente con la tendenza al ritorno del bipolarismo. L’obiettivo di Sánchez era sconfiggere nettamente il Pp e indurlo ad astenersi, senza nessuna condizione che non fosse la linea dura con i separatisti catalani. L’obiettivo è fallito. I popolari proveranno a chiedere a Sánchez la rinuncia alla Moncloa, la sede del premier. Non è detto che finisca così. È solo la mossa d’apertura di una partita a scacchi che si annuncia lunga; ma con Vox tanto forte, Casado dovrà ottenere qualcosa, prima di dare il via libera a un governo socialista. I mercati, gli industriali, la finanza – e la Germania che controlla il debito pubblico spagnolo – spingeranno per un accordo, che eviti un altro ritorno alle urne e un nuovo regalo ad Abascal.

La nascita di un partito estremista può essere un problema grave anche per i popolari, come è stata per la destra repubblicana francese Marine Le Pen, svelta a congratularsi con «l’amico Santiago». La prima vittima è Albert Rivera, il fondatore di Ciudadanos: un movimento centrista che due anni fa è stato anche in testa ai sondaggi, e ora crolla al 6%. Rivera annuncia un congresso che potrebbe segnare l’avvento di Inés Arrimada, la capolista in Catalogna che ha salvato l’onore del partito. Lui invece si è suicidato: se avesse appoggiato il governo Sánchez, avrebbe evitato il voto e una punizione così severa.

Pure Podemos, stasera ridimensionata, ha un numero 2 donna. È Irene Montero, la compagna del capo. La coppia arriva in sede con i gemellini Leo e Manuel e la piccola Aitana, tre mesi, in braccio al padre. Per Iglesias un governo Psoe-Pp sarebbe l’ipotesi migliore, visto che gli aprirebbe un grande spazio a sinistra. Esordisce salutando i «compagni fotografi», chiude «tendendo la mano ai compagni socialisti». Ma sono lontani i tempi in cui festeggiava i risultati cantando a pugno chiuso «El pueblo unido jamás será vencido» nella piazza sotto il museo Reina Sofia, che custodisce Guernica di Picasso, la massima testimonianza degli orrori della guerra civile.

Del Caudillo si è parlato molto, in campagna elettorale. C’è un passato che non passa: basta sovrapporre la mappa politica della Spagna del 1936 a quella di ieri. Là dove l’alzamiento di Franco riuscì, si vota in maggioranza a destra. Là dove fallì, dall’Andalusia al Paese basco alla Catalogna, la destra è più debole o quasi non esiste. Ma la Spagna è ora percorsa da nuove linee di frattura. E gli indipendentisti catalani si faranno sentire già oggi, con proteste che ormai sfuggono al controllo del governo locale: anche a Barcellona le elezioni anticipate sono più vicine. La notte della democrazia iberica non è ancora finita; anche se finalmente si intravede la soluzione del rebus, l’intesa tra socialisti e popolari.

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