+++ TOMASO MONTANARI, Giorgio De Chirico, a 40 anni dalla morte la sua metafisica ci stupisce ancora –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 20 NOVEMBRE 2018 ++ una nota del nostro blog

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 20 NOVEMBRE 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/20/giorgio-de-chirico-a-40-anni-dalla-morte-la-sua-metafisica-ci-stupisce-ancora/4776029/

 

 

Tomaso Montanari

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Giorgio De Chirico, a 40 anni dalla morte la sua metafisica ci stupisce ancora

 GIORGIO DE CHIRICO E – FORSE- ISABELLA FAR A CUI RESTO’ LEGATO TUTTA LA VITA (WIKIPEDIA )
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Giorgio de Chirico (Volo, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978)

Quarant’anni fa, in un’Italia ancora sconvolta dal caso Moro, moriva Giorgio De Chirico. Basterebbe questa banale notazione di sincronia per far capire che la sua lunghissima vita (era nato esattamente 90 anni prima, nel 1888) ne aveva fatto un sopravvissuto: un revenant, quasi. Un fantasma. Qualcuno che torna dal passato come le figure inquietanti dei suoi quadri. Amedeo Modigliani, per dire, aveva solo quattro anni più di lui, ma morì 58 anni prima, trasfigurandosi per sempre nel mito. Invece De Chirico ebbe il dono di una vita interminabile: dono pagato, sul piano artistico, attraverso un’interminabile produzione che oggi rischia di rammentare al grande pubblico più le questioni di falsi, liti in tribunale e polemiche varie che non la grandezza degli anni folgoranti della metafisica. Anni che portarono De Chirico ad essere l’artista italiano più influente: quasi venerato da pittori più giovani come René Magritte.

E così, per ricordarlo, si può andare all’indietro: fino al momento in cui tutto cominciò.

Un tardo pomeriggio d’ottobre, a Firenze, in piazza Santa Croce: qui, un giovane pittore ancora ignoto e tutto immerso nelle fantasie classiche legate alla Grecia da cui proveniva la sua famiglia, sostò su una panca di pietra, a riposarsi per i postumi d’una gastrite, a contemplare la chiesa carica d’arte e di storia, a godere la luce calda dell’ultimo lembo d’estate. Una situazione quasi decadente, alla Guido Gozzano. E invece, tutto il contrario: Giorgio ha un capogiro, e, letteralmente in trance, ha una visione, o meglio un’allucinazione.

 

 

Figura 1. Giorgio De Chirico. L’enigma di un pomeriggio d’autunno, 45 x 60 cm, 1909. Immagine tratta dal sito della Fondazione De Chirico.

Giorgio de Chirico. L’enigma di un pomeriggio d’autunno, 45 x 60 cm, 1909. Immagine tratta dal sito della Fondazione de Chirico.

 

 

 

 

La tela in cui provò a fissare ciò che credette di vedere (L’enigma di un pomeriggio d’autunno) fu esposta a Parigi nel 1912 e Giorgio la commentò ricordando quegli attimi in Santa Croce: “Allora ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mente”. Era nata la pittura che De Chirico stesso chiamò metafisica: una pittura capace di andare oltre le cose e – senza ritrarre la figura umana e proprio attraverso una rappresentazione estraniante delle cose – capace di parlare di ciò che di più profondo agita la natura umana. Una pittura in cui le nostre città storiche sono trasformate in palcoscenici teatrali in cui statue antiche in frammenti e manichini mutili parlano di un’assenza.

Assenza di vita, di umanità, di futuro. Difficile non essere insieme attratti e angosciati da quest’arte enigmatica, eppure chiarissima: ed è dall’intuizione di quel pomeriggio che trassero ispirazione e alimento grandi artisti come Carlo Carrà o Filippo De Pisis, per non parlare di un gigante come Giorgio Morandi, le cui nature morte furono capaci di creare un’irripetibile metafisica degli oggetti, attraverso una pittura degna di Chardin.

Così il nostro debito con De Chirico è davvero grande. E oggi, per ricordarlo, andrò a sedermi su una panca in piazza Santa Croce: chiedendomi se, per avventura, sarà proprio quella dove il giovane Giorgio ebbe la sua visione. E soprattutto cercando di recuperare almeno una particella del dono che quella visione dischiuse a De Chirico: quello di vedere con occhi nuovi la realtà di ogni giorno. Come se ogni oggetto (anche i più vili o banali), ogni edificio, ogni ombra che incontriamo camminando nelle nostre città dense di storia e di futuro contenesse una porta segreta capace di farci sprofondare nel più segreto recesso della nostra anima. Fare nuove tutte le cose, fare nuovo il nostro stupore quotidiano di fronte al mistero della nostra stessa vita: è questo l’incanto che dobbiamo alla poesia visiva di Giorgio De Chirico.

 

 

(1) NOTA DEL BLOG

 

DA :: http://www.democraziapura.altervista.org/?page_id=10941

TESTO INTERO CITATO PIU’ BREVEMENTE DA MONTANARI :

Così, nel 1912, de Chirico descrive lo stato animo che portò al concepimento dell’opera: «A proposito di tutte queste questioni vi dirò come ho avuto la rivelazione di un quadro che ho esposto quest’anno al Salone d’Autunno e che porta come titolo: L’enigma di un pomeriggio d’autunno. In un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su di una panca in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Certo non era la prima volta che vedevo questa piazza. Stavo venendo fuori da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in uno stato di sensibilità quasi torbido. La natura intera, fino al marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava in convalescenza. Al centro della piazza si eleva una statua rappresentante Dante ricoperto di un lungo abito, che tiene stretta nella mano la sua opera, e che reclina verso il suolo il capo pensoso coronato d’alloro. La statua è di marmo bianco; ma il tempo le ha conferito una tinta grigia molto piacevole a vedersi. Il sole autunnale, tiepido e senza amore, rischiarava la statua come anche la facciata del tempio. Ebbi allora l’impressione strana che vedessi queste cose per la prima volta. E mi venne in mente la composizione del quadro; ed ogni volta che guardo questo quadro rivedo questo momento: il momento tuttavia è un enigma per me, perché è inspiegabile. Amo così chiamare l’opera che risulta un enigma»

Riccardo Dottori. Giorgio de Chirico. Immagini metafisiche. Milano, La nave di Teseo, 2018. Il racconto dell’artista è contenuto in uno scritto, Méditations d’un peintre, databile al 1912.

 

Il testo continua :: SUL RAPPORTO DE CHIRICO / NIETZSCHE

 

Già il riferimento al pomeriggio evoca la visione nietzscheana del tramonto come espressa in “Così parlò Zarathustra” ed intesa quindi come percorso attraverso il quale il profeta discende tra gli uomini a portare il messaggio (3). Ma a richiamare espressamente il periodo di Zarathustra del pensiero di Nietzsche è l’uso di alcuni termini che fanno esplicito riferimento al discorso intitolato “Della visione e dell’enigma”, nel quale il filosofo tedesco espone forse la sua formulazione più definita della teoria dell’”eterno ritorno”. E’ in questo discorso che Nietzsche parla espressamente di enigma come visione e di sogno come strumento di conoscenza. Ed espone il suo concetto di rivelazione come improvviso disvelarsi della realtà. La visione, il sogno, è quella di un giovane pastore azzannato da un serpente nero all’interno della bocca di cui riesce a liberarsi solo mordendolo a sua volta per staccarne la testa. Il pastore è il superuomo (o l’oltreuomo come alcuni preferiscono definirlo) che riesce a liberarsi vincendo la ripugnanza nei confronti dell’eterno ritorno (il serpente simbolo del tempo circolare). …

In questa sede interessa solo sottolineare l’adesione piena di de Chirico ad alcuni aspetti fondamentali della filosofia nietzscheana.

D’altronde de Chirico amava considerarsi allievo di Nietzsche e suo interprete fedele (4). Ma nonostante questo e sebbene si sia dilungato a spiegare la sua concezione estetica, non volle mai definire compiutamente la sua poetica che è stata esposta in modo non strutturato e che quindi può essere solo intuita, supposta, ipotizzata. In proposito de Chirico scriverà le sue riflessioni più mature nel 1919 quando la sua ricerca sta volgendo altrove e la stagione della metafisica si va concludendo, forse proprio per fissarne i caratteri salienti e poter andare oltre. Le sue riflessioni compaiono in particolare in un articolo pubblicato nel 1919 su “Valori Plastici”, rivista fondata l’anno prima e diretta da Mario Broglio, sulla quale Alberto Savinio si incaricherà di esporre la nuova poetica metafisica alla quale si richiameranno pittori del calibro di Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Giorgio Morandi (5).

Nell’articolo, de Chirico precisa che la realtà si compone di almeno due aspetti, quello corrente comunemente percepito, e quello spettrale che solo alcuni riescono a vedere e solo in una fase di “astrazione metafisica”: un po’ come certi elementi  della materia emergono quando sono irradiati dai raggi x. Egli si sofferma anche sull’estetica metafisica laddove descrive i segni dell’arte ma questo aspetto non è oggetto di discussione in questa sede. Ritornando invece alla poetica, secondo de Chirico l’interpretazione metafisica è legata ad un resettaggio della memoria che consente di vedere una realtà svincolata dai pregiudizi del ricordo e, come nel sogno, di scoprirne gli aspetti misteriosi.

«Pigliamo un esempio: io entro, vedo un uomo seduto sopra una seggiola, dal soffitto vedo pendere un gabbia con dentro un canarino, sul muro scorgo dei quadri, in una biblioteca dei libri; tutto ciò non mi colpisce, non mi stupisce poiché la collana dei ricordi che si allacciano l’un l’altro mi spiega la logica di ciò che vedo; ma ammettiamo che per un momento ed per cause inspiegabili e indipendenti dalla mia volontà si spezzi il filo di tale collana, chissà come vedrei l’uomo seduto, la gabbia, i quadri, la biblioteca; chissà allora quale stupore, quale terrore e forse anche quale dolcezza e quale consolazione proverei io mirando quella scena».

(4) Sulla relazione ripetutamente affermata dallo stesso de Chirico tra la pittura metafisica e la filosofia di Nietzsche si vedano in particolare le riflessioni di Riccardo Dottori in: Giorgio de Chirico, Immagine metafisiche, l’enigma di un pomeriggio d’autunno, cit; Dalla poesia di Zarathustra all’estetica metafisica. Metafisica, 7-8: 93-116, 2008.

(5) Giorgio de Chirico. Sull’arte metafisica. Valori Plastici, Roma, anno I, n. 4-5, aprile-maggio, pp 15-18, 1919. Riproduzione anastatica, Milano, Mazzotta , 1969.

 

 

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1 risposta a +++ TOMASO MONTANARI, Giorgio De Chirico, a 40 anni dalla morte la sua metafisica ci stupisce ancora –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 20 NOVEMBRE 2018 ++ una nota del nostro blog

  1. Donatella scrive:

    Finalmente ho capito qualcosa della pittura metafisica.

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