Gli inganni di Pandora. L’origine delle discriminazioni di genere nella Grecia antica
Eva Cantarella
Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: Feltrinelli
La donna greca
Maria Paola Castiglioni
Descrizione
REPUBBLICA DEL 2 DICEMBRE 2019 –pag. 25
CULTURA
Atena tra le schiave.
Il mito della donna “inferiore”.
Due nuovi libri raccontano gli aspetti negativi dell’eredità ellenica
di Maurizio Bettini
L’eredità che i Greci ci hanno lasciato comprende solo rose? Purtroppo no. Certo ci sono la filosofia, l’arte, la letteratura, creazioni meravigliose cui continuiamo ad attingere. Ma accanto a questi indiscutibili doni ce ne sono altri di valore quanto meno dubbio — spine che pungono, nel fascio di rose. Tanto per cominciare ai Greci dobbiamo la nozione di “barbaro”, un modo denigratorio di definire gli stranieri che i Romani ad esempio non conoscevano: ragion per cui da un certo momento in là fecero propria questa parola, “barbarus”, lasciandola in eredità anche a noi. Dagli Ateniesi ci giunge poi il mito della “autochthonia”, in base al quale gli abitanti dell’Attica sarebbero nati “direttamente” dalla propria terra: tant’è che nessuno, tranne casi rarissimi, poteva “diventare” cittadino ateniese. Cittadini si nasceva e basta, figli di genitori entrambi ateniesi: una cattiva lezione di chiusura e sovranismo, diremmo oggi.
Ma la spina che più punge è forse quella dello squilibrio nei rapporti fra uomini e donne, come ci ricorda Eva Cantarella nel suo ultimo libro, Gli inganni di Pandora. L’origine delle discriminazioni fra i generi (Feltrinelli). Un saggio agile, chiaro e brillante che partendo dal mito di Pandora (la “prima donna” creata da Zeus per “punire” gli uomini) e attraversando il pensiero di medici e filosofi, soprattutto Aristotele (che certificarono l’inferiorità biologica femminile), mostra come tante discriminazioni di genere, purtroppo ancora attive, abbiano preso origine proprio da qui.
Del resto nella cultura greca le voci misogine si moltiplicano. Il poeta Semonide (VII — VI a. C.) aveva elaborato addirittura una tipologia delle donne in cui ciascuna categoria, in base ai propri difetti, veniva paragonata di volta in volta a un animale: il cavallo, la scimmia, la donnola, la volpe, il cane — solo la donna-ape, casta e pura come questo insetto, si salvava. «Nacque dunque in Grecia », scrive l’autrice, «l’idea che le donne fossero “naturalmente” diverse dagli uomini». Una razza a sé, inferiore. Secondo un modello che in tanti, nei secoli successivi e fino alla modernità, più o meno apertamente hanno fatto proprio.
Ci vuole poco dunque a immaginare il sospetto che la donna suscitava nella cultura greca: schiacciata sotto un ideale di fanciulla pia ed onesta prima, sposa fedele e saggia amministratrice poi, rinchiusa nelle sue stanze, perennemente sotto il controllo del padre, del marito o degli altri membri maschili della famiglia. Intanto, attorno a lei la società si animava di prostitute, etere, concubine, schiave, che garantivano agli uomini la possibilità di godere dell’amore e del sesso fuori dalle mura domestiche.
Ma era solo questa la situazione della donna in Grecia? Sullo stesso tema un altro saggio, La donna greca (il Mulino) di Maria Paola Castiglioni alla riflessione su miti e teorizzazioni medico-filosofiche — preliminare indispensabile quando ci si occupa del femminile in Grecia — fa seguire una ricostruzione storica (dettagliata ed esauriente) del modo in cui l’universo femminile si articolava concretamente nella società greca. Come c’era da attendersi, la situazione si presenta più complessa rispetto al modo in cui i testi canonici — sempre e regolarmente scritti da uomini — ci dipingono la donna greca. Merito di questo saggio è insomma quello di affiancare agli stereotipi maschili, che ci sono stati tramandati dagli stessi Greci, anche i dati che emergono da un’analisi storica condotta sulle testimonianze epigrafiche o sulle ricerche archeologiche. Scopriamo così che accanto alle mogli sagge amministratrici, rinchiuse nel perimetro dell’ oikos , esistevano anche donne medico, donne artigiane, che come tali contribuivano alla vita economica e sociale della città. E se è vero che ad Atene le donne non avevano capacità giuridica, e non partecipavano all’assemblea, resta il fatto che anch’esse esercitavano in parte il ruolo di “cittadine”, svolgendo per esempio una funzione attiva, in qualità di sacerdotesse, nella celebrazione dei culti. Quanto agli spazi riservati alle donne, ossia il gineceo in cui esse conducevano separatamente la loro vita ed esercitavano le proprie opere femminili, anche in questo caso lo stereotipo può essere in parte rivisto. Gli scavi archeologici mostrano infatti che i telai, strumento femminile per eccellenza, potevano essere distribuiti in stanze diverse: e dunque all’interno della casa l’interazione fra uomini e donne era più intensa di quanto certe testimonianze antiche fanno credere.
Soprattutto, però, possiamo davvero parlare di “donna greca” (come del resto suona il titolo del libro della Castiglioni), o non piuttosto di “donne greche”, come la stessa autrice ci invita a fare? Perché certo accanto alla saggia e fedele sposa di Iscomaco, l’ideale femminile tracciato da Senofonte nell’ Economico , esistevano anche le altre, quelle cui abbiamo già in parte accennato; e soprattutto esistevano le grandi dame, influenti e libere, come Elpinice ed Aspasia. Donne che esercitavano un potere, e non di poco conto. Almeno loro non corrispondono allo stereotipo corrente della “donna greca”. Del resto, se dalla città volgiamo gli occhi al mondo degli dèi, non troviamo forse Era e Afrodite patrone di grandi città, divinità potenti, tutt’altro che dedite unicamente alle opere femminili? Atena scuote l’egida, non lo dimentichiamo.
Cameo raffigurante Atena con l’egida in testa
Unknown, Josias Belle (French, 17th century) – Jastrow (2006)
Maurizio Bettini (Bressanone, 24 luglio 1947) è un filologo, latinista e antropologo italiano.
Maurizio Bettini, classicista e scrittore, insegna Filologia Classica nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, dove ha fondato il Centro «Antropologia e Mondo antico». Dal 1992 tiene regolarmente seminari presso il Department of Classics dell’Università della California (Berkeley). Cura la serie «Mythologica» presso Giulio Einaudi Editore e collabora con la pagina culturale de la Repubblica.
Interessanti sia i libri recensiti da Maurizio Bettini sia i suoi stessi libri. Ne sono molto incuriosita.