ANSA.IT — 5 DICEMBRE 2019 : Francia: oggi sciopero generale. Trasporti fermi, scuole chiuse, attese circa 250 manifestazioni ++ TITO BOERI, Pensioni, la lezione francese- REPUBBLICA DEL 20 NOVEMBRE 2019

 

ANSA.IT — 5 DICEMBRE 2019 / FRANCIA

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2019/12/05/francia-oggi-sciopero-generale_3c7a9775-32f0-414d-8ea1-18daef55d37e.html

 

Francia: oggi sciopero generale

Trasporti fermi, scuole chiuse, attese circa 250 manifestazioni

 

 

 

La Francia oggi si ferma e scende in piazza contro la riforma delle pensioni sociali, uno dei capisaldi del programma di Emmanuel Macron. I servizi si fermeranno quasi del tutto per tutto il giorno: dagli aerei ai treni, da autobus e metro alle scuole, fino agli ospedali, aperti solo per le emergenze. In tutto il paese si attende una mobilitazione di massa, tra le più imponenti degli ultimi anni. Sono circa 250 le manifestazioni annunciate a Parigi ed in altre città, promosse da sindacati, partiti dell’opposizione e ‘gilet gialli’ per chiedere al presidente francese di…  La capitale sarà blindata, con seimila poliziotti dispiegati: nei cortei si teme l’infiltrazione dei black bloc.    I media francesi seguono l’evolversi della giornata con continui aggiornamenti.

 

 

REPUBBLICA DEL 20 NOVEMBRE 2019

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2019/11/20/news/pensioni_la_lezione_francese-241524899/

 

 

 

Pensioni, la lezione francese

20 NOVEMBRE 2019

La riforma annunciata da Macron è in bilico. Quali insegnamenti possiamo trarre per il nostro Paese? È difficile smantellare i contentini ereditati dai governi precedenti. Il loro accumularsi nel tempo erode i margini per fare politica di bilancio

 

DI TITO BOERI

 

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Tito Michele Boeri (Milano, 3 agosto 1958) è un economista e accademico italiano, presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dal 24 dicembre 2014 al 16 febbraio 2019

 

 

La riforma delle pensioni annunciata da Macron nella campagna per le presidenziali, la più importante del suo quinquennato, è in bilico. Doveva essere presentata a luglio, portata all’Assemblée nationale a settembre e approvata entro il 2019, ma giace in un cassetto e nessuno ha intenzione di farle rivedere la luce. Non la vuole più il primo ministro, spaventato dalla ribellione degli insegnanti, dei liberi professionisti e dei lavoratori delle gestioni speciali. Fortemente contrari i sindacati che pure erano stati coinvolti negli interminabili tavoli di concertazione avviati ormai due anni fa dall’Alto commissario per la riforma delle pensioni. Lo stesso presidente esita, temendo di scatenare una nuova ondata di gilet jaune.Eppure era una riforma sulla carta popolare, gradita nei sondaggi d’opinione e molto cauta. L’obiettivo non era fare cassa, manteneva inalterato il livello dei contributi e della spesa, ma semplificare e uniformare le regole del gioco. In Francia esistono 42 diversi regimi pensionistici obbligatori, ciascuno dotato di regole proprie, spesso molto complicate, prodotto di concessioni garantite nella storia della quinta Repubblica. La riforma non toccava i “diritti acquisiti” e sarebbe entrata in vigore gradualmente, nell’arco di 15 anni e a partire dal 2025.Cosa non ha funzionato nel piano di Macron?Quando si armonizzano contributi e prestazioni fra gestioni diverse ci sono categorie di lavoratori che ci guadagnano e altre che ci perdono. Naturale che queste ultime, soprattutto i funzionari pubblici e i dipendenti nei cosiddetti regimi speciali, non fossero ben disposte nei confronti della riforma. Il passaggio a regole uniformi doveva però essere sostenuto dai lavoratori, ben più numerosi, che avrebbero ricevuto trattamenti più generosi a seguito della riforma. Così non è stato: compatto il fronte che si è opposto alla riforma mentre la voce di chi doveva sostenerla non si è proprio sentita.Comportamenti diffusi, comprovati da molti studi anche in laboratorio, contribuiscono a spiegare il silenzio dei beneficiari della riforma. A livello individuale, si tende a dare più peso a una perdita che a un guadagno della stessa entità. Nella sfera collettiva, in caso di perdite concentrate su alcune categorie e benefici dispersi su una platea molto vasta, si fa sentire molto di più la voce dei perdenti rispetto a quella dei vincitori. E questo avviene proprio quando si fa sul serio, non quando la riforma è ancora una mera enunciazione di principi generali come durante la campagna per le presidenziali.C’erano poi alcuni difetti di progettazione nella grande réforme che hanno pesato non poco sul suo destino. In primis la riforma lasciava troppi gradi di libertà al governo. Il nuovo sistema su cui dovevano convergere tutte le gestioni è un sistema che concede al governo ampio arbitrio nello stabilire come trasformare i contributi versati nell’arco della vita lavorativa in rendite vitalizie. Durante la carriera si accumulano “punti” che, all’età di pensionamento, devono prima essere tradotti in euro e poi in prestazioni mensili e la riforma non fissava regole precise riguardo a questa doppia trasformazione. In un’epoca in cui la fiducia nei confronti della classe politica è molto bassa, molti hanno visto in questa doppia arbitrarietà il rischio di una doppia “fregatura”. Il secondo difetto è che la riforma manteneva in vita le diverse gestioni, soggette a contabilità separate, anziché ricondurle a un’unica gestione. Questa scelta, motivata col desiderio di rispettare le specificità delle diverse categorie, ha fatto passare in secondo piano i grandi vantaggi offerti dell’armonizzazione nel permettere una maggiore condivisione del rischio fra diverse categorie di lavoratori. Per un settore, una professione, che va male, ce ne sarà un’altra che va bene e che sarà in grado di compensare la prima in caso di difficoltà. Questa condivisione del rischio, se propriamente spiegata, avrebbe potuto far raccogliere consensi attorno alla riforma anche fra le categorie in transito verso regole meno generose. Avrebbero capito che era un modo per rendere il loro sistema sostenibile, per mantenere gli impegni presi nei confronti dei contribuenti.Quali lezioni possiamo trarre per il nostro Paese?Noi siamo molto più avanti della Francia nella riforma delle pensioni. Abbiamo già avviato da tempo il processo di convergenza fra regimi pensionistici diversi e abbiamo portato il 90% dei lavoratori italiani sotto la gestione di un unico ente, l’Inps. Rimangono fuori le casse previdenziali che comportano un’eccessiva concentrazione del rischio perché riguardano professioni molto specifiche. Sarebbe opportuno che i lavoratori delle casse avviassero una seria riflessione, possibilmente sulla base di bilanci tecnici vidimati da organismi indipendenti, come la Covip, circa l’opportunità di continuare a gestire un sistema a ripartizione (in cui gli attuali lavoratori pagano le pensioni agli attuali pensionati) in splendido isolamento.Abbiamo anche regole di calcolo delle pensioni basate su parametri oggettivi, legati alla dinamica demografica. Fondamentale che la classe politica resista alla tentazione di manipolare questi parametri o di estrometterli dalle loro funzioni, come ha tentato di fare nella passata legislatura e ha fatto in parte sotto il Conte I. È una deriva pericolosa per chi governa in un Paese in calo demografico come il nostro, perché espone la politica alle proteste dei cittadini, che non possono essere accontentati in richieste insostenibili.C’è infine una lezione di portata più generale. Operando sotto vincoli di bilancio stringenti, i nostri governi continuano a mettere bandierine, provvedimenti che danno un contentino alle categorie tra le quali vogliono raccogliere consensi. Le strade degli ultimi esecutivi sono costellate di bonus. In verità sono dei malus per chiunque abbia a cuore le sorti del nostro Paese. È difficilissimo smantellare i contentini ereditati dai governi precedenti, come ormai diversi esecutivi hanno constatato sulla loro pelle. Il loro accumularsi nel tempo sta progressivamente erodendo i margini per fare politica di bilancio, nel senso di decidere come meglio allocare le risorse pubbliche, per chiunque vada al governo. Presentati sempre come primo passo verso un riordino di portata più generale, questi bonus-malus sono i migliori alleati della conservazione.

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1 risposta a ANSA.IT — 5 DICEMBRE 2019 : Francia: oggi sciopero generale. Trasporti fermi, scuole chiuse, attese circa 250 manifestazioni ++ TITO BOERI, Pensioni, la lezione francese- REPUBBLICA DEL 20 NOVEMBRE 2019

  1. Donatella scrive:

    Bella e chiara questa spiegazione su un argomento abbastanza difficile per i non addetti ai lavori.

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