DANIELE SANTORO, FEDERICO PETRONI, LIMES ONLINE DEL 19 / 20 DICEMBRE 2019 :: QUELLO CHE PENSA LIMES SULLA LIBIA OGGI E SUL POSSIBILE O NON –INTERVENTO MILITARE—

 

LIMES ONLINE DEL 19 DICEMBRE 2019

http://www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-19-dicembre-impeachment-trump-libia-di-maio-scozia/115880

 

 

DI MAIO IN LIBIA

 

di Daniele Santoro

Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha compiuto una visita lampo in Libia per incontrare il presidente del governo di accordo nazionale Fayez al-Sarraj e il comandante dell’Esercito nazionale libico Khalifa Haftar. 

Il ministro ha inteso stabilire che “non esiste una soluzione militare” alla crisi e ha perorato la riconciliazione tra i “libici”. Ha inoltre annunciato che il governo nominerà un inviato speciale per la Libia che risponderà direttamente all’esecutivo.

 

Perché conta: È un segnale dell’allontanamento dalla linea tenuta dal 2014, schiacciata sul governo di Serraj. Già con la conferenza di Palermo del dicembre 2018 – dal cui vertice finale venne esclusala Turchia su richiesta degli sponsor di Haftar – Roma aveva manifestato l’intenzione di spostare il baricentro della propria politica verso l’uomo di Mosca e Abu Dhabi. Riflesso della tradizionale inclinazione italiana a schierarsi con chi al momento sembra più forte.

La vera questione geopolitica della crisi libica non è se parteggiare per Serraj o Haftar. Nessuno dei due prevarrà. Le possibilità che le milizie di Tobruk prendano Tripoli sono molto basse. La Turchia sta accelerando le procedure per dispiegare le truppe nella capitale, dove sta installando una base militare.

L’annuncio dell’offensiva finale di Haftar – che senza i mercenari del gruppo Wagner ( MERCENARI RUSSI ) non riuscirebbe a controllare neanche Tobruk – è in larga misura parte dell’accordo tattico mediante il quale Turchia e Russia si propongono di estendere la propria proiezione nel Mediterraneo Orientale.

Le aperture del Cremlino alla presenza militare turca in Libia dopo il colloquio telefonico tra Erdoğan e Putin corroborano l’esito transitorio della crisi aperta dall’accordo turco-tripolino sulla delimitazione dei rispettivi confini marittimi: zona di sicurezza centrata su Misurata sul modello di quella stabilita a est dell’Eufrate a ottobre e pattugliamenti congiunti turco-russi a dividere le aree di influenza di Ankara e Mosca.

 

Una soluzione certamente non esiste. Quanto alla dimensione militare, la retorica di Di Maio riflette un pacifismo di principio e aspaziale – dunque antigeopolitico – che l’Italia non può più permettersi. Il resto degli attori della crisi libica la pensa diversamente. E agisce di conseguenza.

Se Turchia e Russia militarizzano il fronte esteso dall’Eufrate al golfo della Sirte, gli americani rispondono aumentando la propria presenza militare a Cipro e in Grecia, quest’ultima si fa riarmare da Stati Uniti, Serbia e Israele in chiave antiturca, mentre l’Egitto si propone di ricorrere a tutti i mezzi militari a propria disposizione per limitare la proiezione del rivale anatolico dal proprio cortile di casa.

 

Nel momento in cui il Mare Nostrum diventa il teatro delle rese dei conti incrociate tra le potenze regionali e i pesi (medio)massimi del pianeta, rinunciare a priori allo strumento militare per proteggere i propri interessi condanna l’Italia all’irrilevanza.

 

Per approfondirePessime notizie dalla guerra per procura in Libia

 

LIMES ONLINE–20 DICEMBRE 2019

 

http://www.limesonline.com/notizie-mondo-settimana-riassunto-impeachment-trump-libia-turchia-cipro-putin-accordo-commerciale-fase-1-usa-cina-cop25/115895

 

 

FRONTE DEL MEDITERRANEO

di Federico Petroni

 

 

Da oltre 25 anni l’Italia assiste impietrita alla progressiva scomposizione del proprio estero vicino. Prima le guerre di successione della Jugoslavia, che hanno reso i Balcani un’area a forte rischio, mai sopita e anzi in parziale riaccensione. Quindi lo tsunami sul fronte sud dal 2011, con un Nordafrica in subbuglio, tragedia della ex Libia in testa.

Questa settimana ai due fronti se n’è aggiunto un terzo, quello del Mediterraneo orientale. Sino a pochi decenni fa teatro d’elezione dell’influenza italiana. Oggi invece un’escalation in quel quadrante addensa nere nubi all’orizzonte ionico.

A confrontarsi sono gli Stati Uniti da un lato e la strana coppia Turchia-Russia dall’altro.

Motore di tutto, l’ambizione di Ankara di recuperare una dimensione mediterranea, nell’Egeo, a Cipro e nelle Libie. Avvalendosi dell’intesa tattica con Mosca, che ormai dai Dardanelli e dalla Siria si sta estendendo al Nordafrica. A disegnare un vettore che dal Mar Nero attraversa l’Anatolia, l’isola di Afrodite, e giunge in Tripolitania e Cirenaica. Praticamente perpendicolare al vettore dell’influenza americana, che invece parte dalla Grecia, tocca la parte sud di Cipro e approda in Israele ed Egitto. Ad allestire un cordone sanitario – in verità assai labile – per contenere l’espansionismo turco-russo.

L’incrocio quasi cartesiano fra questi due assi produce inevitabili scintille. Così Washington vuole togliere l’embargo alla vendita di armi a Nicosia, proprio mentre nella parte nord dell’isola tornano velivoli da guerra (sia pur robotici) turchi per la prima volta dopo quasi trent’anni.

Così Ankara offre truppe al governo di Tripoli, sempre più assediato dal generale Haftar, sostituendosi di fatto alla tutela dell’Italia. E così, nonostante nelle Libie i russi sostengano il nemico del cliente dei turchi, Mosca sceglie di sedare l’evidente divergenza degli interessi per non far saltare il fragilissimo equilibrio nel Nord della Siria.

Il Mediterraneo rischia di perdere la condizione di placido lago americano. Specie se alle pressioni da oriente provenienti da Russia e Turchia si unirà – sempre meno nell’ombra – la penetrazione della Cina.

Non perché gli statunitensi se ne stiano ritirando. Semplicemente perché l’ambiente torna a essere competitivo. Inedito da oltre sessant’anni, quando la crisi di Suez del 1956 sancì l’asservimento franco-britannico a Washington.

Ciò potrebbe obbligare l’Italia a una scelta dolorosissima (qualcuno direbbe anticostituzionale): tornare a usare lo strumento militare. Non per fare la guerra. Per presidiare il fronte sud della Nato. Prima che lo facciano altri. Non certo per noi.

 

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1 risposta a DANIELE SANTORO, FEDERICO PETRONI, LIMES ONLINE DEL 19 / 20 DICEMBRE 2019 :: QUELLO CHE PENSA LIMES SULLA LIBIA OGGI E SUL POSSIBILE O NON –INTERVENTO MILITARE—

  1. ueue scrive:

    Interessanti e preoccupanti queste notizie.

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