ANGELA CARTER ( 1940 -1992 ), SCRITTRICE INGLESE –PRESENTAZIONE DI WIKIPEDIA, OBLIQUE.IT, IL MANIFESTO, L’INDICE DEI LIBRI — TUTTI I LINK SOTTO ::: è solo leggere…

 

 

 

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Angela Carter (Eastbourne, 7 maggio 1940 – Londra, 16 febbraio 1992) è stata una scrittrice e giornalista britannica, conosciuta per le sue opere femministe, di realismo magico e di fantascienza. La sua prosa concilia l’horror-fantasy più macabro con la commedia erotica. Ispirata dalla tradizione del racconto orale, riscrisse molte fiabe, tra cui Cappuccetto RossoBarbablù e La Bella e la Bestia. Il suo racconto, forse, più famoso, ” La camera di sangue “, pubblicato nel 1979, è una rivisitazione di Barbablu. Feltrinelli, 1984.

 

Nata a Eastbourne, Sussex, nel 1940, Angela Olive Stalker si trasferì sin da piccola con la nonna materna nello Yorkshire. L’adolescenza la vide combattere con l’anoressia nervosa. Seguendo le orme del padre, cominciò a lavorare come giornalista per il Croydon Advertiser. Frequentò l’Università di Bristol dove studiò Letteratura inglese.

Nel 1960 sposò Paul Carter, da cui divorziò dodici anni dopo. Nel 1969 utilizzò il premio del Somerset Maugham Award per lasciare il marito e volare a Tokyo, dove visse per due anni e dove, affermò, “imparai cosa significa essere donna e mi radicalizzai” (Nothing Sacred, 1982)

Films:

  • In compagnia dei lupi (The Company of Wolves, 1984) di Neil Jordan, adattato dalla stessa Carter e tratto dal suo racconto La compagnia di lupi e da Lupo-Alice
  • The Magic Toyshop (1987), adattato da Angela Carter e tratto dal romanzo omonimo

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Angela_Carter

 

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Oblique Studio, esempio, esempi

http://www.oblique.it/manifesto_carter.html

 

Angela Carter

 

” Nel mio ambiente sono notoriamente conosciuta come una persona scurrile. È una nota contraddizione quella della gentildonna inglese di mezza età dal tono pacato che quando è provocata bestemmia come un carrettiere. Do la colpa a mio padre, che non era un inglese e nemmeno un gentiluomo ma scozzese e giornalista, che mi lasciò in eredità il turpiloquio e il gusto per tutto ciò che è carta stampata. Per cui sua figlia, in questi ultimi undici anni, ha scritto recensioni di libri per poi cancellare con la matita blu le prime viscere di reazioni come “maledettamente schifoso” o “fottutamente atroce” e poter dare un giudizio più equilibrato e oggettivo. Mio padre teneva accanto al letto un intero scaffale di classici tradotti nei Penguin: Omero, Tucidite, Apuleio. Mia madre preferiva Boswell, Pepys, adorava i pettegolezzi, specialmente quelli d’epoca, ma non confidava troppo nella invenzione narrativa perché credeva che la narrativa desse una visione non realistica del mondo. Una volta mi sorprese a leggere un romanzo e mi criticò aspramente: “Fa’ che io non ti ritrovi a farlo, ricorda cosa è successo a Emma Bovary”. Entrambi i miei genitori lasciarono la scuola a quindici anni, facendo parte di quella generazione di uomini e donne le cui menti erano piene di curiosità per la parola stampata. […] A mia madre piaceva leggere i libri di cucina tra un pasto e l’altro, specialmente durante il periodo del razionamento del cibo. Eravamo l’unica famiglia della mia classe che non possedeva un televisore. Alla fine ne comprammo uno, quando mio padre andò in pensione, in modo che lui potesse vedere il telegiornale; dopo di che le cose si avviarono verso il declino. ” A.C.

*

Divisa tra giornalismo e narrativa, l’inglese Angela Carter (1940-1992) si inserisce nella produzione teorica degli anni Settanta del secolo scorso che rompe la convenzione di una voce narrativa centrale, quella maschile, e porta al consolidamento di una voce critica in ambito femminile. I generi diventano cornici, margini, soglie da attraversare e riattraversare, simulacri del passato che vanno ricordati e cancellati, palinsesti che vanno eternamente riscritti. Palinsesto multiplo è l’opera della Carter, dai romanzi alle fiabe, parabole di crescita e formazione femminile, probabile memoria del proprio corpo adolescente privato forzatamente del cibo. La scrittura della Carter, pungente e acuta, adotta un linguaggio ibrido tra il realismo satirico e l’affabulatorio, esplora il fantastico e l’erotico e fa vivere personaggi dall’ambiguità sessuale e dalla corporeità metamorfosata e mostruosa rispecchiando il poliformismo del romanzo tardo modernista. Pagine percorse da un linguaggio sovrabbondante, rutilante e carico di dettagli barocchi, da uno stile neogotico che ha radici nel folclorico e nel fiabesco e dal paradosso che diviene il ritmo del racconto. Definita “narratrice magico realista”, la Carter non nasconde di aver subito l’influenza di Jorge Luis Borges e sostiene di usare la letteratura europea come una specie di folclore convenendo con Borges che ogni libro tratti di altri libri (“la mia narrativa è spesso una specie di critica letteraria”). Al suo romanzo d’esordio, Shadow Dance (1966), fondato sull’osservazione dell’ambiente metropolitano, segue The Magic Toyshop  (1967) che segna il suo accostamento alla fiaba e che la porterà anni più tardi a comporre The Bloody Chamber (1979), il suo capolavoro, una raccolta di racconti e di fiabe sul potere rovinoso della sessualità—rivisitazioni, riletture e paradossali variazioni della celebre favola della Bella e la Bestia che si confonde e si plasma sulla trama di Cappuccetto Rosso.

I suoi romanzi più celebri, The Passion of New Eve (1977) e Nights at the Circus (1984) segnano l’ingresso in un mondo abitato da esseri ibridi, da donne dalla femminilità ambigua, stridente, fallita, incroci tra mondo animale e umano. La Grande Madre di The Passion of New Eve è una dea nera, un essere mostruoso che rappresenta la fertilità autosufficiente: “La più oscena nudità la rivestiva interamente: aveva mammelle da scrofa – due file di capezzoli, risultato di una serie estenuante di innesti, le permettevano, in teoria, l’allattamento contemporaneo di quattro neonati. Le membra poi erano gigantesche! I piedi erano abbastanza pesanti da consentire da soli una conferma alla legge di gravità; le mani, a forma di enormi foglie di fico, erano abbandonate sui guanciali forniti dalle ginocchia”. Fevvers, protagonista di Nights at the Circus, è una donna-uccello mastodontica, accumulo di arti e aggiunte anatomiche, barocca e decadente, che incanta le platee dei circhi di tutta Europa con il suo spettacolo acrobatico ma soprattutto esibendo il suo corpo e giocando sull’ambiguità tra verità e finzione: “Lo sterno proiettato in avanti come la prua di una nave, […] le ali in uno spiegamento policromo, con un’apertura di sei piedi, simile a quella di un’aquila, un condor, un albatro nutriti in eccesso con la stessa dieta che rende rosato il fenicottero”. Nel suo ultimo romanzo, Wise Children (1991), la Carter continua ad esplorare il circo e il music hall – mondi paralleli alla realtà, suoi luoghi privilegiati, abitati da ipnotizzatori, imbroglioni, burattinai, artisti da quattro soldi – e li affianca a quello del teatro shakespeariano e al cinema hollywoodiano presentando il romanzo come rappresentazione di una galleria di rappresentazioni e riflettendo ancora una volta sull’ambiguità della finzione e sul doppio femminile. Nella sua produzione narrativa si inserisce un’importante e consistente parentesi critica e giornalistica che la vede autrice di sarcastiche recensioni per prestigiose riviste letterarie come The GuardianThe Independent New Statesman.

 

” Tutti i libri, anche i libri di cucina e i manuali di manutenzione dell’automobile, sono una narrazione. La narrazione è scritta con un linguaggio, ma si forma, se seguite il mio ragionamento, nel tempo. Tutti gli scrittori inventano una sorta di riproduzione del tempo quando inventano un tempo in cui la storia si svela, e mettono in atto un complicato gioco con il nostro tempo, il tempo del lettore, il tempo necessario a leggere quella storia. Un bravo scrittore può arrivare a farvi credere che il tempo si fermi. ” Angela Carter

 

” Baudelaire, Poe, il Shakespeare del Sogno, Hollywood, la pantomima, la fiaba; la Carter non nasconde le proprie fonti d’ispirazione, poiché ne è la loro decostruzionista, la loro sabotatrice. Prende ciò che conosciamo e, dopo averlo ridotto in pezzi, lo ricostruisce nel suo modo acuminato e cortese; le sue parole sono nuove e non-nuove, come le nostre. […] Accusata di political correctness da chi non aveva nulla di meglio da dire, la Carter era una scrittrice individualista, indipendente e idiosincratica; considerata da molti quando era in vita una figura marginale, di culto, un fiore di serra esotico, ora è la scrittrice più studiata nelle università inglesi: una vittoria sulle tendenze dominanti che le avrebbe fatto piacere: non aveva finito. Come Italo Calvino, come Bruce Chatwin, come Raymond Carver la Carter è morta al culmine della creatività.

Salman Rushdie, prefazione a Il vuoto attorno, Corbaccio, 1995

 

  

 

 

IL MANIFESTO 19 MARZO 2017

https://ilmanifesto.it/angela-carter-la-folle-trapunta-della-strega-bianca/

 

ALIAS DOMENICA

Angela Carter, la folle trapunta della strega bianca

Narrativa inglese. Due romanzi di Angela Carter in nuova traduzione da Fazi, «Figlie sagge» (1992) e «Notti al circo» (1984): una scrittura immaginifica, arricchita da stravaganti effetti rubati alle altre arti

 

Walter Richard Sickert, «The Circus», data sconosciuta 

Walter Richard Sickert, «The Circus», data sconosciuta

 

Viola Papetti

EDIZIONE DEL  19.03.2017

PUBBLICATO19.3.2017, 0:16

AGGIORNATO16.3.2017, 19:18

 

Grande strega bianca è l’appellativo che ben si merita Angela Carter per la prestigiosa (letteralmente) opera di dissacrazione di miti bugiardi che da secoli campeggiano nei destini femminili, in varie forme, ma disegnati col sangue sulla fronte della moglie di Barbablù; e per le sue favole rovesciate a mostrare che il mostro è un povero mostro, alla fine vinto, e a volte anche lui redento. Carter morì nel 1992, a cinquant’anni o poco più, ma l’impeto della provocazione, della fantasia, della scrittura immaginifica arricchita da stravaganti effetti rubati ad altre arti ( teatro, cinema, circo ) è forte e vivo.

Era suo mestiere demitologizzare, dichiarò. De-mitologizzava qualsiasi mito – anche Shakespeare, anche la propria morte – mettendo vino nuovo in botti vecchie fino a farle scoppiare. Non amava i cuori spezzati, le masochiste eroine di Jean Rhys, Edna O’Brien, Joan Didion che pur lamentandosi non si scrollavano di dosso un destino a loro imposto. Si definiva una vera socialista, «prodotto genuino di un paese industrializzato, post-imperialista, in declino». Era alta, bella, con una chioma bianca già prima dei cinquanta anni, generosa, sardonica, sboccata, carnascialesca. Molto amata dagli amici scrittori: Lorna Sage, Margaret Atwood, Salman Rushdie, Ali Smith, Marina Warner. Al perbenismo di chi le rimproverava di non scrivere romanzi realistici rispondeva: «Ma c’è realismo e realismo. Voglio dire, le domande che mi pongo, penso che abbiano molto a che fare con la realtà… Sono un’artista, OK. Scrivo una prosa debordante, accesa, sfrenata – so fucking what?». Perché le venisse spontaneo dedicarsi al romance invece che al novel va forse ricercato nelle sue origini. Di madre inglese e padre scozzese (la Scozia era la patria più amata), Carter ebbe un’infanzia segnata dalla guerra e dall’affetto della nonna. Si laureò all’università di Bristol in letteratura medievale, e i caratteri morali ed estetici del gotico inglese si indovinano nel suo stile di vita e di scrittura: selvatichezza, mutabilità, naturalismo, propensione al grottesco e alla ridondanza, gusto emblematico – così li aveva fissati Ruskin un secolo prima nelle Pietre di Venezia. A questa passione dell’origine, la Wunderkammer primaria, aggiungeva quella di farsi storyteller, favolista audace che dà nuova voce e irriverente veste letteraria ad archetipi, simboli, comportamenti radicati nel profondo dell’inconscio collettivo, primo fra tutti quello della disparità sessuale: niente padre patriarca, ma neanche dea madre; e la casa sta per la cultura in cui si è nati, per il passato, per l’eredità letteraria. Simbolicamente è anche chiesa, macabro mausoleo, grembo e tomba.

«Per quanto ci abbia messo molto tempo a capire perché mi piacevano, avevo sempre amato Poe e Hoffmann – i racconti gotici , racconti crudeli, racconti meravigliosi, racconti del terrore, narrazioni favolose che parlano direttamente il linguaggio dell’inconscio: gli specchi; la proiezione del sé; castelli abbandonati; foreste stregate; oggetti sessuali proibiti… La tradizione gotica in cui scrive Poe ignora superbamente il sistema dei valori delle nostre istituzioni. I personaggi e gli eventi sono esagerati al di là d’ogni realtà, diventano simboli, idee, passioni. Il suo stile tende a essere elaborato, innaturale – e dunque ad agire contro l’eterno desiderio umano di credere alla parola in quanto fatto».

Negli effervescenti anni sessanta aveva esordito con quattro romanzi che vinsero ben due premi, e le permisero di fare la sua esperienza esotica, il pellegrinaggio in Oriente: non in India come di rito, ma in Giappone, dove rimase due anni. Il 1979 fu l’anno in cui raggiunse il culmine della sua precoce maturità con La camera di sangue e La donna sadiana, subito tradotti in italiano come anche il resto della sua opera. Nel 2016 Fazi ci ha proposto Figlie sagge nella nuova traduzione di Rossella Bernascone e Cristina Iuli (pp. 335, € 18,00), traduzione non facile perché la gemella narratrice, Dora, ci investe con un torrente cockney sul suo intricatissimo romanzo famigliare – e qui la famiglia è veramente una grande famiglia perché i componenti, attori scespiriani di varia fama, si sdoppiano nelle diverse parti che recitano nella loro irreale realtà di parassiti, aggrappati a quella macchina fantasmagorica di soldi e destini che è il teatro del Bardo. Abitano infatti al 49 Bard Road nella parte povera di Londra le due gemelle Dora e Nora Chance, ex ballerine di vaudeville ormai settantenni, nate il 23 aprile lo stesso giorno di Shakespeare, figlie illegittime del grande attore scespiriano, l’odioso Sir Melchior Hazard e di una servetta che lo violentò mentre leggeva le Opere complete – ovviamente del Bardo. Anche Sir Melchior Hazard ha un gemello uguale ma diverso, lo zio Peregrine, bello, buono, ricchissimo che fa da padre alle piccole derelitte. I due fratelli gemelli sono frutto di un adulterio teatrale: Cordelia, sposata a vent’anni al settantenne Lear, capostipite della gloriosa dinastia Hazard, lo aveva cornificato con Cassio, un bell’attore americano. C’è anche un fascinoso Amleto (Tristram), sfrontato manipolatore e vergogna della famiglia, scaduto a presentatore tv di giochi a premi, che ha messo incinta una tenera Ofelia di colore (Tiffany). L’antico topos della coppia di gemelli, uguali ma diversi, uniti da un incesto metafisico che ricongiunge le due parti dell’ermafrodito originario, è stato anche il tema di un interessante sceno-testo carteriano della secentesca tragedia di John Ford, ‘Tis a Pity She’s a Whore, pubblicato postumo. Percorso da un irriverente spirito mercuriale, Figlie sagge fu scritto nell’ultimo anno di vita di Angela Carter, con lo scopo di passare il tempo – il suo ultimo tempo – prendendo a picconate la celebre ditta Shakespeare & Co. e la sua sovrumana eccellenza. «L’unica forma di umorismo è il black humour e conserva una singolare funzione morale: quella di generare disagio».

Sempre a Fazi dobbiamo la nuova traduzione, di Mariagiulia Castagnone, del quarto romanzo (1984) di Angela Carter, Notti al circo (postfazione di Dacia Maraini, pp. 427, € 18,00). Picaresca, surreale, grottesca, in perpetua altalena tra realtà e sogno, incubo e gioco, la narrazione avvolge il lettore in una calda, affettuosa crazy quilt, la forma più libera, pazza, di quell’arte domestica che è la coperta patchwork, fatta da mani femminili con qualsiasi avanzo di stoffa disponibile e ritagli applicati di uccelli, frutti e fiori. La metafora è dell’autrice stessa. «Nata e cresciuta come sono nella tradizione della classe operaia protestante del nord dell’Inghilterra, mi piacciono le sfumature di parsimonia e fatica che la metafora comporta». La gigantesca, bella, bionda, angiola Fevvers, protagonista di Notti al circo, è nata da un uovo – a dispetto del perturbante macchinoso Frankenstein di Mary Shelley – ed eccelle come trapezista grazie alle grandi ali nel prodigioso mondo del circo. È cresciuta purissima in un rispettabile bordello vagamente settecentesco. Nel periodo vittoriano vive al buio nel museo delle perversioni sessuali; un Dickens noir occupa lo spazio bidimensionale della pagina e non v’è aria che soccorra. Alla fine tutto il mondo incongruo del circo si scioglie sotto il sole accecante della Siberia. Fevvers, che in realtà si chiama Sophia, è stata guidata dall’esperta madre siciliana Lizzie, e ha assolto al suo compito: curare la fragilità femminile e demolire lo strapotere maschile. Il mito di Cerere e Proserpina è stato riscritto, e il «tornado vorticante» della risata di Fevvers mette un punto fermo alla tormentosa, antica Guerra dei Sessi.

 

 

L’INDICE DEI LIBRI DEL MESE ONLINE ::  16 DICEMBRE 2015

#SpecialeNatale: Angela Carter – Il vuoto attorno

Un’irresistibile miscela di gotico e magia

il consiglio di Matteo Bernardini, regista

 

 

Angela Carter IL VUOTO ATTORNO pp. 649, € 23 Corbaccio, Milano 2005

 

Angela Carter - Il vuoto attorno

 

Il vuoto attorno è la raccolta completa di racconti scritti da Angela Carter nel corso della sua carriera. Comparso in Gran Bretagna nel 1995 con il titolo Burning your Boats, è disponibile in una traduzione italiana relativamente recente grazie agli sforzi di Corbaccio. La scrittrice britannica (1940-1992), definita dall’amico Salman Rushdie “la grande maga della letteratura inglese” e “una cosa rara, (…) un pezzo unico”, è sempre stata una voce a sé stante nel panorama letterario d’oltremanica e internazionale tout court. Considerata una dei massimi esponenti del realismo magico, ha saputo fondere con rara maestria ed eleganza il mondo della fiaba con la riflessione femminista, il gotico con il bizzarro passando per la cultura popolare, facendo delle sue creazioni un punto di incontro fra letterature e generi, e soprattutto fra i mondi artistici più variegati (cinema, opera, pittura, jazz, teatro) che nei suoi universi trovano un approdo ideale. Il mio consiglio natalizio è l’invito a entrare nel profondo del mondo di una fra i più importanti autori del Novecento, mai abbastanza ricordata e considerata. Proprio in questo senso l’operazione di Corbaccio è lodevole: riproporre la totalità della produzione breve della Carter è importante, e permette di apprezzare testi altrimenti introvabili in Italia (dopo un pallido ritorno agli inizi degli anni Duemila, è calato nuovamente il silenzio). Il lettore potrà così lasciarsi coinvolgere dalle prodezze fiabesche e sessuali di un procace Gatto con gli Stivali; lasciarsi stregare da un dimenticato maniero hollywoodiano in cui dimora l’assonnato e sdentato leone della MGM; rabbrividire insieme con una Cappuccetto Rosso adolescente di fronte a un cacciatore che è anche il perfido lupo per mezzo della licantropia… e molto altro ancora. Sotto l’albero regalatevi un universo di incanti raccontato con intelligenza straordinaria e rara raffinatezza: così facendo, contribuirete a restituire a una grandissima autrice il posto che merita nel panorama letterario contemporaneo.

matteo.bernardini86@gmail.com

M. Bernardini è regista

 

 

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