ALBERTO NEGRI, Berlino, una perfetta operazione di propaganda — IL MANIFESTO DEL 21 GENNAIO 2020, pag. 2

 

 

IL MANIFESTO DEL 21 GENNAIO 2020 –pag. 12

https://ilmanifesto.it/berlino-una-perfetta-operazione-di-propaganda/

 

 

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Berlino, una perfetta operazione di propaganda

Alberto Negri

EDIZIONE DEL  21.01.2020

PUBBLICATO20.1.2020, 23:59

 

A Berlino è mancato ai leader soltanto il selfie con Sarraj e Haftar, altrimenti sarebbe stata una perfetta operazione di propaganda. Peccato che il generale della Cirenaica Khalifa Hatfar abbia partecipato solo indirettamente ai negoziati senza nulla sottoscrivere, come del resto era già accaduto nella tregua di Mosca mediata da Russia e Turchia.

Da lì non è uscito un accordo ma una dichiarazione di intenti sulla Libia che appare più che altro un fragile appello alla tregua. Il punto fondamentale è la creazione di una commissione militare intralibica «5+5», composta cioè da cinque membri nominati da Al Sarraj e cinque da Khalifa Haftar, che secondo il piano Onu avrà il compito di monitorare il cessate il fuoco e stabilire la linea degli schieramenti. E chi ci crede è bravo.

 

La pace, bene supremo, vista anche la posizione dell’Italia nel Mediterraneo, sembra ancora tutta da farsi quindi sono da accogliere positivamente le prossime iniziative della Cgil il 25 e il 28 gennaio per manifestare a livello nazionale e internazionale con iniziative a favore della pace, messa fortemente a rischio dalle operazioni americane in Medio Oriente come l’assassinio sulla pista dell’aereoporto di Baghdad del generale Qassem Soleimani.

Del Medio Oriente oggi si fa strame e propaganda come dimostrano le dichiarazioni di Salvini sul riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele nel caso lui diventasse premier: il sionismo estremo e radicale, contrario a ogni risoluzione Onu, ha trovato un nuovo «sovranista».

Così il leghismo potrà finalmente seppellire in una tomba in terra santa e palestinese l’indipendentismo padano. Amen.

Il nostro governo dice che si vuole impegnare per la pace in Libia insieme agli altri Paesi ma da Berlino non è venuta nessuna iniziativa europea concreta e un’eventuale missione internazionale si avrà, se mai ci sarà, sotto l’egida delle Nazioni Unite. «Un cessate il fuoco richiede che qualcuno se ne occupi e l’embargo sulle armi richiede un alto livello di controllo», ha detto ieri l’Alto Rappresentante per la politica Estera Ue, Josep Borrell al Consiglio dei ministri degli esteri Ue aggiunto.

Un maestro dell’ovvietà Borrell. Sull’embargo delle armi, punto su cui ha molto insistito la cancelliera Merkel, non sono previste iniziative concrete: chi lo farà rispettare?

La stessa Germania per altro nel gennaio scorso si era sfilata dalla missione Sophia che avrebbe dovuto avere tra i suoi compiti quello di monitorare l’embargo e frenare il traffico dei migranti, argomento che a Berlino è stato toccato solo di striscio, come se si trattasse di un tema secondario.

La speranza è che adesso questa tregua – tutta ancora da verificare – non serva a contrabbandare la Libia come «porto sicuro»: si parla vagamente di un governo libico che rispetti le regole internazionali ma la verità è che nessun cacicco locale ha la minima intenzione di riconoscere la convenzione di Ginevra sui rifugiati: quindi ogni profugo continuerà a essere considerato un «clandestino», gettato in campi miserabili e trattato come una bestia.

Mentre si sfilava a Berlino, in Libia le fazioni continuavano a sparacchiarsi addosso e soprattutto bloccavano l’export e la produzione di petrolio: il movimento di protesta «Rabbia del Fezzan» del sud rivendicava la chiusura dei giacimenti petroliferi di Sharara ed El Feel dove opera anche l’Eni. Berlino insomma è stata un’operazione di immagine per raddrizzare la barca europea che fa acqua da tutte le parti. L’Unione europea prima è stata incapace di frenare il massacro dei curdi siriani di Erdogan e il suo espansionismo neo-ottomano nel Mediterraneo – vagheggiando sanzioni anti-Ankara mai avvenute – poi ha subito le iniziative belliche americane contro l’Iran e, soprattutto, non è in grado di frenare le influenze estere in Libia – turche, arabe, russe – perché la stessa Unione è divisa al suo interno.

A Berlino si volevano sanare queste lacerazioni. Ma i dubbi restano.

All’origine di questa situazione c’è il bombardamento di Gheddafi nel 2011, un’iniziativa di ingerenza proditoria mascherata come umanitaria per difendere i ribelli di Bengasi e in realtà proiettata ad abbattere un regime scomodo alla Francia di Sarkozy. Usa e Gran Bretagna si erano unite ai raid voluti da Parigi lasciando alla Nato il compito di finire il lavoro sporco.

L’idea demenziale dell’Italia di unirsi ai bombardamenti ha fatto il resto: abbiamo perso ogni credibilità nel Mediterraneo simboleggiata anche da un goffo primo ministro italiano che a Berlino domenica cercava invano la sua passerella senza trovare un posto in prima fila che credeva gli riservassero nella foto finale del vertice. Ah povero «Giuseppi»…

 

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