MARIA CRISTINA FRADDOSIO :: “Mio figlio morto di cancro”: la guerra di Carla per Taranto –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 27 GENNAIO 2020 –pag. 17

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 27 GENNAIO 2020 –pag. 17

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LA LOTTA E’ DONNA

 

ITALIA

“Mio figlio morto di cancro”: la guerra di Carla per Taranto

“Mio figlio morto di cancro”: la guerra di Carla per Taranto

Giorgio Di Ponzio è morto un anno fa di un raro tumore correlato alla diossina. Aveva 15 anni. Da allora l’impegno della mamma per chiudere l’Ilva e potenziare il polo oncologico della città

 

di Maria Cristina Fraddosio | 27 GENNAIO 2020

Un anno è trascorso da quando Giorgio Di Ponzio è morto. Aveva 15 anni e un sarcoma raro correlato alla diossina. Carla Lucarelli, sua madre, tarantina, 43 anni, non ha pretese di onori e riconoscimenti. È tenace, parca di parole, si racconta senza fronzoli. Lei decide e agisce. Tira dritto per la sua strada, anche quando di fronte ha le massime cariche dello Stato. Ne ha dato prova il 24 aprile: “Qua c’è da prendere dei provvedimenti immediati sulla chiusura dell’Ilva, perché non si può andare avanti così”, disse all’allora vicepremier Luigi Di Maio durante l’incontro con le associazioni a Taranto.

E poi l’affondo: “Sicuramente mio figlio, il figlio di Mauro Zaratta e gli altri bambini sono il risultato dei governi precedenti, ma voi volete portare sulla coscienza i bambini futuri che moriranno? Far generare dei genitori e dei figli con una breve scadenza come lo yogurt?”. Senza esitazione, si alzò e si diresse verso l’uscita. Oggi racconta che furono i giornalisti a farle notare che non aveva stretto la mano a Di Maio, prima di andar via. “Non ho voluto cercare nessun contatto – spiega – perché gliela stringerò quando farà una scelta coraggiosa per la nostra città”.

Lei per Taranto, assieme a suo marito Angelo Di Ponzio e ad altri concittadini, in un anno di lutto ne ha fatte di cose. Suo figlio Giorgio è morto il 25 gennaio 2019. Un mese dopo la città si è riversata per strada. Quella fiaccolata ha scosso l’opinione pubblica. È stata uno spartiacque. I bambini morti a causa dell’Ilva hanno smesso di essere invisibili. Poco a poco li si è chiamati per nome. Hanno acquisito un volto.

Nel frattempo è nato il comitato Niobe, di cui fanno parte i genitori “orfani”. Carla è una di loro. Una che non si risparmia. A marzo era assieme alle donne del rione Tamburi a mettere catene e lucchetto ai cancelli dell’Ilva. “Oggi vi chiudiamo noi”, avevano scritto su un cartellone.

A novembre, quando ha saputo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sarebbe arrivato in città, ha chiesto di incontrarlo. È stata lei a presentargli il Piano Taranto, un documento programmatico che ha scritto assieme ad altre associazioni per chiudere l’Ilva, bonificare e riconvertire il territorio. Prima di consegnarglielo, gli ha mostrato la foto di suo figlio e lo ha invitato a guardarla bene. Conte – a suo dire – le ha risposto che non “avrebbe mai dimenticato il suo sguardo”. Tuttavia lei teme lo abbia rimosso. “Così come io ho cambiato vita quando mio figlio si è ammalato – spiega – anche gli operai riusciranno a cambiarla una volta che l’Ilva sarà chiusa. Lo Stato deve assumersi la responsabilità delle loro sorti”.

Carla è una creativa, lungimirante. Sa già cosa vorrebbe vedere al posto dell’acciaieria: immagina un parco giochi, una birreria e delle gallerie d’arte. Lei è un’artista. Mentre Giorgio era malato, dovendo accompagnarlo prima a Bari e poi a Milano per le cure, aveva smesso di dipingere. Ma da qualche tempo ha ripreso. Usa la pittura per denunciare. Un quadro lo ha donato alla ministra delle politiche agricole, Teresa Bellanova. Raffigura un teschio nero, realizzato con la polvere di minerale raccolto dalle mamme del rione Tamburi. Gli altri dipinti raccontano la maternità. In uno, al posto del capezzolo, c’è il camino dell’Ilva: il nascituro si abbevera ai fumi dell’acciaieria, mentre sua madre lo allatta ignara. Già da tempo studi scientifici hanno accertato la presenza di diossina nel latte materno di alcune donne residenti. “Dopo la morte di Giorgio – racconta – volevano farci delle donazioni e allora ci siamo attivati”. Così è nata l’associazione “Giorgio for ever”. Diventerà una fondazione e ospiterà il primo centro di ricerca di oncoematologia pediatrica di Taranto.

In città c’è un gran daffare. La facoltà di Medicina non esiste. Manca proprio l’università. L’hanno chiusa. Anche trovare oncologi da assumere è difficile. Eppure c’è chi come lei riesce a figurarsi una Taranto diversa e non si arrende. Di recente ha fatto istanza per l’istituzione di un tavolo con la Asl. Lo ha ottenuto e i posti letto del reparto di oncologia pediatrica intitolato a Nadia Toffa sono stati raddoppiati. Da tre a sei. “Compreremo i macchinari, chiameremo i ricercatori. I nostri bambini hanno bisogno di armi per combattere i tumori”.

È questa la speranza che infonde quando incontra i giovanissimi: “Gli dico che non devono accettare passivamente quello che non va”. Nella Taranto dell’Ilva lei non ha voluto neanche seppellire suo figlio. Lo ha portato a Talsano, dove ogni giorno per un’ora siede sulla panchina di fronte alla sua tomba. “Alle elementari – ricorda – ci insegnavano con orgoglio che la nostra città era il fiore all’occhiello del Paese. La più grande acciaieria d’Europa. Ma a casa, mio padre, diceva che quello era un inferno”. Il suo tono di voce è sempre identico, anche quando rievoca il giorno in cui i medici le dissero del tumore raro e aggressivo. Giorgio era a pochi metri di distanza. Lei si voltò e gli sorrise, rassicurandolo che non avesse nulla di grave.

“A Taranto – avverte – anche un bambino sa che se dici tumore dici morte. Non volevo che si preoccupasse”. Sabato, a un anno di distanza dalla sua scomparsa, la città lo ha ricordato. Poste Italiane ha organizzato il primo annullo filatelico con la sua immagine. Sono pronte le cartoline per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Dietro tutto questo, all’ombra dei riflettori, inarrestabile c’è Carla.

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1 risposta a MARIA CRISTINA FRADDOSIO :: “Mio figlio morto di cancro”: la guerra di Carla per Taranto –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 27 GENNAIO 2020 –pag. 17

  1. Donatella scrive:

    Questo fatto è agghiacciante: un dolore insopportabile, replicato chissà quante volte per tutte le vittime di questa fabbrica di morte. Eppure è difficile trovare una soluzione, dovendo scegliere tra lavoro e malattia oppure chiusura e disoccupazione. Occorrerebbe una riconversione, ma forse mancano i soldi.

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