ENZO DI MAURO :: PHILIPPE RAHMY ( 1965 -2017 ) :: Viaggio a Shanghai, ascesa al mio passato- ” CEMENTO ARMATO “, EDT 2019–IL MANIFESTO DEL 26 GENNAIO 2020

 

 

IL MANIFESTO DEL 26 GENNAIO 2020

https://ilmanifesto.it/viaggio-a-shanghai-ascesa-al-mio-passato/

 

 Risultati immagini per philippe rahmyPhilippe Rahmy est un poète et écrivain né à Genève le 5 juin 1965 et mort le 1er octobre 2017

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Allegra - Philippe Rahmy - copertina

2017

 

Descrizione

Il protagonista, Abdel Ifflisen, figlio di macellai musulmani algerini, ci mostra uno scorcio della realtà europea dove fallimenti esistenziali e sociali possono trasformare un buon padre di famiglia in un potenziale terrorista. Siamo nella Londra che si prepara ai Giochi Olimpici del 2012 e Abdel vaga per la capitale con uno scatolone in mano. Cacciato di casa dalla moglie Lizzie, dopo essere stato licenziato e costretto a subire le quotidiane forme di razzismo strisciante, Abdel non ha più nulla da perdere, decide di dare una risposta al baratro esistenziale che si è aperto davanti a lui: si farà esplodere durante la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici. Abdel inizia allora la preparazione fisica e psicologica finalizzata a quell’atto: si fa crescere la barba, impara a costruire bombe e inizia a vedere il mondo attraverso nuove lenti di ispirazione islamista. Ma all’improvviso il velo cade, la follia omicida si spezza ed ecco lo svelamento della realtà rimossa. Abdel sceglie di vivere, o meglio di sopravvivere.

Pardon.jpg

Editions de La Table Ronde

Coll. Vermillon

Parution : 30/08/2018

 

 

 

 

ALIAS DOMENICA

Viaggio a Shanghai, ascesa al mio passato

 

Narrativa di viaggio. Nel 2011 lo svizzero Philippe Rahmy accettò un invito nella metropoli verticale cinese: “Cemento armato”, ora per EDT, è il resoconto di quella esperienza «violenta» che lo costrinse a fare i conti con la propria storia, i propri morti

Olivo Barbieri, Cina Shanghai, da Virtual Truths, Silvana Editoriale, 2001Olivo Barbieri, Cina Shanghai, da Virtual Truths, Silvana Editoriale, 2001

 

Enzo Di Mauro

EDIZIONE DEL  26.01.2020

PUBBLICATO26.1.2020, 19:49

AGGIORNATO23.1.2020, 19:52

 

Nato a Ginevra nel 1965 da padre franco-egiziano e da madre tedesca e morto nel 2017, Philippe Rahmy ebbe a trascorrere tutta la propria non lunga vita, dagli anni dell’infanzia a quelli della maturità, cercando di proteggersi da ogni benché minimo urto esterno. Soffriva infatti di osteogenesi imperfetta, la cosiddetta «malattia delle ossa di vetro». Spesso persino l’attenzione e la cura estreme che metteva nei movimenti del corpo non lo salvavano dalle fratture (pare una cinquantina in totale).

Ogni contatto rappresentava un pericolo, una probabile sciagura, una promessa di immobilità: dunque un’esistenza fatta di infinite letture, di acute riflessioni non di rado amare e dolorose, di isolamento, di solitudine, di scrittura e poi, avanzando l’età, com’è naturale e giusto, di rimpianti, di rimorsi e soprattutto di risentimento, esplicati però sotto forma di disperato, irridente, irriverente riso leopardiano o, anzi meglio, di ghigno ferito e umiliato.

Restavano pur sempre all’erta e palpitanti il desiderio, la lucida intelligenza e la vitalità, elementi mai ceduti alla sofferenza e all’arbitrio feroce del destino.

Nel 2011 Rahmy, insieme ad altri autori europei, accetta tuttavia di compiere un viaggio a Shanghai su invito dell’Associazione degli scrittori di quella città. Sarà il suo primo e unico vero viaggio – una scommessa coraggiosa, il gesto che afferma una volontà indomita, irriducibile.

Oggi quell’esperienza resta chiusa in un libro che sarebbe uno spreco e una perdita non leggere per poi magari ricordarsene nei momenti difficili.

Cemento armato (traduzione dal francese di Marella Nappi, nota introduttiva di Jean-Christophe Rufin, EDT, pp. 183, e 13,50) non gioca a nascondino con le pretese che sottende.

È certamente il resoconto di un viaggio, l’affresco di un universo urbano per certi versi sconvolgente e sconcertante, il ritratto percussivo e nervoso di un mondo che pare avere abolito l’immobilità, la stasi e la contemplazione, la messa in scena dello svariare sbigottito e insieme divertito dello sguardo sulla verticalità architettonica che tocca il cielo senza mai vederlo o, infine, la forte e spesso ripetuta marcatura (quasi visionaria, come una preveggenza o un dejà vu) intorno a un futuro più o meno prossimo in cui le città europee assumano a modello formale, abitativo e potremmo dire spirituale proprio le linee di quella megalopoli vista appunto come una anticipazione dell’«avvenire del mondo».Ma è altrettanto vero che Cemento armato – con questo tiolo così neutro che soltanto sembra designare un duro, pesante materiale da costruzione contro cui sarebbe meglio non andare a sbattere – allude a una sfida ben altrimenti ardua di quella del turista, a un’impresa quanto mai estrema e faticosa, a una sorta di ascesa al Mont Ventoux di una interiorità fatta di impulsi persino crudeli e indicibili. E allora, per chiudere il cerchio di una vita da sempre votata alla spasmodica e costante attenzione verso di sé e verso le proprie ossa, occorre teatralizzare e provare a scarnificare nella scrittura, su di essa riflettendo e da essa pericolosamente sporgendosi, l’intemerato sentimento misto di passione e di astio nei confronti della vita medesima.

Rahmy si affida all’atletismo del pensiero e dello sguardo, non potendosi consentire cimenti fisici. Pensiero e sguardo, a quell’altezza, non conoscono usura (un libro contro l’«usura dello sguardo» è la felice formula che Rufin utilizza nella nota prefatoria).Sguardo ostinato (per citare Serge Daney) e pensiero acuminato, dunque, a svellere dal passato gli strati profondi per portarli in superficie mediante la visione del presente.

«Shanghai e io abbiamo lo stesso gusto per la violenza», scrive Rahmy. E prosegue: «Ci siamo costruiti e continuiamo a crescere per successione d’incidenti. Non ho mai visto tanti corpi martoriati come a Shanghai. Non c’è né guerra né carestia. La gente sembra felice. Eppure ogni strada risuona di schianti e di grida. Ormai sul punto di partire, percepisco un rapporto tra questa città e i miei ricordi. Piango, tutti i mormorii della città passano nei miei singhiozzi».

Ed è per mezzo di un simile sentimento che viene rappresentata la megalopoli cinese e semmai la fraternità con essa e con i suoi abitanti, questi ultimi a formare, nel «rumore di macchina da guerra» masse tumultuanti che «s’intersecano» e «collidono» e paiono al tempo stesso moltiplicarsi e frantumarsi dentro quello spazio tellurico e incandescente, laddove il «gigantismo» dei luoghi sembra deformare, come in una visione anamorfica, i corpi degli uomini e delle donne sempre in movimento, in un flusso impetuoso e inarrestabile.

Proprio a Shanghai – città cobra e mangusta insieme – lo scrittore svizzero compie il suo viaggio a ritroso nel tempo, a un passato dal quale riemergono eventi anche minimi o, al contrario, grandi evenienze, ad esempio la malattia di una persona cara, la perdita di un amico adolescente, i lunghi periodi di stallo sentimentale, le occasioni che non si sono nemmeno date. Oggi, qui, dopo e prima di tutto, confessa, «conto i miei morti. Non invecchiamo a causa del tempo che passa. Invecchiamo a causa dei morti che portiamo, e che continuano a morire in noi». La nostra genealogia si consuma con noi, col nostro sparire dal pianeta. Per tale ragione Rahmy, lettore di Elias Canetti, sa che «sopravvivere agli esseri sani è la vera consolazione degli incurabili» e inoltre, crudelmente, promette di fare l’impossibile pur di «sopravvivere alle persone che amo». Cemento armato è un libro di spietata e radicale resistenza alla caducità.

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1 risposta a ENZO DI MAURO :: PHILIPPE RAHMY ( 1965 -2017 ) :: Viaggio a Shanghai, ascesa al mio passato- ” CEMENTO ARMATO “, EDT 2019–IL MANIFESTO DEL 26 GENNAIO 2020

  1. Donatella scrive:

    Da leggere senz’altro.

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