DUE SOLDI DI SPERANZA, FILM COMPLETO DI RENATO CASTELLANI, 1952 — 1,15,57– CON MARIA FIORE VINCENZO MUSOLINO E FILOMENA RUSSO

 

Due soldi di speranza è un film del 1952 diretto da Renato Castellani, vincitore del Grand Prix du Festival come miglior film al 5º Festival di Cannes.

Il film è considerato tra i primi rappresentanti del filone del cosiddetto neorealismo rosa: l’ambientazione è indubbiamente realistica, ma, al contrario che nelle opere neorealistiche, non c’è nessuna drammaticità, anzi i toni rimangono leggeri e scanzonati, e i problemi come la povertà e la disoccupazione appaiono in fondo non troppo gravi e facilmente risolvibili.

Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare

 

 

 

Trama

Il ventenne Antonio Catalano, terminato il servizio militare, torna nella sua Cusano, un paesino dell’Irpinia, dove, disoccupato, deve provvedere alla madre vedova e con il vizio del gioco del lotto e a cinque sorelle di varie età. La bella Carmela gli riserva subito vivaci attenzioni, ma le difficoltà economiche di entrambi non permettono di progettare un matrimonio, anche perché Pasquale, il padre di lei, rifiuta categoricamente di aiutarli.

Antonio si arrabatta come può per mettere da parte qualche soldo, tanto più che sua sorella Giuliana è stata compromessa da un proprietario terriero di mezza età che rifiuta di sposarla senza dote: inizia come “aiutatore di carrozze” (l’unico collegamento esistente fra il paese e la stazione è espletato da carrozze, e Antonio contribuisce a spingere i cavalli nei tratti più ripidi); poi si mette d’accordo con i vetturini perché vendano i cavalli e formino una cooperativa per gestire un servizio di corriera, ma il progetto naufraga per l’incapacità e l’avidità dei vetturini; si fa assumere come aiuto sagrestano dal parroco e contemporaneamente la notte va a Napoli per collaborare con una sezione comunista, ma Carmela, litigando con altre donne, svela il segreto del suo doppio lavoro e il parroco, non volendo avere a che fare con i comunisti, lo licenzia; infine trova un impiego a Napoli presso la signora Flora Angelini, proprietaria di sale cinematografiche, per portare le pellicole da una sala all’altra, ma anche per vendere il suo sangue al figlio di lei, che ha bisogno di continue trasfusioni.

Anche se la signora è tutt’altro che indifferente alla rude bellezza di Antonio, lui rimane fedelissimo a Carmela; questa però, in preda alla gelosia, fa una scenata alla Angelini tanto che Antonio rimane per l’ennesima volta disoccupato. Pasquale continua a rifiutare di dare il consenso al matrimonio e anche di assumere Antonio nel suo laboratorio di fuochi d’artificio. Carmela progetta perfino una fuga d’amore per poter mettere la famiglia di fronte al fatto compiuto, ma non ha il coraggio di arrivare fino in fondo. Alla fine, i due giovani tornano in paese e annunciano di sposarsi comunque, quali che siano le difficoltà da affrontare. Per il momento, i venditori del mercato cominciano ad aiutarli facendo loro credito illimitato su dei capi di vestiario.

 

Il film fu girato a Boscotrecase, un comune italiano di – oggi – 10 163 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania.

 

 

Il film è considerato tra i primi rappresentanti del filone del cosiddetto neorealismo rosa: l’ambientazione è indubbiamente realistica, ma, al contrario che nelle opere neorealistiche, non c’è nessuna drammaticità, anzi i toni rimangono leggeri e scanzonati, e i problemi come la povertà e la disoccupazione appaiono in fondo non troppo gravi e facilmente risolvibili. L’amore sentimentale, che dopo vari ostacoli finisce inevitabilmente per essere legittimato dal matrimonio, prevale su qualsiasi tematica sociale. Carmela, vivace e di carattere ma irreprensibile dal punto di vista morale, sembra anticipare i personaggi della Bersagliera di Pane, amore e fantasia e della Giovanna di Poveri ma belli.

«È il film più fresco e personale di Castellani, che appieno rivela le sue doti di piacevole narratore e di acuto indagatore di certi aspetti del nostro popolo, e al tempo stesso i suoi limiti ideologici e artistici. È il punto d’arrivo di un’indagine neorealistica della nostra società iniziato nell’immediato del dopoguerra, indagine condotta soprattutto secondo una visione rosea e ottimistica della vita e soffermandosi sugli aspetti di costume, esteriori di un’umanità minuta e mediocre. Il film narra le avventure amorose di una giovane coppia sullo sfondo del paesaggio e dell’ambiente umano e sociale di Boscotrecase, un paesino del Napoletano e prelude, nei toni e nei modi del racconto, al filone che avrà grande successo di pubblico, Pane, amore e fantasia, ecc. Nei limiti di una commedia paesana i risultati sono apprezzabili, anche se spesso lo sguardo del regista è più rivolto agli aspetti comici e grotteschi della storia che alle cause che li determinano»

(Scheda critica del film nel Catalogo Bolaffi del cinema 1945/65 di Gianni Rondolino)

 

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