IL VEDOVO, UN FILM DI DINO RISI DEL 1959 – ALBERTO SORDI E FRANCA VALERI ++ RECENSIONE DI TONINO DE PACE, DI SENTIERI SELVAGGI, 22 SETTEMBRE 2015 –durata : 1.26.50

 

 

 

 

Trama ( WIKIPEDIA )

Il commendatore Alberto Nardi è un giovane industriale romano, megalomane ma dalle scarse capacità. È sposato con la ricca Elvira Almiraghi, donna d’affari milanese di successo, abile e spregiudicata, alla quale il marito, perennemente assediato dai creditori, si rivolge quando ha bisogno di firme per cambiali o nuovo denaro per le sue fallimentari iniziative. La coppia abita assieme in un appartamento nella torre Velasca a Milano. Elvira, saggiamente, ha smesso ormai di sussidiare il marito e, con fare canzonatorio, lo punzecchia chiamandolo “cretinetti”. Almeno apparentemente, visto che è proprio lei la strozzina che – dietro anonimato – presta continuamente denaro, a condizioni usurarie, al marito Alberto tramite il commendator Lambertoni, suo intermediario. Impossibilitato a saldare le pressanti scadenze di debiti, interessi, cambiali, e sostenendo comunque uno stile di vita agiato per salvare in pubblico il suo status di uomo d’affari, Alberto Nardi vive in uno stato di continua tensione, che l’ha già portato all’esaurimento nervoso e – ci viene detto – al ritiro spirituale in un convento di campagna. Alberto ha anche un’amante, Gioia, una donna giovane e ingenua.

Nardi ha urgente bisogno di altri soldi prestati da Lambertoni anche per poter tenere a galla la sua ditta di ascensori, sempre pericolosamente vicina alla bancarotta, dove da mesi non paga gli stipendi agli infuriati operai. Nessun istituto di credito è disposto a concedere prestiti a Nardi senza la garanzia della moglie, proprietaria di un patrimonio di oltre un miliardo di lire dell’epoca, la quale però si rifiuta. Dopo l’ennesima discussione su una cambiale da firmare, con conseguente umiliazione pubblica, Nardi, di fronte al deciso rifiuto di lei, ripiomba nuovamente in uno stato nevrastenico, e minaccia di compiere un gesto estremo, mentre la moglie Elvira si dirige con l’autista alla stazione ferroviaria per prendere un treno notturno che parte per la Svizzera, dove è diretta a far visita alla madre. Il mattino seguente, la notizia di una tragedia compare sui giornali: il treno della sera precedente diretto in Svizzera ha avuto un incidente e si apprende che la carrozza prenotata da Elvira è precipitata nel lago. Non ci sono superstiti. Nardi conclude, come fan tutti, che la moglie dev’essere perita, ritrovandosi improvvisamente erede del miliardario patrimonio della moglie. Ora Alberto capisce che è finalmente libero, quindi può saldare tutti i creditori.

Nella casa di campagna dove è vissuta Elvira viene allestita, con grande sfarzo, una veglia funebre, alla quale prendono parte moltissime persone, in attesa dell’arrivo della salma, che i sommozzatori dovrebbero recuperare. Prendono parte alla commemorazione della defunta amici, come il commendator Fenoglio; una prefica staziona nella stanza allestita per la camera ardente; il celebre cantante Rabagliati viene assunto per cantare al funerale. Ma accade l’incredibile quando, a serata inoltrata, Elvira compare, viva e vegeta, accompagnata dall’autista. È stata una telefonata del marchese Stucchi, collaboratore del marito, ad averle fatto perdere il treno, salvandole la vita.

Nardi, che in poche ore di vedovanza è già riuscito a compiere una speculazione disastrosa, acquistando una zolfatara col denaro della moglie, si ritira in convento per alcuni giorni, onde evitare nuovamente l’assedio dei creditori. A padre Agostino che lo saluta in partenza, Alberto comunica di avere ora le idee chiare, ritemprato dall’agreste buen retiro. In realtà – come comunica una volta tornato in fabbrica, allo zio, allo Stucchi e all’ingegnere Fritzmayer – egli ha deciso di organizzare l’omicidio di Elvira: un incidente che, simulando un blackout, faccia precipitare la moglie nel vuoto dell’ascensore della Torre Velasca, sfruttando il brevetto dell’ingegnere tedesco, già rivelatosi pericolosamente difettoso. Ma, ennesima beffa, a causa dell’inettitudine dei suoi complici, sarà proprio Nardi a morire precipitando nell’ascensore.

 

 

SENTIERI SELVAGGI

22 Settembre 2015 

di Tonino De Pace

FILM IN TV – Il vedovo, di Dino Risi

 

Se con la direzione di Dino Risi, il geniale Alberto Sordi avrebbe interpretato, qualche anno dopo Il vedovo (1959), un film cruciale per la lettura delle nostre vicende sociali e altrettanto necessario per quello studio dei caratteri che è stato il fondamento della commedia (all’)italiana come Una vita difficile, questo è dovuto allo sguardo ironico, distaccato e sornione del Risi di quegli anni. Dino Risi è stato un regista che ha sempre utilizzato l’ironia sferzante, scevra da ogni buonismo di maniera per distinguere il suo cinema che ci ha restituito il ritratto a tutto tondo di un Paese meschino e al tempo stesso orgoglioso, tragico e megalomane. In questa gamma infinita di caratteri e mezze figure il corpo adattabile di Sordi, ma anche quello imponente di Gassman o la fragilità di Trintignant, accompagnano indissolubilmente le vicende di questi protagonisti, archetipi di caratteri nostrani ancora oggi presenti tra noi, da nord a sud, passando pure le isole.

Elvira è una ricca affarista milanese, fredda e cinica, Alberto è un parvenu, spiantato e senza alcun senso per gli affari. Il loro matrimonio è una farsa e si regge sulla disistima reciproca. Lui spera che lei sia morta in un incidente ferroviario, ma quando la realtà si presenterà differente, proverà a porvi rimedio aiutato dai suoi collaboratori più incapaci di lui, ma con risultati disastrosi. Il tono della commedia stempera i toni della tragedia e se la storia sembra colorarsi di nero,

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Il vedovo, 1959Il vedovo, 1959

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puntando sul noir, è il grottesco che viene fuori in questa storia dei due scritta da SonegoCarpi e lo stesso Risi prendendo spunto da un fatto di cronaca dell’epoca.

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Il film, in fondo, è un’ennesima riflessione sul maschio italiano e si aggiunge all’altra miriade di grandi e piccoli che hanno scandagliato i tratti di un profilo multiforme. Film che oggi guardiamo come un mosaico compiuto che sono riusciti, complessivamente e singolarmente, a consegnarci un ritratto veritiero, a volte polemicamente iperbolico, di una condizione di frustrazione che corrisponde sempre ad una parallela frustrazione sessuale, vero cardine attorno al quale gira, senza sosta, la giostra della commedia italiana e questo film non si sottrae a questa analisi, anzi sembra estremizzarne i temi ed esasperarne gli effetti.

Il vedovo, RisiIl vedovo, Risi

La vicenda si svolge sullo sfondo di una modernità ormai a portata di mano, in una Milano in piena ascesa e il cui simbolo sembra proprio essere la Torre Velasca che, all’epoca appena costruita, si era trasformata nel simbolo della potenza economica della città, con i suoi industriali sempre impegnati, vincenti e spietati. L’altro volto dell’Italia era la città di Roma sempre più impiegatizia e soddisfatta, bonaria e accomodante, ma con i suoi caratteri tipicamente italiani, tutti quelli che si leggono sul faccione cialtronesco di Alberto Sordi. Per dare forma a questo scontro di modi di essere il milanese, ma romano d’adozione, Dino Risi mette a confronto i due caratteri dei suoi due personaggi. Trova la milanesità più antipatica e fastidiosa in una gelida Franca Valeri, rigida nelle sue tenute eleganti e senza una piega, nei suoi cappellini inamidati e dall’altra parte la romanità più sbracata, senza faccia, in un Alberto Sordi pienamente a

Il vedovoIl vedovo

proprio agio che sembra essere uscito dal suo sig. Max o da un altro tra i tanti personaggi che hanno raccontato il maschio italiano nella evoluzione di sguardo pieno di malinconica pietà. Due personaggi detestabili che diventano protagonisti di questa commedia che deraglia nel noir grottesco la dove l’etica dell’Italia sembra scomparire in favore di un egoismo senza alcun sentimento. Così anche i personaggi di secondo piano, il servile marchese Stucchi, la svampita e finta tonta Gioia amante di Alberto, il vigliacco zio, l’incapace Fritzmayer, contribuiscono a comporre questo mosaico di una umanità senza alcuna capacità affettiva che rinviene solo quando balena la possibilità del guadagno.Un film cattivo e in fondo coraggioso, senza nessuna condiscendenza verso lo spettatore e senza alcuna ruffianeria. Dino Risi ancora una volta popola il suo cinema dei mostri, colti nel loro tragico e ineluttabile destino.

Regia: Dino Risi Interpreti: Alberto Sordi, Franca Valeri, Livio Lorenzon, Leonora Ruffo, Nando BrunoDurata: 87’Origine: Italia, 1959

 

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