ROBERT DARNTON, LIBRI PROIBITI. PORNOGRAFIA, SATIRA E UTOPIA ALL’ORIGINE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE ++ ROBERTA CRAVERI, UNA SPECIE DI RECENSIONE… REPUBBLICA DEL 5 LUGLIO 1991

 

 

 

Libri proibiti. Pornografia, satira e utopia all’origine della Rivoluzione francese

Robert Darnton

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Traduttore: Vittorio Beonio Brocchieri
Editore: Il Saggiatore
Collana: La cultura
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 30 maggio 2019
Pagine: 463 p., Brossura
35 EURO, PREZZO PIENO
Descrizione

Romanzi erotici raffinati e scandalosi, feroci satire politiche contro la monarchia, descrizioni utopiche di società ideali: Libri proibiti, che il Saggiatore riporta in libreria con una nuova prefazione di Daria Galateria, racconta come la letteratura clandestina ha affascinato la Francia e posto le basi per la Rivoluzione.

«Con un astuto dosaggio di verità e menzogna si alimentavano le paure dell’opinione popolare. Vi ricorda qualcosa?» – Benedetta Craveri, Robinson

 

I libri possono provocare una rivoluzione? Se sono torbidi romanzi erotici che sovvertono la morale tradizionale e inducono in tentazione, o pungenti satire politiche che denunciano tutta la corruzione e gli scandali di Versailles, o utopiche descrizioni di società ideali in cui il povero non ha meno diritti del ricco, la risposta è senz’altro sì. La risposta è la Rivoluzione francese. La Rivoluzione del 1789 non ha solo sostituito l’assolutismo monarchico con la democrazia repubblicana, ma ha costituito un radicale rinnovamento dei costumi e delle idee. Gli storici di solito cercano la radice di questo mutamento nelle opere dei pensatori illuministi, ma Robert Darnton è convinto che il terreno sia stato preparato da una più popolare e diffusa letteratura clandestina, pornografica, satirica e dissacratrice. Libri proibiti ricostruisce il ruolo storico di questi volumi, stampati fuori dal paese, oggetto di censure e sequestri da parte delle autorità e distribuiti da una rete capillare di editori e librai che usavano indicarli con l’espressione in codice livres philosophiques.

 

 

 

RECENSIONE DI UN LIBRO PRECEDENTE DELLO STESSO AUTORE SULLO STESSO TEMA::

 

REPUBBLICA DEL 5 LUGLIO 1991

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/07/05/lumi-licenziosi.html

 

 

I LUMI LICENZIOSI

 

 

ROBERTA CRAVERI

 

 

 

Se leggiamo le lettere che Madame du Deffand e d’ Alembert si scambiarono nel corso del 1753, all’ apice della loro amicizia, abbiamo l’ impressione di trovarci nel cuore della vita culturale dell’ epoca. Non c’ è tema sfiorato dalla loro conversazione epistolare: L’ Encyclopédie, la politica culturale di Federico II di Prussia, la posizione dell’ intellettuale nella società, le lotte di potere per il controllo dell’ Académie francaise e via discorrendo , che non abbia un grande rilievo pubblico.

Tutto qui è immerso nella luce dei Lumi; tutto, salvo un piccolo punto oscuro. In una lettera del 22 marzo Madame du Deffand fa un accenno scherzoso a Thérèse philosophe, uno dei più celebri romanzi pornografici del Settecento (ora tradotto da Lucarini), ma subito dopo si affretta a chiedere a d’ Alembert di non dire a nessuno di questa sua lettura. Dunque la celebre marchesa non disdegna la letteratura licenziosa ma non vuole che lo si sappia; dunque la sua metamorfosi mondana non ha cancellato il ricordo del libertinaggio giovanile, dunque è il passato che riaffiora qui all’ improvviso, quasi come un lapsus, per essere poi immediatamente censurato. Evidentemente la pornografia non si addice a quell’ immagine così ammirata di vestale dell’ esprit e del buon gusto che la marchesa ha saputo costruire con tanta sapienza.

 

La forza della stampa clandestina

Queste considerazioni possono essere legittime viste alla luce dell’ ultimo libro di Robert Darnton, Edition et sédition. L’ univers de la littérature clandestine au XVIII siècle (Gallimard, pagg. 279, franchi 125), non colgono il vero interesse del passo in questione. A dover attirare l’ attenzione non è qui una nota stonata in contrasto con l’ eleganza intellettuale del salotto di Madame du Deffand; è l’ affiorare inaspettato di un picco di quel grande continente sommerso che va sotto il nome di letteratura clandestina, è il balenare rapido dell’ altro volto dei Lumi.

 

Se vogliamo ricostruire i gusti, le curiosità, le abitudini mentali dei lettori francesi del XVIII secolo non possiamo, come è ovvio, affidarci solo alla guida delle storie letterarie: la lista delle opere che sono oggi considerate importanti non coincide affatto con quella dei libri più diffusi nel Settecento.

Cosa leggevano dunque i contemporanei di d’ Alembert e di Madame du Deffand, di Voltaire e di Rousseau? Che questo interrogativo non risponda solo a preoccupazioni erudite appare evidente fin dal titolo del primo grande studio d’ insieme dedicato al problema.

Con le sue Origines intellectuelles de la Révolution Francaise (1933), Daniel Mornet cercava, appunto, dando risposta a quel quesito, di spiegare la genesi dell’ 89.

Così, dopo di lui, storici autorevoli come Francois Furet e Daniel Roche hanno raccolto attraverso lo spoglio sistematico dei cataloghi delle biblioteche private, degli elenchi dei libri autorizzati dalla censura, dei titoli recensiti dai giornali, un gran numero di informazioni statistiche sul mondo dei libri e sulla loro circolazione. Come Mornet aveva sostenuto che il testo sacro della Rivoluzione, il Contratto sociale di Rousseau non annoverava che pochissimi lettori prima dell’ 89, così gli studi successivi confermano l’ ipotesi che i best-sellers del Settecento fossero per lo più opere di autori secondari e ormai dimenticati e che è quantomeno azzardato stabilire un rapporto di causa-effetto tra i classici del pensiero illuminista e le idee che avevano reso possibile la Rivoluzione.

 

Tutte queste inchieste, però, il quadro delle letture più significative dell’ epoca, mancano di componente essenziale, non tengono conto, se non in modo assai discontinuo, di quella stampa clandestina che fu una importante forza trainante tanto del mercato editoriale che della circolazione dell’ opinione.

Com’ è possibile, d’ altro canto, ricostruire con esattezza l’ estensione, la diffusione, l’ incidenza di un fenomeno assolutamente illegale che, per potere operare, aveva come corollario di sottrarsi al controllo, di non lasciare tracce, di distruggere ogni indizio rivelatore della sua esistenza?

Uno spettacolare colpo di fortuna, un imponente lavoro di scavo, un autentico talento narrativo hanno consentito a Robert Darnton di tentare felicemente l’ impresa. Il colpo di fortuna risale a venticinque anni fa, quando il giovane storico americano, oggi uno dei maggiori studiosi dell’ illuminismo, scopriva l’ unico archivio intatto esistente di un editore in lingua francese del XVIII secolo. A rendere la scoperta ancora più importante concorreva il fatto che quell’ editore la Société typographique de Neuchatel agiva in territorio svizzero, e quindi poteva svolgere in perfetta sicurezza, in barba a tutti gli interdetti della monarchia borbonica, una attività imprenditoriale mirata alle richieste illecite del mercato francese.

I rischi iniziavano solo al momento in cui le balle dei libri freschi di stampa, issate sulle spalle dei contrabbandieri, attraversavano i valichi alpini per penetrare in Francia attraverso una complicatissima rete di diffusione clandestina. Il pericolo in cui incorreva la Société, in caso di incidenti di percorso, si riduceva a un mancato guadagno, quello che incombeva sugli operatori francesi era l’ interdizione dal commercio e la Bastiglia.

Massima intolleranza della polizia Alle 50.000 lettere custodite nell’ archivio di Neuchatel, Darnton ha saputo strappare, con l’ accanimento di un detective, le informazioni necessarie per penetrare i segreti della clandestinità e far emergere dal nulla in cui era stata inghiottita una folla pittoresca di tipografi, agenti, spie, librai, venditori ambulanti, pennivendoli e poliziotti.

 

E’ in questa corte dei miracoli e non nel salotto dei Lumi che si ordisce il primo grande complotto contro la società dell’ Antico Regime. L’ editoria illegale operava su una doppia tastiera: da un lato era specializzata nella contraffazione pirata di libri di successo, già pubblicati, nel pieno rispetto delle norme, da quella piccola casta di privilegiati, la corporazione dei librai e dei tipografi parigini che deteneva di fatto, fin dai tempi di Colbert, il monopolio della stampa. Dall’ altro lato essa stampava i libri proibiti, cioè a dire quelle opere che non avrebbero mai ottenuto l’ autorizzazione della censura perché contrarie allo Stato, alla Religione, ai buoni costumi. Se nei confronti della prima attività, il laisser aller dell’ Antico Regime consentiva ai librai e stampatori, tagliati fuori dai privilegi corporativi, di servirsi di espedienti illegali per sopravvivere, nei riguardi dei libri proibiti la polizia mostrava invece la massima intolleranza e faceva ricorso a tutte le risorse dell’ apparato repressivo.

La sua determinazione sarebbe andata via via aumentando, con l’ avanzare del secolo, nelle misura in cui cresceva la sensazione del pericolo. Che il concetto di letteratura proibita non corrisponda solo a un criterio di giudizio legato alla pratica censoria, ma che esso rinvii a una realtà autonoma e tangibile, lo tocchiamo veramente con mano con le sei liste di titoli fuori legge che Darnton è riuscito a rintracciare tra Losanna, Berna e Ginevra.

 

Si tratta di esemplari unici di quei cataloghi pubblicitari, stampati dagli editori, che venivano mostrati sottobanco, da librai e ambulanti, ai clienti più fidati. Sono esclusivamente la legge del mercato e la domanda del pubblico a saldare qui in un unico corpus (e di un corpus, sottolinea Darnton, indubitabilmente si tratta), libri di natura estremamente eterogenea, ma è il carattere fortemente esplosivo della loro combinazione a giustificare, almeno col senno di poi, l’ etichetta apparentemente incongrua che li contrassegnava come livres philosophiques.

 

Cos’ altro, infatti, se non il motore primo della filosofia dei Lumi, l’ esprit critique, la messa in questione dei valori consacrati dalla tradizione, accomuna la verve polemica dei pamphlets di Voltaire, il freddo ateismo materialista degli scritti di Holbach, il moralismo utopico de L’ An 2440 di Mercier, la pornografia outrée di Thérèse philosophe de La putain errante, dell’ Histoire de dom B+++, l’ oscenità dissacrante delle cronache scandalose di corte, la virulenza dei libelli antigovernativi?

La parola d’ ordine su questa nave corsara, che imbarca scrittori famosi e oscuri pennivendoli, è l’ irriverenza.

 

A partire dagli anni Settanta, questa irriverenza assume sempre più i connotati della sedizione: i grandi philosophes incominciano a uscire di scena e, a dominare l’ editoria clandestina, sono ora degli scrittori oscuri e senza scrupoli, spinti dalla sola etica del guadagno. Mettendosi totalmente al servizio delle richieste del pubblico, essi finiscono però per condizionarne e orientarne la domanda. In misura crescente i francesi sono avidi di informazione: nella società dell’ Antico Regime, a cominciare dalla polizia che ha spie disseminate ovunque, tutti, dai più grandi ai più umili, vogliono essere al corrente dei fatti del giorno. Esistono, è vero, i salotti, le accademie, i clubs, i caffè, dove le libere discussioni consentono la circolazione delle idee e orientano l’ opinione, ma i luoghi del potere, Versailles, il consiglio del Re, i gabinetti ministeriali, rimangono luoghi chiusi, impenetrabili ai più, ed è proprio lì che si appunta la curiosità generale.

L’ editoria clandestina verrà incontro precisamente a questo desiderio. Fantasie di orgie reali, Aneddoti, Cronache scandalose, Memorie segrete, Diari, Vite private si succedono, volume dopo volume, a un ritmo velocissimo, con lo stesso tempismo degli instant-books attuali, supplendo al vuoto di notizie dei giornali ufficiali o inaugurando la cronaca scandalistica moderna. Trasformati in voyeurs, i lettori di questi testi hanno l’ impressione di penetrare negli appartamenti privati e fin nelle stanze da letto del re e dei potenti e di spiarne le abitudini, le inclinazioni, gli amori.

 

La messa in scena dell’ autenticità, preannuncia quella dei nostri rotocalchi popolari, ma l’ obbiettivo su cui si punta è diverso. Le cronache scandalistiche settecentesche non si propongono di regalare ai loro lettori l’ illusione di entrare in contatto con un mondo mitico; vogliono semmai demitizzare i valori, la sacralità della monarchia, la giustizia del Re, la legittimità della dinastia, l’ autorità della Chiesa su cui si fonda, pietra su pietra, l’ ordine dell’ Antico Regime. Non importa se in questi libri si parla poco di problemi politici. La ripetizione ossessiva delle stesse fantasie di orgie reali e arbitrii efferati, Luigi XV è un maniaco sessuale, Luigi XVI un impotente, Madame du Barry è una baldracca, Maria Antonietta una ninfomane, il lusso di Versailles affama la Francia, la polizia ruba i bambini del popolo, la sicurezza dei cittadini è minacciata dalle Lettrès de cachet , altro non è che propaganda politica su unico tema, il dispotismo e la corruzione di coloro che governano la Francia.

 

Ma chi sono Gervaise de Latouche, Mathieu Pidansart de Mairobert, Charles Théveneau de Morande, Barthélemy Mouffle d’ Angerville, per non citare che alcuni di questi virtuosi della calunnia, di questi sobillatori che non rispettano niente e contaminano tutto quello che toccano? Darnton ne ha tracciato l’ identikit in una raccolta di saggi del 1983, pubblicata lo scorso autunno da Garzanti con il titolo di L’ intellettuale clandestino (traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti, pagg. 235, lire 30.000).

E’ un’ altra tappa appassionante, che viene ad aggiungersi alla edizione italiana de Il grande massacro dei gatti (Adelphi 1988), dell’ originalissimo viaggio che lo studioso sta compiendo in un Settecento terra incognita. I dissacratori di miti dell’ editoria clandestina, ci dice Darntorn, sono i mediocri, i falliti, gli esclusi della gloria dei Lumi. Venuti dalla provincia, attirati a Parigi dal richiamo delle idee nuove, essi credono che la République des Lettres sia una istituzione realmente operante, a cui chiedere incoraggiamento e aiuto. Invece hanno la sorpresa di constatare che la solidarietà non esiste, che tutti gli incarichi, tutte le prebende sono già stati concessi ad altri, più abili o fortunati, e che non c’ è posto per loro al piano nobile della Letteratura.

 

Tradita negli ideali, frustrata nell’ ambizione, attanagliata dal bisogno, quest’ orda di aspiranti autori, l’ antico Egitto aveva meno cavallette di loro, si lamentava Voltaire, constaterà che l’ unico agone letterario disposto ad accoglierla è quello dell’ illegalità. Così nei libri pornografici, nei libelli, nelle pseudocronache, gli intellettuali clandestini, tra le loro file incontriamo anche Jean-Paul Marat e Jacques-Pierre Brissot, riversarono tutto il loro rancore, tutto il loro odio nichilista contro il sistema che li aveva respinti. Un odio, oltretutto, redditizio, perché più i loro scritti sprizzavano veleno ed erano perseguiti dalla polizia, più si vendevano sans le manteau.

 

L’ odio per l’ Antico Regime

 

I grandi protagonisti dei Lumi avevano minato la fede delle élites nella legittimità dell’ ordine sociale, senza per questo pensare a sovvertirlo, e il sistema infinito per coinvolgerli nella dolcezza del suo declino. Al contrario, come scrive Darnton, la rozza libellistica della bohème era rivoluzionaria nel sentimento che l’ animava oltre che nel messaggio che trasmetteva. Vi si esprimeva la passione di uomini che odiavano l’ Antico Regime d’ un odio viscerale, che di quest’ odio facevano una malattia. Fu in quest’ odio, e non nelle raffinate astrazioni dell’ élite culturale soddisfatta, che l’ estremismo rivoluzionario giacobino trovò la sua autentica voce.

E le élites come reagirono a questa aggressione? I lettori sono i grandi assenti dell’ inchiesta di Darnton, e non sarei affatto sorpresa se fossero loro i protagonisti di un suo prossimo libro. Quel che è certo è che per la marchesa du Deffand, come per molti suoi contemporanei, il solo pericolo da cui si poteva essere seriamente minacciati era la noia, in agguato dietro le certezze di un mondo da troppo tempo stabile. E tutto diventava legittimo per un attimo di svago.

 

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