EMANUELE FELICE:: La ricetta per salvare il Sud —REPUBBLICA DEL 2 AGOSTO 2019

 

REPUBBLICA DEL 2 AGOSTO 2019

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prof. EMANUELE FELICE, APPENA NOMINATO RESPONSABILE ECONOMICO DEL PD

 

Commento

Svimez

La ricetta per salvare il Sud

02 AGOSTO 2019

Oltre alla credibilità di una classe dirigente nuova, ci vogliono le idee

DI EMANUELE FELICE

Dobbiamo rassegnarci a un’Italia divisa in due? Il rapporto Svimez certifica che il divario Nord-Sud continua ad aumentare. E non è nemmeno una novità (in questi anni le differenze si erano ridotte un po’ solo nel 2015). Sia chiaro però che anche il Centro-Nord almeno dal 2008 è sempre cresciuto meno della media europea. L’Italia tutta è costantemente fanalino di coda, o quasi, da più di vent’anni: ci siamo progressivamente allontanati dalle regioni più prospere d’Europa. Abbiamo quindi una doppia forbice, che si apre: fra il Sud e il Nord; e poi fra il Nord (e l’Italia tutta) e la media Ue. Questa dovrebbe essere la vera emergenza del Paese, almeno per una classe dirigente che abbia a cuore l’interesse nazionale. Prevale invece una strana rassegnazione, che si riflette in scelte sbagliate, o in vuoti e triti annunci. Ultimo, la Banca per il Sud: “nuovo” progetto di cui nessuno sa nulla, salvo che una Banca del Sud esiste già, pubblica, e non è servita a granché (lo ha ricordato su queste colonne Sergio Rizzo).

Ma davvero per il Sud non c’è più nulla da fare? È falso. Lo si capisce anche leggendo bene il rapporto Svimez. Dove non c’è solo la constatazione che le politiche attualmente messe in campo hanno effetti quasi nulli (è il caso del reddito di cittadinanza: +0,1% sul Pil, nel 2019), o sarebbero controproducenti (l’autonomia differenziata: sono già tre anni che la spesa pubblica diminuisce al Sud e aumenta al Nord, aggravando le disuguaglianze). Ma si trovano almeno altri due dati su cui riflettere. Primo, nel Sud ci sono ancora, nonostante tutto, importanti aree di eccellenza: la produzione manifatturiera della Campania ha fatto registrare un vero e proprio boom negli anni scorsi, e ancora nel 2018 segna un +0,5%; nell’insieme questa regione nel 2015-2018 è risultata fra le più dinamiche di tutta l’Italia. Va bene anche la Puglia, nel 2017 e 2018, anche in questo caso trainata dalla performance dell’industria. In Sicilia poi, nel 2018, l’industria fa segnare un impressionante +5,9%. Stiamo parlando, sia chiaro, delle tre più importanti regioni del Sud. È sbagliato quindi considerare il Mezzogiorno come un blocco monolitico, e già questo pone responsabilità molto serie alla politica: individuare, valorizzare, estendere le aree di eccellenza.

Ma c’è poi un altro dato imprescindibile che emerge dal rapporto Svimez: l’importanza delle condizioni di contesto, dall’istruzione alla sanità alle infrastrutture, che favoriscono e qualificano la crescita. Su questo il divario fra il Sud e il Centro-Nord è impressionante. La politica, nazionale, deve intervenire. Se la Lega e i Cinquestelle annaspano, per incapacità o per le loro contraddizioni, forse qui il Pd può recuperare terreno, se saprà rivendicare la sua vocazione: un grande partito nazionale, che combatte le disuguaglianze e tira fuori l’Italia dalle secche del declino. Oltre alla credibilità di una classe dirigente nuova, ci vogliono le idee. E se nell’insieme il partito è ancora timido, troppo diviso, pure si segnalano eccezioni.Il nuovo responsabile del Lavoro è Peppe Provenzano, che sulla rivista Limes propone di riaccentrare le funzioni strategiche (dove le regioni del Sud hanno fallito) e una “Iri della conoscenza”, per aiutare a fare innovazione tutte le imprese italiane, a Nord come a Sud (su modello della Fraunhofer-Gesellschaft, in Germania). Propone anche un’Agenzia per lo sviluppo: potrebbe realizzare al Sud quel grande piano di investimenti in infrastrutture economiche, ambientali e sociali auspicato anche dalla Svimez. Magari, aggiungiamo, chiamando l’Europa a condividerne onori e oneri: l’Unione ci metterebbe i soldi e, in cambio, chiederebbe di tenere l’Agenzia al riparo dal clientelismo locale (prima vera condizione perché il piano riesca). Non solo, e collegato. Occorre ripensare, a livello nazionale, la programmazione e gestione dei fondi di coesione, orientandoli proprio sui grandi progetti strategici di cui il Sud ha bisogno e sottraendo anche questi alla miopia clientelare. È troppo facile, per la politica e per l’opinione pubblica, gettare la spugna e dire che non c’è più nulla da fare. Non è così, e il Sud tuttora mostra di avere eccellenze e dinamismo. Di più: è dal suo riscatto che passa il futuro dell’Italia. Anche per questo, guai a crederci assolti. Siamo tutti coinvolti.

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1 risposta a EMANUELE FELICE:: La ricetta per salvare il Sud —REPUBBLICA DEL 2 AGOSTO 2019

  1. Donatella scrive:

    Sono questi i problemi strutturali dell’Italia, sui quali occorrerebbe una grande mobilitazione politica, sociale, culturale.

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