MARZIO BREDA:: Sandro Pertini e il suo stile schietto che restituì la speranza agli italiani –corriere.it –22 febbraio 2020 ++ LIBRO E FILM (2019) DI GIAMBATTISTA ASSANTI

 

DOMANI IL 50 ° ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Sandro Pertini, è nato a Stella San Giovanni (Savona) il 25 settembre 1896 e morto a Roma il 24 febbraio 1990.

 

Stella San Giovanni – Veduta

STELLA SAN GIOVANNI, FRAZIONE DEL COMUNE DI STELLA IN PROVINCIA DI SAVONA

 

Risultato immagini per STELLA SAN GIOVANNI CASA NATALE DI SANDRO PERTINI ?

CASA NATALE DEL PRESIDENTE PERTINI ( RECENTEMENTE RESTAURATA )

 

 

corriere.it –22 febbraio 2020

https://www.corriere.it/gli-allegati-di-corriere/20_febbraio_22/sandro-pertini-suo-stile-schietto-che-restitui-speranza-italiani-3265ec8a-5591-11ea-8418-2150c9ca483e.shtml

 

 

IL VOLUME IN EDICOLA CON IL «CORRIERE»

Sandro Pertini e il suo stile schietto che restituì la speranza agli italiani

A trent’anni dalla scomparsa esce con il quotidiano un libro omaggio al presidente antifascista eletto nel 1978, che conquistò al Quirinale una popolarità immensa

 

 

di MARZIO BREDA

Sandro Pertini e il suo stile schietto che restituì la speranza agli italianiDa sinistra il presidente Sandro Pertini nel 1980 con il ct della nazionale di calcio Enzo Bearzot

«È un uomo che ha tanto da dire senza esser sollecitato. Infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore d’incanto».

Ecco come Oriana Fallaci introdusse su «L’Europeo» il faccia a faccia che aveva avuto con Pertini. Era raro che, confrontandosi con un politico, non lo torturasse con una martellante e polemica sequenza di interrogativi. Quel giorno, però, si confessò non solo disarmata ma adorante. Nulla di strano. Trovarsi di fronte «il partigiano Sandro» faceva questo effetto anche su grandi firme di solito diffidenti e ruvide. Enzo Biagi concluse su «La Stampa» un botta e risposta con lui ammettendo: «Per la prima volta un’intervista finisce con un abbraccio. Non mi era mai capitato».

Si badi: entrambi gli incontri risalgono al 1973, quando Pertini non era ancora capo dello Stato, ruolo che lo avrebbe visto giganteggiare, quanto a popolarità. Tutti, comunque, già conoscevano la storia di intransigenza democratica, coraggio e tempra morale che aveva alle spalle, e riassunta come un drammatico memorandum nel casellario giudiziale fascista: sei condanne (una a morte e una all’ergastolo), clandestinità, esilio, carcere (quindici anni), evasioni, confino. Insomma, il carisma testimoniato da chi ha potuto osservarlo da vicino nasceva, sì, dai tratti di schiettezza anticonformista e di spontanea disponibilità ad aprirsi, ma anche da quel passato eroico di resistente. E bastava per esserne affascinati.

 

La copertina del volume «Sandro Pertini, combattente per la libertà» in edicola con il «Corriere»La copertina del volume «Sandro Pertini, combattente per la libertà» in edicola con il «Corriere»

Oggi, a trent’anni dalla scomparsa, il presidente più amato dagli italiani torna a parlarci attraverso le pagine del libro Sandro Pertini, combattente per la libertà, curato dagli storici Stefano Caretti e Maurizio Degl’Innocenti, in edicola lunedì 24 febbraio con il «Corriere».

Un’antologia di lettere, discorsi, messaggi, rapporti delle questure, fascicoli processuali, brani d’interviste che si legano in una struttura narrativa unitaria e ricostruiscono il percorso pubblico e privato di una delle figure che più hanno onorato il Paese.

Una vita, quella di Pertini, in ogni senso straordinaria. E che è pedagogico riscoprire perché testimonia la nobiltà della politica in questa opaca stagione di antipolitica. Ci sono, nel volume, le prove di dignità militare e audacia che gli valsero una medaglia d’argento nella Prima guerra mondiale. E non manca lo strazio per il fratello Eugenio, comunista, ucciso nel lager di Flossenbürg, in Germania, proprio in quello stesso 25 aprile 1945 in cui lui entra nella Milano liberata.

Ma il filo che tiene tutto insieme è la fede di Pertini nel socialismo, fede in gestazione fin da quand’era ragazzo e trasformatasi in concreta ansia di rivolta all’indomani del delitto Matteotti, nel 1924. Così, è proprio per il «santo avvenire» predicato dal martire fatto assassinare da Mussolini che sfiderà le camicie nere e i processi dei tribunali speciali.

Una foto giovanile di Sandro PertiniUna foto giovanile di Sandro Pertini

 

Malinconicamente avventuroso il racconto della fuga in Francia, dove accompagna Turati, Rosselli e Parri, con il sogno di organizzare dall’esilio una resistenza da esportare in Italia, mentre per campare dovrà arrangiarsi come imbianchino e manovale. Struggenti le pagine della galera, che per lui è «un posto di combattimento» dove «lottare senza speranza e senza paura». Commoventi, senza retorica, le sue sfuriate epistolari con la vecchia madre. Era «colpevole» di aver chiesto la grazia per lui al regime, nel 1933 e, un paio d’anni più tardi, di aver implorato «almeno il confino vicino a casa… a Stella» e fu da lui sconfessata per iscritto. «Come mai voi vi ostiniate a sperare che il mio animo in questi anni possa essere cambiato e divenuto più arrendevole! Ma siete, dunque, sordi e ciechi?»

Questa la forza di Pertini quando, dopo l’ultima evasione (da Regina Coeli), può finalmente passare all’azione, guidando dal Cln l’insurrezione contro i nazifascisti. Alla sconfitta del regime entra in Parlamento e il suo modo di stare nella politica è limpido e non scende mai nel piccolo cabotaggio. Custode dell’autonomia socialista, rifiuta di essere il monumento di se stesso. Si spende nelle campagne elettorali – e riempie sempre le piazze –, non nelle lotte per aggiudicarsi un ministero. Finché lo scelgono come presidente della Camera, nel 1968, e capo dello Stato l’8 luglio 1978, con 832 voti su 995, la più larga maggioranza nella storia repubblicana. Dopo averne ascoltato il discorso d’insediamento, Giorgio Almirante, leader dei post-fascisti, riconosce: «Ha costretto pure noi ad applaudirlo».

Quando Pertini sale al Quirinale l’Italia attraversa l’attacco più acuto del terrorismo (Moro era appena stato ucciso) ed è sotto l’incubo di una grave crisi economica e di un’oscura questione morale (lo scandalo P2), mentre il quadro politico è destabilizzato dal fallimento della solidarietà nazionale. Un contesto di estrema emergenza, quindi. Che il settimo presidente affronta alla sua maniera. Imponendo alla massima istituzione uno stile diverso – rimasto non a caso pietra di paragone –, fatto di esternazioni, interventismo politico (insedia per la prima volta a Palazzo Chigi due non democristiani, il repubblicano Spadolini e il socialista Craxi), supplenze e rapporto diretto con la gente, che lo considera quasi come un «difensore civico» e per questo si affida a lui.

I partiti, che si erano illusi d’aver richiamato dalla riserva una innocua gloria del passato, mai sfiorata dal minimo scandalo, soffrono delle fortune popolari subito raccolte da questo «Laerte con il cuore di ragazzo», come lo battezza sul «Corriere della Sera» Alberto Cavallari. Non possono però contrastarlo, rammentava Antonio Maccanico, che fu suo segretario generale sul Colle, perché Pertini è consapevole di avere dalla propria parte i cittadini. Tutti o quasi. Ai cattolici piace perché è un ateo amico di papa Wojtyła, con il quale si frequenta al di là dei vincoli di protocollo, e restano celebri le immagini del pontefice che scia sulla neve dell’Adamello con il presidente che lo incita dai bordi della pista: «Ma lei volteggia come una rondine!». Ai comunisti piace perché è corso al capezzale di Berlinguer morente e lo ha pianto. Ai giovani perché ha la loro stessa vitalità e capacità d’indignarsi, ma anche di sorridere, come dimostrano le udienze che concede agli autori della rivista satirica «Il Male» e al disegnatore che lo aveva favoleggiato a fumetti, Andrea Pazienza.

Resta iconica l’immagine della sua esplosione di gioia allo stadio di Madrid, ai Mondiali di calcio del 1982, per la vittoria degli Azzurri. Uno slancio istintivo in cui tutti ci siamo identificati. E per il quale, alla vigilia del 2000, i cittadini lo hanno messo nel proprio albero genealogico indicandolo (la fonte è la Doxa) come «l’italiano del XX secolo».

Il libro in edicola e il film a Firenze

Il testo che pubblichiamo in questa pagina è una sintesi della prefazione scritta da Marzio Breda per il volume Sandro Pertini, combattente per la libertà, in edicola da lunedì 24 febbraio per due mesi con il «Corriere della Sera» al prezzo di e 9,90 più il costo del quotidiano. Il libro, curato dagli storici Stefano Caretti e Maurizio Degl’Innocenti, è stato pubblicato a suo tempo dall’editore Lacaita per la Fondazione Turati. Viene riproposto ora dal «Corriere», sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica, nel trentesimo anniversario della scomparsa di Pertini, nato a Stella San Giovanni (Savona) il 25 settembre 1896 e morto a Roma il 24 febbraio 1990.

Dal libro in edicola con il «Corriere della Sera» è stato tratto il film documentario Il giovane Pertini combattente per la libertà, prodotto l’anno scorso e diretto da Giambattista Assanti, che sarà proiettato lunedì 24 febbraio alle 21.30, nel trentennale della morte del presidente, presso lo Spazio Alfieri di Firenze. Gli interpreti del film sono Dominique Sanda (nel ruolo della madre di Pertini), Gabriele Greco, Ivana Monti, Cesare Bocci, Massimo Dapporto. Alla serata di Firenze parteciperanno il critico Claudio Carabba, Stefano Caretti e l’ex ministro e vicesegretario del Psi, Valdo Spini. Il libro curato da Caretti e Degl’Innocenti è un’antologia che raccoglie scritti e discorsi del leader politico socialista, ma anche una vasta documentazione fatta di lettere, rapporti di polizia, carte processuali. Attraverso la guida fornita dall’ampia introduzione dei due studiosi, il lettore può dunque orientarsi agevolmente nel lungo itinerario politico e umano di Sandro Pertini che lo vide incarcerato dal fascismo, partigiano combattente e poi presidente della Repubblica nata dalla Resistenza.

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