LUCIANA CASTELLINA : Un’emozionante caipirinha con Lula — E una bella foto insieme… –IL MANIFESTO DEL 15 FEBBRAIO 2020

 

 

IL MANIFESTO DEL 15 FEBBRAIO 2020

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Un’emozionante caipirinha con Lula

 

Passaggio romano. Nel corso della breve visita in cui è stato ricevuto dal papa, l’ex presidente brasiliano ha trovato naturale incontrare alla Fondazione Basso la sua “famiglia italiana”

Lula con Luciana Castellina alla Fondazione BassoLula con Luciana Castellina alla Fondazione Basso

 

Luciana Castellina

EDIZIONE DEL15.02.2020

PUBBLICATO14.2.2020, 23:58

 

A un certo momento, mentre ci raccontava dell’orrendo golpe giudiziario di cui è stato vittima, Lula non è riuscito a trattenere le lacrime. Di rabbia, per l’offesa alla sua dignità, accusato di furto come un comune ladruncolo, chiuso in prigione e privato dei diritti politici, e dunque gettato fuori dal processo elettorale: perché i sondaggi dicevano che con molta probabilità sarebbe stato nuovamente eletto presidente del Brasile. Tristezza per le conseguenze che il complotto sta avendo sul paese dove Bolsonaro sta distruggendo quanto si era riusciti a fare per ridurre drasticamente le immense disuguaglianze che da sempre l’hanno afflitto. Anche noi lì presenti abbiamo fatto fatica a non metterci a piangere.

 

Che nella sua brevissima permanenza a Roma, dove è stato ricevuto da papa Francesco, Lula abbia voluto venirci a trovare, a noi della Fondazione Basso, era in qualche modo naturale: di Lula, noi che abbiamo lavorato con Lelio, e poi per tanti anni con Linda Bimbi che del braccio internazionale dell’organismo è stata così a lungo la direttrice, siamo, si potrebbe dire, la famiglia italiana. Da quasi mezzo secolo.

Brasiliana di adozione era Linda, suora missionaria in Amazzonia; brasiliane autentiche, tuttora colonne dell’ufficio di via Dogana, Ruth e Monica, suore anche loro, costrette a lasciare il loro paese perché in pericolo dopo aver aiutato a raccogliere le prove contro la dittatura brasiliana per il processo del Tribunale Russell ( famoso per aver denunciato i crimini americani in Vietnam), che, proprio in occasione della sessione di Roma (1974), per iniziativa di Lelio Basso, divenne Tribunale permanente dei popoli.

Da allora, di processi, il Tribunale ne ha tenuti più di una quarantina, gli ultimi due sulla persecuzione turca contro i kurdi e quello – una sessione celebrata a Palermo, Parigi, Barcellona, Londra – sulle violazioni delle norme che dovrebbero tutelare i migranti.

Ma con il Brasile, dopo quel processo celebrato a Roma che scosse la pigrizia dell’opinione pubblica rivelando i crimini delle dittature latino americane, è rimasto un legame speciale, anche perché un legame speciale è rimasto con Lula. Nel corso di tanti anni quando transitava per Roma, non mancava di passare alla Fondazione. E almeno fin quando non è diventato presidente e il protocollo rendeva gli incontri amichevoli più difficili, altrettanto accadeva quando capitavamo noi nel suo paese.

 

Rivederlo fuori dal carcere dove è stato trattenuto per 580 giorni, ora rilasciato ma tutt’ora sotto processo, ci ha emozionato.

 

 

Tutto il piccolo drappello radunato per salutarlo era commosso: Franco Ippolito, attuale presidente della Fondazione, dopo essere stato presidente e segretario generale di Magistratura democratica e presidente del Tribunale dei popoli; Luigi Ferraioli, spesso impegnato nelle università brasiliane, che ha documentato – anche su queste pagine – l’ignobile montatura giudiziaria con la quale la destra ha cercato di liberarsi d Lula; Gianni Tognoni, infaticabile segretario generale del Tribunale, e una decina di collaboratori della Fondazione. Anche io sono una vecchia amica di Lula. L’ho conosciuto tanti decenni fa, quando era ancora leader del sindacato metalmeccanici, a un convegno in Germania; e poi l’ho reincontrato tante altre volte, in Italia e in Brasile, dove ho seguito i congressi del Partito che nel frattempo aveva costruito, il Partito de Trabahadores. E, ancora, ai primi Forum di Porto Alegre. Mai, tuttavia, avrei pensato, e così nessuno di noi, che sarebbe diventato presidente di uno dei paesi più importanti del mondo.

 

Un metalmeccanico, figlio di una famiglia poverissima e analfabeta? Vuol dire che l’impossibile è possibile – ci scherza su Lula. Molto più facile, dunque, sconfiggere Bolsonero.

Lula non ha voluto accettare gli arresti domiciliari e il braccialetto elettronico che gli era stato “offerto”. Ha scelto per dignità la prigione; e ora che ha ottenuto la libertà condizionale è già nuovamente impegnato e fiducioso.I golpe giudiziari, che in America Latina hanno preso il posto di quelli militari, sono meno cruenti ma più subdoli. Il suo avvocato, che l’accompagna, ci dice quanto pesante sia il ruolo oltreché di una magistratura asservita, della macchina mediatica che viene messa in campo. Ovunque: in Bolivia, Argentina, Venezuela…Ma ce la faremo! Con questo convincimento, prima che Lula scappi alla Cgil, brindiamo tutti con la caipirinha preparata da Ruth e Monica.

 

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1 risposta a LUCIANA CASTELLINA : Un’emozionante caipirinha con Lula — E una bella foto insieme… –IL MANIFESTO DEL 15 FEBBRAIO 2020

  1. Donatella scrive:

    Che bello che Lula sia fuori di prigione. Una speranza in più.

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