PIERGIORGIO BELLOCCHIO:: UN SEME DI UMANITA’. NOTE DI LETTERATURA, QUODLIBET, 2019 — +++ DUE RECENSIONI : 1. GOFFREDO FOFI — 2. GIANANDREA PICCIOLI DA ” VOLERE LA LUNA “

 

 

          Quodlibet

 

 

 

Piergiorgio Bellocchio

Un seme di umanità

Note di letteratura

Saggi

Critica e storia della letteratura, Cinema

pp. 272
€ 19,00€ 18,05 (prezzo online -5%)

IL LIBRO

«Mettendo insieme questi scritti» su autori che vanno da Casanova a Kubrick, e includono fra gli altri Stendhal, Dickens, Flaubert, i grandi narratori russi dell’Ottocento, Herzen, Hašek, Isherwood, Céline, Edmund Wilson, Orwell, Böll, Pasolini, Fenoglio, Bianciardi, Montaldi, Pampaloni, «mi rendo conto che la parzialità delle mie scelte non è stata del tutto casuale: essa individua o indica molte mie reali preferenze. Anche se alcuni sono stati commissionati da editori per collane economiche, cosa che spiega la forma e il taglio delle pagine su Casanova, Stendhal, Dickens, Flaubert o il romanzo russo, la necessità di un’esposizione piuttosto didascalica la trovo tuttavia a me congeniale oltre che doverosa (e da essa mi sono distaccato solo in parte in altri testi).

Benché con il passare degli anni la scrittura d’invenzione mi abbia interessato progressivamente meno a favore di scritture diaristiche, memorialistiche, storico-politiche, l’occasione editoriale mi ha sollecitato a tornare a certe mie passioni del passato: il risultato è perciò non di critica letteraria in senso rigoroso, ma comporta la tendenza a leggere di preferenza quella narrativa che illumina aspetti della storia sociale, verso i quali mi indirizzavano anche alcuni dei critici da cui mi è sembrato di imparare di più, come Edmund Wilson, Lukács, Adorno, senza dimenticare la saggistica di scrittori come Baudelaire, Proust, D.H. Lawrence, Orwell, Fortini… Più che dall’invenzione sono sempre stato attratto dalle testimonianze personali e dirette, dal giornalismo di reportage e dall’autobiografia».

 

Piergiorgio Bellocchio

 

INDICE

  • Premessa
  • La doppia vita di Casanova
  • Stendhal e la Restaurazione
    • Armance
    • Il rosso e il nero
    • La Certosa di Parma
  • L’ipocrisia vittoriana. La rivolta di Dickens
    • David Copperfield
    • Tempi difficili
    • Il nostro comune amico
  • La Rivoluzione nel romanzo russo dell’Ottocento
  • Lettere di Belinskij
  • Herzen, un russo europeo
  • Flaubert. Il grottesco diventa realtà
  • Il piacere di capire. Edmund Wilson
  • Il soldato Švejk, ultima maschera popolare
  • L’altra faccia di Thomas E. Lawrence
  • Isherwood come contravveleno ideologico
  • Chi ha paura di Céline?
  • George Orwell. Down and out
  • Per conoscere Orwell
  • «Stili dell’estremismo». Paul Nizan
  • Napoli ’44 di Norman Lewis
  • «Noi non amiamo la patria». Fedele alle amicizie di Geno Pampaloni
  • Böll e il romanzo. Biliardo alle nove e mezzo
  • Böll e il Sessantotto. Foto di gruppo con signora
  • L’autobiografia involontaria di Pasolini
  • «Sapere la verità». Una questione privata di Beppe Fenoglio
  • Il lavoro culturale di Luciano Bianciardi
  • La «leggera» di Danilo Montaldi
  • Barry Lyndon da Thackeray a Kubrick
  • Notizia bibliografica
  • Indice dei nomi

L’AUTORE

PIERGIORGIO BELLOCCHIO

Piergiorgio Bellocchio (Piacenza 1931) ha fondato con Grazia Cherchi e diretto per oltre vent’anni i «quaderni piacentini» (1962-84). Ha poi pubblicato «Diario», rivista “personale” interamente scritta con Alfonso Berardinelli (reprint integrale, Diario. 1985-1993, Quodlibet 2010). Dal 1977 al 1980 ha diretto a Milano la casa editrice Gulliver. Ha collaborato a vari periodici («Questo e altro», «Rendiconti», «Linea d’ombra», «Panorama», «Illustrazione italiana», «Tempo illustrato», «l’Unità»-Libri, «Paralleli», «King»), ha scritto prefazioni, voci per opere miscellanee, note di costume. Ha esordito come narratore con tre racconti, I piacevoli servi (Mondadori 1966). La sua produzione critico-saggistica è raccolta in Dalla parte del torto (Einaudi 1989), Eventualmente (Rizzoli 1993), L’astuzia delle passioni. 1962-1983 (Rizzoli 1995), Oggetti smarriti (Baldini&Castoldi 1996), Al di sotto della mischia. Satire e saggi (Libri Scheiwiller 2007). Con Gianni D’Amo ha promosso a Piacenza nel 2006 l’associazione Cittàcomune, tuttora in piena attività.

 

DUE RECENSIONI

                         

                      DI :::

 

  1. GOFFREDO FOFI DALL’ AVVENIRE 24 GENNAIO 2020 DAL TITOLO::

 

Bellocchio, una rilettura illuminante dei classici

 

 

Diceva l’ultimo grande critico cinematografico europeo, Serge Daney, che la recensione di un film (vale anche per un romanzo, una mostra, un disco…) è una lettera che il critico destina al pubblico perché la legga l’autore. Un triangolo necessario. L’autore e la sua opera vengono prima, ma le altre due figure sono ugualmente indispensabili, e la funzione del critico è quella di stare in mezzo, e di collocare, chiarire, mediare. Ma quando il critico parla di autori defunti, di opere del passato? Entrano allora in ballo gli accademici, gli specialisti. Che sembrano essere diventati nel tempo, più che mediatori, imbalsamatori.

Sono loro a parlare sempre o quasi sempre degli scrittori e delle opere del passato, con i pregi e i limiti che sono appunto dello specialismo. Ci sono accademici che sono andati oltre, e tra loro, ieri, soprattutto Giacomo Debenedetti, che peraltro l’accademia non amava.

La raccolta delle note di letteratura di Piergiorgio Bellocchio, scrittore e recensore lontano da giornali e università e (purtroppo o per fortuna) poco compiacente nei confronti dell’attualità, fa pensare a Debenedetti, e si muove su tutt’altra lunghezza d’onda della critica che è definita ancora proditoriamente come “militante”.

In Un seme di umanità (Quodlibet) Bellocchio ha raccolto saggi prefazioni recensioni di illuminante chiarezza e profondità, che spaziano dai classici dell’800 (Stendhal e Dickens, i russi e Flaubert…), e affrontano di petto il ‘900 attraverso i suoi scrittori meno canonici, tra i più legati ai dilemmi di un secolo di tante tragedie e anche di molte ideologiche ipocrisie. Da Céline a T. E. Lawrence, da Hasek a Isherwood, da Orwell a Nizan a Böll e da Fenoglio a Bianciardi fino a un regista all’altezza dei grandi letterati, con un’illuminante analisi del Barry Lyndon di Stanley Kubrick, che anche riflette sui modi di affrontare la storia.

Lontanissimo dai luoghi comuni degli ultimi decenni, Bellocchio ha diretto riviste come «Quaderni piacentini» e «Diario», e non si è certo tirato indietro nel giudicare il nostro paese e non solo la sua cultura. C’è un saggio, in questo volume, che ne dà più ragione di altri, quello sullEpistolario di Pasolini (paradossalmente, è dai «Piacentini» che sono forse venute le riflessioni più utili su quel testimone e protagonista della nostra storia dal dopoguerra al boom e oltre).

Si respira un’aria di esigente saggezza, nelle pagine di Bellocchio, e ci aiutano a capir meglio i suoi modelli le pagine che dedica a due figure che molti di noi hanno potuto, conoscere da vicino, Geno Pampaloni e Danilo Montaldi, esemplari anche nella scelta di marginalità.

 

 

2.

Il piacere di capire

Gianandrea Piccioli

«Volere la luna»

20 marzo 2020

 

 

“La guerra non mi è mai sembrata tanto schifosamente orribile come ora: ma non si è mai pensato cos’è una vita umana?”

Così il 19 giugno 1943 Pasolini in una lettera all’amico Farolfi citata in uno dei saggi del libro di Piergiorgio Bellocchio, da poco uscito nelle edizioni Quodlibet e non a caso intitolato Un seme di umanità. Sottotitolo, in levare si direbbe nel gergo musicale: Note di letteratura. Ma con apparente ossimoro il titolo è rinforzato da una citazione di Max Horkheimer in esergo: “Se soltanto conoscessi una parola migliore di “umanità” – questo povero slogan provinciale dell’europeo semicolto! Ma non ne conosco…” Titolo, sottotitolo ed esergo dicono, con apparente modestia, tutto sul libro: si tratta di una raccolta di saggi letterari estranea a tecnicismi filologici, a enfiagioni accademiche, a gerghi di scuola e caratterizzata piuttosto da un’ esemplare chiarezza quasi didattica che nulla toglie alla profondità dell’analisi. E attenta invece all’umanità, appunto.

“Umanità” è termine astratto, e Bellocchio si guarda bene dal definirlo: lo pratica, lo usa come criterio sottinteso di analisi e di giudizio. Del resto la misura prima di tutto, anche nella vita quotidiana non solo nella narrativa, è l’esperienza personale, l’esperienza vissuta del mondo e della vita reale. Un’esperienza che precede ogni astrazione, ogni tecnica, ogni ideologia, ogni statistica, ogni quantificazione. Umano è il disprezzato Samaritano che salva uno sconosciuto e umano è Enea che rallenta la sua fuga dalla città in fiamme per portare sulle spalle il padre Anchise. Umano è chi si sente responsabile del mondo, naturale e sociale, e solo da questa responsabilità vissuta può nascere la politica “buona”.

Ed è responsabile chi persevera anche andando in senso contrario all’ordine apparente delle cose, chi pazientemente, testardamente ricomincia sempre da capo. Ovviamente Bellocchio non discute di questo, non escludo che magari sia anche in disaccordo. Ma questo, a mio parere, è il sentimento che anima il suo interesse per la letteratura. E il criterio con cui legge i testi e li presenta a noi lettori, tenendosi lontano, lui uomo di sinistra, da ogni tipo di “cultura burocratizzata”.

Il libro raccoglie saggi di carattere diverso: alcuni sono più lunghi e quasi didattici, e sono le introduzioni a libri di collane editoriali di classici, come i romanzi di Stendhal, Flaubert, Dickens, o le Memorie di Casanova. Altri sono invece recensioni vere e proprie uscite in giornali e riviste. Molti autori amati da Bellocchio sono anche tra i miei preferiti: Orwell, a esempio, ma anche Dickens, Hašek, Böll, Fenoglio, Danilo Montaldi (generoso scrittore-sociologo oggi quasi dimenticato dal discorso pubblico, cui è dedicato uno dei saggi più partecipi di tutto il libro), Geno Pampaloni, a mio parere molto più interessante e attuale dell’ancor oggi mitizzato Fortini…Lucidissima e controcorrente la “difesa” di Bagatelle per un massacro di Céline, che quando apparve da Guanda, nella traduzione del poeta Giancarlo Pontiggia, suscitò per il suo antisemitismo un coro furibondo di proteste: da Filippini a Bogliolo, da Natalia Ginzburg a Moravia, per citarne solo alcuni, era tutto un dalli all’untore finché il libro venne ritirato tre mesi dopo l’uscita per volontà della vedova di Céline, Lucette Almansor.

Ma di questo testo “maledetto” Bellocchio scrive invece: ”Posso capire chi non è disposto a perdonare i peccati di Céline. Trovo invece disonesto che, per cavarsi d’impaccio, si faccia passare per brutto, mancato, scadente, vomitevole un libro di tale importanza artistica e culturale. (…) Bagatelle appartiene al maggior Céline, al Céline che conta. (…) il libro deriva la sua forza dalla capacità di denunciare mali ben altrimenti concreti e reali che non l’ebreo.” E commentando Mea culpa, un altro testo “maledetto”, soprattutto dalla sinistra, perché impietoso con l’involuzione dell’Unione Sovietica, Bellocchio scrive: “Céline con le sue unghie sporche continua a sembrarmi carico di verità anche quando è al suo peggio.”

Mi sono soffermato su questo capitolo “celiniano” perché mi sembra particolarmente rivelatore del Bellocchio critico letterario: estraneo ai luoghi comuni, attento all’umanità degli scrittori di cui si occupa, esegeta indipendente anche quando cita Lukács tra i suoi maestri (ma a me sembra molto più vicino a un Pampaloni), di rara onestà intellettuale.

Questa onestà si esplicita nel lungo saggio, già ricordato, sull’epistolario di Pasolini, autore che in generale non mi sembra nelle sue corde. Eppure la lettura che Bellocchio fa del primo volume (quello più significativo, essendo il secondo soprattutto di lettere di lavoro e di umori prevedibili e ripetitivi) è straordinaria per sottigliezza e partecipazione, direi affetto.

Davanti a queste lettere “il lettore deve progressivamente arrendersi a un’evidenza del tutto imprevista. Deve cioè ammettere, ancora incredulo, e poi riconoscere con piena convinzione di trovarsi di fronte all’opera decisiva di e su Pasolini. L’opera che meglio lo comprende e lo consegna alle patrie lettere e alla storia italiana secondo la misura più giusta del suo significato e del suo valore.” E il volume tutto diventa “l’autobiografia involontaria dello scrittore forse più furiosamente autobiografico della letteratura italiana.”

Ho abbondato in citazioni anche per mostrare l’approccio di Bellocchio agli autori e ai testi di cui parla e lo stile con cui ne scrive: una specie di passione fredda, di lucida empatia. Vale per lui quanto scrisse Manganelli per Edmund Wilson (altro autore inserito nella raccolta): “Il piacere di capire è ancora più acuto del piacere di avere ragione.”.

Bellocchio è coltissimo ma non appartiene a scuole, è impegnato ma non è ideologico, è di parte ma non fazioso: ha passione per l’umano e per questo entra nei libri (non sempre si tratta di romanzi) di cui scrive libero da pre-giudizi e pronto a cogliere (e partecipare al suo lettore) personaggi e autori immersi nel loro tempo, nei conflitti e nelle ambizioni sociali, nella povertà morale o nel sacrificio, nella violenza e nell’amore, nella lotta interiore tra la propria individualità che vuole realizzarsi e le forze che si oppongono.

 

Piergiorgio Bellocchio ha fondato con Grazia Cherchi e diretto la rivista “Quaderni piacentini” (1962-1984), che fu per anni tra le riviste di riferimento di molta sinistra non ortodossa. Poi, col critico e saggista Alfonso Berardinelli, la rivista “Diario” (1985-1993). Da anni raccoglie foto varie di vita italiana, le incolla su ampi quaderni e le commenta a mano: un’editoria meno pigra della nostra ne avrebbe già pubblicato un’ampia scelta. È tra i personaggi dello spassosissimo romanzo di Paolo Colagrande, Fìdeg, edito da Alet, dove tra l’altro discetta sulla giusta ricetta dello stracotto d’asino.

 

QUESTE RECENSIONI SONO TRATTE DAL SITO DI QUODLIBET DOVE SONO PUBBLICATE INSIEME AD ALTRE

https://www.quodlibet.it/recensione/4033

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *