ANSA.IT – 7 APRILE 2020 ++GALLERIA NAZIONALE MARCHE ::: RITRATTO DI GENTILDONNA, DETTA ” LA MUTA ” DI RAFFAELLO

 

ANSA.IT — 7 APRILE 2020

https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/umbria/2020/04/07/la-muta-di-raffaello-svela-i-suoi-segreti_e6e65a15-dfe6-4bfe-abe5-73e14a0c05f1.html

 

La Muta di Raffaello svela i suoi segreti

Sul canale youtube Mibact il filmato del restauro

La 'Muta' di Raffaello © ANSA

La ‘Muta’ di Raffaello –

 

ROMA – Il silenzio mentre lo sguardo indugia sugli occhi fissi e grigi e sulle sottili labbra serrate, per poi scendere al décolleté e infine risalire lungo la linea perfetta del naso: con questa sequenza inizia il video che racconta il lungo e laborioso restauro di uno dei più enigmatici ritratti di Raffaello Sanzio, “La Muta”, conservato alle Gallerie Nazionali delle Marche di Urbino e in questo momento al buio nelle Scuderie del Quirinale per la grande 500 anni dalla morte dell’artista urbinate.

L’opera, corrosa dai tarli, ha conosciuto un serio intervento conservativo nel 2014 per mano dei tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, un lavoro documentato nei dettagli nel video postato oggi sul canale YouTube del Mibact

 

https://www.youtube.com/watch?v=rG0S3V0UTnA,

 

dove dall’inizio dell’emergenza coronavirus i musei, i parchi archeologici e gli istituti autonomi statali stanno fornendo contributi audiovisivi di ogni genere per permettere alle persone di continuare a godere del patrimonio culturale nazionale.

Le diverse sequenze degli interventi diagnostici, a partire dalla radiografia che ha evidenziato la vastità degli attacchi al supporto ligneo da parte di insetti xilofagi per arrivare alla disinfestazione del dipinto e la sua integrazione pittorica, sono illustrate con cura dai restauratori, che rivelano anche le tante scoperte rese possibili dalle analisi: dai diversi segni di pentimento nel disegno sottostante all’uso del nero d’ossa e di pigmenti di rame, sono molti gli elementi emersi da un restauro che ha permesso di restituire luce e splendore all’opera.

Con questa iniziativa il Mibact, attraverso un impegno corale di tutti i propri istituti, mostra così non solo ciò che è abitualmente accessibile al pubblico, ma anche il dietro le quinte dei beni culturali con le numerose professionalità che si occupano di conservazione, tutela, valorizzazione.

 

 

Ritratto di gentildonna, detto “La Muta”

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http://www.gallerianazionalemarche.it/collezioni-gnm/la-muta/

 

 

 

Le approfondite indagini diagnostiche condotte nel 2014 dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno permesso di superare alcune ipotesi sulla genesi ‘sofferta’ del dipinto, che si riteneva realizzato in due momenti distanti tra loro circa un lustro. La presenza di numerosi pentimenti nella foggia dell’abito e nei lineamenti del volto aveva infatti rafforzato l’ipotesi che fosse stato ritoccato a seguito di un evento luttuoso, suggerito anche dal colore verde dell’abito. Recenti studi sulla moda fiorentina del primo decennio del Cinquecento hanno invece riportato l’attenzione sul milieu borghese attraverso cui questa commissione sarebbe potuta giungere a Raffaello. I gioielli che sobriamente adornano il petto e le mani della Muta, nonché la scelta dei preziosi veli di seta che ne incorniciano il capo e le spalle, il guanto (o fazzoletto) stretto tra le mani, la ricercatezza dei colori dei tessuti rimandano alla rigida codificazione sociale imposta dalle leggi suntuarie fiorentine del tempo, e raccontano della ricchezza della donna e del ruolo ricoperto nell’economia familiare (si pensi al grembiule che ne cinge la vita).Nei tratti affilati e dignitosi del volto, il cui sguardo è reso ancor più intenso dalle labbra serrate, il pennello indaga con minuzia i dettagli fisici con una luce che è già oltre il caldo lume razionale ‘urbinate’. Il disegno soggiacente la pittura mostra come Raffaello abbozzasse sinteticamente gli occhi, il naso e le labbra; fu invece più faticoso per lui lo studio della posa, variata nell’altezza e nell’apertura delle spalle, nonché nella posizione delle mani. Il pittore, complice anche il difficile tre quarti, si confronta qui con la ritrattistica di Leonardo (dalla Ginevra de’ Benci alla Monna Lisa), in continuità con quanto esperito nella Maddalena Strozzi Doni degli Uffizi e soprattutto nella Gravida di Palazzo Pitti. È altrettanto forte il debito verso la ritrattistica di matrice nordica, sia nel trattamento delle mani, sovrapposte sul limite inferiore del dipinto (si presti attenzione all’indice della mano sinistra che mostra qualcosa al di fuori della tavola, sia nell’uso del fondale scuro, attraverso cui è isolato il volume composto della figura e messa in risalto la virtuosistica resa dei tessuti.

 

NEL LINK SOPRA , IL TESTO INTERO

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