+++ GIORGIO CUSCITO ::: 1. HONG KONG — — 2. I Qing insegnano: per la Cina non è tempo di invadere Taiwan

 

La rassegna geopolitica del 25 maggio.

 

LIMES ONLINE — 25 MAGGIO 2020

https://www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-25-maggio-hong-kong-proteste-legge-sicurezza-nazionale-taiwan/118388

 

 

HONG KONG

 

 di Giorgio Cuscito

 

Giugno e luglio saranno mesi caldi nella regione amministrativa speciale di Hong Kong. Domenica le forze di polizia hanno represso una manifestazione dei filo-democratici contro l’imminente introduzione da parte di Pechino di una legge sulla sicurezza nazionale. Il provvedimento consentirà al governo cinese di reprimere più facilmente il dissenso, che ha registrato un’escalation a partire dalla scorsa estate a causa di un progetto di legge sull’estradizione (poi ritirato). L’epidemia di coronavirus ha poi arginato temporaneamente le tensioni nella regione.

 

Perché conta: L’Assemblea nazionale del popolo, organo legislativo della Repubblica Popolare, allegherà la legge alla Basic Law, il testo quasi-costituzionale della regione di Hong Kong. In questo modo, il governo centrale eviterà il vaglio del consiglio legislativo, il parlamentino locale. Nello specifico, la normativa dovrebbe riguardare gli atti di “tradimento, secessione, sedizione e sovversione” e dovrebbe impedire tra le altre cose l’interferenza di organizzazioni politiche straniere.

 

La fazione pro-Pechino aveva tentato di introdurre questa legge già nel 2003, salvo poi rinunciare a causa delle proteste di massa. Dal 1997 in poi, molti hanno pensato che Hong Kong potesse diventare il laboratorio democratico della Cina. Eppure, la Repubblica Popolare non ha adottato la formula “un paese, due sistemi” per garantire agli hongkonghesi una democrazia “genuina”, dotata di suffragio universale. Si è trattato piuttosto di una mossa tattica. Obiettivo: convincere il Regno Unito a restituire i territori conquistati durante le guerre dell’oppio e assicurare a Hong Kong il fondamentale ruolo di punto di contatto (non solo finanziario) tra la Cina e il resto del mondo.

 

L’introduzione della legge potrebbe rivelarsi un boomerang.

 

Il provvedimento potrebbe acutizzare ulteriormente la sfiducia degli hongkonghesi e convincerli che la formula “una paese, due sistemi” non ha più valore. Malgrado l’epidemia di coronavirus, la fazione filo-democratica già pianifica la grande consueta manifestazione del 1° luglio, anniversario della restituzione della regione alla Repubblica Popolare.

 

Gli Usa appoggeranno la causa dell’ex colonia britannica per danneggiare il soft power cinese, forse con nuove sanzioni anti-Pechino. Potrebbero inoltre cogliere l’occasione per stringere ulteriormente i rapporti con Taiwan, anche sotto il profilo militare.

 

Infine, nuove violenze consolideranno l’idea già radicata nell’immaginario collettivo taiwanese secondo cui la riunificazione con la Cina continentale sarebbe nociva, visto che comporterebbe la rinuncia alle libertà delle quali gode attualmente l’isola. La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen promette “l’assistenza necessaria” agli hongkonghesi desiderosi di lasciare la regione.

L’obiettivo di Taipei è mettere in cattiva luce Pechino e accrescere il proprio raggio d’azione internazionale ora che la Repubblica Popolare dibatte sui pochi pro e i molti contro della riunificazione manu militari nella fase attuale.

 

 

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali

 

 

 

LIMES ONLINE DEL 22 MAGGIO 2020

https://www.limesonline.com/rubrica/cina-riunificazione-taiwan-usa

 

 

I Qing insegnano: per la Cina non è tempo di invadere Taiwan

 

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali, 2019.

 

 22/05/2020

 

BOLLETTINO IMPERIALE

 

Nei circoli strategici cinesi si discetta sull’opportunità di riprendere Formosa. Troppi i dossier aperti sulla scrivania di Xi (tra cui Hong Kong) e troppo ampio il divario di potenza con gli Usa. L’esperienza dell’ultima dinastia imperiale invita alla pazienza.

 

di Giorgio Cuscito

 

ARTICOLI, CINA, TAIWAN, USA, SCONTRO USA-CINA, TECNOLOGIA, HONG KONG, ASIA-PACIFICO

Nella Repubblica Popolare Cinese (Rpc) il dibattito sulla conquista di Taiwan si intensifica.

Nel rapporto annuale illustrato durante l’apertura dei lavori dell’Assemblea nazionale del popolo il 22 maggio il premier Li Keqiang ha ribadito l’importanza della riunificazione tra l’isola e la Cina continentale tralasciando l’aggettivo “pacifica”, incluso invece in documenti analoghi pubblicati da quando nel 2013 Xi Jinping ha assunto la guida della Rpc. Pechino lascia così intendere che sta prendendo sempre più in considerazione l’intervento militare.

 

Xi considera l’esistenza della “Cina unica” (yige Zhongguo) comprendente Taiwan un tassello fondamentale del “risorgimento della nazione cinese”, cioè della trasformazione dell’Impero del Centro in superpotenza entro il 2049.

 

Sull’isola, la rielezione della presidente Tsai Ing-wen e la ritrosia degli abitanti ostacolano il processo. Tale dinamica e l’incremento delle operazioni navali di Rpc e Usa nello Stretto di Formosa alimentano i commenti degli utenti cinesi di Internet favorevoli all’invasione.

È di questa opinione anche Tian Feilong, professore associato all’Università Beihang, secondo cui Pechino dovrebbe fare appello alla legge anti-secessione del 2005 per riprendere l’isola.

 

Eppure, fonti autorevoli come il generale dell’Esercito popolare di liberazione Qiao Liang e il professor Deng Tao suggeriscono che non è tempo di intervenire manu militari.

Pechino non rinuncerà però all’isola. Anzi, la retorica contro Taipei potrebbe perfino inasprirsi. Ciononostante, le loro riflessioni potrebbero indicare che la Rpc stia quantomeno vagliando l’ipotesi di rimodulare la tattica da adottare per conquistare Formosa, in attesa di tempi migliori.

 

La leadership cinese è alle prese con complessi dossier domestici ed esteri che rendono assai improbabile l’invasione in questo momento. Alcune di tali questioni sono oggetto delle attese “due sessioni” (lianghui), cioè le plenarie dell’assemblea nazionale del Popolo e della conferenza politica consultiva attualmente in corso.

 

In cima all’agenda c’è il superamento della forte contrazione economica generata dall’epidemia di coronavirus, di cui permangono focolai nel Nord-est della Cina.

La scelta di non fissare un obiettivo di crescita per il 2020 − è la prima volta dal 1990 − descrive l’incertezza generata dal Covid-19.

 

Inoltre, nelle prossime settimane nuove proteste potrebbero scoppiare nella regione amministrativa speciale di Hong Kong (Hksar). Qui, l’epidemia di coronavirus ha solo parzialmente ostacolato le manifestazioni della fazione pro-democrazia contro il ridimensionamento dell’autonomia locale. Pechino ha annunciato che introdurrà una legge sulla sicurezza nazionale nel testo (quasi) costituzionale dell’ex colonia britannica, aggirando di fatto il parlamento della Hksar. Lo strumento normativo dovrebbe consentire alla Rpc di intervenire in maniera più decisa per reprimere le velleità democratiche e in alcuni casi separatiste degli hongkonghesi.

 

Paradossalmente, la mossa potrebbe acuire l’instabilità della regione.

Consentendo a Taipei di prendere ulteriormente le distanze dalla Repubblica Popolare e di consolidare il rapporto con gli Usa. Durante il suo secondo giuramento da presidente, Tsai ha infatti ribadito che non intende accettare la riunificazione sulla base del principio “un paese, due sistemi” che regola formalmente il rapporto tra Pechino e la Hksar.

 

 

Il dibattito su Taiwan

 

Qiao Liang è considerato un falco nella Repubblica Popolare. Nel 1999 insieme a Wang Xiangsui ha scritto il celebre libro “Guerra senza limiti” (Chaoxian zhan), che ha anticipato il rivoluzionario impatto della lotta al terrorismo sulla concezione della guerra dopo gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Il generale è noto anche per la schiettezza in merito al duello tra Usa e Cina, la cui natura è per Qiao economica prima che militare.

 

A inizio maggio, il generale ha detto che in questo momento sarebbe troppo costoso mobilitare le risorse per invadere Taiwan. È vero che Washington è occupata nella gestione domestica del coronavirus, ma per il generale tale dinamica non offre una “finestra tattica” così ampia da consentire la riunificazione.

 

Le recenti operazioni navali degli Usa nei mari cinesi confermano la tesi di Qiao. La Casa Bianca non ha abbassato la soglia di attenzione, malgrado lo scorso mese l’epidemia abbia costretto allo stop quattro portaerei americane.

 

Il generale sostiene che un intervento diretto degli Stati Uniti nel caso di un’invasione di Taiwan sarebbe improbabile.

Tuttavia, Washington e i suoi alleati regionali potrebbero intervenire in maniera indiretta.

Forti della propria superiorità aerea e navale potrebbero bloccare “le linee vitali” (sheng ming xian) cinesi, cioè le rotte commerciali che collegano il paese al resto del mondo passanti per lo Stretto di Malacca.

Inoltre, la Casa Bianca potrebbe danneggiare la Repubblica Popolare sfruttando la sua eccessiva dipendenza dal dollaro e dalla filiera produttiva americana. Da tempo, Qiao sostiene che l’internazionalizzazione del renminbi è essenziale per l’ascesa della Cina a potenza globale e prefigura un mondo diviso in tre blocchi commerciali, dominati rispettivamente dalla valuta americana, quella cinese e l’euro.

 

Malgrado Washington e Pechino cerchino con insistenza il “disaccoppiamento” (decoupling), i loro apparati di sviluppo tecnologico sono ancora fortemente legati. Ne è prova il controverso ruolo di Zoom e la persistente volontà delle imprese americane di non abbandonare la Cina.

 

Gli Usa intendono rallentare i progetti di Pechino nel campo del 5G facendo leva sulla dipendenza cinese dai microchip americani, taiwanesi e sudcoreani. Prima, il dipartimento della Difesa Usa ha prolungato il divieto di vendita a Huawei di componenti con tecnologia americana. Poi, l’azienda Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsm, leader nel settore) ha annunciato che aprirà una fabbrica in Arizona. Infine, l’americana GlobalFoundries ha chiuso il suo stabilimento in Cina dopo solo tre anni dall’apertura perché le attività non decollavano. Segno che la Rpc incontra serie difficoltà nello sviluppo del mercato domestico dei microchip.

 

Riferendosi a Taiwan, Qiao ha toccato un altro tema importante: “come gestire una società in cui 20 milioni di persone non sono d’accordo con te o ti sono persino ostili?” Il quesito è sensato. Secondo un recente sondaggio del Pew Research Center, il 66% degli abitanti di Taiwan si considera “taiwanese” e solo il 28% si definisce “cinese taiwanese”. Significa che la popolazione vincola sempre più la propria identità all’isola e crede sempre meno al legame culturale e storico con la Cina continentale.

 

Ammesso e non concesso che l’invasione avesse successo, è difficile governare una popolazione ostile. A ciò si aggiunga che un conflitto comprometterebbe la narrazione dell’ascesa pacifica cinese e quindi l’attrattività del già fragile soft power cinese.

 

Qiao inoltre ha sottolineato che la riconquista dell’isola non deve mettere a rischio il vero obiettivo del “risorgimento della nazione”, cioè la “vita felice” – il benessere – di 1,4 miliardi di abitanti. Insomma, Pechino potrà riprendere Taiwan quando riuscirà a tenere testa a Washington sul piano economico-militare.

 

Il pensiero dello storico Deng Tao completa indirettamente le riflessioni di Qiao.

Deng ha scritto recentemente un articolo per la rivista Qiushi, edita dalla Scuola centrale del Partito comunista intitolato “come i Qing hanno unificato Taiwan” (Qingchao shi ruhe tongyi Taiwan de). La fonte è estremamente rilevante, visto che si tratta dell’istituto che forma l’élite politica della Repubblica Popolare.

 

Deng analizza il modo in cui la dinastia Qing conquistò l’isola nel XVIII secolo, prima di cederla ai giapponesi con l’infausto trattato di Shimonoseki nel 1895.

 

Il successo dei Qing, avvenuto formalmente nel 1683, non fu immediato e non dipese solo dall’uso della forza. Innanzitutto, l’imperatore Kangxi prima pose fine alla “rivolta dei tre feudatari” (Sanfan zhiluan, 1673-1681) provenienti dalle provincie di Yunnan, Guangdong e Fujian. Inoltre, il sovrano preparò la sua armata per vent’anni. Nel frattempo, condusse attività politiche, economiche e diplomatiche per isolare l’isola e persuadere i suoi abitanti a tornare sulla terraferma.

 

Il confronto con l’attualità è palese. Da quando nel 2016 Tsai è diventata presidente e le relazioni tra Pechino e Taipei si sono deteriorate, la Repubblica Popolare ha privato Taiwan di diversi alleati (ne restano 15) e ha determinato la sua esclusione dall’Oms. Questa tattica ha però accelerato il sostegno di Washington a Taipei e ha esacerbato i rapporti fra Cina continentale e popolazione taiwanese.

 

Velatamente, anche Deng invita la leadership cinese ad avere pazienza.

 

 

Occhi su Hong Kong

 

Se è vero che questo è il periodo meno indicato per la riunificazione, l’arco temporale della sua potenziale riuscita potrebbe allungarsi ulteriormente qualora gli ostacoli endogeni ed esogeni diventassero più marcati.

 

In particolare, la biforcazione identitaria tra Taiwan e la Cina continentale è direttamente proporzionale al peggioramento dei rapporti tra Pechino e l’Hksar. Peggioramento che la legge sulla sicurezza nazionale potrebbe acutizzare già dalle prossime settimane.

 

 

Carta di Laura Canali

 

Carta di Laura Canali

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