STEFANO JOSSA :: ALIAS DOMENICA Storr, interviste per definire il campo dell’arte contemporanea –IL MANIFESTO 26  MAGGIO 2019

 

 

IL MANIFESTO 26  MAGGIO 2019

https://ilmanifesto.it/storr-interviste-per-definire-il-campo-dellarte-contemporanea/

 

Interviste sull'arte - Robert Storr - copertina

Interviste sull’arte

 Robert Storr

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Traduttore: Teresa Albanese, Valeria Gorla, Naike Agata La Biunda
Editore: Il Saggiatore
Collana: La cultura
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 11 aprile 2019
Pagine: 487 p., ill. , Rilegato
38 EURO, PREZZO PIENO

L’arte di un grande intervistatore è fatta di ricerca, ascolto e sintonia; ha in comune con la pittura l’importanza dello studio preparatorio e la necessità di cogliere dal vivo una repentina sfumatura. Richiede la capacità di instaurare un rapporto con il proprio interlocutore e l’intimità che può accendersi solo grazie alla condivisione di esperienze essenziali. Se gli artisti che prestano la loro voce a “Interviste sull’arte” finiscono per aprire le porte dei loro atelier a Robert Storr, confidandogli visioni e ricordi, è perché il loro ospite non è solo uno dei critici e curatori contemporanei più noti e influenti, ma è a sua volta un artista: conosce la sensazione della pittura sulle mani, l’intrecciarsi dell’arte con il tempo e le sollecitazioni più sottili del colore, dello spazio e della luce. Ecco allora che dalle sue domande nascono indimenticabili risposte e fulminanti memorie. Dallo sguardo d’infinita tristezza di Ezra Pound che cade in fondo al cuore di Letizia Battaglia alla lotta e successiva riconciliazione di Louise Bourgeois con i materiali della scultura; da Félix González-Torres che mette in opera la scomparsa del proprio compagno a Richard Serra che cattura nelle sue installazioni la metamorfosi delle forme. Questo volume di interviste, completate da un ricco inserto di immagini, è una mappa dell’arte contemporanea disegnata da un cartografo d’eccezione. I nomi che vi compaiono sono quelli di alcuni fra i maggiori artisti della nostra epoca, che raccontandosi a Robert Storr finiscono per regalarci ventisei autoritratti magistrali in forma di dialogo.

 

 

ALIAS DOMENICA

Storr, interviste per definire il campo dell’arte contemporanea

 

 

Robert Storr, “Interviste sull’arte”, Il Saggiatore. Trenta artisti (Pettibon, Richter, Bourgeois, Huyghe, González-Torres, Whitten…) chiamati a interrogarsi, “insieme”, sui propri orizzonti di senso. Il maieutico tentativo è di ricondurre le ossessioni di ciascuno di loro all’intersoggettività

Robert Storr con Louise Bourgeois a New York nel 1995 di fronte alla Peter Blum Gallery su Wooster StreetRobert Storr con Louise Bourgeois a New York nel 1995 di fronte alla Peter Blum Gallery su Wooster Street

 

 

Stefano Jossa

 

EDIZIONE DEL  26.05.2019

PUBBLICATO26.5.2019, 0:10

AGGIORNATO24.5.2019, 17:54

 

«Qual era la domanda? Mi fanno sempre le solite domande del cavolo e, sai, la tua risposta diventa proprio come quando dai un colpetto al ginocchio, un riflesso», gli diceva in una conversazione del 2015 Raymond Pettibon, l’artista americano famoso per le copertine degli albumi di gruppi hardcore punk e rock alternativo, tra cui i Black Flag, i Minutemen e i Sonic Youth.

 

 

 

 

 

Raymond Pettibon | No Title (I spent ayll...) (2017) | Available for ...

RAYMOND PETTIBON

 

Raymond Pettibon in New York — insightful and inciting | Financial ...

RAYMOND PETTIBON

 

 

Di fronte a quest’affermazione qualsiasi intervistatore si sarebbe arreso, sentendosi parte di un gioco industriale finalizzato solo ad alimentare la macchina, con domande più o meno cretine e risposte più o meno in automatico, ma Robert Storr ne ha fatto una specie di banco di prova, per esplorare le potenzialità dell’intervista ai fini della comprensione di un mondo nel suo insieme. Interviste sull’arte (traduzione dell’originale Interviews on Art, edito da Heni Publishing a Londra nel 2017) è il risultato di questa sfida, con trenta interviste (a fronte delle sessantuno dell’originale) ad alcuni tra gli artisti contemporanei più famosi e influenti, da Louise Bourgeois a Gerhard Richter, per citare solo i due nomi forse più iconici presenti nel libro (Interviste sull’arte, a cura di Francesca Pietropaolo, il Saggiatore, pp. 415, con un bel numero di tavole fuori testo, euro 38,00).

A dispetto dell’inevitabile struttura a scatole separate, con ogni intervista leggibile come unità a sé stante, il libro vuole essere anche un quadro dell’arte contemporanea, costruito per frammenti che si riallacciano nei modi più vari, fino a costituire una costellazione, benjaminianamente: una mappatura dell’esperienza, fatta di un «gruppo di elementi giustapposti e non integrati, che si oppongono alla riduzione a un comun denominatore», come ebbe a dire Adorno, ma che pure si incontrano e scontrano in una continua operazione di montaggio reciproco, posizionandosi gli uni rispetto agli altri come schegge di un insieme non discorsivo eppure interrelato.

«Arte contemporanea» è del resto più che una definizione un contenitore, nel quale il contenuto (partecipare al gioco) conta di solito più del contenente (le regole del gioco), fino a poter dire che l’importante è stare dentro il contenitore anziché collocarsi rispetto a esso.

 

La estación de las fiestas (Palais de cristal, Madrid) (4708412372).jpg

Oeuvre de Pierre Huyghe: “La estación de las fiestas” (The season of celebrations) à l’intérieur du Palais de Cristal. Madrid

 

Le cose potrebbero star cambiando, però, sostiene nel libro uno degli artisti più filosofi della contemporaneità, Pierre Huyghe, che pensa all’arte come un lavoro di reazione alle circostanze, cercando di capire «tutto quello che si è sedimentato intorno»:

««Ciò che faccio – dice nella sua intervista, del giugno 2013 – deve confrontarsi con una serie di regole e condizioni ambientali». Di fatto tutti gli artisti, nel momento in cui dialogavano con Storr, hanno dovuto porsi dentro regole e condizioni ambientali, che li definivano prima di tutto come artisti e poi come artisti contemporanei. A dettare le regole era lo stesso Storr, già senior curator al MoMA di New York, direttore artistico della Biennale di Venezia e rettore della Yale University School of Art, oltre che pittore in prima persona, che con le sue domande cerca sempre di definire il campo, come se l’arte fosse prima di tutto il confronto con un’idea:

 

Olga Chernysheva — dal suo Facebook

 

 

«Cosa mi dici dell’accettare le cose per come sono, e non per come potrebbero essere ricreate?» (a Olga Chernysheva),

 

 

File:Felix Gonzales Torres.jpg - Wikipedia

Felix Gonzales Torres, Installazione presso il Castello di Rivara, 1991

 

«Cosa pensi della questione di impegnarsi esplicitamente in forme sociali di produzione artistica?» (a Félix González-Torres), oppure

 

Tulips (1995–2004) presso Hannover (Germania)

Axel Hindemith – Opera propria

 

«Cosa intendi con grandi conflitti morali?» (a Jeff Koons) sono esempi di un metodo induttivo, che parte dall’esperienza personale per cercare un senso teorico.

 

Se al centro di ciascuna intervista ci sono le ossessioni di ogni singolo artista, in una chiave prima di tutto esistenziale, a tenere insieme l’idea del libro è proprio il concetto stesso d’intervista, come luogo, maieutico, in cui la presenza di un interlocutore costringe l’artista a trasformare il piano dell’esperienza, soggettiva, in un piano di comunicazione, intersoggettiva.

 

Col Bachtin dell’epigrafe: «Nel linguaggio, quando ha un significato, qualcuno parla con qualcun altro, anche quando quel qualcun altro è il proprio destinatario interiore». Perché il ventriloquio diventi strumento di dialogo

.Lontanissimo dall’aneddottica e dal pettegolezzo che dominano il mondo dell’arte dei viventi, l’intervistatore va sempre alla ricerca delle grandi questioni che stanno alla scaturigine del bisogno d’arte, col rischio a volte di far prevalere l’aspetto teorico sul concreto operare degli artisti, come se le scelte dei generi, delle forme, dei materiali e dei mezzi espressivi fossero comunque meno importanti dell’orizzonte di senso entro cui si inseriscono anziché tutt’uno con esso; ma la varietà degli interlocutori fa certamente da antidoto a questo rischio, consentendo al lettore di spaziare tra ricordi personali, dichiarazioni di modelli, descrizioni di opere, reticenze (poche: tutti molto loquaci, gli artisti d’oggi) e proclami (molti, perché sembra che l’artista non abbia più senso se non si fa anche un po’ guru).

 

In fondo al libro, infatti, e per fortuna, non ci sono le biografie degli intervistati, come pure avrebbe avuto senso per presentarli al lettore che non li conosce, né un lemmario di parole-chiave per ricostruire i fili della ragnatela, come magari avrebbe gradito un lettore più accademicamente orientato, ma delle splendide tavole con le fotografie di alcune delle loro opere, a rappresentare, autobiograficamente, l’artista attraverso il suo lavoro.

 

 

Jack Whitten, autoritratto, 1996

 

 

Una vera e propria full immersion nell’arte contemporanea, dunque, in quello che è insieme: un libro sull’arte contemporanea, un libro sulla strategia dell’intervista e un libro sulla filosofia dell’arte. Fino a una proposta forte per l’arte a venire, contenuta in un’affermazione di Jack Whitten, il pittore e scultore astrattista nero che ascoltò Martin Luther King e partecipò alle sue battaglie negli anni sessanta e settanta, con cui il libro si conclude:

per un’arte che non prelevi «campioni regressivi di riferimenti alla storia dell’arte», ma sia lavoro costante di costruzione della realtà, perché ogni gesto, estetico come linguistico, si apre la strada verso il futuro indefinito, pre-dicendo l’avvenire.

 

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1 risposta a STEFANO JOSSA :: ALIAS DOMENICA Storr, interviste per definire il campo dell’arte contemporanea –IL MANIFESTO 26  MAGGIO 2019

  1. Donatella scrive:

    Bella e profonda la frase sull’arte di Jack Whitten: l’arte è in fondo scavare nella realtà in tutte le dimensioni temporali.

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