IL PELLEGRINAIO DI SANTA MARIA DELLA SCALA A SIENA — AFFRESCHI DEL QUATTROCENTO E CINQUECENTO DEI PITTORI SENESI

 

 

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SIENA

 

 

 

Il Santa Maria della Scala è un complesso museale di Siena, situato in piazza del Duomo 2, proprio davanti alla cattedrale.

 

 

Già uno dei più antichi e grandi ospedali europei, fu uno dei primi xenodochi ( Lo xenodochio (in Latino: xenodochium, dal greco ξενοδοχεῖον – xenodochèion, da xénos, ospite, e dochèion, ricettacolo, da dèchomai ricevo) era una struttura di appoggio ai viaggi nel Medioevo, adibita a ospizio gratuito per pellegrini e forestieri. )  ed oggi, esaurite le proprie funzioni sanitarie,

 

 

 

 

è uno dei più importanti centri museali e culturali della città, in seguito a un’importante operazione di recupero basata sul progetto dell’architetto Guido Canali, vincitore nel 1992 di un Concorso Internazionale ad inviti.

 

Siena, s.maria della scala 01.JPG

Siena, piazza del Duomo e dintorni

Sailko – Opera propria

 

 

File:Facade Santa Maria della Scala.jpg - Wikipedia

 

 

 

 

 

Pellegrinaio di Santa Maria della Scala

 

 

 

Il Pellegrinaio è un ambiente monumentale dell’ex-ospedale di Santa Maria della Scala a Siena. Contiene uno dei più importanti cicli di affreschi del Quattrocento senese, a cui lavorarono Domenico di Bartolo, Pietro d’Achille Crogi, Priamo della Quercia, Lorenzo Vecchietta e, dopo il 1570, Giovanni di Raffaele Navesi; esso illustra la missione dell’ospedale, spesso con scene, uniche in Europa, della vita quotidiana al suo interno, che rappresentano straordinari documenti storici, oltreché artistici.

 

 

 

Domenico di Bartolo – Web Gallery of Art:

 

 

 

L’edificazione di questa grande corsia risale al 1320-1330 circa, anche se l’assetto strutturale pressoché definitivo si ebbe solo intorno al 1380. Agli inizi del Quattrocento venne ristrutturata la pericolante volta, allora in legno, e sostituita con quella attuale. L’ambiente rivestiva un’importanza particolare, sia perché al centro del complesso, sia per la particolare cura riservata all’ospitalità dei pellegrini di passaggio sulla Francigena diretti a Roma o di ritorno: i Senesi sapevano bene che proprio tale flusso aveva innescato la fortuna cittadina, facendovi transitare un numero straordinario di persone (e quindi di beni e capitali) proprio da quando era stata deviata, nell’Alto Medioevo, la via Cassia.

 

 

 

Combusken – Opera propria

 

 

La decorazione ad affresco subì varie fasi. Inizialmente vi si trovavano delle Storie di Tobia (delle quali restano alcune tracce nella prima campata) realizzate prima del 1440 da Lorenzo Vecchietta e Luciano di Giovanni da Velletri; Poco tempo dopo questa decorazione venne già ritenuta insufficiente a rappresentare l’immagine dell’ospedale, che nel frattempo stava acquisendo sempre più prestigio e potere. Il rettore Giovanni di Francesco Buzzichelli, durante il suo madato dal 1434 al 1444, ideò allora un nuovo programma iconografico, imprimendo anche un significativo cambiamento in senso fortemente umanistico, con nuove composizioni governate da una rigorosa prospettiva, rivoluzionaria in un’epoca in cui tali novità non erano pienamente assimilate nemmeno a Firenze.

L’ultima campata vicino alla grande finestra che si affaccia sulla sottostante vallata – il Fosso di Sant’Ansano – fu aggiunta nella seconda metà del Cinquecento, come anche la relativa decorazione delle due pareti laterali, della controfacciata e del soffitto.

 

 

Il pellegrinaio è composto da sei campate, di cui la prima decorata frammentariamente e l’ultima risalente, come si è già accennato, al 1570 circa con affreschi aggiunti coevamente. L’architettura è composta da volte a crociera a tutto sesto, poggiano su peducci con originali capitelli corinzi a ceppo, di evidente influenza oltremontana, come peraltro la struttura longitudinale della sala.

 

 

Affreschi

Il ciclo affrescato si trova sulle quattro campate centrali del Pellegrinaio, anche se nella prima rispetto alla piazza si possono intravedere ancora alcune tracce di affresco, da riferire probabilmente a precedenti dipinti raffiguranti le Storie di Tobia del Vecchietta e di Luciano di Giovanni da Velletri.

Il soggetto degli affreschi era la storia e la missione dell’ospedale, rappresentata con un modello di riferimento che non era più costituito da quello dei cicli religiosi su più registri, ma piuttosto da  quello delle composizioni profane che prevalentemente illustravano cicli cavallereschi o comunque storie “civili” nelle pareti delle sale di rappresentanza delle dimore private o nei saloni dei palazzi pubblici. Questa revisione in chiave rinascimentale voleva svincolare i soggetti degli affreschi dalle tematiche religiose e concentrare l’attenzione sull’illustrazione dei miti laici della fondazione dell’istituzione o sulla realistica rappresentazione delle opere di pietà che quotidianamente ne contraddistinguevano la vita.

Lo stesso uso della prospettiva, che crea fondali fantasiosi ma realistici, fu una scelta fortemente innovativa, anticipatrice addirittura rispetto ai fiorentini, che l’avevano inventata circa venticinque anni prima ma che, a dispetto dei primi pionieri, faticava a radicarsi.

Le volte invece furono affrescate dal bolognese Agostino di Marsilio con santi (negli arconi) e profeti (nelle vele), tra il 1440 e il 1462. L’ultima campata è cinquecentesca anche nella volta.

 

 

 

Domenico di Bartolo (Asciano, 1400/1404 – Siena, 1444/1447) è stato un pittore italiano della scuola senese.

 

Polittico di Perugia, particolare con Santa Giuliana, 1438, Galleria Nazionale dell’Umbria

Fabrizio Chiti – Opera propria

 

 

Madonna dell’Umiltà, 1433, Pinacoteca Nazionale, Siena

Кузнецов- autore della foto

 

 

 

 LE OPERE DI DOMENICO DI BARTOLO AL PELLEGRINAIO

Domenico di Bartolo, Cura degli infermi, dettaglio

 

 

 

Domenico di bartolo, governo degli infermi, 1440-41, 01.jpg

Pellegrinaio di Santa Maria della Scala – The Care of the Sick– 1440-41

Sailko – Opera propria

 

Tra tutti gli affreschi del Pellegrinaio questo è senz’altro il più conosciuto e quello che forse meglio illustra l’attività svolta all’interno dell’ospedale. La critica ha identificato nei due ambienti che si incrociano al centro della scena le attuali sale del Passeggio e di San Pio. Attraverso una attenta lettura di questo dipinto gli studiosi hanno potuto fornire una puntuale ricostruzione di alcuni ambienti dell’ospedale, documentandone minuziosamente la vita quotidiana, scandita fin dall’inizio del Trecento dalle rigorose disposizioni statutarie. Al centro sono posti il rettore, i frati dell’ospedale e, al loro fianco, il chirurgo. Sulla sinistra è invece rappresentata la medicina fisica con un assistente che sta adagiando un malato sulla barella e due medici che si stanno consultando sulle urine contenute nel recipiente di vetro. Al centro, più in basso, un giovane ferito a una coscia viene lavato da un inserviente prima dell’intervento. Sulla destra un monaco sta confessando un paziente, mentre due inservienti stanno trasportando una barella.

 

 

 

 

Vecchietta, storie del beato sorore, 1441, 01.jpg

LORENZO VECCHIETTA, STORIA DEL BEATO SORORE, 1441 circa– SOGNO DELLA MADRE

 

 

Nell’affresco il pittore ha raffigurato il sogno della madre del mitico fondatore dello Spedale (Sorore) la quale, prima ancora della nascita, avrebbe previsto la caritatevole vocazione del figlio e la sua responsabilità nella fondazione della prestigiosa istituzione ospedaliera. I bambini abbandonati alle cure dell’ospedale, i “gettatelli”, sono raffigurati mentre stanno salendo una scala, fino a giungere al cospetto della Madonna, in modo da sottolineare l’educazione religiosa impartita al Santa Maria. Nella parte destra Sorore viene infatti ritratto nel momento in cui gli viene affidato il primo “gettatello”. Oltre a Masolino i riferimenti del Vecchietta per questo dipinto sono da ricercare nell’ambito della cultura fiorentina di primo Quattrocento in generale e in quella di Paolo Uccello e di Masaccio in particolare. Questa fu l’unica scena realizzata dal Vecchietta per il ciclo del Pellegrinaio; il pittore continuò comunque a lavorare per la committenza dell’ospedale e in particolare si occupò della decorazione del ciclo della Sagrestia Vecchia.

 

 

 

Domenico di Bartolo, ingrandimento delle mura dell'ospedale, 1442-43, 01.jpg

DOMENICO DI BARTOLO, 1442-43 — IL VESCOVO DISTRIBUISCE  LE ELEMOSINE E SI COSTRUISCE L’OSPEDALE AMPLIANDOLO

Sailko – Opera propria

 

 

Il pittore iniziò il proprio lavoro sulla parete opposta, subentrando probabilmente al Vecchietta quando quest’ultimo interruppe la decorazione del Pellegrinaio. Questa scena della “limosina”, rappresenta il fastoso corteo con al centro il vescovo a cavallo che sta per travolgere uno dei maestri che attendono al cantiere dell’ospedale. Di particolare interesse è proprio la minuziosa indagine sulla organizzazione di quest’ultimo, posto sulla destra, e l’aggiornato repertorio dell’abbigliamento dei personaggi. Il gigantesco edificio centrale e le altre architetture sembrano invece ostentare un repertorio di elementi ancora gotici uniti ad altri tipicamente rinascimentali, frutto forse di una qualche suggestione ricevuta dal pittore nei cantieri del nord.

 

 

 

Priamo della quercia, il beato agostino novello consegna l'abito al rettore, 1442, 01.jpg

PRIAMO DELLA QUERCIA, 1442–  Il beato Agostino Novello consegna l’abito al rettore,

Sailko – Opera propria

 

 

L’episodio rappresenta l’investitura del rettore dell’ospedale da parte del beato Agostino Novello, ritenuto tradizionalmente l’autore del primo statuto del Santa Maria della Scala, redatto nel 1305. L’ospedale in realtà già da molto tempo eleggeva i propri rettori e quindi la raffigurazione è da ritenere puramente simbolica e tesa a rappresentare degnamente la figura, divenuta immediatamente popolarissima, di questo celebre beato senese legato all’ospedale. L’affresco di Priamo della Quercia – una delle poche opere conosciute del pittore – fratello del grande scultore Jacopo, è il più modesto dell’intero ciclo del Pellegrinaio. Il pittore cercò infatti di adeguare il proprio timbro alle novità rinascimentali di Domenico di Bartolo e del Vecchietta. La scena dell’investitura si svolge di fronte al Duomo – ben visibile sul fondo – entro un loggiato rinascimentale, alla presenza, oltreché del rettore investito con l’ampio mantello, di un personaggio sulla sinistra vestito sontuosamente che potrebbe essere identificato o nell’imperatore Sigismondo che soggiornò a lungo a Siena nel 1432 o, più probabilmente, nell’imperatore greco Giovanni Paleologo che partecipò con il suo seguito al concilio di Firenze del 1439.

 

 

 

Domenico di bartolo, Celestino III concede privilegi di autonomia all'ospedale, 1442-44, 01.jpg

Domenico di Bartolo, Celestino III concede privilegi di autonomia all’ospedale, 1442-44

Sailko – Opera propria

 

 

 

Pagamento dei baliatici con il denaro.jpg

Pagamento dei baliatici con il denaro, 1570 circa

 

 

 

Pagamento dei baliatici con il grano.jpg

Pagamento dei baliatici con il grano. 1570 ca

 

 

 

 

Domenico di Bartolo, distribuzione delle elemosine, 1441, 01.jpg

DOMENICO DI BARTOLO, 1441 –DISTRIBUZIONE DEL PANE AI POVERI E AI PELLEGRINI E VESTIZIONE DELL’IGNUDO

Sailko – Opera propria

 

 

L’affresco testimonia un’altra delle disposizioni statutarie trecentesche dell’ospedale: la distribuzione dei pani ai poveri e ai pellegrini. La scena si svolge all’interno della chiesa della Santissima Annunziata e anche in questo caso la puntualità di Domenico di Bartolo nella descrizione degli ambienti e dei particolari è sistematica, tanto da consentire una precisa ricostruzione sia di altri interni del Santa Maria, sia di importanti dettagli della facciata della cattedrale e della residenza vescovile. La distribuzione del pane e la vestizione dell’ignudo sintetizzano bene la caritatevole opera svolta dall’ospedale, con al centro della scena un giovane che sta indossando l’abito che gli viene donato e con un oblato che invece sta consegnando il pane ai fanciulli, ai pellegrini e ai mendicanti. Nella scena è inoltre presente il rettore che si sta togliendo il cappello di fronte all’elegante personaggio che sulla destra assiste alla scena.

 

 

 

 

Domenico di Bartolo, Accoglienza, educazione e matrimonio di una figlia dello spedale, 1441-42, 01.jpg

Domenico di Bartolo, Accoglienza, educazione e matrimonio di una figlia dello spedale, 1441-42

Sailko – Opera propria

 

 

La scena testimonia ulteriormente delle attività svolte dall’ospedale e regolate dallo statuto trecentesco: l’accoglienza, la cura, l’istruzione e il matrimonio dei bambini abbandonati. L’ospedale infatti non si limitava ad accogliere i “gettatelli” ma intendeva seguirli per tutta la vita, offrendo loro la possibilità di scegliere se dedicarsi al prossimo o di formarsi una famiglia fuori e inserirsi quindi a pieno titolo nella società. La scena illustra i vari momenti della vita dei fanciulli, da quando vengono accolti dalle forti braccia delle balie, allo svezzamento, all’istruzione – si noti sulla sinistra il severo atteggiamento del maestro – al gioco (in primo piano sempre sulla sinistra), fino al momento del matrimonio (in questo caso celebrato con abbigliamenti raffinati e degni di una scena di corte). Domenico di Bartolo qui non si limitò alla consueta analisi dei particolari, ma ribadì la lezione fiorentina di primo Rinascimento e le sue eleganti suggestioni cromatiche per la pittura “settentrionale”.

 

 

 

 

Domenico di bartolo, pranzo dei poveri (elemosina della corticella), 1443-44, 01.jpg

Domenico di Bartolo, pranzo dei poveri (elemosina della corticella), 1443-44

Sailko – Opera propria

 

L’apertura di una finestra (ora tamponata) proprio al centro della lunetta ha purtroppo deturpato quest’ultimo affresco del ciclo. Come le altre scene della stessa parete, il dipinto illustra un’ulteriore disposizione statutaria dell’ospedale, e cioè l’ospitalità agli uomini anziani della città e del contado. Anche in questa occasione Domenico di Bartolo si soffermò sul raffinato abbigliamento di alcuni personaggi, sui vari particolari della mensa e sulla impostazione prospettica fortemente centralizzata, sottolineata da eleganti colonne, capitelli, arconi e cornici.

 

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2 risposte a IL PELLEGRINAIO DI SANTA MARIA DELLA SCALA A SIENA — AFFRESCHI DEL QUATTROCENTO E CINQUECENTO DEI PITTORI SENESI

  1. Donatella scrive:

    La cosa che ricorderò per sempre di Siena è la sua piazza; so di essermi sdraiata dentro a quella meravigliosa conchiglia e di avere desiderato di stare lì a lungo. E’ estremamente accogliente e penso che possa trasmettere l’idea di Comune che gli abitanti avevano. Certamente non bisogna pensare che tutto il popolo ci fosse accolto, però era un grande passo avanti, rispetto alla nobiltà e ai feudatari di un tempo. Chissà quante speranze e quanti progetti contengono quella piazza, costruita su di un lieve pendio che gli dà una curva accogliente e morbida. Davanti c’è il palazzo comunale, con la celebrazione della felicità del buon governo, ovviamente della parte vincente della popolazione. Ma noi guardiamo agli intenti nascosti di quell’abbraccio fatto di pietre, che ci rimanda ad un’idea grande di cittadinanza.

  2. Donatella scrive:

    Dalla famosissima ed internazionale rubrica ” Non c’entra proprio niente” tiriamo fuori una cronaca attuale , che probabilmente non interessa a nessuno.
    Pranzo di Ferragosto ( titolo preso a prestito da un film molto bello, italiano, di qualche anno fa:
    Siamo gli eredi ( ideali e per carità del tutto poco credibili) di una cooperativa edilizia che, ai primi anni del Novecento, faceva case per chi non poteva permettersi di avere un alloggio proprio a prezzi accessibili. Siamo entrati nella Cooperativa ad inizio degli anni Ottanta: resti di solidarietà e di avanzamento del proletariato. E’ costume dei soci della Cooperativa di ritrovarsi nelle feste comandate ( il Ferragosto laico è una delle preferite). Siamo tutti eredi senza eredità di un grande ( allora) partito del proletariato. Celebrare alcune ricorrenze viene spontaneo, nel senso che ancora ci piace essere una piccola parte del tutto. Su una cinquantina di soci, nel nostro palazzo, siamo rimasti in sei o sette a volere ostinatamente celebrare queste ricorrenze. Molti si defilano, i giovani sono del tutto assenti e credo che ci guardino come noi consideravamo i reduci della prima guerra mondiale. Ma non desistiamo: una famiglia fa il vitello tonnato, un’altra l’insalata di riso ( credo detestata da tutti), io farò la sardinara. Tutti faranno finta di essere contenti, ma l’amarezza di fondo ci rimanderà al chiuso dei nostri appartamenti con una grande tristezza di base. Pazienza: ci sono tempi bui nella storia e noi ci siamo in mezzo. Resistiamo, ma siamo tristi.

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