MGP CI REGALA UN THRILLER PSICOLOGICO : ” IL SEGRETO DELL’AVVOCATO “– settembre-ottobre 2020

 

 

 

 

Tapier de Celerand – Henri de Toulouse-Lautrec

Tapier de Celerand – Henri de Toulouse-Lautrec, 1894- Colection Toulouse-Lautrec

 

 

 

 

IL SEGRETO DELL’AVVOCATO

 

Le donne sono come i cani, se dai loro un boccone ti si appiccicano addosso e se anche le scalci via con una pedata, tornano e non si staccano più, anzi ti accarezzano pure”

Era una frase o meglio una tradizione, una credenza, una visione dispregiativa delle donne, declamata dallo zio Eugenio, scapolo, ormai diventato vecchio e inacidito. Non era un ricordo e neppure un pensiero, niente di preciso come possono esserlo le parole e i loro significati, ma era un’aria, un’atmosfera, una nebbiolina intrisa di misoginia che si era incollata alle spire del suo cervello e non si poteva più staccare, come un’abitudine o un vizio. Certamente poteva essere disdicevole per un legale affermato, quale egli era, ma non era necessario recitarlo ad alta voce quel segreto, lo si poteva lasciare là, nascosto nei labirinti dell’anima. Faceva parte dell’esistere, era incorporato nel fiato, anzi nel respiro profondo, quello che inconsapevolmente ci sostiene, senza alcun movimento volontario. Traduceva molto chiaramente l’avversione e il disvalore attribuito alle donne, ancora molto diffuso ai nostri giorni.

 

Dopo cena si preparava con cura davanti al grande specchio della sua camera. Severina appoggiava gli indumenti sul cassettone e glieli porgeva uno alla volta: i calzini di filo di Scozia, la camicia di battista appena stirata, il vestito scuro, le scarpe lucidissime, affiancate sul tappeto.
–    E’ dimagrito un po’ Avvocato, dopo quel viaggio con tutti quegli animali. La cintura, guardi, ha guadagnato un buco. Dov’era andato poi? Nell’Africa, vero? Coi neri e le bestie feroci e poi . . . sempre tutti uomini, neanche una donna. – Commentava con un certo disprezzo mentre gli sistemava la camicia dentro i pantaloni e quasi senza prendere fiato raccontava di sua figlia parrucchiera, della gattina in calore e di suo cognato che non sapeva come passare il tempo.
–     Una noia senza fine per Ubaldo che non sa cosa fare da quando hanno chiuso la fabbrica. Va allo zoo a guardare le scimmie che si accoppiano, ci va tutti i santi giorni. Non si può vivere senza soddisfazione . . . è vero Avvocato?. . . –
Non dava cenno di risposta, davanti allo specchio si annodava con grande destrezza il papillon bordeaux, si sistemava il cappello con una leggera angolatura sulla destra ed era pronto.
–      Eh. . . sì . . . è la soddisfazione che conta. Niente altro che la soddisfazione. Continuava la donna. Poi si girava di scatto e gli chiedeva con una certa apprensione.     –    Ha preso la macchinetta? Non c’è da scherzare con la sua asma. E poi dopo quel brutto viaggio . . .tutto è peggiorato. –
–     A domani Severina e chiudi bene la porta. – Esortava con tono basso e monotono e poi di seguito – devi far venire Ubaldo per la lettura del gas, ricordati. –
–      Ma posso farlo io Avvocato, so farlo. –
–     No, no meglio un uomo, non è un lavoro da donne. –
Si avviava per il corridoio mentre un’eco ripetuta gli sfiorava il pensiero
“Come puoi farlo tu se sei una donna”.

Percorreva sempre la stessa strada: attraversava i Bastioni, passava per Via Manin e Via Palestro, procedeva di fianco ai giardini e allo zoo per giungere in Corso Venezia 16, al Circolo della Stampa.
Una nebbiolina di fumo e vapore riempiva il salone dominato dall’alto da grandi lampadari a discesa sui tavoli e da un vociare sordo, misterioso e diffuso che pareva nascondere segreti e suggerire inganni. L’Avvocato conosceva tutti e tutti lo conoscevano, ma i saluti si limitavano a un cenno del capo o a un sorriso appena accennato. L’unica persona con cui scambiava qualche parola era la ragazza del guardaroba, una ragazza alta, con abiti vecchio stile, capelli neri un po’ scomposti e occhiali pesanti sul naso. Una studentessa di filosofia, figlia di un collega e conosciuta fin da quando era bambina, che ogni sera mentre gli toglieva il cappotto e il cappello lo informava sul procedere dei suoi studi. L’Avvocato le rivolgeva sempre la stessa domanda con un sorrisino sulle labbra.

 –     Allora Marta, di quale Sapiente mi parli oggi, per capire ancora meno di ieri?
–     Qualcosa proprio per lei Avvocato, questa sera, le parole di Kirkegaard che ci pone davanti a una scelta, Aut-Aut appunto come dice il suo testo. Due modelli antitetici: quello estetico e quello etico. Il primo sceglie una vita incentrata sul piacere, sul godimento immediato, non si prende cura del dopo, non fa progetti, una vita che è la somma di momenti passeggeri fugaci, in una incessante ricerca dell’attimo e della novità. Il secondo è un uomo che ricerca la stabilità, l’impegno, il rispetto dei valori tradizionali, il lavoro, la fedeltà; un uomo che unisce il passato il presente e il futuro cercandone la continuità
–      Ricordo vagamente . . . . ma c’era una sua frase ricorrente “ Dio è l’unica fonte di salvezza”. Ma, devi sapere che io ho studiato dai Gesuiti.
–      Sì, certo diceva anche questo. Era un cristiano convinto come pochi.
–      Ah ecco, allora ricordo bene.
–      Sì, ma io mi fermo prima, alla due scelte contrapposte. E’ considerato il padre dell’esistenzialismo, per la sua filosofia complessa e affascinante che pone l’uomo di fronte al proprio limite, ma anche di fronte alla scelta e alla possibilità. Allora le preparo la citazione per quando esce. Come al solito.
–      Certo, certo, come sempre.

La sala era molto affollata, alcune persone la attraversavano con grande leggerezza; le donne, nei loro abiti luccicanti si aggiravano tra i tavoli o con il bicchiere in mano si avvicinavano al bar che occupava tutta la parete in fondo ed era separata da una vetrata colorata e semiaperta.
L’eccitazione del gioco addensava l’aria e si concentrava sugli sguardi socchiusi , sulle mani leggermente tremanti e sul movimento rapido e incessante delle gambe sotto i tavoli. L’Avvocato si asciugava spesso il palmo delle mani, la fronte e ogni tanto si alzava per avvicinarsi alla finestra rimasta socchiusa, per prendere un po’ d’aria. Un grande piacere lo attraversava, non sapeva situarlo precisamente, ma era nel corpo, in tutto il corpo, di quello godeva estremamente. Non era un pensiero e neppure un sentimento, era un principio fondamentale, una necessità, la ricerca quotidiana di appagamento che approdava lì, ogni sera, sul tavolo verde. Senza quel risarcimento la vita perdeva ogni senso.

Non gli importava più di niente. Il presente, il passato, la memoria della giovinezza, il suo matrimonio, il lavoro, le amicizie, i familiari, ogni situazione aveva perso valore e consistenza, come aria che passa. Solo quello era rimasto, quel tornare in quella sala ogni sera e lasciarsi afferrare da quel godimento completo e smisurato. Egli compensava così, in quei momenti, tutta l’inerzia, la fiacchezza, la noia che ormai spadroneggiava nella sua esistenza, lasciandogli solo quella occasione per ripagare la colpa di essere ancora al mondo.

Quella sera per due volte aveva usato la macchinetta per calmare l’asma, per aiutare il respiro che gli si bloccava all’altezza dei bronchi. Il suo viso congestionato rimaneva rosso violaceo per tutto il tempo del gioco alimentato da una frenesia elettrizzante che non lo lasciava neppure per un attimo. Era ancora in fiamme quando ritornò al guardaroba per riprendere il suo cappotto. Marta lo aiutò a rivestirsi e gli mise in tasca il bigliettino della citazione.

       – Oh! – disse imbarazzato e fintamente gentile – certo dimenticavo… questo mi aiuterà a tornare a casa. Grazie cara, è sempre un piacere.

Non gli interessava proprio nulla dell’uno o dell’altro filosofo, ma gli piaceva il gioco che ormai faceva parte della serata. Marta metteva tutta la sua attenzione nella scelta della citazione che ogni sera consegnava all’Avvocato, – sono gocce di saggezza – diceva. Per lui era una piccola attenzione femminile che non voleva certo evitare anche se gli suscitava poca simpatia e un po’ di fastidio . Dunque leggeva con voce sommessa.

Non sai che giungerà l’ora della mezzanotte in cui ognuno dovrà smascherarsi? Credi che si possa sempre scherzare con la vita? Credi che si possa di nascosto sgattaiolar via un po’ prima della mezzanotte per sfuggirla?”

L’avvocato non faceva commenti, ripiegava il biglietto, lo metteva in tasca, mentre rievocazioni familiari salivano dal suo stomaco “ le donne non possono approfondire nulla – debolezza mentale”.

Si incamminava verso casa passando per la stessa strada. Quando arrivava in Viale Vittorio Veneto, dove abitava, sembrava diventare ancora più piccolo di quanto già non fosse, abbassava la testa nascondendo il viso tra il cappello e le spalle, girava lo sguardo contro il muro e camminava speditamente, rasentando i palazzi. Le puttane di quella strada lo conoscevano bene e ogni tanto qualcuna di buon umore si divertiva a stuzzicarlo.

–         Hei!  Bel biondino, non ne hai voglia questa sera?
–         Avvocato guarda, guarda qui! Ti piace?

L’uomo affrettava il passo, fingendo di non sentire e sollevava il bavero del cappotto per evitare gli sguardi indiscreti delle donne. Poi a casa, nel suo letto solitario rimpiangeva di non essersi fermato, di non aver accettato l’invito. Faceva un sogno ricorrente che gli piaceva molto. Sognava di essere un omino piccolo piccolo nascosto dentro la pancia di un uomo grande e grosso, un cow-boy con il cinturone appoggiato sui fianchi, corredato di due pistole, il grande cappello texano, i gins sdruciti e gli stivali alti con gli speroni ai lati. Entrava di prepotenza in un saloon illuminato da luci rosse e soffuse. Sulla sinistra si allungava il bancone del bar, sugli sgabelli alti, in fila, sedevano bellissime donne vestite con abiti succinti e vistosi. Procedeva con passi pigri e pesanti, si fermava di fianco a ogni ragazza per accarezzarle il viso, i capelli, le spalle nude, per esplorare con la mano la scollatura, tastare i fianchi e le natiche, poi con gesto sicuro estraeva la pistola e la faceva scorrere lentamente per tutta la lunghezza delle gambe fino a far saltare la giarrettiera. Tutte si mostravano condiscendenti, gli mandavano baci, ridevano sguaiatamente. E mentre il cow-boy passava in rassegna le donne, il nostro omino, rincantucciato dentro di lui, poteva godere dei vari toccamenti perché le mani gli sembravano davvero le sue e anche gli occhi. Per il resto se ne stava nascosto, rannicchiato in quella grande pancia sicuro che nessuno potesse vederlo, né sapere che c’era. Si abbandonava così a un ardente e incontenibile piacere. Un sogno molto gratificante che lo appagava in ogni modo. Gli rimaneva però un senso di mancanza, un desiderio di contatto fisico, di sentire la pelle delimitare il suo corpo, di essere guardato, toccato veramente, di vedere negli occhi dell’altra una flebile, sottile, anche se simulata conferma alla sua esistenza. Per questo, ogni tanto, a notte fonda, di ritorno dal Circolo, si avvicinava a una puttana della sua strada.

–       Ti piaccio io questa sera? disse Carmen, dall’alto della sua statura, con voce suadente. L’Avvocato non rispose. A testa bassa senza neppure guardarla in faccia, né pronunciare parola, rimase per pochi secondi davanti a lei, poi entrarono nel portone di casa.
–       Sai che sei strano tu . . . però sei un gentiluomo. Ce ne sono pochi sai . . .
Si erano seduti sul letto e lei lo stava spogliando.
–       Non so perché non parli, non dici mai niente, neanche poi se ti sono piaciuta . .               Non ascoltava le parole, ma il suono della voce che sentiva carezzevole così come           gli abiti che gli sfioravano la pelle e le dita di lei che lo lambivano leggermente,               con garbo e grande cura.
–       Hai perso o hai vinto questa sera? Io so che vai sempre a giocare. Devi averne di             soldi . . . vero? . . .-

Lo stese sul letto e iniziò con i preliminari amorosi.

 

 

 

Toulouse-Lautrec, Ragazza nuda, 1893

 

 

Le abilità della donna annientarono facilmente ogni sua resistenza, così che in pochi minuti egli si rilassò completamente. Era felice per quella leggera nebbiolina che gli riempiva la testa, gustava il delizioso sapore che aveva in bocca e apprezzava, con piena soddisfazione, le mani esperte che percorrevano ogni segmento del suo corpo. Le dita di Carmen si muovevano con grande esperienza, esploravano con forza, strisciavano il controllo di sé affidandosi totalmente a quelle braccia amorose e materne che lo cullavano e lo coccolavano.

Su quel corpo piccolo, magro e inerte Carmen giocava con grande piacere e di sorpresa si sentì forte e talmente sicura di sé da dimenticare il ruolo di meretrice per diventare libera da ogni soggezione e padrona. Ritornò a essere la ragazza che era e con un sussulto improvviso si girò sopra di lui.

 

Crouching Woman with Red Hair, 1897 by Henri De Toulouse Lautrec (1864-1901, France) | Museum Quality Copies Henri De Toulouse Lautrec | WahooArt.com

Toulouse-Lautrec, Donna accovacciata con i capelli rossi, 1897

 

L’Avvocato rimase immobile con la testa inabissata nel cuscino e il torace schiacciato mentre Carmen lo abbracciava, lo stringeva, lo baciava tanto da togliergli quel poco di respiro che gli permetteva di sopravvivere. Non riusciva ad espellere il fiato dai polmoni, quella massa stesa sul suo petto gli bloccava l’aria che entrava faticosamente dalla bocca accompagnata da sibili acuti. Raccolse tutte le sue forze e di scatto alzò la testa. In quel momento si presentò alla sua mente e i suoi occhi una grossa bestia affamata. La vedeva enorme davanti a sé come attraverso uno specchio che ingrandisce e deforma.
Dal torpore dei suoi pensieri emerse un rigurgito conosciuto
   “ma è solo una donna non può farmi niente”.
Nel tentativo di sottrarsi a tali effusioni si scostò un poco, a fatica, ma l’immagine non si allontanava. Aveva di fronte le fauci avide di un animale da preda: l’immagine orrenda dello scempio che lo attendeva. Ne aveva viste molte nel suo recente viaggio in Kenia e ora tornava chiarissima la fotografia del piccolo Impala, braccato, steso al suolo con le zampe per aria, ferito e sanguinante.

Era completamente stordito, con la testa abbandonata di lato cercava di respirare a piccoli sorsi, sopportando il senso di costrizione toracica divenuto ormai insopportabile. Sentì un fremito nelle zampe posteriori.

     Un altro rigurgito trovò un varco nella nebbia della sua mente
      “ ma è solo una donna, non può farmi male”.

Sopra di lui quell’ animale carico di energia e di desiderio ondeggiava vigorosamente tenendogli unite le gambe con i piedi per padroneggiare meglio il movimento e gli strusciava ogni angolo del viso, facendogli girare il capo da una parte all’altra.
Sollevò a fatica un braccio in segno di resa. Non poteva più aprire gli occhi, né fare il minimo gesto. Le sue vie aeree erano ormai inevitabilmente chiuse, udiva in lontananza i mugolii e le parole sussurrate all’orecchio, non sentiva più la sua pelle liscia e compatta, né le morbide pareti che avvolgevano il suo pene. Ben presto abbandonò ogni resistenza e perse i sensi.

In quel momento Carmen inarcò la schiena gemendo sempre più forte, poi strinse le gambe con vigore intorno al bacino di lui e cominciò a oscillare con gran vigore dalla posizione seduta a quella in avanti e con il viso rivolto in alto rideva, urlava, singhiozzava, ruggiva, piangeva. Poi si fermò all’improvviso e sorridendo si lasciò cadere di fianco al corpo esanime del suo cliente e si addormentò.

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11 risposte a MGP CI REGALA UN THRILLER PSICOLOGICO : ” IL SEGRETO DELL’AVVOCATO “– settembre-ottobre 2020

  1. Ivana R. scrive:

    Anche questa volta MGP con la sua scrittura precisa,, dettagliata, puntuale nella scelta delle parole definisce l’atmosfera pesante che avvolge e in cui si muove il protagonista. L’avvocato è un uomo chiuso, irremovibile nel suo pensiero e nei suoi giudizi, soprattutto di discredito nei confronti delle donne. Vive la quotidianità senza nessun interesse che dia gusto e senso alla vita.
    “ Non gli importava più niente…solo quello era rimasto, quel tornare in quella sala ogni sera e lasciarsi afferrare da quel godimento completo e smisurato”.
    La fatica di respirare, il suo problema d’asma, è come una metafora della sua resistenza a respirare la vita a pieni polmoni. E’ angosciante, per lui, il senso di vuoto, di significato al suo esistere. Arroccato nella sua prigione solitaria, nascosto ( Sognava di essere un omino piccolo piccolo nascosto dentro la pancia di un uomo grande e grosso ),non cerca un reale, intimo dialogo con l’altro, chiunque esso sia.
    “ Non dici mai niente…”commenta Carmen.
    Le dita esperte e carezzevoli della ragazza per brevi istanti separano la sua tormentata anima dal suo corpo, che ne ricava un gran piacere, come balsamo su una ferita…ma non bastano. L’effetto benefico dura poco, egli non può sopportare né il peso della giovane, con la sua esuberante carica di energia e di desiderio, né il peso di una esistenza senza via d’uscita. Mente e corpo ha in dotazione, ma non un cuore pulsante e generoso.

    • Chiara Salvini scrive:

      Grazi per il tuo commento al racconto di Mari, mi sembra che arricchisca- chi leggerà il testo – di nuovi punti di vista, ciao cara Ivana, ch. per il blog

  2. MGP scrive:

    Che bel commento Ivana! Grazie, mi fa piacere il tuo apprezzamento.
    Hai svelato in pieno questo personaggio maschile pieno di pregiudizi che vive solo per cercare il godimento momentaneo e senza alcuna partecipazione effettiva alla vita. Il suo disprezzo per le donne diventa lo strumento della sua morte, una sorta di vendetta della vita e in particolare del mondo femminile denigrato da un uomo avido che non sa cercare altro che il proprio vantaggio e non conosce scambio umano di nessun genere.
    Un paradosso, sì, ma porta con sé “un virus” che mi pare molto diffuso.
    Un caro, carissimo abbraccio MGP

  3. giancarlo scrive:

    Che dire,Ivana ha perfettamente evidenziato la personalità del nostro avvocato. Brava nel mettere in
    risalto il concetto diffuso ancora oggi che l’uomo ha nei confronti della donna e dei piaceri.
    devo dire che mi piace molto questo tuo modo di scrivere e rappresentare con chiarezza i negativi
    aspetti di una vita vuota,senza interessi. In tema di” corona virus”,abbiamo da combattere un altro
    “virus”. Brava!!

  4. giovanni scrive:

    Dai commenti ho definitivamente capito che l’avvocato alla fine muore: mi dispiace.
    Io lo vedevo solo svenuto, questo anche per dargli tempo di esprimere anche qualche aspetto positivo del suo carattere e della sua esistenza che certamente esiste, come in ogni essere umano.

    La figura di questo individuo poco simpatico e empatico è magistralmente descritta nei suoi aspetti negativi ma, a mio parere, con un certo estremismo misandriaco (aggettivo che ben descrive questo atteggiamento, ma che l’accademia della Crusca non ha ancora approvato, anche se esiste l’equivalente in francese e inglese). E’ legittima la domanda: perché l’avvocato è così?
    Che vita ha avuto? Che cosa ha fatto in Africa? Perché è così solo? Anche lui ha diritto ad una qualche forma di difesa .

    Va anche detto che questa figura maschile riflette un atteggiamento certamente ampiamente diffuso nel secolo scorso, soprattutto nella prima metà, ma che si è andato affievolendo nella nostra parte di mondo dove assistiamo ad una reale difficoltà dei maschi a ridefinire un proprio ruolo, non considerando ovviamente gli esempi di violenza pura, per fortuna del tutto marginali.

    Molto più simpatica Carmen, che definirei una seria professionista che svolge il suo lavoro con sapiente professionalità, non solo negli aspetti fisici, ma cercando anche di riempire quei vuoti affettivi e relazionali che sono il vero problema che affligge l’avvocato.
    lo stesso fa la guardarobiera, che cerca di stabilire una qualche forma di contatto umano.
    Si può dire che queste due donne nella economia del racconto rappresentano quasi una timida proposta di presenza salvifica come quella di Beatrice nella Divina Commedia .

    Focalizzando l’attenzione sui personaggi ho tralasciato di sottolineare l’ambientazione dei vari momenti di questa sfortunata serata dell’avvocato. Con pochi tratti ci troviamo immersi in un mondo esteriore che riflette benissimo quello che sta avvenendo : la camera asettica e solitaria in cui si veste, il circolo fumoso e un po’ antiquato stile bordello, la strada dove viene abbordato, l’anonimo portoncino di casa in cui rapidamente si infilano: una perfetta sceneggiatura. Brava MGP!

  5. MGP scrive:

    Allora lasciamolo svenuto il nostro protagonista, con la possibilità di riscatto da questa vita miserrima. Non c’è dubbio che la situazione dei maschi si stia evolvendo, come tu dici, anche se la cosa non è facile senza un nuovo riferimento positivo e con lo spettro della dominanza maschile ancora in vita.

    Le donne del racconto sono attive e vive, ciascuna nel proprio ruolo, ma lui è il prototipo dell’uomo rimasto solo con i propri pregiudizi, un uomo che sente la vita scappar via e si affanna alla ricerca di piaceri fittizi pur di trovare un po’ di piacere.

    Grazie Giovanni del un bellissimo commento MGP

  6. MGP scrive:

    Grazie Giancarlo del tuo commento così positivo.
    Sì, mi piace creare personaggi nei quali sono in evidenza solo alcuni aspetti senza considerare la persona nella sua molteplicità. Senz’altro l’avvocato aveva anche qualcosa di più umano e flessibile all’interno della sua anima, ma non ho voluto indagarlo.
    La mia scrittura vuole evidenziare caratteri che guardati con la lente di ingrandimento diventano “modelli” esageratamente negativi o positivi. Forse anche “modelli” con i quali è interessante confrontarsi.
    Un caro abbraccio MGP

  7. Donatella scrive:

    Molto bello il racconto di MGP. Esprime molto, in modo asciutto ed essenziale, difficilmente dimenticabile.

  8. MGP scrive:

    Grazie Donatella,
    in modo asciutto ed essenziale è quello che mi piace, purtroppo spesso cado nel ridondante, devo rivedere molti racconti. Poi mi piace anche perché dici difficilmente dimenticabile . . .questo è un apprezzamento meraviglioso.
    Un affettuoso abbraccio

  9. Donatella scrive:

    Cara MGP, ho letto alcuni racconti “gialli” di autori italiani, che “Repubblica” fa uscire periodicamente con il giornale al sabato e alla domenica: ti assicuro che il tuo l’ho trovato più originale e “divertente”.

  10. MGP scrive:

    Grazie Donatella,
    sei molto generosa con me. In ogni caso andrò a cercarli e a leggerli.
    Un abbraccio

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