+++ ANDREA CAPOCCI :: Paolo Vineis, epidemiologo all’Imperial College di Londra, ” CURARE CON LA POLITICA “–IL MANIFESTO DEL 21 NOVEMBRE 2020

 

 

 

Prevenire. Manifesto per una tecnopolitica

 Paolo Vineis, Luca Carra, Roberto Cingolani

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Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Passaggi
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 28 gennaio 2020
Pagine: 136 p.
15  EURO, PREZZO PIENO

 

P come Prevenire. Perché solo la prevenzione può salvarci. Solo soluzioni globali, preventive e lungimiranti possono risolvere i tre debiti del genere umano: socio-economico, ambientale e cognitivo.

Da almeno dodicimila anni abbiamo sviluppato tecnologie che hanno aumentato le nostre prestazioni fisiche e mentali, piegando l’ecosistema ai nostri bisogni alimentari e antropizzando il pianeta massicciamente. Ciò ha migliorato enormemente la qualità della vita ma ha generato tre debiti: economico e sociale (noto), ambientale (che comincia a essere noto) e cognitivo (poco noto, di cui iniziamo a renderci conto). Per nessuno di questi fenomeni preso isolatamente c’è una soluzione semplice. Tuttavia le prospettive di successo saranno molto maggiori se vi sarà una collaborazione intersettoriale: il trasporto pubblico e la riduzione del cibo-spazzatura hanno infatti un impatto sull’obesità, sul diabete, sull’inquinamento e perfino sul cambiamento climatico.

 

Urge l'”internazionalismo”: ciascuna di queste crisi trascende i confini nazionali e anzi richiede soluzioni globali. Questa constatazione è sorretta da forti prove scientifiche ed è tuttavia in stridente contrasto con i crescenti nazionalismi.

 

 

 

 

IL MANIFESTO DEL 21 NOVEMBRE 2020

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Paolo Vineis, curare con la politica

 

Intervista. Parla l’epidemiologo, ordinario all’Imperial College di Londra e vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità: «Con il Covid-19 abbiamo aperto gli occhi sul fatto che salute e malattia vengono da lontano, dipendono anche dalla società e dalla sua struttura produttiva»

 

Il temporary hospital al Krylatskoye Ice Palace di Mosca; in basso Paolo VineisIl temporary hospital al Krylatskoye Ice Palace di Mosca; in basso Paolo Vineis

© Ap

 

Andrea Capocci

EDIZIONE DEL  21.11.2020

PUBBLICATO20.11.2020, 23:59

AGGIORNATO21.11.2020, 1:06

 

Paolo Vineis è ordinario di epidemiologia all’Imperial College di Londra e vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità. È uno degli ospiti più attesi all’edizione 2020 del National Geographic Festival delle Scienze in cui interverrà online lunedì 23 novembre. Nel suo ultimo saggio intitolato Prevenire (Einaudi) scritto con Roberto Cingolani e Luca Carra, Vineis propone una strategia contro problemi globali come il cambiamento climatico o la pandemia fondata sui co-benefici. «Sono misure politiche che possono portare vantaggi in settori diversi.

Ad esempio, il consumo di carne è associato a una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari e di alcuni tumori. Ma può anche aumentare le emissioni di metano e contribuire al rischio di pandemie, perché gli allevamenti intensivi sono serbatoi di virus. Il Green New Deal è un esempio di questo tipo di azioni che generano co-benefici: prevede azioni radicali per prevenire il cambiamento climatico e genera benefici anche in altri settori come la salute e l’equità sociale.

 

 

 

Anche secondo il direttore di Lancet Richard Horton, il Covid-19, le altre patologie e le condizioni ambientali e socio-economiche si aggravano a vicenda. Invece di pandemia dovremmo parlare di «sindemia». La convince?

 

Nel Consiglio Superiore di Sanità ho coordinato la redazione di un documento di commento al Piano Nazionale della Prevenzione 2020-25 e sulle malattie croniche non trasmissibili adottavamo proprio il punto di vista della sindemia.

 

Mirko Grmek, forse il maggiore storico della medicina del secolo scorso, parlava di «patocenosi» e sosteneva che le malattie in un certo momento storico, anche quelle infettive, vanno viste nel loro insieme. La trasmissione delle malattie si può studiare con una lente più complessa di quella ancora dominante nel mondo medico, che cerca l’origine delle patologie principalmente in alterazioni molecolari.

Noi guardiamo invece alle cause sociali, storiche e produttive, inclusa la globalizzazione. ( = ” SINDEMIA “

 

 

La drammatica cronaca dei primi mesi del 2020, legata alla pandemia di COVID-19, ce lo ha dimostrato ancora una volta: in un mondo globalizzato, più facile da percorrere ma anche più intricato e interconnesso e per questo più fragile, anche i concetti di salute e malattia stanno cambiando. Non si tratta più di processi esclusivamente biologici, bensì di fenomeni complessi che investono la sfera ambientale, sociale, economica, politica e culturale. Oggi il cambiamento climatico, i fenomeni migratori, la crisi economica e l’industrializzazione della produzione alimentare sono parametri fondamentali per valutare lo stato di benessere di un individuo o di una popolazione. Paolo Vineis traccia un quadro completo degli aspetti che compongono la salute globale, e propone una tesi forte sul piano politico: in un panorama così mobile e articolato, la salute in molte aree del mondo potrebbe andare incontro a un deterioramento simile a quanto è avvenuto in economia con la crisi del 2008. “Salute senza confini” offre uno sguardo attento e ragionato alle emergenze sanitarie, passate e presenti. Cambiamento climatico, fenomeni migratori e crisi economica: salute e malattia ai tempi della globalizzazione.

 

 

Nel precedente Salute senza confini (Codice) parla del conflitto tra la medicina centrata sull’individuo e la prevenzione a livello di comunità.

 

Sono due visioni della malattia e della prevenzione non contrapposte ma complementari. Da un lato la cosiddetta medicina di precisione punta a curare a partire dalle caratteristiche individuali, in particolare quelle genetiche. Dall’altro c’è la medicina di comunità. L’enfasi sulla responsabilità personale, seppure giusta, non è sufficiente: la prevenzione delle malattie basata sulla promozione della salute attraverso il miglioramento degli stili di vita individuali ha funzionato limitatamente, perché l’educazione sanitaria trova ascolto soprattutto nelle classi più agiate. È una lezione dell’economista indiano e premio Nobel Amartya Sen:

non sempre gli individui sono liberi di scegliere, e questo è uno dei nodi di fondo della salute di comunità.

 

Però le strategie di protezione di comunità talvolta vengono rifiutate perché percepite come invasioni della sfera privata.

 

Soprattutto negli Usa, gli interventi di sanità pubblica come la tassazione delle bevande zuccherate sono stati visti da alcuni come paternalistici. Questo contrasto tra sanità pubblica e libertà di scelta riflette filosofie diverse e anche un malinteso sul concetto di libertà: libertà intesa in senso ultraliberale (faccio quello che voglio) o libertà come responsabilità verso gli altri, prendendo atto anche della rete di relazioni in cui ciascuno è inserito. Si pensi all’uso delle mascherine e ai comportamenti che oggi ci vengono richiesti proprio in base al nostro senso di responsabilità. Ma mi pare che il Covid-19 ci abbia aperto gli occhi sul fatto che salute e malattia vengono da lontano, dipendono anche dalla società e dalla sua struttura produttiva. Il virus ci ha convinti della necessità di uno sguardo più complesso sulle malattie. Tutto questo ci porta a vedere la salute come un bene comune, da proteggere in quanto tale.

 

Anche i vaccini anti-Covid saranno rifiutati in quanto «paternalisti»?

La diffidenza nei confronti dei vaccini anti-Covid è determinata da tre componenti. Una è il residuo della cultura No Vax legata a atteggiamenti antiscientifici. Sono posizioni che non vanno liquidate con giudizi di valore ma è un fatto che esse negano il dato scientifico.

n secondo luogo c’è un giusto atteggiamento di prudenza. Anche io sono contento che i vaccini Pfizer e Moderna siano efficaci, ma nessuno sa quanto duri la protezione e quali siano gli effetti collaterali. Non esiste un precedente di una richiesta di approvazione di emergenza di un vaccino presso la Fda in assenza di una lunga fase di follow up dei volontari vaccinati. Siamo costretti a esprimerci rapidamente sul bilancio tra i probabili benefici – con incertezze – e i rischi ancora non completamente conosciuti, anche se quasi certamente molto inferiori ai benefici.

Poi c’è una terza componente: i conflitti commerciali e addirittura dalla geopolitica. C’è una competizione internazionale tra Unione europea, Stati uniti, Russia e Cina a chi arriva per primo al vaccino. Anche questo succede per la prima volta con questa velocità.

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