PAOLO RODARI : Le confessioni del cardinale Martini — REPUBBLICA .ROBINSON — 20 FEBBRAIO 2021

 

 

Credit: Mondadori Portfolio

 

Carlo Maria Martini (Torino, 15 febbraio 1927 – Gallarate, 31 agosto 2012) è stato un cardinale, arcivescovo cattolico, teologo, biblista e docente italiano. Esegeta oltre che biblista, è stato arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Oltre ad essere stato un uomo di grande cultura teologica fu anche uomo del dialogo tra le religioni, a cominciare dall’ebraismo, i cui fedeli amava definire “fratelli maggiori”. Fu soprannominato “cardinale del dialogo “.

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Maria_Martini

 

 

 

 

 

REPUBBLICA DEL  20 FEBBRAIO 2021 

https://rep.repubblica.it/pwa/robinson/2021/02/20/news/le_confessioni_del_cardinale_martini-288456957/?rss&ref=twhr

 

 

Carlo Maria Martini

 

 

Robinson

Società

Le confessioni del cardinale Martini

20 FEBBRAIO 2021

Repubblica è in grado di confermare l’esistenza di 34 diari segreti. Testi ricchi di pathos: “Da una parte mi sento piccino, dall’altra mi pare di avere qualcosa di grande da esprimere”. Adesso sono allo studio della Fondazione dedicata all’alto prelato, scomparso nel 2012

DI PAOLO RODARI

La calligrafia minuta su un foglio ormai ingiallito di un’agenda scelta a caso e che reca nell’intestazione la scritta “appunti e memorie del giorno”. Un solo errore di ortografia, corretto a mano. È il primo eccezionale frammento di una mole di scritti più grande e inedita e ancora oggi top secret: i diari, la cui esistenza per la prima volta Repubblica è in grado di svelare, di un grande della Chiesa del Novecento, il cardinale Carlo Maria Martini. Fino a oggi in pochissimi sapevano della loro esistenza. Martini non ne parlava con nessuno. Erano il suo segreto. Il frammento è stato scritto il 5 settembre del 1955, un lunedì. Martini ha 28 anni, già prete, studia teologia in vista del dottorato. Si trova in Inghilterra. Qui, come folgorato, comunica la decisione di tenere dei diari intimi, personali, un lavoro che lo accompagnerà per tutta la vita.

Scrive: “Arrivo a Londra alla sera, dopo un viaggio attraverso Carlisle, Preston, Crewe. Leggo qualche pagina del diario di Merton: verrebbe voglia anche a me di scrivere un diario, che rivelasse veramente me stesso, che servisse a scoprire me stesso. Vorrei che mi avvicinasse a Dio, ma temo diventi uno strumento di autocompiacenza. Ho avuto tanto da soffrire a causa di me stesso in Blackburn. Da una parte mi sento legato e piccino, d’altra mi pare di avere qualcosa di grande da esprimere. Voglio che tutto sia solo per Iddio, a costo di stritolare tutto il resto di me stesso. Fa, o mio Dio, che sia così!”.

Quale sia la sofferenza a cui Martini allude nessuno sa dirlo. Ciò che si conosce è l’umiltà del cardinale, che fin da piccolo ha come lettura preferita i Vangeli, i classici della teologia, fino ai diari del monaco trappista americano Merton che come Martini amava la ricerca di un dialogo con ogni uomo nel rispetto delle differenze di ciascuno. Molti dei diari di Merton riportano il suo interesse per una conoscenza maggiore del monachesimo buddista. Come lui anche Martini farà della conoscenza delle altre religioni un tratto decisivo del suo vivere. Lo stile di Martini ha molto in comune con la ricerca della voce di Dio nel ritiro che per Merton fu il deserto, per lui la città con le sue contraddizioni.

Quelli del religioso gesuita sono testi autografi che – 34 fra quaderni e agende – svelano pensieri estemporanei e che, proprio per il loro carattere confidenziale, se non contestualizzati rischiano di generare incomprensioni. Per questo, spiega Carlo Casalone – presidente della “Fondazione Carlo Maria Martini” e provinciale d’Italia della Compagnia quando il cardinale lasciò in eredità i suoi scritti ai gesuiti – “per diverso tempo non saranno consultabili: richiedono un lavoro di riordino e di analisi che solo mani esperte possono portare a termine”. I diari, trovati a Gallarate dove Martini ha trascorso i suoi ultimi anni di vita, richiederanno anche un delicato restauro, affidato al prestigioso laboratorio delle suore benedettine di Viboldone.

Furono recuperati da don Luigi Testore, esecutore testamentario del cardinale e attuale vescovo di Acqui, e da don Paolo Cortesi, dal 1983 al 1990 segretario personale di Martini. Molti quaderni hanno un titolo, dato loro direttamente da Martini e contengono pensieri con cadenza quasi giornaliera: annotazioni personali, spirituali, di studio, lavoro, appunti di viaggio e di ufficio, riflessioni sui vangeli o su personaggi biblici, impressioni su persone incontrate, fatti di attualità.

Martini utilizza più quaderni contemporaneamente, molti hanno al loro interno anche carte sciolte, costituite da appunti miscellanei autografi o di altra mano, ritagli stampa, immagini, corrispondenza e altri materiali. Attraverso il loro studio la Fondazione potrà sviscerare tratti non conosciuti di Martini. Già negli archivi, del resto, sono tanti i testi di fatto inediti che ancora necessitano della giusta collocazione storica. Fra i più interessanti gli scritti dedicati ai rapporti con le altre religioni, oggetto anche dell’ultimo volume dell’Opera omnia pubblicato da Bompiani, Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani.

Nelle Conversazioni notturne a Gerusalemme, Martini sostiene che Dio possa anche non essere tradizionalmente “cattolico”. Nei documenti già raccolti negli archivi e in gran parte disponibili sul sito della Fondazione (www.fondazionemartini.it) – 5044 testi, 323 servizi fotografici, 200 audio, 623 documenti donati, 51 videointerviste – Martini va a fondo del suo pensiero.

C’è la ricerca del confronto col buddismo. E le riflessioni sull’Islam che cerca di difendersi da tutte le infiltrazioni del metodo storico-critico, con la constatazione che quando tale difesa non sarà più possibile “vivrà una grossa crisi interna”. In una bozza dattiloscritta del 1989 e dedicata alla presenza e azione missionaria cristiana in India e nei paesi musulmani, Martini si chiede che senso abbia la presenza della Chiesa dove l’Islam è come “un muro” impenetrabile. “Se precisiamo che abbiamo come meta la loro conversione il dialogo è bruciato fin dall’inizio”, scrive.

Così in India, con gli induisti o dove si pratica il buddismo. Fra coloro che ritengono che sia legittimo cercare di far rientrare il più possibile le grandi masse nella Chiesa e coloro che invece, in scia ad Atti 1, ritengono che il mandato sia semplicemente quello di dare testimonianza a prescindere dalla conversione, Martini, come è suo stile, non risolve del tutto, non condanna i primi a favore dei secondi, anche se personalmente ammette di preferire il secondo approccio. È lo stile di Martini, uomo del dialogo senza fondamentalismi, a emergere in documenti che percorrono gran parte del Novecento fino alla morte avvenuta il 31 agosto del 2012, in un momento difficile per la Chiesa, un anno e mezzo prima le dimissioni di Benedetto XVI.

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2 risposte a PAOLO RODARI : Le confessioni del cardinale Martini — REPUBBLICA .ROBINSON — 20 FEBBRAIO 2021

  1. roberto rododendro scrive:

    Da non credente ho sempre amato Carlo Maria Martini per il suo essere “vero” e mi verrebbe da dire “per il suo essere anche uomo”.

  2. Donatella scrive:

    Concordo pienamente con quanto espresso da Roberto.

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