GORDON MATTA – CLARK ( New York, 1943 -1978 ) — artista architetto — — un primo contatto—

 

 

 

Ritratto di Gordon Matta-Clark per Hair, 1972

 

Gordon Roberto Echaurren Matta, noto come Gordon Matta-Clark (New York, 22 giugno 1943 – New York, 27 agosto 1978), è stato un artista e architetto statunitense.

 

Nato a New York da due artisti, Anne Clark, statunitense, e Roberto Matta, cileno, studiò architettura presso la Cornell University di Ithaca dal 1961 al 1966. Nel 1969 Matta Clark fu invitato da Willoughby Sharp all’esibizione Earth Art per aiutare gli artisti partecipanti nell’esecuzione delle loro opere. In seguito Sharp lo spinse a trasferirsi a New York e lo introdusse così nella scena artistica della Grande Mela.

 

Nei primi anni ’70, entrato a far parte del gruppo dell’Anarchitettura (fusione di anarchy e architecture coniata da lui e da amici come Laurie Anderson, Richard Nonas e Lucio Pozzi), incominciò a creare tagli, bucature e fratture all’interno di oggetti tridimensionali messi a disposizione da vari musei. Nel frattempo applicò gli stessi tagli a solai, muri e intere case, creando una riflessione sul concetto di riempimento e di svuotamento dello spazio in architettura. Nel 1971, in alcuni terreni in prossimità del ponte di Brooklyn, durante una sua performance artistica arrostì un maiale e ne distribuì la carne ai presenti.

Nello stesso anno aprì, con Carol Godden e Tina Girouard, Food, un ristorante gestito da artisti nel quartiere di SoHo, che diverrà un punto di riferimento per artisti e musicisti, tra cui Philip Glass. Nel 1973 Matta Clark abbandonò la gestione del ristorante.

 

Il 1974 fu l’anno di Bingo, mentre il 1975 vide la partecipazione dell’artista alla Biennale di Parigi, nella quale egli presentò Conical Intersect, producendo un foro conico all’interno di due edifici nel quartier des Halles, che saranno demoliti per la costruzione del Centro Georges Pompidou. Seguì una vivace attività artistica, che vide la nascita di City Slivers e Day’s End (1975).

 

Matta Clark morì a trentacinque anni il 27 agosto 1978 a causa di un tumore al pancreas.

 

Nel 1985 si tenne la prima retrospettiva dell’artista, organizzata dal Museum of Contemporary Art di Chicago e proseguita per tutto il mondo in numerosi musei tra i quali lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Kunsthalle di Basilea

 

da :

https://it.wikipedia.org/wiki/Gordon_Matta-Clark

 

 

 

 Vi presentiamo una panoramica, certamente parziale, di alcune delle opere di Matta Clark, le più significative forse all’interno della sua fertile e polimorfa produzione, sicuramente quelle che lo hanno reso a tutti gli effetti una personalità in ascesa nel mare magnum artistico e underground degli anni ’70.

Food (Cibo), 1972

Uno dei primi spazi collettivi sorti nel cuore di SoHo, concepito come un ristorante autogestito diviene ben presto il principale centro aggregativo del milieu artistico newyorkese. Il cibo diviene strumento coesivo di una comunità tramite performance estemporanee ed eventi.

1. Gordon Matta Clark in Food

Splitting (Dividere), 1974

Al centro dell’azione performativa vi è la tipica abitazione della provincia americana. Matta-Clark la taglia letteralmente in due creando una profonda, dissacrante cesura nel simbolo per eccellenza del concetto di unità familiare.

2. Splitting (Dividere)

Substrait (Underground Dailies) (Sottostrato – Quotidianità del sottosuolo), 1976 e Sous-Sols de Paris (Paris Underground) (Sottosuolo di Parigi), 1977

VIDEO, SPLITTING, 11 minuti

Si tratta di un percorso esplorativo di alcuni luoghi sotterranei di New York e Parigi, tra questi l’occhio dell’artista si sofferma con precisione meticolosa su catacombe, sezioni ferroviarie, condotti e caveau di alcuni edifici.

3. Sous-sol de Paris

Conical Intersect (Intersezione conica), 1975

Nel contesto della Biennale di Parigi del 1975 Matta-Clark concepì uno sventramento-congiungimento di due edifici contigui e gemelli del XVIII secolo in fase di demolizione per far posto all’allora nascente Centre Pompidou. Grazie alla sezione conica dei tagli con un solo colpo d’occhio lo spettatore accostava la visione della Parigi “storica” a quella della nuova e moderna metropoli.

4. Gordon Matta-Clark - Conical Intersect (1975)

Office Baroque (Ufficio barocco), 1977

Nonostante i numerosi tentativi di riconvertirlo in museo, l’edificio, ultimo lavoro esistente di Gordon Matta-Clark, fu abbattuto nel 1980. La “passeggiata attraverso un arabesco panoramico” come fu definita dall’artista stesso era forse un riferimento al dolore privato per la scomparsa del fratello gemello nel 1976.

5. Office baroque Gordon Matta-Clark

Molti dei progetti di Matta-Clark, quasi sempre monumentali e illecitamente rischiosi per artista e fruitori, riguardano l’inevitabile temporalità dell’architettura essendo effettivamente condotti su abitazioni in disuso in zone urbane marginali, destinate a essere distrutte. Gli interventi, tutti documentati dall’artista con fotografie, film e video, che vanno a costituire un corpus artistico a sé stante, rimangono le uniche testimonianze del suo lavoro. Gordon Matta-Clark muore nel 1978, la sua aurea mitica e a tratti eroica e la sua ascesa folgorante rimangono però intatte nel corso dei decenni, moltissimi sono infatti gli artisti contemporanei che ispirandosi fanno di lui un’icona, tra questi: Pierre Huyghe, Michael Sailstorfer, Hans Schabus, Helen Mirra o Francis Alÿs.

GORDON MATTA-CLARK

da::

Gordon Matta-Clark in cinque opere fondamentali

 

 

 

Gordon Matta-Clark, Apocalisse in Barocco | Andrea Cortellessa

 

 

 

Gordon Matta-Clark: Office Baroque- video, 6.47 minuti

 

 

«Il barocco è qualche cosa che è saltato in aria, che s’è sbriciolato in mille briciole: è una cosa nuova, rifatta con quelle briciole, che ritrova integrità, il vero».

Ho pensato a queste parole folgoranti di Giuseppe Ungaretti (verso la fine degli anni Sessanta dettate a commento della sua raccolta “barocca” anni Venti, Sentimento del Tempo), guardando lo splendido video che documenta una delle più stupefacenti opere di Gordon Matta-Clark, Office-Baroque.

«Un film-scultura», ha scritto Stefano Chiodi, che ci regala «una vertigine piranesiana»: facendoci precipitare in «nuove prospettive, impreviste, instabili, sorprendenti».

 

Il video, di una quarantina di minuti, era fra quelli proiettati alla bellissima mostra Collecting Matta-Clark. La raccolta Berg. Opere. Documenti. Ephemera (tenutasi per le cure di Harold Berg, Federico de Melis e Gianni Dessì all’Accademia di San Luca, a Roma, dal 14 dicembre 2018 al 25 febbraio 2019); ma è su You Tube: sicché tutti possiamo assistere alla preparazione meticolosa, all’esecuzione peritosa, e al «lirico» (secondo Nancy Spector) risultato finale di uno dei più spettacolari “tagli” fra quelli praticati da Matta-Clark in quei pazzi, calunniatissimi, fantastici anni Settanta.

 

Era l’estate del 1977 (l’anno dopo, il 27 agosto, un tumore fulminante al pancreas porrà fine, a soli 35 anni, alla sua traiettoria) quando, nell’ambito dei festeggiamenti per il quarto centenario della nascita di Rubens, il direttore dell’Internationaal Cultureel Centrum di Anversa, Florent Bex, invitò a realizzare un intervento in città il giovane artista di New York.

Lui prontamente sottopose al suo tipico “trattamento” un palazzo di cinque piani adibito a uffici, proprio di fronte a una delle viste più turistiche di Anversa, il castello di Steen. “Barocchi”, elegantemente fioriti quanto fastosamente ornamentali, erano risultati nell’occasione i suoi “tagli”, le sue ellittiche spirali e volute (ma non per questo, come documenta il video, meno faticosi e pericolosi da realizzare per l’artista e i suoi collaboratori).

Gordon Matta-Clark, Conical Intersect, Parigi 1975

 

 

Figlio d’arte (del celebre pittore surrealista cileno Robert Sebastian Matta Echaurren), due anni prima Matta-Clark aveva fatto rumore col suo Conical Intersect: spettacolare “taglio” che, nelle more dei lavori al nuovo e flamboyant museo d’arte contemporanea voluto da Georges Pompidou, aveva trapassato da parte a parte un seicentesco palazzo del Beaubourg destinato a venire abbattuto per massimizzare i profitti degli investitori immobiliari nell’area.

 

video dell’intervento a Parigi, 19 minuti ca

 

Era stato, quello presentato alla Biennale di Parigi, un intervento polemico: non tanto nei confronti di quella spregiudicata (e infatti chiacchieratissima) operazione architettonica, quanto della non meno spregiudicata prassi urbanistica che, allora come qualche decennio prima (i famigerati “sventramenti” nella Roma fascista dei tempi di Ungaretti…), non si peritava di demolire edifici vecchi di secoli in nome delle esigenze speculative del presente.

 

Gordon Matta-Clark, Office Baroque, 1977

 

 

 

 

Gordon Matta-Clark, Arc de triomphe for workers

(Sesto San Giovanni Project Photo)

La valenza anche politica dei “tagli” di Matta-Clark era dichiarata. In uno dei suoi ripetuti soggiorni in Italia, nel ’75, tenta di realizzare un “taglio” a Sesto San Giovanni, dove un gruppo di operai e di militanti di Lotta Continua avevano occupato una fabbrica abbandonata: in una lettera-progetto che intitola Arc de Triomphe for Workers, propone loro di «aprire brecce nei muri e pareti per comunicare un’idea di libero passaggio».

In una lunga intervista a Donald Wall, uscita nel ’76 su «Arts Magazine» (e riportata nel bel catalogo dell’Accademia di San Luca), spiega come in ogni sua opera vadano considerati almeno tre versanti. Da un lato, in senso appunto politico, «l’atto di smantellare un edificio è un gesto contro tanti aspetti delle odierne condizioni sociali»: «una reazione contro condizioni sempre meno sostenibili in termini di privacy, proprietà privata e isolamento» e, più alla radice, la messa in evidenza del «vuoto centrale», dell’«interstizio […] che divide l’io dal sistema capitalistico americano», «una schizofrenia di massa molto reale e attentamente nutrita in cui le nostre percezioni individuali vengono continuamente sovvertite dai mass media».

C’è poi l’aspetto metalinguistico, che mette in discussione l’«attitudine funzionalista» dell’architettura modernista (nel ’68 Matta-Clark si era laureato in Architettura alla Cornell University; e nel ’74 aveva fondato il gruppo Anarchitecture insieme, fra gli altri, a Richard Nonas e Laurie Anderson).

C’è infine, aggiunge, quello «che si potrebbe definire l’aspetto ermetico»: «un gesto interiore/personale che collega l’io microcosmico all’insieme».

 

 

Gordon Matta-Clark al lavoro

 

 

C’è qualcosa di struggente, nell’ironica consapevolezza di Matta-Clark che – proprio per i condizionamenti del sistema capitalistico immobiliare, prima di quello specificamente artistico – nulla, dei suoi lavori, sarebbe mai restato. Sempre a Wall dice che, se davvero un museo fosse interessato al suo lavoro, dovrebbe consentirgli di «tagliare l’edificio». Sue vere opere sono infatti gli edifici, e le azioni che li hanno modificati, non gli ephemera rappresentati da fotografie, video, pubblicazioni, disegni preparatori eccetera. I frammenti dei templi conservati nei musei, «anche se sono belle pietre, non sono l’Acropoli».

È dunque un paradosso squisito votarsi a collezionare questo artista votato alla «dispersione militante», come la definisce Federico de Melis intervistando il felice colpevole di questa perversione, Harold Berg: che, a partire dal 2006, le ha dedicato la propria esistenza.

Secondo lui le ultime opere di Matta-Clark risentono della tragedia consumatasi nel ’76: quando il fratello gemello Batan (al secolo John Sebastian), a sua volta disegnatore di talento ma affetto da gravi disturbi psichici, cadde da una finestra del loft newyorkese di Gordon mentre questi si era assentato per andare a comprare qualcosa da mangiare.

C’era sempre stato un aspetto circense, acrobatico, nelle “azioni” di Matta-Clark; impressionanti per esempio i passi di danza di Carol Goodden (allora moglie dell’artista, ballerina nella compagnia di Trisha Brown), sul vuoto di uno dei primi suoi “tagli”, ai Bronx Floors nel ’72 (da lui ripresi dal basso in alcune fotografie riprodotte in catalogo); ma verso la fine vi prevale in effetti una coloritura ermetica, per dirla con l’artista; e, si può aggiungere, “apocalittica”. Cioè, secondo etimo, rivelatoria: dei penetrali propri, oltre che di quelli architettonici.

 

 

Carol Goodden ai Bronx Floors, 1972

 

 

Sempre nel ’77, all’indomani della morte del fratello, Matta-Clark gli dedica Descending Steps for Batan. Un atto semplice quanto radicale e scopertamente rituale, psicanaliticamente esorcistico: l’artista scava un pozzo nel sottosuolo della galleria Yvon Lambert a Parigi (un museo che davvero, per una volta, gli consente in qualche modo di tagliarlo…), sino a raggiungere le fondamenta dell’edificio.

Come ha scritto Riccardo Venturi, Matta-Clark «nei sotterranei non cercava le fondamenta quanto il vuoto […], pensava le fondamenta come un vuoto e non come un pieno, non come una pietra sopra la quale poggia fisicamente una struttura». Certo, è il manque-à-être lacaniano, quello che Matta-Clark mette a nudo: il vuoto centrale, come lo chiama lui, del nostro modo di vivere.

 

Ma c’è pure, direi, un riferimento a un’idea, una matrice culturale che – volendo definirla con una sola parola – davvero si può chiamare con l’attributo da lui impiegato per definire il lavoro di Anversa. All’inaugurazione della mostra romana ho chiesto a Harold Berg il perché di quel Baroque nel titolo. Lui mi ha dato prima la risposta “ufficiale”, da studioso: il riferimento è all’originale occasione “rubensiana” e, più alla radice, alla passione di Matta-Clark per Borromini (ben comprensibile, data l’attitudine di questi all’architettura dentro l’architettura: che per inciso fa dell’Accademia di San Luca, collo scalone elicoidale da lui progettato, la sede ideale per l’omaggio al discepolo newyorkese).

Ammiccando aggiunge poi, però, una versione più personale: la parola baroque, in inglese e soprattutto in fiammingo, si pronuncia quasi esattamente come broke ( ” rotto ” ) .

All’indomani della morte prematura di Matta-Clark, Florent Bex si batté perché l’edificio da lui “tagliato” non venisse demolito; e che se ne facesse, invece, la sede del museo d’arte contemporanea della città. Niente da fare: nel 1980, al solito, le ruspe cancellarono per sempre Office-Baroque.

Sostiene Jane Crawford, la sua seconda moglie, che Matta-Clark non pensava al suo lavoro come mera distruzione: «preferiva concepirlo come un’apertura di nuovi spazi». In quest’ambivalenza «struttiva» (come Robert Musil sintetizzava, in una pagina dell’Uomo senza qualità, quella squisitamente novecentesca fra distruzione costruzione) c’è forse tutto il paradosso di un artista estremo, puro e assoluto – e tale proprio perché calato nelle apocalissi della storia collettiva e della biografia individuale. Per dirla col maestro di Ungaretti, Mallarmé, la distruzione, davvero, era stata la sua Beatrice.

Questo articolo è uscito sul numero 1-2 della rivista «La Foresta. Itinerari nell’arte contemporanea», nel febbraio del 2019

 

TESTO E FOTO DA: 

 

di ANDREA CORTELESSA, 11 FEBBRAIO 2021 

Gordon Matta-Clark, Apocalisse in Barocco

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