ANTONIA ASRLAM, curatrice della versione italiana di : ” KILLING ORDERS. I TELEGRAMMI DI TALAT PASHA E IL GENOCIDIO ARMENO- DI TANER AKCAM ( Akçam )- introduzione- Guerini e Associati, dicembre 2020 + altro

 

Avvenire

 

3 DICEMBRE 2020

 

https://www.avvenire.it/agora/pagine/genocidio-armeno-le-carte-che-inchiodano-i-turchi

 

 

 

Novecento. Genocidio armeno: ecco le carte che inchiodano i turchi

Antonia Arslan giovedì 3 dicembre 2020

Lo storico turco Taner Akçam prova l’autenticità dei telegrammi con i quali Talat Pasha organizzò la sistematica e feroce soppressione del “millet” cristiano

 

Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, sorvegliati da soldati turchi armati. Kharpert, Impero Ottomano, aprile 1915.

Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, sorvegliati da soldati turchi armati. Kharpert, Impero Ottomano, aprile 1915. – WikiCommons

 

 

 

 

 

“Le prove sperdute dello sterminio”, così il New York Times definisce i documenti decifrati e pubblicati da Taner Akçam, storico turco che ha pagato anche con la reclusione le sue ricerche sulla strage dei cristiani tra 1915 e 1922, in

 

 

Killing orders. I telegrammi di Talat Pasha e il genocidio armeno

 Taner Akçam

 

Traduttore: Vittorio Robiati Bendaud, Alice Zanzottera
Curatore: Antonia Arslan
Editore: Guerini e Associati
Collana: Frammenti di un discorso mediorientale
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 3 dicembre 2020
Pagine: 288 p.
25 EURO, PREZZO PIENO

 

I telegrammi di Talat Pasha, l’architetto del Metz Yeghern – il Grande Male -, qui tradotti per la prima volta in lingua italiana, non lasciano dubbi: quello patito dagli armeni fu un genocidio, il primo del XX secolo. Taner Akçam, coraggioso intellettuale e storico turco, rifugiatosi negli Stati Uniti per la sua lotta per la verità, ancora oggi insopportabile per il regime di Ankara, ha lavorato su preziosi ed eloquenti documenti originali inediti, restituendo con precisione al lettore, passo dopo passo, istruzione dopo istruzione, le varie fasi di preparazione, innesco e divampare dello sterminio. Una macchina della morte su ampia scala affidata alla carta e all’inchiostro, intrisa del sangue di oltre 1.500.000 vittime. L’Opera fondamentale di Akçam ci fa entrare nei meandri dell’organizzazione genocidaria e nella logica dei carnefici. Il negazionismo di Stato che cerca di giustificare, ridimensionare o del tutto misconoscere questo immenso buco nero della Storia, su cui affonda la nostra contemporaneità sia in Europa sia nel Medio Oriente, è qui messo definitivamente con le spalle al muro.

 

 

Killing Orders. I telegrammi di Talat Pasha e il Genocidio Armeno.

La versione italiana, pubblicata da Guerini e Associati (pagine 312, euro 25,00), è curata da Antonia Arslan, della quale pubblichiamo qui la prefazione

 

 

Ho conosciuto Taner parecchi anni fa, a St. Paul, in Minnesota. Avevo sentito parlare di lui come di un uomo coraggioso, uno studioso turco che aveva sfidato il suo governo sul tema del Genocidio Armeno, era stato in prigione ed era riuscito a evadere, e ora insegnava a Minneapolis, la città gemella aldilà del Mississippi. Ero curiosa ed emozionata di poterlo conoscere. Ci incontrammo durante un piccolo convegno sull’Armenia organizzato da una bravissima collega proprio a St. Paul: e subito mi affascinò il suo aspetto di gentiluomo orientale, così somigliante ai miei zii di Aleppo e Damasco, con la stessa aria di bonomia sorridente e perbene, un vestire dignitoso e belle cravatte.

Piccoletto di statura, affabile e garbato, ma con un cuore da leone e un’anima d’acciaio: tempra che ha dimostrato in tutti questi anni, sopportando con serena ironia le continue malevole attenzioni del governo turco e riuscendo a portare a termine quest’ultima opera, che lui stesso ha definito, parlando con me mentre mi scriveva una dedica sul suo libro appena uscito negli Stati Uniti, la pistola fumante degli studi sul Genocidio Armeno.

È questo un lavoro meticoloso e accuratissimo, che ha affrontato e risolto il problema di un gruppo di documenti fra i più discussi nell’immensa mole di materiali fino a oggi pubblicati sulla tragedia del 1915-1922, e cioè i famosi telegrammi di Talat Pasha e di alcuni alti esponenti dell’amministrazione ottomana che il funzionario turco Naim Efendi vendette alla fine della guerra ad Aram Andonian, uno dei pochissimi intellettuali armeni che era sopravvissuto, grazie a una serie di fortunate circostanze. Naim Efendi aveva anche scritto brevi note per accompagnare e spiegare i documenti, che più tardi Andonian – pubblicandoli – avrebbe chiamato “Memorie di Naim Bey”.

 

Il governo di Turchia, impegnato da subito in un’operazione di negazionismo a tutto campo, riuscì col tempo, con un paziente lavoro di disinformazione, a screditare questi testi particolarmente scottanti, sicché fino a oggi anche gli storici più favorevoli alla causa armena evitavano di occuparsene. Ma – come scrive Akçam con molta ironia – «la verità ha la cattiva abitudine di venir fuori, alla fine»: e questo suo libro è basato sull’eccezionale scoperta di un importantissimo archivio, ricco di prove che convalidano e sostengono l’autenticità dei materiali forniti da Andonian.

Si tratta di una massa di documentazione raccolta dal sacerdote cattolico padre Krikor Guerguerian, con l’intenzione di servirsene per un dottorato sul Genocidio Armeno.

Egli non arrivò mai a completarlo, ma riuscì a costituire un imponente archivio, che è stato messo a disposizione del professor Akçam dal nipote Edmund Guerguerian nel 2015 (e oggi è tutto online, aperto agli studiosi).

 

Nei primi due capitoli – costruiti con precisione chirurgica e con un inesorabile acume da detective – Akçam accompagna il lettore, passo dopo passo, nella puntuale dimostrazione dell’assoluta veridicità dei telegrammi, attraverso la verifica accuratissima delle modalità di cifratura e una serie di controlli incrociati sui linguaggi usati, sulle firme dei mittenti e perfino sul tipo di carta impiegata. La sua analisi attenta e completa affronta la complessità di queste preziose carte con intelligente e meticolosa acribia: e a me sembrava di vederlo in azione, con la lente di Sherlock Holmes in mano e la saggia pazienza orientale dello studioso che sta seguendo un complicato filo d’Arianna e deve stare attentissimo a non spezzarlo.

Tutte queste verifiche approdano alla scoperta che – grazie anche ai nuovi materiali che integrano clamorosamente quelli già conosciuti – i telegrammi sono tutti veri: costituiscono appunto la pistola fumante, la prova indiscussa delle intenzioni genocidarie del vertice dei Giovani Turchi, e – in particolare – dell’accanimento organizzato nello sterminio di Talat Pasha e dei collaboratori da lui scelti.

 

Nel terzo capitolo, gli eventi e i personaggi menzionati da Naim Efendi vengono messi a confronto con documenti ottomani contemporanei, verificandone la veridicità e organizzandoli in un discorso coerente, che il lettore segue con passione e un senso di angoscioso stupore.

Infine, le numerose appendici (i testi dei telegrammi e delle note di Naim Efendi e lettere estremamente significative finora sconosciute) portano altra legna al fuoco dell’indignazione e dello sgomento: ma quando arriva alla fine, oltre all’ammirazione per la sovrumana pazienza dello studioso–detective, anche l’onesto lettore si sente quasi un eroe, come se anche lui fosse partecipe di questa tardiva ma scintillante vittoria della verità.

 

 

Taner Akçam - Wikipedia

Taner Akçam, parlare di genocidio per il bene della Turchia / Turchia / aree / Home - Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa

 

Taner Akçam Lectures at USC - The Armenian Mirror-Spectator

 

 

 

Altuğ Taner Akçam (Ardahan, 23 ottobre 1953) è uno storico e sociologo turco. È stato uno dei primi accademici turchi a riconoscere e a discutere apertamente il genocidio armeno compiuto dal governo turco nel 1915.

Akçam ha studiato all’Università Tecnica del Medio Oriente di Ankara presso la facoltà di Scienze amministrative, dove nel 1976 si specializzò e intraprese immediatamente la carriera accademica.

Durante gli anni settanta, Akçam divenne un dirigente del gruppo militante Dev Yol e del suo periodico Devrimci Genclik Dergisi. Nel 1976 fu arrestato e condannato a dieci anni di prigionia per aver discusso pubblicamente del genocidio armeno, ma l’anno successivo fuggì di prigione e riparò nella Repubblica federale di Germania, dove gli venne riconosciuto asilo politico.

In Germania Akçam proseguì le sue attività politiche e nel 1988 iniziò a lavorare per l’Istituto di ricerche sociali di Amburgo sulla storia delle violenze e delle torture in Turchia. Conseguì il suo dottorato presso l’Università di Hannover nel 1995 con una tesi su Nazionalismo turco e genocidio armeno sulla base dei tribunali militari di Istanbul tra il 1919 e il 1922.

Attualmente Akçam è Visiting Associate Professor di Storia presso la University of Minnesota, USA.

 

 

 

Nazionalismo turco e genocidio armeno. Dall’Impero ottomano alla Repubblica (2004; trad. it. Guerini e Associati, Milano, 2006

 

Curatore: A. Arslan
Editore: Guerini e Associati
Anno edizione: 2005
In commercio dal: 2 febbraio 2006
Pagine: IV-283 p., Brossura
25 euro prezzo pieno

La Turchia è in pace con il proprio passato? Il sentimento nazionalistico nato con il crollo dell’impero, intrecciato al risentimento verso l’occidente che determinò tale crollo; il genocidio armeno dichiarato argomento tabù dai padri fondatori della Repubblica, gli stessi che furono responsabili della deportazione di massa e dei massacri degli armeni; la permanenza al potere dell’élite burocratico-militare ottomana nel passaggio dall’impero alla Repubblica; sono questi i principali nodi irrisolti, i fardelli storici che ostacolano il cammino politico del paese verso una democrazia fondata sulla libertà di pensiero, espressione e dissenso.

 

La voce della critica

Verosimilmente, il genocidio degli armeni in Turchia del 1915 non è la prima manifestazione del totalitarismo. I gulag sovietici e poi i lager nazisti sono fenomeni diversi da quello e vanno interpretati secondo parametri differenti. Tuttavia quel genocidio, come ricorda opportunamente Dario Fertilio, ha una relazione con lo sterminio dei kulaki o degli ebrei non solo perché altrettanto agghiacciante, ma anche perché accompagna la nascita della nazione turca all’indomani della dissoluzione dell’impero ottomano. Come se la creazione del nuovo stato autoritario necessitasse di una contestuale purificazione attraverso una spietata pulizia etnica. Tale fatto è ancora più significativo se si pensa che in Turchia il genocidio armeno è stato a lungo negato o minimizzato. Questo libro, opera di uno studioso in esilio, è una delle prime analisi del fenomeno compiute da un cittadino turco. Un carattere pionieristico di cui il volume risente, perché la ricostruzione è accompagnata da una sorta di esame di coscienza, e l’analisi storica in senso proprio convive con una sorta di bilancio della rimozione, una sorta di psicoanalisi della nazione. Di sicuro, la discussione sul genocidio degli armeni è un banco di prova per la Turchia che da stato amministrativo, ammodernato negli apparati burocratici, vuole fare un passo decisivo verso una democrazia stabile, diventando un paese in grado di discutere serenamente del proprio passato. Un paese capace non solo di garantire i diritti, ma di assicurare loro il necessario retroterra etico-civile. A questo faticoso e ancora incompiuto processo il libro di Akçam porta un contributo assai utile.

Maurizio Griffo

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  1. i. scrive:

    Che senso ha, da parte della Turchia, negare ancora qualcosa che è storicamente provato?

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