Giovanni Battista Pergolesi “Stabat Mater”(1736) –42 minuti ca

 

Margaret Marshall (soprano)

Lucia Valentini Terrani (contralto)

Leslie Pearson (organ)

London Symohony Orchestra Claudio Abbado (conductor)

Recorded in 1985

 

 

00:00 “Stabat Mater Dolorosa”
04:39 “Cujus animam gementem”
07:47 “O quam tristis et afflicta”
10:22 “Quae moerebat et dolebat”
13:12 “Quis est homo”—”Pro peccatis suae gentis…”
16:14 “Vidit suum dulcem natum”
19:48 “Eja mater fons amoris”
22:42 “Fac ut ardeat cor meum”
25:23 “Sancta mater, istud agas”
31:22 “Fac ut portem Christi mortem”
35:06 “Inflammatus et accensus”
37:57 “Quando corpus morietur” —”Amen…”

 

 

 

 

Credit: De Agostini/Getty Images/DEA / A. DAGLI ORTI

Giovanni Battista Draghi detto Pergolesi (Jesi, 4 gennaio 1710 – Pozzuoli, 16 marzo 1736) è stato un compositore, organista e violinista italiano di opere e musica sacra dell’epoca barocca, tra i massimi rappresentanti della scuola musicale napoletana, principalmente nel campo dell’opera buffa.

 

Lo Stabat Mater ( 1736 )

In tutta la sua breve carriera, parallelamente all’attività operistica, Pergolesi fu un fecondo autore di musica sacra, ma è solo nei suoi ultimi mesi di vita che compose quelli che sono considerati il suo lascito più importante in questo ambito: si tratta del Salve Regina del 1736 e del coevo Stabat Mater per orchestra d’archi, soprano e contralto, che la tradizione vuole sia stato completato il giorno stesso della sua morte.

Se questo aneddoto sia verosimile o si tratti di un ulteriore ricamo romantico fiorito attorno alla figura del Pergolesi è di secondaria importanza. È invece certa, come si rileva nello studio dell’autografo, una grande fretta di scrivere, confermata da numerosi errori, parti di viole mancanti o soltanto abbozzate, e più in generale un certo disordine tipico di chi ha poco tempo davanti a sé. Tanto che in calce all’ultima pagina dello spartito scrisse di suo pugno “Finis Laus Deo”, quasi a mostrare il sollievo per aver avuto “il tempo necessario per concludere l’opera”.[7]

È da notare il fatto che questa composizione fosse commissionata dai Cavalieri della Vergine dei dolori della Confraternita di San Luigi al Palazzo per sostituire lo Stabat Mater di Alessandro Scarlatti, che veniva tradizionalmente eseguito nel periodo quaresimale: che una composizione del celebre Alessandro Scarlatti, datata 1724, fosse sostituita è indicativo della rapida evoluzione del gusto musicale nella Napoli settecentesca e di come composizioni di pochi anni più antiche fossero considerate di stile arcaico rispetto allo stile proposto da musicisti come Pergolesi.

È infine da ricordare come la musica dello Stabat Mater pergolesiano sia da sempre straordinariamente apprezzata, tanto che Johann Sebastian Bach la utilizzò per farne una parafrasi (modificando la parte della viola ed aggiungendovi l’uso di un coro), nel suo Tilge, Höchster, meine Sünden (BWV 1083) che usa come testo una versione tedesca del salmo 51.

La parabola artistica di Pergolesi, afflitto fin dall’infanzia da seri problemi di salute – si ritiene fosse affetto da spina bifida o da poliomielite,[8][9] come mostra la caricatura di Ghezzi che lo raffigura con la gamba sinistra più corta e sottile della destra – si compì in appena cinque anni. Morì di tubercolosi a soli 26 anni, nel 1736, nel convento dei cappuccini di Pozzuoli. Fu sepolto nella fossa comune della cattedrale di San Procolo.

 

da :

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Pergolesi#Lo_Stabat_Mater_e_la_morte_(1736)

 

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