CESARE DE SETA, Cultura del ricordo dagli Egizi all’Egizio di Torino – IL MANIFESTO DEL 12 SETTEMBRE 2021 + altro

 

 

 

IL MANIFESTO DEL 12 SETTEMBRE 2021

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Cultura del ricordo dagli Egizi all’Egizio di Torino

 

Evelina Christillin e Christian Greco, “Le memorie del futuro Musei e ricerca”, Einaudi. Il saggio ragiona sul ruolo del museo fra, bergsonianamente, “materia” e “memoria”: riconnettere gli oggetti all’intero per proiettarli nel futuro

L'ala nuova del Museo Egizio di TorinoL’ala nuova del Museo Egizio di Torino

 

Cesare de Seta

EDIZIONE DEL 12.09.2021

PUBBLICATO12.9.2021, 0:10

AGGIORNATO10.9.2021, 13:55

 

Qual è lo stato dei musei, cosa essi sono, come nel tempo che si misura in secoli si sono evoluti, qual è la loro funzione nella società del nostro tempo e quale il loro ruolo nella formazione nostra, dei nostri figli e dei nostri nipoti?

 

 

 

Le memorie del futuro. Musei e ricerca - Evelina Christillin,Christian Greco - copertina

 

 

Sono tutti o molti degli interrogativi di Evelina Christillin e Christian Greco ne Le

memorie del futuro Musei e ricerca (Einaudi «Vele», 2021, pp. 144, € 12,00).

 

Match Point Christillin “I retroscena di 3 anni di Enit” | TTG Italia

Evelina Christillin ( Torino, 1955 )

 

 

 

Christian Greco - TEDx Torino

Christian Greco ( Arzignano, Vicenza, 1975 )

 

Mappa MICHELIN Arzignano - Pinatina di Arzignano ViaMichelin

 

 

La prima è presidente del Museo Egizio di Torino, il secondo ne è il direttore.

Il saggio dipana questa matassa con grande attenzione e sistematicità. Si articola in cinque capitoli: La memoria, La storia, Il presente, Gli oggetti, Il futuro prossimo. Si parte da lontano: dall’antico Egitto, non solo per le vaste necropoli con grandiosi monumenti funebri, ma perché queste testimonianze hanno un ruolo centrale nell’etica religiosa di quella civiltà e devono guidare l’esistenza quotidiana di ciascun uomo già prima della morte verso la vita ultraterrena. Il legame con i defunti è generato dal ricordo e la comunità riafferma la propria identità.

 

 

Henry Bergson, in Materia e memoria, fu tra i primi a interessarsi con sagacia della cultura del ricordo, e ogni reperto, monumento, archivio, biblioteca, museo è la via per recepire un passato che è sempre volto al futuro.

Nel primo decennio dell’Ottocento i musei del mondo erano circa trenta, poi nel corso del secolo si affermarono come parte essenziale della cultura e della società del tempo. Oggi sono oltre sessantamila e di qualunque natura che non è semplice elencare; con la conquista della realtà virtuale c’è il museo senza opere, questo genera una crisi profonda perché mancano gli «oggetti». Ma in un tempo in cui i musei chiudono a causa del Covid è pure utile il museo virtuale. Ma non bisogna cadere nella trappola del virtuale, che ci fa perdere il contatto fisico con le tracce del passato.

Passiamo alla nascita nell’età moderna dell’istituzione museo: gli autori parlano del recupero del passato non solo in Egitto, ma nell’Antichità classica, nel Medioevo con il cristianesimo, nel Rinascimento con l’Umanesimo.

In quest’ultimo contesto culturale Paolo Giovio, intorno al 1540 a Como, riunì una collezione di ritratti a cui diede, impropriamente, il nome erudito di «museo».

Nel 1471 papa Sisto IV donò al popolo romano antiche statue pagane in bronzo che erano riposte al Laterano, e fondò così il Museo Capitolino, il primo museo pubblico dell’età moderna. Ad esso seguono gli studioli di Signori, come quello di Cosimo dei Medici e dei suoi eredi, da cui nacquero gli Uffizi di Firenze, inaugurato nel 1581.

Ma è ancora un papa, Clemente XII, a ribadire nel 1734 il ruolo assunto dai Musei Capitolini con il suo predecessore Sisto IV circa due secoli e mezzo prima. Nel 1772 il papato aprì le sue collezioni a ogni cittadino dell’Urbe e di tutto il mondo, e nacquero così i Musei Vaticani. Lo scopo e il pubblico sono vettori essenziali di ogni museo, la parola museo indica «il tempio delle Muse» e rimanda al Museion di Alessandra d’Egitto, che nulla ha a che fare con quello che nella modernità intendiamo come museo.

nota: Il Museo (museion in greco, musaeum in latino) eretto ad Alessandria d’Egitto per iniziativa di Tolomeo I, era un edificio dedicato alle Muse, ossia alle figlie di Zeus. Luogo d’incontro tra dotti e anche di insegnamento, rappresentò per secoli la massima istituzione culturale del mondo ellenistico.

 

 

Ashmolean Museum – Museum Review | Condé Nast Traveler

ASHMOLEAN – OXFORD

 

Alcuni musei in senso proprio ebbero in esordio una funzione prevalentemente privata: è il caso, nel 1683, dell’Ashmolean 1683 di Oxford, proprietà di una università prestigiosa.

Non fu invece privato lo splendido Statuario pubblico di Venezia, donazione della famiglia Grimani a metà Cinquecento.

 

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE IN PIAZZA SAN MARCO A VENEZIA

 

 

Dopo 163 giorni di chiusura per il coronavirus riapre oggi il British Museum - Londra, Italia

BRITISH MUSEUM DI LONDRA

 

 

Circa un secolo dopo l’Ashmolean, nel 1753, nacque il British Museum di Londra. Nel corso del Settecento, con l’età dei Lumi e la rivoluzione francese, si apre un processo che farà sì che le collezione reali dei sovrani di Ancien Régime, già al Palais du Luxembourg, poi al Palais du Louvre, si aprano al pubblico: succede nel 1793.

 

 

Museo del Louvre: suggerimenti per una visita indimenticabile

LOUVRE A PARIGI

 

 

 

Frasi di Vivant Denon (14 frasi) | Citazioni e frasi celebri

DOMINIQUE VIVANT DENON ( Chalons sur-Saone, 1747 -Parigi, 1825 )

 

Ribattezzato Musée Napoléon, il Louvre ebbe come primo direttore, e di fatto fondatore, uno straordinario personaggio come Dominique Vivant Denon, che dall’Egitto aveva portato in Francia, al seguito delle campagne napoleoniche, immensi tesori, e organizzò le collezioni secondo metodi che possiamo dire «moderni», in modo che gli oggetti fossero esposti cronologicamente e per ambiti geografici comprensibili al pubblico a cui erano destinati. Questa la specifica funzione sociale e culturale di ogni museo.

Christillin e Greco insistono sulla necessità di riconnettere gli oggetti alla società, farne comprendere la valenza ponendo con forza al centro l’attività di ricerca. È questa che consente di fare del museo una memoria vivente, un teatro del mondo, dove le diverse visioni del passato incontrano il futuro. Come si diceva, l’Ottocento fu secolo propizio per i musei:

 

 

Museo del Prado 2016 (25185969599).jpg

MUSEO DEL PRADO A MADRID

 

La National Gallery di Londra e il suo fitto programma di intrattenimento artistico online - ArtsLife

NATIONAL GALLERY DI LONDRA

 

 

 

File:Altes Museum, Berlin-Mitte, 170117, ako.jpg

ALTES MUSEUM A BERLINO

 

 

 

Glyptothek Munich.jpg

GLYPTOTEK A MONACO

 

In diretta streaming la visita guidata all' Ermitage di San Pietroburgo | Hidalgo

HERMITAGE A PIETROBURGO

Hidalgo Arte

 

 

nel 1819 si inaugura il Prado a Madrid, nel 1824 la National Gallery a Londra, nel 1830 l’Altes Museum a Berlino e la Glyptothek a Monaco, nel 1852 l’Ermitage a San Pietroburgo.

 

 

Museo Egizio – Ideazione Srl

Ma conviene ricordare che al 1824 risale anche la fondazione del Museo Egizio di Torino.

 

 

Gli autori del libro affrontano anche il tema assai delicato della restituzione di reperti trafugati dai grandi paesi coloniali: Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania, ma pure da quelli piccoli come l’Italia. Il presidente Macron ha dato il buon esempio decidendo di restituire i reperti dell’Africa subsahariana: fa parte di una deontologia che dovrebbero rispettare tutti i paesi e i musei del mondo.

L’Italia, che visse quello che Gaetano Salvemini chiamò icasticamente «l’imperialismo degli straccioni», ha reso ad Albania, Libia ed Etiopia molte sculture che provenivano da questi paesi.

Fa bene però l’Humboldt Forum di Berlino nel sostenere l’eccezionale unitarietà delle sue collezioni etnologiche. Su questo terreno, che è anche politico e diplomatico, non ha molto senso la richiesta della Grecia di riavere dal British Museum i marmi del Partenone, pur giunti lì dopo un acquisto fantomatico di Lord Elgin, che li ottenne dall’autorità ottomana.

E l’Italia dovrebbe rendere gli obelischi egizi disseminati per Roma dal tempo dell’impero romano? Sarebbe un’assurda girandola, perché ogni città, ogni museo possiede reperti provenienti per una ragione o per l’altra da altri paesi.

La seconda parte del volume è dedicata a scandagliare la culturale materiale, la biografia degli oggetti e il loro aspetto cognitivo cioè la ricerca. Perché è la nostra conoscenza del passato che va rimotivata, per mostrare la sua funzione innovativa mediante «la sua più profonda e raffinata forma di ascolto, la ricerca». Vien da pensare che queste pagine possono considerarsi un’addenda preziosa a quel capo d’opera che è il saggio di Adriano Prosperi Un tempo senza storia. La distruzione del passato, Einaudi 2021.

 

 

 

Un tempo senza storia. La distruzione del passato - Adriano Prosperi - copertina

Un tempo senza storia. La distruzione del passato

di Adriano Prosperi (Autore)

Einaudi, 2021

 

 

«Si moltiplicano i segnali d’allarme sulla perdita di memoria collettiva e di ignoranza della nostra storia. Nella realtà italiana di oggi c’è un passato che sembra dimenticato. E il peso dell’oblio è qui forse piú forte che altrove. Ma che cosa significa liberarsi dal peso del passato?»

«Per squarciare le nebbie all’orizzonte, soprattutto nella pandemia mondiale, occorre ricostruire il ponte tra vivi e morti. Prosperi vi contribuisce con un libro indignato, stimolante e molto dotto» – Simonetta Fiori, Robinson

Questo libro è, al medesimo tempo, un’apologia della storia e uno sguardo preoccupato sulla società dell’oblio in cui viviamo. Una società dove la storia, come disciplina, è vituperata e marginalizzata. E dove dimenticare il passato è un fenomeno connesso alla scomparsa del futuro nella prospettiva delle nuove generazioni, mentre le rinascenti mitologie nazistoidi si legano all’odio nei confronti di chi viene «da fuori». E tuttavia l’offuscarsi della coscienza e della conoscenza storica sembra passare quasi inavvertito. Per cercare di capire come siamo arrivati a questo punto, e per superare questa indifferenza sul tema, Adriano Prosperi propone qui una riflessione sul ruolo della memoria e della storia nella nostra tradizione.

 

 

 

Libri di Adriano Prosperi

Adriano Prosperi, nato nel 1939, si è formato presso l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore, dove, negli stessi anni di Carlo Ginzburg e di Adriano Sofri, è stato allievo di Armando Saitta e Delio Cantimori. Ha insegnato Storia moderna presso l’Università della Calabria, l’Università di Bologna, l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore. È membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. I suoi principali interessi di studio hanno riguardato la storia dell’Inquisizione romana, la storia dei movimenti ereticali nell’Italia del Cinquecento, la storia delle culture e delle mentalità tra Medioevo ed età moderna. Ha scritto per le pagine culturali del «Corriere della Sera» e de «Il Sole 24 Ore», occupandosi per lo più di recensioni di libri, ha collaborato con «La Repubblica».

Tra le sue opere ricordiamo:

Penitenza e Riforma (1995), Storia moderna e contemporanea (Einaudi, 2000), Delitto e perdono (Einaudi, 2013), La vocazione (Einaudi, 2016) e Un volgo disperso (Einaudi, 2019). La sua opera più nota è stata Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (Einaudi, 1996),

 

 

Tremare e umano. Una breve storia della paura - Adriano Prosperi - copertina

Tremare e umano. Una breve storia della paura

di Adriano Prosperi (Autore)

I Solferini, 2021

 

Avere paura è un grande destino umano. I tempi difficili in cui siamo immersi ne sono segnati e questo sentimento rischia di immobilizzarci, come animali di fronte a un pericolo. Ma forse è possibile guardarlo con altri occhi.

In queste pagine colte e appassionate, Adriano Prosperi ci accompagna a incontrare le paure dell’uomo, ci racconta le epoche di pestilenza e ci ricorda la potenza di un’iconografia del peccato e del Male che informa e percorre le costruzioni intellettuali attraverso cui comprendiamo la vita. E assieme al passato ci spiega il presente, mettendo a nudo il cuore antico della nostra modernità globalizzata, in un’analisi sferzante di ciò che davvero abbiamo da temere: un orizzonte di disparità economica, saccheggio ambientale e impoverimento culturale. Questo è il vero flagello, su questo orizzonte compariranno – o sono già comparsi – i nuovi cavalieri dell’Apocalisse. La pestilenza ha portato alla luce, come in ogni tempo, complottismi popolari e strategie dei potenti, attacchi ai medici e processioni penitenziali, pozioni miracolose e capri espiatori. Ma occorre guardare oltre. E riconoscere la paura nel suo aspetto più nascosto di forma di dominio, peste delle menti per cui esiste un solo rimedio, pietra filosofale ricercata nei secoli dalla scienza come dall’arte: la conoscenza. L’arma con cui possiamo affrontare un sentimento che ci appartiene e che, se riusciamo a dominarlo, può renderci più forti.

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1 risposta a CESARE DE SETA, Cultura del ricordo dagli Egizi all’Egizio di Torino – IL MANIFESTO DEL 12 SETTEMBRE 2021 + altro

  1. ueue scrive:

    Musei e ricerca: penso che queste due entità siano inscindibili.

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