«Van Gogh non si suicidò, ma fu ucciso per errore» –STUDIO DI DUE STORICI DELL’ARTE — CORRIERE.IT / CULTURA — 11 OTTOBRE 2017 – + SCIENZA.FANPAGE.IT — 17 OTTOBRE 2011 +++ Wikipedia, La morte di Vincent van Gogh

 

 

 

CORRIERE.IT / CULTURA — 11 OTTOBRE 2017 –

https://www.corriere.it/cultura/11_ottobre_17/van-gogh-morte_85377a2a-f8aa-11e0-a70e-53be2c0ab142.shtml

 

 

 

STUDIO DI DUE STORICI DELL’ARTE AMERICANI

«Van Gogh non si suicidò, ma fu ucciso per errore»

Una biografia svela nuovi dettagli sulla morte del pittore: «Colpito da un proiettile sparato da un sedicenne»

 

 

L'autoritratto di Van Gogh
L’autoritratto di Van Gogh
AUTORITRATTO DI VAN GOGH CON UN CAPPELLO DI FELTRO GRIGIO, 1887
FRANCESCO TORTORA 

MILANO –

Le cronache narrano che morì la notte del 29 luglio del 1890, all’età di 37 anni a Auvers-sur-Oise, dopo essersi sparato un colpo di pistola al petto il pomeriggio di due giorni prima. Ma la tesi del suicidio di Vincent Van Gogh, uno dei più grandi pittori della storia, è messa in discussione da una nuova biografia intitolata Van Gogh: The Life di Steven Naifeh e Gregory Smith, due storici dell’arte americana già vincitori del premio Pulitzer per l’opera  su Jackson Pollock: An American Saga. In un breve capitolo, alla fine di questa monumentale opera (più di 900 pagine, in uscita in Inghilterra martedì prossimo), i due studiosi affermano che Van Gogh sarebbe stato ucciso dal sedicenne René Secrétan, cui sarebbe partito per errore un colpo da una pistola malfunzionante.

 

 

LA DINAMICA – I due autori hanno studiato nei dettagli la vita e l’arte di Van Gogh per dieci anni e hanno condiviso le loro ricerche con 20 collaboratori. Sebbene nelle pagine dedicate alla morte del pittore premettano che «nessuno sa realmente cosa successe» e che non ci sono prove inconfutabili per dimostrare questa tesi, affermano che il colpo fatale probabilmente fu esploso dal giocave Secrétan, sedicenne al quale piaceva vestirsi da cowboy e sparare agli animali. Il pomeriggio del 27 luglio, in compagnia di suo fratello, il giovane avrebbe premuto per sbaglio il grilletto e colpito l’artista che vagava nei campi. Van Gogh – scrivono gli autori – non denunciò i ragazzi perché vide la morte come un sollievo (viveva uno stadio di crisi e depressione da anni) e non voleva che i due fossero condannati a vita per avergli fatto un piacere:

«Era chiaro che non fosse andato nei campi per uccidersi – ha dichiarato alla Bbc Steven Naifeh, uno dei due biografi -. A differenza della verità ufficiale, le persone che lo conoscevano hanno sempre saputo che l’artista era stato ucciso accidentalmente da una coppia di ragazzi e che ha deciso di proteggerli prendendosi la loro colpa».

 

INDIZI IMPORTANTI 

 

La tesi della morte in seguito a un colpo di pistola partito accidentalmente sarebbe stata scoperta per la prima volta dal famoso storico dell’arte tedesco John Rewald che visitò Auvers negli anni 30 del secolo scorso. Negli ultimi anni Steven Naifeh e Gregory Smith hanno trovato importanti dettagli che avvalorano questa ipotesi. Ad esempio il proiettile che avrebbe ucciso Van Gogh sarebbe entrato nell’addome dell’artista da un’angolazione obliqua, non da una angolazione dritta come ci si aspetterebbe se il pittore si fosse suicidato. Inoltre – scrivono gli autori – questi due ragazzi erano noti per andare a bere a quell’ora assieme a Van Gogh: «Abbiamo una coppia di teenager che hanno una pistola malfunzionante – dichiara l’autore Steven Naifeh -. E tre persone che probabilmente avevano bevuto troppo. L’omicidio accidentale è molto più probabile».

Nell’opera non mancano altre rivelazioni interessanti.

Secondo i due autori la famiglia dell’artista cercò di rinchiudere Van Gogh in un manicomio molto tempo prima che lui decidesse di andarci di sua spontanea volontà. Inoltre Van Gogh avrebbe avuto un rapporto tanto conflittuale con suo padre, un pastore protestante, che alcuni membri della sua famiglia lo accusarono di averlo ucciso. Infine – concludono i biografi – l’angoscia di Van Gogh, un mix di mania e depressione, derivava da una singolare forma di epilessia che affiggeva l’artista.

 

 

 

SCIENZA.FANPAGE.IT —

17 OTTOBRE 2011

https://scienze.fanpage.it/vincent-van-gogh-fu-assassinato

 

Vincent Van Gogh fu assassinato?

Pubblicata in Gran Bretagna l’ultima biografia del pittore olandese in cui i due autori sostengono che Vincent Van Gogh non si sarebbe suicidato.

 

A cura di Nadia Vitali0

 

 

 

 

Steven Naifeh e Gregory White Smith hanno già meritato nel 1991 l’onore del premio Pulitzer grazie alla biografia del pittore statunitense Jackson Pollock; questa volta, il lavoro con cui si sono cimentati è la ricostruzione della vita di un’anima tormentata, di un talento geniale ed irripetibile, di un’esistenza troppo breve, segnata, quasi come se si trattasse di una condanna del destino, dall’arte e dalla follia più sregolata.

Van Gogh- The Life nasce dalle minuziose ricerche durate dieci anni dei due scrittori, durante i quali i giorni dell’artista sono stati scandagliati in ogni dettaglio, restituendo il ritratto di un uomo molto più instabile, controverso, infelice, promiscuo di quanto già precedentemente sostenuto; ma anche di una persona assai di frequente volgare, aggressiva, dedita all’alcol e con dei rapporti difficili, proprio a causa di questo suo carattere, con i familiari, con i propri amici, con gli altri artisti, come Henry de Toulouse-Lautrec e Georges Seurat.

Ma quello che farà discutere maggiormente, delle oltre 900 pagine di questo libro, riguarda la morte del pittore olandese: gli autori, pur premettendo l’impossibilità di sapere cosa accadde in quel 27 luglio del 1890 ad Auvers-sur-Oise, quando Vincent Van Gogh rientrò nell’albergo Ravoux in cui viveva dopo una passeggiata in quelle campagne dove dipingeva le sue opere, ritengono, infatti, di poter affermare a buon diritto che, contrariamente a quanto ampiamente accettato, l’artista non si sarebbe suicidato.

 

Le numerose incongruenze relative al racconto delle sue ultime ore di vita hanno spinto Naifeh e Smith a ricostruire un’ipotesi diversa da quella condivisa fino ad ora: Van Gogh giaceva disteso sul proprio letto quando, non vedendolo arrivare per pranzo, salirono nella sua camera ad accertarsi delle sue condizioni; egli sostenne di aver provato a suicidarsi, sparandosi in un campo. Un campo, tuttavia, troppo lontano dall’albergo, sostengono i due autori; c’era poi la dichiarazione di un uomo che sosteneva di aver sentito uno sparo in una zona ben più vicina di quella indicata dal pittore. Anche il medico, che si occupò di quelle sue ultime ore di vita, prima del decesso per soffocamento, sostenne che quel proiettile penetrato nel ventre, in verità, sembrava esploso ad una certa distanza dal suo corpo.

Infine la testimonianza di un uomo su un giornale francese che, anni dopo, raccontava di essere stato adolescente quando Van Gogh viveva ad Auvers. Assieme al fratello, il ragazzo bersagliava costantemente con scherzi, scherno e derisione quest’uomo solo e folle; fu lui che impugnò l’arma che uccise a 37 anni il pittore; a quel giovane piaceva vestirsi da cow boy e sparare agli animali della campagna con una vecchia pistola mal funzionante, dalla quale quel giorno partì un colpo accidentalmente.

Eppure, come mai nelle ore della sua straziante agonia, Van Gogh non denunciò i propri assassini? Per non rovinare la vita a due fanciulli, giacché si trattò di un incidente, forse; ma, soprattutto, sostengono gli autori, perché in realtà per la sua anima la morte fu una liberazione: da un’esistenza sofferta, dalla povertà che avanzando lo minacciava, dalla sua diversità che ha donato tanta arte al mondo e tanto dolore a lui stesso, «un favore» come sostengono i due autori, per una follia che forse stava diventando un peso insopportabile.

 

 

SEGUE

da wikipedia :

Morte di Vincent van Gogh

https://it.wikipedia.org/wiki/Morte_di_Vincent_van_Gogh

 

 

 

 

Polemica sulla biografia di Naifeh e Smith

Nel 2011, gli autori Steven Naifeh e Gregory White Smith hanno pubblicato una biografia, Van Gogh: The Life, in cui hanno sfidato il racconto convenzionale della morte dell’artista. Nel libro, Naifeh e Smith sostengono che era improbabile che Van Gogh si fosse suicidato, notando la disposizione ottimista dei dipinti che aveva creato immediatamente prima della sua morte; inoltre, nella corrispondenza privata, van Gogh ha sempre descritto il suicidio come peccaminoso e immorale. Gli autori si chiedono anche come Van Gogh avrebbe potuto percorrere la distanza di circa 2 km tra il campo di grano e la locanda dopo aver subito la ferita mortale allo stomaco, come avrebbe potuto ottenere una pistola nonostante i suoi noti problemi di salute mentale, e perché gli attrezzi per la pittura di van Gogh non siano mai stati trovati dalla polizia.

Naifeh e Smith svilupparono un’ipotesi alternativa in cui van Gogh non si suicidò, ma piuttosto fu una possibile vittima di omicidio colposo accidentale o gioco disgustoso.  Naifeh e Smith sottolineano che il proiettile è entrato nell’addome di Van Gogh in un angolo obliquo, non dritto come ci si potrebbe aspettare da un suicidio. Sostengono che van Gogh conosceva i ragazzi che avrebbero potuto sparargli, Gaston e Reneé Secretan, uno dei quali aveva l’abitudine di indossare un completo da cowboy, e che era andato a bere con loro. Naifeh ha detto: “Quindi, hai un paio di adolescenti che hanno una pistola malfunzionante, hai un ragazzo a cui piace giocare a cowboy, probabilmente hai tre persone che hanno bevuto troppo”. Naifeh concluse che “l’omicidio accidentale” era “molto più probabile”.  Gli autori sostengono che lo storico dell’arte John Rewald visitò Auvers negli anni ’30 e registrò la versione degli eventi che è ampiamente creduta. Gli autori postulano che, dopo essere stato ferito a morte, Van Gogh accolse con favore la morte e credette che i ragazzi gli avessero fatto un favore; quindi, la sua affermazione sul letto di morte ampiamente citata: “Non accuso nessuno… sono io che volevo uccidermi.”

Il 16 ottobre 2011, un episodio della rivista TV 60 Minutes ha trasmesso un rapporto che esplora la contesa della biografia di Naifeh e Smith. Un certo credito è stato dato alla teoria dagli esperti di Van Gogh, che citano un’intervista con l’uomo d’affari francese René Secrétan registrata nel 1956, in cui egli ha ammesso di tormentare (ma in realtà di non aver sparato) l’artista. Tuttavia, questo nuovo resoconto biografico è stato accolto con un certo scetticismo.

Anche lo scettico Joe Nickell non era convinto e offriva spiegazioni alternative.  Nel numero di luglio 2013 della rivista Burlington,  due degli specialisti della ricerca del Museo Van Gogh di Amsterdam, Louis van Tilborgh e Teio Meedendorp, presentano una teoria secondo cui al momento della sua morte, Van Gogh era in stato di difficoltà, sia personale (mentalmente e fisicamente), che con i rapporti con suo fratello Theo, e dunque probabile candidato al suicidio. Presentano anche spiegazioni alternative alle teorie presentate da Naifeh e Smith.

Nel 2014, su richiesta di Smith e Naifeh, l’esperto di pistole Dr. Vincent Di Maio ha esaminato le prove forensi riguardanti le riprese di Van Gogh. Di Maio notò che per spararsi all’addome sinistro Van Gogh avrebbe dovuto tenere la pistola in un angolo molto imbarazzante, e che ci sarebbero state bruciature di polvere nera sulle sue mani e altri segni sulla pelle intorno alla ferita, nessuno dei quali è notato nel rapporto contemporaneo. Il dott. Di Maio ha concluso:

“Ritengo che, con ogni probabilità medica, la ferita subita da Van Gogh non sia stata autoinflitta. In altre parole, non si è sparato da solo.” 

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

1 risposta a «Van Gogh non si suicidò, ma fu ucciso per errore» –STUDIO DI DUE STORICI DELL’ARTE — CORRIERE.IT / CULTURA — 11 OTTOBRE 2017 – + SCIENZA.FANPAGE.IT — 17 OTTOBRE 2011 +++ Wikipedia, La morte di Vincent van Gogh

  1. ueue scrive:

    Che vita e che morte terribili!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *