” E se rispolverassimo il Protocollo Urbani? ” — 1. ITALIA SERA, RAFFAELE, 18 febbraio 2021 + 2. PAGINE MEDICHE.IT / 3 febbraio 2020– Carlo Urbani, il medico che scoprì la SARS.

 

Italia Sera

 

Di

 Raffaele

 

 

E se rispolverassimo il Protocollo Urbani? L’esperienza del medico che sconfisse la Sars

Contro il rischio di una nuova emergenza per il virus, il Governo sta pensando a nuovi lockdown. Ma c’è chi invita a ricordare l’esperienza di Carlo Urbani, il medico che per primo in Indonesia “scoprì” l’epidemia del 2003 e diede la vita per salvare i suoi pazienti. Omaggio ad un eroe che sarebbe sbagliato dimenticare proprio ora

 

 

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E se rispolverassimo il Protocollo Urbani? L’esperienza del medico che sconfisse la Sars

È divenuto il problema del nostro tempo la “pandemia”. Siam passati dall’assillo nelle società Ancien Régime per il pane causa di carestia fame e morte, a quello oggi per l’Aria che inaliamo: molti medici hanno dato in prima linea anche la vita stessa all’Italia dei suoi tanti eroi. Nel cuore degli italiani non dimentichiamo certo questi veri e propri Eroi e anzi sarebbe bello seguire oggi l’esempio e salvare, oltre che la vita delle persone l’Italia stessa, la sua economia, la tenuta sociale, il nostro stile di vita e lo splendore delle nostre città d’arte, dei nostri paesaggi e delle nostre spiagge.

L’epidemia della Sars ha un protocollo, è il “Protocollo Urbani”.

Carlo Urbani, è stato il medico italiano in prima linea nel Mondo, quando nel 2003 aveva individuato la Sars. La pandemia della Sars 2002-03 forse, è molto riconducibile all’attuale Covid-19? Questa valutazione spetta ai medici non è materia di dibattimento da cronaca televisiva dove, secondo un adagio popolare spesso, purtroppo, “son troppi i galli a cantare”. Urbani è stato un vero eroe, e disse “non venitemi a prendere, sappiate che io sono infetto…”.

Detto in parole povere con i virus conviviamo almeno dal neolitico dalla notte dei tempi. L’inglese Jared Diamond in un saggio “Armi, Acciaio e Malattie – Breve storia degli ultimi tredicimila anni” edito nel 1997, tradotto in italiano da Luigi Civalleri per la casa editrice Einaudi., scrive che le epidemie apparvero con il passaggio dell’uomo dalla caccia e raccolta a uno stile di vita sedentario basato su agricoltura e allevamento.

La co-abitazione con gli animali domestici ha causato la trasmissione di malattie infettive dall’animale all’uomo. Successivamente con alta densità di individui nelle città e le cattive condizioni igieniche hanno permesso la sopravvivenza di elementi patogeni. E con l’apertura di grandi rotte commerciali a partire dell’età di Roma, sede dell’Impero prima e capitale religiosa poi, si sono mantenuti i fattori fertili per la diffusione delle pandemie.

All’inizio dell’Ottocento apparve la prima rivoluzione industriale, innovazioni tecnico-scientifiche continue hanno consentito oggi l’economia contemporanea e spezzare le carestie accompagnate da fame privazioni e malattie endemiche. Un percorso di crescita senza precedenti nella storia delle società umane altamente incivilite. Eppure non siamo fuori dall’apparizione ciclica delle pandemie. Solo lo studio del passato permette alle istituzioni politiche ed economiche dei Paesi, al decisore politico istituzionale e/o dal Comitato tecnico scientifico di esperti mettere in moto uno sforzo straordinario che sia condiviso e accettato dalla popolazione nella società in cui si opera.

La storia sia nel divenire completata anche di ogni singola scelta, saper ascoltare, dato che è certo che gli effetti del Coronavirus sono destinati a durare nel lungo periodo. I proclami non servono che ad aumentare l’incertezza, se troppo si catalizza l’attenzione con i media il rischio che l’intero corpo del Paese decade come sta avvenendo, la tenuta stessa dell’economia, della società e tutte le implicazioni inerenti alla sanità della moltitudine e della salute psicofisica della persona.

L’applicazione di una saggia e ponderata attenzione alla bisogna, non accanirsi sui grandi numeri di una massa informe, fatta di individui classificati alla maniera di numeri “comuni anonimi statistici”, bensì applicare discernimento da parte del medico di base che ascolta la persona e quindi l’anamnesi personale, o di un particolare luogo, ecco che il protocollo da seguire è inteso in senso largo, ha più applicazioni specifiche dello stesso protocollo alla luce della verifica sul campo dei risultati e evidenze proprie.

L’evidenza scientifica del protocollo richiede vari passaggi nell’affrontare l’infezione, ma non è questo il tema centrale di queste poche righe sul ricordo del medico Carlo Urbani. Il tema è comunicare: questo eroe italiano è stato medico dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità e tra pochi giorni, il 29 marzo prossimo, sono 18 anni dalla sua scomparsa causata dalla Sars – Sindrome respiratoria acuta grave.

Aveva solo 46 anni, è stato il primo medico dell’Oms ad aver identificato il primo  focolaio della nuova malattia, e aveva diagnosticato la sindrome in un uomo d’affari americano che era ricoverato ad Hanoi. Carlo Urbani in Indocina lavorava nel quadro della programmazione per la salute pubblica in Cambogia, nel Laos e nel Vietnam. La sua tempestiva informativa sulla nuova sindrome Sars aveva messo in allarme il sistema di sorveglianza globale definendo quindi i casi circoscritti, al fine di poterli isolare prima che il personale sanitario ospedaliero potesse esserne contagiato.

La sua pronta lucidità e la sua esperienza è stata unica nella compagine di medici, assistenti e infermieri. Tanto che oggi si parla di Protocollo Urbani in caso di emergenza sanitaria. Il suo sacrificio limitò così il diffondersi del virus Sars – polmonite atipica – che causò oltre 8mila contagi e 775 morti accertati. Urbani rimase al suo posto di combattimento, in prima fila, tra i malati e continuando a seguire caso per caso i degenti. Rimase a sua volta contagiato e dopo un ricovero in isolamento a Bangkok di 19 giorni si spense a sua volta, nell’adoperarsi totalmente nella risposta che aveva dato da medico e da uomo nel compimento del suo lavoro e dovere.

Nel 1999 il Nobel per la Pace venne assegnato a MSF ( Medici senza frontiere ), ed allora è stato Carlo Urbani che andò a ritirarlo in quanto presidente “MSF Italia”.

Oggi, in suo nome, esiste l’AICU: Associazione italiana Carlo Urbani.

Riconoscimenti che oggi ogni italiano e cittadino del Mondo intero dovrebbe ricordare con il dovere della memoria, nel silenzio del dovuto rispetto per la sua intelligenza pronta lungimiranza e capacità di abnegazione al dovere, in scienza e per la coscienza di uomo che ha dato il sacrificio della vita per stoppare sul nascere, fin da subito e in tempo nei pressi di un ospedale in Indocina una pandemia.

Diciotto anni fa, tanto più oggi, è un dovere ricordare, che forse non abbiamo avuto la prontezza di agire nel segno del suo insegnamento. O forse non diamo ascolto a chi opera in silenzio con i suoi insegnamenti e linee guida.

Marchigiano, era nato nel 1956 a Castelplanio, ed è scomparso il 29 marzo 2003 a Bangkok. Gli sono stati conferiti vari riconoscimenti, intitolati vari istituti, scuole, luoghi pubblici, parchi, strade, biblioteche ed ospedali in Italia e nel mondo, e onorificenze in Italia, la Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica il 2 aprile 2003 “Alla memoria del dottor Carlo Urbani” e il 12 maggio 2003 il ministro della Sanità del Vietnam conferisce alla sua memoria due medaglie, al medico Carlo Urbani, una per la “Sanità del Popolo” e altra medaglia dell’“Ordine dell’Amicizia “.

 

 

 

SEGUE DA :: 

 

Paginemediche

PAGINE MEDICHE.IT

https://www.paginemediche.it/benessere/storia-della-medicina/carlo-urbani-il-medico-che-scopri-la-sars

 

 

Carlo Urbani, il medico che scoprì la SARS

Carlo Urbani, il medico che scoprì la SARS.

Se la SARS oggi non fa più paura è soprattutto grazie al dottor Urbani, colui che per primo scoprì il virus che poi, dopo un mese, uccise anche lui.

Medico infettivologo italiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Carlo Urbani viene ricordato nella storia della medicina come l’uomo che per primo identificò la malattia, a sacrificio della propria stessa vita. Se oggi la SARS non fa più paura è soprattutto grazie a lui.

 

La SARS (acronimo di Severe acute respiratory syndrome) o sindrome respiratoria acuta grave (o “severa”), è una forma di polmonite atipica causata da un coronavirus responsabile dell’epidemia scoppiata in Estremo Oriente tra il 2002 e il 2003 che causò diverse centinaia di morti. Grazie all’isolamento del virus si è potuto in poco tempo sviluppare un vaccino e delle cure efficaci che ne hanno controllato la diffusione.

 

Come Urbani scopre la SARS

Combattere le malattie dimenticate e salvare vite umane era da sempre la missione del dottor Carlo Urbani, che a 47 anni, in qualità di coordinatore delle politiche sanitarie dell’OMS, si trovava in Vietnam con la sua famiglia per completare una missione triennale sul controllo delle malattie parassitarie nel Pacifico occidentale.

Era il 28 febbraio del 2003, e il dottor Urbani veniva chiamato presso un ospedale privato francese di Hanoi, per occuparsi di un caso di polmonite atipica che aveva colpito un uomo d’affari americano, Johnny Chen. Non pensò di inviare qualche collega ma si recò personalmente a valutare l’urgenza che da due giorni vedeva il paziente affetto da febbre alta, tosse secca e difficoltà respiratorie. Dai sintomi accertati il dottor Urbani capisce subito, a differenza del resto dello staff presente, di essere davanti ad un nuovo virus molto contagioso e che la situazione è estremamente critica.

 

Così il medico italiano, avvia le indagini per scoprirne le cause e formulare una terapia. Il sospetto principale si concretizza in un focolaio epidemiologico già da tempo diffuso nel sud della Cina ma tenuto nascosto dalle autorità di Pechino alla comunità mondiale. Un ritardo che si rivela fatale e che contribuisce alla diffusione incontrollata del virus responsabile della morte di 813 persone in tutto il mondo. Infatti, il paziente era stato precedentemente ad Honk-Kong in un hotel dove contemporaneamente aveva fatto sosta un cinese proveniente da Guangdong, la regione della Cina meridionale in cui il virus della Sars si era diffuso ormai da mesi. Presenti in albergo altri 200 clienti poi ripartiti diffondendo nel mondo il virus allora sconosciuto.

 

La situazione che si trovò di fronte il dottor Urbani nell’ospedale di Hanoi era impressionante: nessuno capiva cosa stava succedendo, infermieri che piangevano, medici terrorizzati, gente che correva e urlava, e l’amara consapevolezza che si diffondeva tra le corsie: “Non si sa cos’è ma sicuro non si tratta di influenza!”. L’unico ad aver chiara la situazione era il dottor Carlo Urbani.

 

Il protocollo Urbani che isolò il virus

Quello che il dottor Urbani sapeva era che si trattava di una malattia virale contagiosa proveniente dall’estremo oriente capace di evolvere in brevissimo tempo in grave polmonite bilaterale, potenzialmente letale. Un virus del tutto sconosciuto all’organismo umano, senza protocollo terapeutico né vaccino, e per questo capace di scardinare le difese immunitarie impreparate all’aggressione.

Così il medico italiano lanciò l’allarme al governo e all’OMS, diffondendo un testo che rivelava la pandemia, ma soprattutto riusciva a convincere le autorità locali ad adottare misure di quarantena preventive per circoscrivere la diffusione del virus.

La sua segnalazione di quella che poi sarebbe stata chiamata Sars, ha permesso di salvare migliaia di vite. Mettendo in allarme il sistema di sorveglianza globale e attivando le procedure di sicurezza, Carlo Urbani favorì il riconoscimento precoce di nuovi casi, consentendo l’applicazione precoce dei protocolli di isolamento e quarantena a salvaguardia del personale sanitario e ospedaliero.

 

Secondo l’OMS il metodo anti-pandemie realizzato dal dottor Urbani nel 2003 rappresenta, ancora oggi, un protocollo internazionale per combattere le emergenze epidemiologiche mondiali.

 

Il 7 marzo fece isolare l’intero primo piano dell’ospedale di Hanoi mentre continuava, giorno e notte, ad occuparsi dei malati e a cercare disperatamente una terapia che li potesse guarire, ma che mai trovò. Tre giorni dopo, scrisse la sua ultima comunicazione al governo: “La malattia purtroppo non è sotto il mio controllo” e non sapeva di essere già stato contagiato.

Lo capì l’11 marzo, durante il volo che da Hanoi lo portava a Bangkok, in Tailandia, per un convegno. Sentiva di avere la febbre alta con tosse secca e difficoltà respiratorie: erano i sintomi della Sars. All’atterraggio telefonò immediatamente ai colleghi per avvisarli che nessuno lo avvicinasse e chiese di essere ricoverato in isolamento.

Dopo 18 giorni, il 29 marzo 2003, il dottor Carlo Urbani muore presso l’ospedale di Bangkok a causa della Sars

e solamente quel giorno l’Italia viene a sapere che tra i suoi cittadini c’era un medico eroe che era stato capace di isolare il virus ma di cui ne era purtroppo rimasto vittima.

Durante gli ultimi giorni di malattia Urbani non si risparmiò e il suo pensiero fu ancora una volta di salvaguardare l’umanità: ai medici colleghi accorsi dalla Germania e dall’Australia per tentare di salvarlo lasciò disposizioni affinché dopo la morte gli venisse prelevato un campione dai polmoni per analizzarli e sperimentare un vaccino contro la Sars.

Il suo impegno e abnegazione al lavoro è stato riconosciuto dal Ministero della Salute il 7 Aprile del 2003, quando gli è stata conferita la medaglia d’oro per i benemeriti della salute pubblica, il riconoscimento ufficiale per la sua attività.

La Sars è stata la prima malattia dell’era della globalizzazione che in poche settimane ha infettato 8439 persone in diversi continenti, perché viaggiando in aereo diffondevano l’epidemia.

I danni potevano essere ben peggiori, ma è stata fermata grazie al protocollo Urbani che ha approntato per l’OMS un protocollo di difesa contro la diffusione di patologie virali ancora oggi valide.

“È solo grazie alla diagnosi del dottor Urbani – dichiarava Gro Harlem Brundtland, direttore generale dell’Oms – che è scattata la vigilanza globale del virus prima che fosse contagiato il resto delle popolazioni”.

Infatti un mese dopo, il 28 aprile 2003, il Vietnam dichiarò che entro i suoi confini la Sars era stata debellata.

 

La testimonianza di Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite dopo la sua scomparsa: “Non sapremo mai quanti milioni di morti avrebbe provocato la Sars perché il dottor Urbani ha fatto in modo di evitarlo. Egli lascia un esempio illuminante nella comunità e lo ricorderemo come un eroe nel senso più elevato e vero del termine”.

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1 risposta a ” E se rispolverassimo il Protocollo Urbani? ” — 1. ITALIA SERA, RAFFAELE, 18 febbraio 2021 + 2. PAGINE MEDICHE.IT / 3 febbraio 2020– Carlo Urbani, il medico che scoprì la SARS.

  1. ueue scrive:

    I veri eroi che in qualche modo sfidano consapevoli la morte. Sicuramente bisogna ricordarlo di più.

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