YGNAZIA CIGNA, OPEN, 11 MAGGIO 2022 – 13.37 : Lavrov: «La Russia non vuole una guerra in Europa, ma stop al dominio Usa nel mondo. +++  Fëdor Luk’janov, La Russia sta mettendo fine all’ordine liberale che non funziona più. Limes, 2 maggio 2022 –

 

OPEN, 11 MAGGIO 2022 – 13.37
https://www.open.online/2022/05/11/russia-lavrov-no-guerra-europa-stop-usa-mondo/

Lavrov: «La Russia non vuole una guerra in Europa, ma stop al dominio Usa nel mondo. Crisi alimentare? È Kiev a bloccare il grano nei porti»

 

Il ministro degli esteri russo ha anche accusato il segretario generale dell’Onu di aver «perso un’occasione» sul raggiungimento della pace in Ucraina non facendo rispettare gli accordi di Minsk.

 

«Abbiamo abbastanza acquirenti per i nostri idrocarburi, lavoreremo con loro e lasceremo che l’Occidente paghi molto di più di quanto ha pagato la Federazione Russa e spiegheremo alla sua popolazione perché sarà più povera», ha annunciato il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, in una conferenza stampa dopo l’incontro con il ministro degli Esteri dell’Oman, Sayyid Badr al-Busaidi. Ha spiegato che il suo paese non desidera alcuna guerra in Europa e ha aggiunto: «Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che è l’Occidente che continua a parlare con insistenza di infliggere una sconfitta alla Russia. Sta a voi trarre le conclusioni». A riferirlo è l’agenzia di stampa russa Tass. Lavrov questa mattina ha incontrato il sultano dell’Oman, Haitham bin Tariq Al Said, e la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

«L’Ucraina rifiuta la cooperazione su grano e cereali»

Secondo quanto dichiarato dal ministro russo l’Ucraina avrebbe piazzato delle mine nei porti in cui ci sono le navi con il grano in modo tale da impedirgli di partire. Lavrov ha aggiunto che il paese di Zelensky «rifiuta la cooperazione che faciliterebbe la partenza delle navi cariche di grano e cereali attualmente bloccate nei porti».

«L’Onu ha perso l’occasione di una soluzione»

Il ministro Lavrov ha poi mosso diverse critiche alle Nazioni Unite e si è detto «rammaricato» perché, a suo avviso, avrebbero potuto fare molto più rispetto al solo aiuto umanitario. Si è poi rivolto al Segretario delle Nazioni Unite, compreso quello generale Antonio Guterres che in queste settimane ha svolto diversi incontri diplomatici con la Russia, dicendo che «ha perso l’occasione di raggiungere una soluzione politica della crisi ucraina ignorando il mancato rispetto degli accordi di Minsk da parte di Kiev». A riferirlo è la testata ucraina Interfax.

«Stop all’ordine unipolare dominato dagli Usa e i suoi alleati»

Durante la conferenza con i giornalisti, il ministro ha auspicato che la fine della loro operazione militare e il raggiungimento dei loro obiettivi «contribuiscano a fermare i tentativi dell’Occidente di minare il diritto internazionale e di ignorare e violare i principi della Carta delle Nazioni Unite, compreso il principio dell’uguaglianza sovrana degli Stati». Infine, ha criticato «l’ordine mondiale unipolare dominato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati» spinto, a suo avviso, dall’Occidente.

[Foto di copertina  Russian Foreign Ministry/TASS]

 

LIMESONLINE DEL 2 MAGGIO 2022 –

IL CASO PUTIN – pp. 35-40

https://www.limesonline.com/cartaceo/un-vecchio-pensiero-per-il-nostro-paese-e-per-tutto-il-mondo

 

UN ‘VECCHIO PENSIERO’ PER IL NOSTRO PAESE E PER TUTTO IL MONDO

Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022

La Russia sta mettendo fine all’ordine liberale che non funziona più. La crisi del sistema è iniziata ben prima della ‘operazione militare speciale’ in Ucraina. Torniamo all’equilibrio delle forze e alla soluzione armata dei conflitti, quando necessario.

di Fëdor Luk’janov

Pubblicato in: IL CASO PUTIN – n°4 – 2022

Talvolta, vicende che vanno a modificare il corso della storia mondiale sembrano prodursi in modo repentino. Nulla parrebbe suggerire una totale distruzione. Eppure improvvisamente ecco che ogni cosa cede. La vita di un tempo sembra ancora lì, vicina, raggiungibile e di certo ripristinabile. Soltanto con il passare del tempo si arriva a comprendere che il passato si era già bell’e concluso e che il futuro era in realtà iniziato molto prima, si stava facendo maturo mentre fino all’ultimo era sfuggito alla nostra attenzione. Da qui proviene il senso di imprevedibilità, sebbene con il senno di poi ogni cosa sembri non soltanto logica ma pressoché inevitabile. La crisi ucraina è un evento del genere. L’Ucraina di per sé non è né un pretesto né tanto meno la ragione scatenante di questo cataclisma.


Lo scorso febbraio ha segnato la fine di un colossale esperimento storico, il cui obiettivo era riposizionare, o meglio inserire la Russia all’interno dell’ordine internazionale creato dalle principali potenze occidentali. Se l’esperimento fosse riuscito, la Russia si sarebbe riappropriata di uno spazio ben delimitato per il proprio sviluppo, entro i confini stabiliti dai paesi leader di questo ordine mondiale. L’esperimento non è riuscito.


Non c’è nulla di nuovo per la storia russa né nel guardare all’Occidente come a un partner prioritario (e, a pelle, superiore), né nell’allontanarsene drasticamente. Da secoli, seguendo traiettorie sempre simili, gli intellettuali russi si chiedono se il paese sia parte dell’Europa. Il pendolo si muove da un lato all’altro con un’oscillazione di ampiezza variabile. Il periodo a cavallo tra i due millenni si è però distinto in maniera importante. Per la prima volta l’appartenenza all’Europa ha acquisito cornici istituzionali. Da fenomeno storico-culturale, da punto di riferimento per lo sviluppo dei singoli paesi, il continente europeo si è trasformato in un insieme di strutture emerse nel mezzo del monolitismo determinato dalla fine della guerra fredda: il monolitismo di una specifica alleanza politico-militare occidentale. 


Per integrarsi in quelle strutture occorre rispondere a dei criteri stabiliti chiaramente e che rappresentano la «scelta europea». Scelta che la Federazione Russa cercò di compiere nel 1992, quando fece il suo ingresso nell’arena internazionale in maniera abbastanza schizofrenica, giacché si presentava come erede e prosecutrice dell’Urss mentre ne condannava eredità e identità. In quegli stessi anni si presentava sullo scacchiere mondiale un’Unione Europea da poco sorta dalla precedente Cee, personificazione e apoteosi dell’Europa istituzionalizzata.


Per circa quindici anni Mosca ha tentato attivamente di trovare il proprio spazio all’interno dell’ordine europeo disegnato dagli Usa e dai loro alleati. Per farlo si serviva di modi inconsueti: rifiutava di mettersi in coda dietro agli altri paesi candidati a entrare negli istituti euro-atlantici. Modi che tuttavia non richiedevano modifiche cardinali al disegno occidentale. Non c’è riuscita.

Vladimir Putin nel discorso del 21 febbraio (intervento programmatico che esplicitava le tesi alla base delle sue imminenti decisioni) ha volutamente ricordato una vecchia conversazione con Bill Clinton in cui venne discussa la possibilità per la Russia di aderire alla Nato e il diniego ricevuto in risposta. Il risentimento causato a Mosca dal rigetto da parte del club occidentale ha lasciato un segno nella coscienza politica russa. Quest’irritazione è legata sia al rifiuto ricevuto sia al desiderio espresso allora di venire accolti.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


L’Occidente avrebbe potuto comportarsi altrimenti? In teoria sì, se avesse tentato di costruire qualcosa di nuovo coinvolgendo anche la Russia e gli altri paesi post-sovietici, invece di allargare meccanicamente le proprie istituzioni della guerra fredda. Di fatto, è difficile figurarselo. Il rapporto di forza di 20-25 anni fa e il grado di dominio politico-ideologico degli Stati Uniti e dei loro alleati sulla scena internazionale non lasciavano spazio all’idea di abbandonare gli schemi esistenti a favore degli interessi di un nemico sconfitto. Già allora in Occidente c’era qualcuno che metteva in guardia rispetto all’inevitabilità di una futura risposta della Russia, che non sarebbe mai venuta a patti con l’espansione politico-militare del sistema atlantico. Tuttavia quelle voci erano in netta minoranza.


La Russia poteva comportarsi diversamente? Poteva accettare un ruolo subordinato, limitarsi a ristabilire l’ordine in una nicchia ai margini dell’insieme occidentalocentrico? Questa domanda è più complessa. Chi ritiene che la Russia abbia l’innata necessità di ergersi a grande potenza giudica inevitabile il pieno recupero della potenza e l’espressione del desiderio di determinare una sua esclusiva realtà di senso. Mi arrischierò a presupporre che la Russia di allora avesse il potenziale di «adeguarsi» allo status di elemento guidato (e non guida) all’interno del sistema.

Tuttavia, perché ciò potesse avvenire, occorreva essere saldamente sicuri di sé e – ancora più importante – credere che il sistema in cui si stava entrando fosse forte, solido e stabile. E che il timone si trovasse in mani sicure. Detto altrimenti: l’egemonia americana doveva essere davvero indiscutibile. Eppure, proprio a tal riguardo, all’inizio del secolo sorsero dei dubbi.


2. All’inizio del 2022 la Russia era ormai profondamente integrata nel sistema politico-economico internazionale. Ma Mosca non era soddisfatta dei vantaggi ottenuti. E l’intera rete globale e i suoi attori principali (i paesi leader) stavano vivendo una fase di decadenza. Inoltre, si stavano erodendo le sue istituzioni.


I princìpi del secolo scorso non funzionano più, mentre quelli del nuovo millennio ancora non si sono stabiliti. La concomitanza di questi fattori porta alla seguente conclusione: le scelte drastiche, volte a interrompere l’inerzia dello status quo, finiranno per offrirci dei benefici quando si sarà affermato un nuovo stato di cose. Un ordine in cui la Russia non sarà più tenuta a rispettare le condizioni necessarie alla desiderata integrazione nella comunità occidentale, la quale peraltro cesserà di dominare la scena internazionale.


L’operazione militare speciale in Ucraina ha azzerato trent’anni di sviluppo (o transizione, come si usava dire una quindicina di anni fa) post-sovietico. Ha anche annullato sia innumerevoli concessioni geopolitiche fatte in questi anni sia diverse conquiste ottenute nell’ambito del sistema occidentalocentrico, incluse quelle relative ai beni di consumo. La Russia è come tornata al bivio che aveva superato a cavallo degli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo. Il vivace dibattito intellettuale dell’epoca della perestrojka sulla via da imboccare per il futuro non venne allora portato a termine a causa del collasso dell’Urss, ma pare che abbia nuove chance di riproporsi oggi.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


A causa degli eventi dei primi anni Novanta allora non venne effettuata alcuna scelta consapevole. Semplicemente il corso storico agguantò la Russia e la trascinò via con sé. Tuttavia, quella discussione rimasta poi sospesa girava solo in parte attorno a cosa fare e a cosa aspirare concretamente. Anzitutto, infatti, ci si limitava a tentare di comprendere, per citare Lenin come facevano i partecipanti a quei dibattiti dell’epoca della glasnost’, «quale eredità rifiutiamo». Chiuso il cerchio, ora ci ritroviamo daccapo. Ancora una volta al centro del dibattito c’è l’eredità: quella russa, quella sovietica, quella post-sovietica.


Il lungo discorso del presidente russo del 21 febbraio scorso, che ha avviato una vertiginosa cascata di eventi, non è soltanto lo scotto dell’epoca post-sovietica. Vi si guarda al destino del paese nel secolo scorso. Come Leitmotiv storico vengono esaminate le azioni, giudicate illegali e dissennate dall’oratore, commesse dalle autorità comuniste a partire da Lenin fino agli ultimi dirigenti sovietici che persero il paese. La quintessenza dell’approccio incardinato nel discorso è l’utilizzo contestuale nei confronti dell’Ucraina di due concetti: «decomunistizzazione» («siamo pronti a mostrarvi cosa significa per l’Ucraina la vera decomunistizzazione») e «denazificazione». Si sono così intrecciati i riferimenti ai due avvenimenti più tragici per la Russia del Novecento, un procedimento che può essere spiegato come desiderio di dare un taglio a quell’epoca. Taglio che, secondo questa logica, non si è riusciti a dare trent’anni fa, quando davanti al bivio si scelse la strada sbagliata.


L’attuale leadership russa è saldamente intenzionata a correggere l’errore di allora. E, diversamente da quanto affermano con sicurezza molti osservatori, non soffre di alcuna nostalgia per l’Unione Sovietica. Sembra piuttosto considerare la strada percorsa da Lenin a Gorbačëv come un’anomalia. Per citare il discorso del presidente russo pronunciato il 21 febbraio: «A suo tempo, dalle fondamenta formalmente giuridiche su cui si è eretta tutta la nostra statualità non vennero epurate quelle fantasie ostili, utopiche, ispirate dalla rivoluzione ma del tutto deleterie per qualsiasi paese normale».


3. La storia politica mondiale contemporanea è iniziata 36 anni fa, il 25 febbraio 1986, quando il segretario generale del Partito comunista sovietico Mikhail Gorbačëv nella sua relazione al XXVII Congresso utilizzò per la prima volta l’espressione «nuovo pensiero politico». Un anno e mezzo dopo il concetto fu meglio espresso nel suo libro Perestrojka. Il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo. Di fatto, per «nuovo pensiero» si intendeva il rifiuto dei valori di classe sostituiti da quelli più generalmente umani, la risoluzione dei conflitti per via politica e non armata, dunque l’intreccio di relazioni internazionali basate sull’equilibrio degli interessi e sul vantaggio reciproco, non sui rapporti di forza.

Gorbačëv anticipò Fukuyama ed eliminò ogni ostacolo politico-economico alla globalizzazione. Conseguenza diretta del «nuovo pensiero politico» fu il rapido collasso del sistema socialista e poi dell’Unione Sovietica, quindi l’instaurazione di un «ordine liberale globale» che riformulò a modo suo e, soprattutto, senza il coinvolgimento di Mosca, i princìpi espressi da Gorbačëv. In ogni caso, l’impulso dato dalla perestrojka alla Russia durò a lungo e si concretizzò nei tentativi di accedere al mondo occidentalocentrico.


Tre decenni e mezzo dopo la Russia ha deciso di agire in maniera drastica e irreversibile per mettere fine all’inerzia. Nel farlo si è subito scontrata con il fatto che il suo grado di coinvolgimento nel mondo, ossia la sua dipendenza dalle controparti estere, è molto più profondo di quanto paia.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Rompere quasi d’un colpo tali rapporti comporta cambiamenti esponenziali. Di qui a pochi mesi la vita in Russia sarà radicalmente diversa. Per la maggior parte degli abitanti non sarà più accessibile quel grado di benessere cui molti si erano già abituati e al quale non riescono più a rinunciare nemmeno concettualmente. Ma un’esperienza analoga la vive anche il resto del mondo. Il tentativo di escludere dalla vita internazionale il più grande paese del pianeta si ripercuoterà su ogni sfera delle attività umane, sebbene la (ir)rilevanza russa nell’economia globale sembri non promettere un tale tsunami. Tuttavia, il mondo non vive di sola economia. Rinunciando alla globalizzazione, la Russia apporta un contributo decisivo alla sua fine. 


Mosca ha fatto una scommessa ad alto rischio. Gli scettici in Russia dicono che non ci sarà alcuna vittoria. Questo concetto non è applicabile a ciò che sta accadendo.

La Russia saprà uscirne con successo solo se l’attuale crisi segnerà davvero la fine del sistema globale precedente o, in altre parole, se non sarà la Russia a essere buttata fuori dal sistema, ma se quest’ultimo finirà e ne sorgerà uno nuovo su basi del tutto diverse da quelle del trentennio precedente.


Emerge a questo punto un riflesso della frattura passata: l’Urss, a prescindere dai suoi problemi interni, rimase quasi fino alla fine uno dei due fulcri strutturali della geopolitica globale. La Russia in quanto suo Stato erede ha perso tale status e i tentativi di recuperarlo non hanno portato risultati. Persino il ripristino della potenza dello Stato e la riconquista di un posto tra le principali potenze mondiali – due realtà – non hanno fatto della Russia un nuovo perno dell’ordine internazionale. L’unica chance di ottenere tale status è la distruzione del sistema stesso.


4. Il febbraio 2022 ha segnato anche l’inizio di un altro esperimento, di dimensioni altrettanto grandi, almeno in potenza. La Russia sta tentando di invertire il corso della politica resuscitando il «vecchio pensiero politico» (lo si può anche definire «tradizionale») per sé e per il mondo intero. I princìpi di questo pensiero sono opposti a quelli dichiarati dal «nuovo»: pluralismo dei valori (invece dell’universalità), equilibrio delle forze (e non degli interessi) come base dei rapporti internazionali e, infine, il classico conflitto armato come modalità di risoluzione delle controversie quando altre strade non sono percorribili. 


Tali postulati sono stati validi per la maggior parte della storia umana. Eppure, in trent’anni tutti si sono convinti che dopo «la fine della storia» fossimo in un «mondo eterno» e che qualsiasi tentativo di virare il suo corso avrebbe causato un profondo shock. Il terrore determinato in Occidente dalla prosecuzione delle attuali operazioni militari su vasta scala è legato non soltanto alla tragedia umanitaria ma alla sensazione di trovarsi in una macchina del tempo. Tornano in fretta consuetudini che parevano ormai appartenere per sempre al passato. L’Europa e gli Stati Uniti ritengono che gli impieghi della propria forza militare nei decenni passati, dalla Jugoslavia alla Libia, non fossero guerre ma operazioni in nome dell’umanità. Non tutti sono d’accordo su questo. Le vittime in particolare non ci crederebbero mai. Ciononostante l’Occidente è talmente convinto di essere nel giusto che non si è mai preoccupato delle voci discordanti. E ha sempre ritenuto prerogativa propria l’uso geopolitico della forza su scala globale.


Non è stata l’operazione speciale del 2022 a provocare la crisi dell’ordine mondiale, che è iniziata molto tempo fa ed è stata causata dal deciso rifiuto da parte dei leader dell’ordine liberale di limitare i privilegi ottenuti come esito della guerra fredda.

Tuttavia, la fase di vero e proprio cedimento è iniziata il 24 febbraio. Né la Russia né il resto del mondo sono in grado di tornare indietro. Eppure, la piena consapevolezza delle conseguenze non sarà immediata. Per l’ennesima volta (forse la quarta) in un centinaio d’anni la Russia si è assunta in totale abnegazione di sé il ruolo (e l’onere) di protagonista dei cambiamenti globali. Non si è stancata? «In un certo senso possiamo dire di essere un’eccezione tra i popoli. Apparteniamo al novero di quelle nazioni che non sembrano far parte integrante del genere umano, ma esistono soltanto per dare una grande lezione al mondo. L’insegnamento che siamo destinati a dare non andrà sicuramente perduto, ma chi sa il giorno in cui ci ritroveremo finalmente in mezzo all’umanità e quanta miseria dovremo sopportare prima che i nostri destini si compiano?» 1. Parole di Pëtr Čaadaev nelle sue Lettere filosofiche del 1836. Centosettanta anni fa l’autore di queste affermazioni, un noto intellettuale russo di vedute liberali, venne ufficialmente riconosciuto pazzo pericoloso. A torto.

(traduzione di Martina Napolitano)


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Nota:

1. P. Čaadaev, Lettere filosofiche e Apologia d’un pazzo, Roma 1991, Città Nuova. La citazione è tratta dalla ristampa del 2019, pp. 105-106.

Pubblicato in: IL CASO PUTIN – n°4 – 2022

 

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  1. Chiara Salvini scrive:

    chiara: ho messo insieme la dichiarazione di Lavrov e il testo del ricercatore scientifico russo ( dell’Alta Scuola di Economia di Mosca, nonché Presidente del Consiglio per la politica estera e di difesa, nonché direttore del Russia in Global Affairs ) Fëdor Luk’janov, perché mi pare che le loro affermazioni sul disegno a lungo termine della Russia in questa guerra/ invasione intrapresa siano simili se non addirittura identiche. Certo il testo di Luk’janov va letto con calma, e magari anche riletto, ma a noi ha chiarito abbastanza il caos in cui vivevamo rispetto alle aspettative della Russia in questa nuova guerra che rischia di essere mondiale. Quest’ultimo sembra proprio essere lo scopo russo: uno dice ” basta al predominio Usa nel mondo “, l’altro dice : ” Spazzare via l’ordine mondiale che ha tagliato fuori la Russia ” e, quest’ultimo, prevede anche le conseguenze di miserie per noi che siamo popolo. L’America – e ci vedo una specularità – prevede un cambiamento del potere in Russia in modo che ” questo non debba ripetersi “. E Johnson oggi ha rassicurato Svezia e Finlandia di difenderle nel periodo intermedio la richiesta di ammissione alla Nato e la sua realizzazione. Insomma : tutti vogliono la terza guerra mondiale perché ciascuno dei contendenti vuole portare un rebelot nel campo avverso. Nel mezzo c’è prima di tutto l’Ucraina e la sua gente e poi c’è l’Europa che solo adesso sembra parlare di pace, ma non tutta, quella che è stata sotto la Russia è d’accordo con gli Stati Uniti.

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