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ANSA.IT / VIDEOGALLERY – SHORT VIDEO –18 APRILE 2024 — 19.59

 

Benja, il cucciolo di rinoceronte bianco del Sud nato nello zoo di Londra.

Le associazioni stimano circa 16.000 esemplari allo stato brado

 Benja ed e’ nato il 7 Marzo allo zoo di Whipsnade.

video, 0.45 

BENJA CON JASEERA

 

che bel culetto che ha !

 

DA .

https://www.ansa.it/sito/videogallery/short_video/2024/04/18/benja-il-cucciolo-di-rinoceronte-bianco-del-sud-nato-nello-zoo-di-londra_1146ab1a-deed-427a-9d54-e25f03b469d6.html

 

 

 

  1.01  – il video del SOLE 24 ORE  è più lunghetto

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https://stream24.ilsole24ore.com/video/mondo/un-cucciolo-rinoceronte-bianco-londra/AFiMHqcD

 

 

 

LO ZOO DOVE SI TROVA ?

 

Directions to get to Whipsnade Zoo map

 

DA LONDRA, IN AUTO, SONO 46 min. Più lungo in treno o in autobus.

 

 

 

 

mappa dello zoo

 

 

Whipsnade Zoo Map

 

 

 

 

foto dello zoo 

un gruppo di scimmie sedute su un ceppo d'albero

 

foto dello zoo e dintorni

https://unsplash.com/it/s/foto/ZSL-Whipsnade-Zoo%2C-Dunstable%2C-United-Kingdom

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PIERO CALAMANDREI, Piero Calamandrei su quel che resta da fare– Il compito degli uomini della Resistenza non è ancora finito. Bisogna che essa ancora sia in piedi- PUBBLICATO SU PATRIA INDIPENDENTE n. 5– 7 marzo 1954

 

 

Ricordando il grande giurista Piero Calamandrei - Grande Oriente d'Italia - Sito Ufficiale

foto di PIERO CALAMANDREI  da:
https://www.salteditions.it/ada-con-gli-occhi-stellanti-piero-calamandrei/

 

 

PATRIA INDIPENDENTE — 18 MARZO 2012
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Piero Calamandrei su quel che resta da fare

 

Pubblicato sul n. 5 del 7 marzo 1954.

 

 

 

«Gli uomini della Resistenza devono aiutare i nostri giovani»

 

 

 

No, il compito degli uomini della Resistenza non è ancora finito. Bisogna che essa ancora sia in piedi.

 

È difficile determinare i suoi compiti; ma tutti sentiamo che c’è ancora qualche cosa da fare. Intanto, c’è ancora da far conoscere, dopo dieci anni, che cosa la Resistenza fu. Gli italiani ancora non lo sanno; anche coloro che ne fecero parte non sanno appieno quanta ne fu l’estensione e la grandezza. Specialmente i giovani, i giovanetti che vengono su ora, ignorano tutto di essa. Quando furono commemorati, un mese fa, i fratelli Cervi, il sentimento generale, anche tra gli uomini della Resistenza, fu la commossa meraviglia; nessuno si immaginava la possibilità di tanta grandezza in quella famiglia di gente semplice ed oscura. E così per altri cento episodi. I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi.  Non sanno chi fu quel giovanetto della Lunigiana che, crocifisso ad una pianta perché non voleva rivelare i nomi dei compagni, rispose: «Li conoscerete quando verranno a vendicarmi», e altro non disse. Non sanno chi fu quel vecchio contadino che, vedendo dal suo campo i tedeschi che si preparavano a fucilare un gruppo di giovani partigiani trovati nascosti in un fienile, lasciò la sua vanga tra le zolle e si fece avanti dicendo: «Sono io che li ho nascosti (e non era vero), fucilate me che sono vecchio e lasciate la vita a questi ragazzi». Non sanno come si chiama colui che, imprigionato, temendo di non resistere alle torture, si tagliò con una lametta da rasoio le corde vocali per non parlare. E non parlò. Non sanno come si chiama quell’adolescente che, condannato alla fucilazione, si rivolse all’improvviso verso uno dei soldati tedeschi che stavano per fucilarlo, lo baciò sorridente dicendogli: «Muoio anche per te… viva la Germania libera!».

Tutto questo i ragazzi non lo sanno: o forse imparano, su ignobili testi di storia messi in giro da vecchi arnesi tornati in cattedra, esaltazione del fascismo ed oltraggi alla Resistenza. Gli uomini della Resistenza devono aiutare i giovani, che saranno i governanti di domani, a diventare la nuova classe politica, consapevole del recente passato e custode dei valori che questo recente passato ha lasciato all’avvenire.

La Resistenza non è un partito: non deve essere un partito. Ma essa può essere ancora un incontro, un colloquio, una presa di contatto, un dialogo: un avviamento, fra avversari politici, ad intendersi ed a rispettarsi.

Il mondo è purtroppo diviso in compartimenti stagno, da grandi muraglie invalicabili, senza porte e senza finestre: ma queste mura non sbarrano soltanto quella linea che ormai si suol chiamare la cortina di ferro e che taglia il genere umano in due emisferi ostili. Mura altrettanto invalicabili ci attorniano, sui confini, nell’interno degli stati, spesso nell’interno della nostra coscienza:

 

le mura del conformismo, dell’imperialismo, del colonialismo, del nazionalismo; le mura che separano la miseria dal privilegio e dalla ricchezza spudorata e corrotta.

 

Questo è ancora, secondo me, il compito della Resistenza. È inutile qui ricercare le colpe per le quali siamo arrivati a questa tragica visione del mondo: forse non c’è partito e popolo che non abbia la sua parte di colpa.

Ma gli uomini che appartennero alla Resistenza devono fare di tutto per cercare che queste mura non diventino ancora più alte, che non diventino torri di fortilizi irte di ordigni di distruzione.

Debbono ricercare i valichi sotterranei, attraverso i quali, in nome della Resistenza, combattendo in comune, si possa far passare ancora una voce, un sussurro, un richiamo.

Quello che unisce, non quello che separa: rifiutarsi sempre di considerare un uomo meno di un altro solo perché appartiene ad un’altra  razza, o ad un’altra religione, o ad un altro partito. Durante la lotta clandestina, quando i prigionieri erano chiusi ognuno nella sua cella, riuscivano tuttavia a comunicare attraverso il muro con un linguaggio convenzionale di colpi battuti sulla parete: come i battiti di un cuore parlante. Separati dalle mura del carcere, riuscivano ad intendersi anche attraverso il muro.

Anche noi, in questa età di nuove prigioni, bisogna cercare di intenderci, col battito del cuore, attraverso i muri che dividono il mondo. Uomini della Resistenza, questo è il vostro compito: continuare, riaprire il dialogo della ragione e creare (ché ancora siamo in tempo) non in un solo partito ma in tutti i partiti, una nuova classe politica di giovani che porti, nella vita politica, quella serietà civica, quell’impegno religioso di sincerità e di dignità umana che fu il carattere distintivo della Resistenza:

questo senso di autoresponsabilità, questa volontà di governarsi da sé: antipaternalismo, anticonformismo, antimmobilismo. Giustizia. Buonafede; bisogna che torni il tempo della buonafede!

In questo clima avvelenato di scandali giudiziari e di evasioni fiscali, di dissolutezze e di corruzioni, di persecuzione, della persecuzione della miseria e di indulgente silenzio per gli avventurieri di alto bordo, in questa atmosfera di putrefazione che accoglie il giovane appena si affaccia nella vita, apriamo le finestre e i giovani respirino l’aria pura della montagna e sentano ancora i canti della epopea partigiana. Questo è il compito purificatore della vita politica italiana che gli uomini della Resistenza, qualunque sia il loro partito, hanno ancora il dovere di assolvere.

E far comprendere a questi ridicoli vociferatori che ogni tanto si illudono – come nell’incubo carnevalesco di Arcinazzo – di rimettersi a cantare le loro lugubri canzoni esaltatrici della violenza, far comprendere a questi miserabili rottami che domani, se occorresse (se occorrerà), tutti quanti coloro che si sentirono fratelli nella Resistenza – d.c. e comunisti, liberali e socialisti, contadini ed operai, studiosi e sacerdoti tutti quanti si troverebbero (si troveranno) ancora insieme, tutti uniti contro il mostro, tutti uniti in difesa della civiltà indivisibile.

Noi lo sappiamo bene, ma è bene che tutti lo sappiano: in Italia e fuori d’Italia. Per questo oggi noi ci ritroviamo tutti intorno a te, Ferruccio Parri; di fedi diverse, di diversi partiti, ma tutti uniti contro il nemico comune: contro il fascismo che fu, che potrebbe tornare ad esser, in Italia e in Europa, in Germania e in Spagna, il nemico comune.

 

Piero Calamandrei

 

 

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Un raccondo di Roberto Rododendro — Il suo amico topo —

 

 

 

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https://www.instagram.com/p/BlT1lqTAzSr/

 

 

 

 

Il suo amico topo

 

“ Senti un po’ cosa mi è capitato qualche tempo fa…E giuro che è proprio vero….”
Finisce sempre così, quando ha alzato il gomito e non importa se chi gli sta di fronte è un amico o uno incontrato casualmente.
“….. Una mattina, appena alzato, sarà stato mezzogiorno più o meno, perché sento sempre le campane, sai?, vado in cucina a prepararmi il caffè….”
S’interrompe un attimo come per un momento di riflessione:” Io vivo solo, ma non sono solo o meglio…forse sono solo, ma non solo solo…..” E qui normalmente si perde in un suo pensiero fino a quando, bevuto un sorso di vino, riprende: “ Insomma, vado a farmi questo caffè. E, cosa ti vedo? “
Non è una domanda, perché si risponde da solo, senza lasciare spazio:
“ Un topo!! Un topolino di campagna spaparanzato sulla mia sedia, che prende il sole!!
Giuro: il raggio che entra dalla finestra lo avvolge tutto e lui pare goderselo! Ma io non bado a questo effetto estetico o quel che è , anzi, non ci penso nemmeno e vado a prendere la scopa e paletta e cerco di ammazzarlo!
Mai avuto un topo in casa…. tu?
Ma non aspetta risposta: ti dico che gli mancavano gli occhiali da sole e sarebbe sembrato un turista sulla spiaggia!
Vabbè…prendo sta scopa, ma non faccio in tempo a fare il gesto che il topo già è scappato! Ho un bel cercarlo: sparito!
Non lo cerco più di tanto: quando vuole uscire…lo prendo! Penso, mica può restare rintanato in eterno, e lascio perdere.
Ma la mattina dopo, più o meno alla stessa ora, immagino, rieccolo spaparanzato sulla mia sedia e sotto al sole. Io riprendo la scopa e la paletta e lui niente… Mi avvicino e penso: questa volta lo spiaccico. Ma mentre mi avvicino lui mi guarda e non si muove e allora non ce la faccio ad alzare la scopa: è un topolino di campagna, penso per consolarmi, di solito sono puliti e non portano rogna, e se lui non rompe, io non rompo lui. C’è spazio per tutti e due in questa casa! Penso ad una tregua armata, capito? “
Rimane lì che non capisci se aspetta una cenno di consenso da te o se è partito per la tangente, poi trasale e :” La mia casa è grande, sussurra, e vuota. Ora ce n’è di spazio. Hai voglia! Chi vuole se lo prende, e , perché non un topo?”
A quel punto, normalmente il compagno di bevute ha un moto d’insofferenza, guarda l’orologio o immagina un appuntamento urgente e dimenticato e finisce d’un colpo il bicchiere e fa il movimento per alzarsi, ma Flavio lo trattiene per un braccio: “ Aspetta…. ” E quello è costretto a risedersi mentre Flavio gli ordina un altro bicchiere.
“ Perché no? Anche un topo può essere una compagnia, così, mi muovo piano per non spaventarlo. Mi preparo il caffè, metto la cuccuma sul gas. Apro il frigorifero, prendo un pezzetto di formaggio e, sempre molto lentamente glie lo appoggio sul bordo della sedia: lui mi guarda e io, guardo lui. Capisci? Ci guardiamo e ci capiamo. Intanto il caffè è pronto, mi verso la tazza e mi siedo per godermelo in pace con la prima sigaretta sulla sedia vicino a lui. Il caffè bisogna goderselo seduti, altrimenti fa male. Lui mi guarda e, come vede che io bevo il caffè, lui comincia a spiluccare il formaggio. Mica prima: mi ha aspettato, hai capito? Da allora siamo diventati amici e tutte le mattine: lui il formaggio io il caffè. Non voglio darti da credere che ci parlassimo, anche se.. Ma ci capivano bene, senza bisogno di tante parole. A volte lo incontravo anche la notte, quando rientravo: lui sentiva il rumore della porta e veniva a vedere ….Questo fino a..”
Ma a quel punto l’interlocutore ha finito il bicchiere e gli mormora a mezza bocca: “una bella storia “ e se ne va.
Flavio rimane lì da solo a raccontarsela. Borbotta qualcosa tra se e se sulla fretta o sulla poca disponibilità della gente e ordina un altro bicchiere di vino. Qualcuno una volta deve avergli detto che il vino non fa male perché in fondo non è altro che uva spremuta. E lui l’ha preso in parola.
E’ un uomo alto e piuttosto grosso, più che robusto. Nessuno sa bene che faccia, né da quando sia apparso in Trastevere, ma è uno che parla bene, quindi dev’essere istruito. S’incontra solo la notte, sul tardi. Proprio come un topo che esce dal suo buco.
Ogni tanto, un tempo che solo lui conosce , perché sembra quasi periodico, appare tutto lindo e pulito, sbarbato e con gli abiti stirati e in perfetto stile…che poi porta per tutto il resto del tempo, fino alla volta successiva.
Qui in Trastevere è conosciuto e accettato, come tanti come lui. Anch’io lo incontro spesso: ci facciamo un saluto, anzi, un semplice cenno col capo o con gli occhi , come due che si conoscono e si sono già valutati.
Una sera strana, sono momenti che capitano, Veronica aveva deciso che doveva incontrare i suoi amici da sola: ”Stiamo sempre insieme, mi aveva detto, non è giusto. Dobbiamo anche abituarci a stare ciascuno per proprio conto, e poi io voglio vedere Jacopo da sola.” Jacopo è un suo caro amico.
Io avevo capito, o cosi credevo, e mentre Veronica era al nostro solito bar io andavo bighellonando per Trastevere e invece di sentirmi libero, come pensavo, mi sentivo abbandonato, senza uno scopo, senza un itinerario preciso e mi lasciavo andare. Giravo per i bar, entravo e uscivo, in attesa che il tempo passasse per poter rincontrare Veronica senza fare la figura dello scemo. Finché mi trovo seduto in una vecchia osteria sopravvissuta ai pub imperversanti con le nuove mode: la segatura per terra anche ad agosto ed i vecchi aggrappati al bicchiere. Mi trovo lì seduto che mi guardo intorno senza vedere nulla perché c’è ben poco da vedere e pensando nebulosamente ai fatti miei, quando sento qualcuno sedersi di fronte a me.
Flavio mi guarda con aria supplichevole, piuttosto fanciullesco e sperso, forse più di me. L’accetto quasi con piacere, riconoscendolo in quel momento come un mio simile. E cosi beviamo insieme. E’ allora che vengo a conoscenza della storia col suo amico topo:
“….Ormai eravamo diventati amici. Puoi non crederci, ma ci capivano anche senza troppe parole. Cioè, io gli parlavo e lui mi capiva, ero sicuro che un giorno o l’altro, quando avesse voluto, m’avrebbe risposto. Era una bella amicizia….. fino a quando, una mattina non lo trovo più. Io penso “sarà andato a prendere una boccata d’aria” e gli preparo il suo solito pezzetto di formaggio. Niente da fare: la mattina dopo e quella dopo ancora il formaggio resta lì sulla sedia…Il mio amico topo è scomparso. Se n’è andato senza dirmi niente. Alla fine me ne faccio una ragione, perché penso che se ti pianta in asso un essere umano…” Tace di colpo. Tracanna il vino tutto d’un fiato, ne ordina un altro e lo tracanna: fa tutto cosi velocemente che quasi non lo noto:”… Senza darti spiegazioni, nessuna spiegazione che ti faccia capire…Allora può farlo anche un topo, non credi? “
Io faccio cenno di si con la testa e mi viene in mente una possibilità.
“E invece sai che succede?”
Insomma, io la pensavo finita la storia, e invece no…c’è un seguito.
“…Qualche tempo dopo, non so…forse un mese o due.. Sono lì che girello per piazza S. Cosimato, sai, dalla parte occupata dal mercato, vicino ai banchi dei fiori, capito?
Ecco, sono lì che non ci ho nulla da fare , saranno state le cinque del pomeriggio…un’ora inutile che di solito non amo, e la passo camminando per le solite strade, almeno, su strade conosciute mi sento più sicuro…Capisci? In casa sento che manca qualcuno. I bar, a quell’ora sono vuoti, mi restano le solite strade: è un modo per scacciare un senso panico che spesso ho dentro. Anche ricordi. Sai, anch’io ho dei ricordi .” Mi guarda con occhi ingenui e chiari , mentre me lo dice.
“Bene. Sono lì e mi sento mordicchiare sull’orlo dei pantaloni… Credo di averci messo un po’ prima di capire, perché il risvolto era tutto mangiucchiato. Abbasso gli occhi e chi ti vedo che mi guarda, direi, sorridendo, già, non mi prendere in giro: se ti dico che sorrideva, vuol dire che sorrideva!
Era il mio amico topo. Ma non è solo. Li guardo tutti e due un po’ stupito e vedo che hanno lo stesso sorriso. Capisco tutto allora: sono innamorati. Ecco perché se n’era andato.
E’ una cosa strana dirai tu e neppure tu vorrai credermi, eppure ti dico di si: erano innamorati!! Si vedeva benissimo. So riconoscere due innamorati.. Ad esempio, tu e Veronica…” Non lo lascio finire, vede il mio sguardo. “Chissà perché non ho voluto sapere quel che pensava di me e Veronica.” Mi sono chiesto dopo, quando sono uscito dall’osteria.
Così riprende a raccontare:” Ma la cosa strana c’era veramente e…piuttosto inquietante. Cercai di spiegarlo al mio amico topo, ma lui faceva finta di niente, mi guardava e si girava verso di lei: io mi ero chinato quasi alla sua altezza e cercavo di spiegargli che innamorarsi era giusto ma, di una gattina? No! proprio no!
Già, hai capito bene: era una gattina nera dalle ciglia lunghissime ed uno sguardo dolce, ma, come fidarsi? Quelle hanno sempre un loro istinto. Ed io ero li a spiegargli che la storia di Giulietta e Romeo era finita proprio male…Macché!
Lui mi aveva capito ma…ahimè, l’amore…. Era rassegnato e pronto a tutto ma comunque incredulo che potesse capitare loro qualcosa di storto. Anche la gattina, mentre se lo strofinava, mi lanciava occhiate di sottecchi che intendevano chiaramente la sua incredulità e di lasciarli in pace.
Ero un po’ disperato, perché capivo che non potevo far niente. Allora andai al bar un po’ prima del solito, quel pomeriggio…”
Io pensavo che fosse finita lì quella storia strampalata, dettata dai fumi dell’alcool , invece no:
“Vuoi sapere com’è finita, mi domanda?”
E perché no, mi dico io, intanto non ho nulla da fare e due chiacchiere in più, anche se assurde, vanno bene a farmi passare il tempo….E resto ad ascoltarlo fino alla fine. Quando guardo l’ora vedo che ormai posso tornare da Veronica con la faccia salva, cosi lo saluto e lo lascio a rimuginare sulla sua storia.

 

 

 

“Poverino…Sembrava crederci veramente!!”
Cosi, dico a Veronica quella notte, tornati a casa.
Lei queste storie le prende sempre seriamente. Lei ci crede. Perché conosce tutti i barboni e gli sbandati del quartiere e sa che non raccontano mia balle, almeno lei dice così, perché, dice, non ne hanno motivo, al massimo è un parto della loro mente, dice, ma non per questo meno vera!
Cosi la racconto anche a lei…come se fossi lui, Flavio.
“ Allora, come è andata a finire? “ M’incalza Veronica, quando mi fermo sul finale. Eravamo ormai a letto e lei si sposta dal suo posto e mi salta addosso e mi guarda negli occhi…coi suoi occhi chiari e sorride:” Dai, topastro, non lasciarmi in ansia!” Lei vuole sapere, mentre io sento una certa inquietudine, e quel che m’inquieta di più è non capire il perché.
“ Semplice, cerco di minimizzare, è andata a finire come doveva: la gattina innamorata ( e calco sulla gattina innamorata con tono ironico) alla fine se l’è mangiato!”
A Veronica è sparito il sorriso e gli occhi le si sono velati…Sono verdi ora, intensi, ed è come se fosse calata una nuvola nella nostra stanza. Mi bacia rapida e violenta e si scosta da me girandosi tutta raggomitolata.
“ Dice Flavio che ora nella gattina ci sono due cuori che battono insieme. Lui dice che è stato il suo amico topo a volerlo….” Riprendo fiato mentre parlo alla sua schiena:”… Per stare per sempre con lei.“ Finisco con un sussurro rauco.
Poi rido.

 

 

le foto e video sono del:

IL MATTINO– di Marta Ferraro  – 18 agosto 2018
https://www.ilmattino.it/pelo_e_contropelo/gatto_topo_innamorati_si_scambiano_coccole_tenerezze_video-3907081.html?refresh_ce

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UN RACCONTO DI ROBERTO RODODENDRO — 08 DICEMBRE 2001 : ” Per questa notte chiamami Esterina “–

 

 

 

 

bardelli, l'attesa, 2016, computer graphics

bardelli, L’attesa, 2016

 

 

 

Per questa notte chiamami Esterina

 

La vedo ferma sul marciapiede, un po’ rientrata verso le bancarelle chiuse del mercato di Ponte Milvio, quasi come se non glie ne importasse niente.
Una macchia scura nello scuro della notte, solo un viso che appare più chiaro anche se indistinto… mi pare di distinguere un bell’ovale, ma mi fermo lì, perché passo veloce in auto. Solo uno sguardo di sfuggita o forse neppure quello: vista solo con la coda dell’occhio e con la coda dell’occhio fotografata. E’ rimasta nella retina, come una pellicola in negativo, pronta ad essere stampata appena capita.
Ero ormai arrivato quasi all’altezza dove via di Tor di Quinto s’immette nella Flaminia, quando senza neppure pensarci o il pensiero covava dentro e rimestava la giornata passata, giro la macchina e torno indietro. Accelero, inconsciamente con la paura di non trovarla più. Eppure sono le quattro del mattino, che ci facciamo ancora lei ed io sulla strada?
Qualcosa ci accomuna, in quel momento sento che abbiamo un legame quella notte e un piccolo e breve destino in comune perché lei è li che aspetta me. Siamo due alla deriva. Chi più uno dell’altro in quel momento non so capirlo e neppure lo penso.

Veronica l’ho lasciata da meno di mezz’ora, il tempo di fermare la macchina davanti al portone di casa sua, un saluto, un bacio veloce sulla guancia…. Appena sfiorata, come se il toccarci potesse anche contaminarci. E cosi lei esce dall’auto senza voltarsi indietro e come tutte le altre volte pensa di uscire dalla nostra vita.

Accosto l’auto al marciapiede e lei è ancora lì. Lei non viene incontro alla macchina, sembra non guardare nemmeno ed io non cerco di chiamarla. Esco semplicemente e le chiedo quanto vuole, perché questa è la prassi – se non lo chiedessi sarei visto come un rapinatore o un poliziotto – e lei è proprio come l’ho registrata nella retina, al confronto le due immagini si sovrappongono: capelli scuri fino alle spalle, abito semplice e scuro, per nulla adatto alla professione ed un viso bianco e ovale dove spiccano due occhi scuri ed indifferenti.
Non c’è bisogno di un lungo viaggio. C’incamminiamo che sono due passi, appena al di la del piazzale del mercato, in una stradina interna; lei apre un portone che da su un corridoio poco illuminato e squallido. “ Ed io che ci faccio qui?”, fingo di domandarmi, ma lo so che tutto mi va bene pur di ritardare il rientro a casa e il momento di pensare.

Apre una porta chiusa con un solo giro di chiave. Anch’io apro una porta e dietro la mia porta c’è solo caos.

“ Mio padre. Erano urli tutte le sere e poi picchiava mia madre che si riparava dietro di me, e poi se ne andava da quell’altra sbattendo la porta.
Avevo quattordici anni e odiavo mia madre perché faceva arrabbiare mio padre.”
Parla sorridendo Veronica, mentre colpisce nervosa un raviolino ripieno di polpa di granchio.
La ragazza ha aperto la porta e mi precede nella stanza appena illuminata e piena di roba oltre ad un letto e ad un lumino che spande la luce fioca.
Io entro dietro di lei.

 

Anche Veronica mi ha fatto entrare nella sua stanza buia. Mangia un altro raviolo, lo mastica lentamente e sorride sempre mentre alza per un attimo gli occhi azzurri ma quasi neri tanto sono blu quella sera, verso di me:
“ Poi mia madre lo minaccia con una scure ed urla “io ti ammazzo! Io ti sgozzo e ti faccio a fette!” Tu l’hai vista mia madre: piccoletta e tutta nervi. Se l’avesse preso, l’avrebbe veramente ammazzato. Me lo ripete ancora adesso che sono passati tanti anni .
E lui sbatte la porta e se ne va.
Questo è andato avanti per anni, tutte le sere, mi sembra tutta la mia vita.”

Mi chiede i soldi pattuiti con indifferenza e li ripone in un cassetto aperto e lì li lascia.. anche il cassetto rimane aperto, poi:
“ Dimmi almeno come ti chiami” Dice, ma non aspetta il nome mentre si sfila il vestito nero dalla testa.
Per un momento, un lunghissimo momento, almeno a me pare, rimane cosi, senza viso, una specie di Medea in una stanza buia e caotica, e vedo solo le gambe bianche di quel corpo senza volto e le cosce bianche coperte da uno slip di pizzo nero.
“ Allora, come ti chiami?” Insiste uscendo dal vestito, ora con un accenno di sorriso sulle labbra perché deve fare la sua parte.
Ma forse non è nemmeno cosi, perché mi prende la mano e mi accompagna al letto ed è lei che mi spoglia.
Oddio, e io come un idiota le accarezzo le braccia bianche mentre sono inerme nelle sue mani, seduto sul letto che l’aiuto, sollevandomi appena, a togliermi i pantaloni.

“ Sabrina aveva sei anni. L’hai conosciuta tu Sabrina, mia sorella? No, vero. L’hai sentita per telefono.. E’ una bellissima ragazza. Non ha mai capito niente di quel che succedeva.
Poi mio padre, finalmente se n’è andato con quell’altra ed io, finalmente ero felice: aspettavo che venisse a prendermi e mi portasse con lui.”
Il piatto di ravioli è finito perché Veronica non avanza mai nulla. Lei dice che le serve per i tempi magri, come i cammelli.
Le verso il vino. Lei mi guarda sorridendo e mi chiede se voglio farla ubriacare cosi, finalmente quella sera riesco a scoparla.
Dirle che non ne ho nessuna intenzione non servirebbe a niente. Cosi sto zitto. Ma lei insiste:
“ Intanto io con te non ci scoperò mai. Perché sei sposato e puoi offrirmi tutte le cene di questo mondo. E poi, siamo amici, no?
Ci pensa su un po’ , poi: “ Che razza di amicizia malsana è la nostra. “ E non sorride più.
Questa frase è come un ritornello.
Lei dice sempre che la nostra è un’amicizia torbida. Perché io voglio scoparmela e quando sono con lei ho sempre il cazzo duro ed è lui che mi comanda.
Ma mentre dice questo io mi chiedo sempre e spesso glie lo dico, se, per il solo fatto di pensarlo, non sia lo stesso anche per lei.
“Anche se fosse non potrei.” Mi risponde lei, seria. Poi mi sorride maliziosa “ Potrei farti un pompino…un meraviglioso pompino, meglio delle puttane che frequenti. Quanto me lo pagheresti?”
Ma quella sera no. Non va oltre la battuta vecchia e inutile che sappiamo tutti e due quant’è vera e quant’è falsa.

 

Mi ha detto di chiamarsi Esterina, che per quella sera quel nome le va bene.
Siamo sul letto ed anche lei mi accarezza mentre parla piano con una voce scura ed indistinta come la stanza e lo sa che non la sto ascoltando e io so che è per questo motivo che mi sono fermato: la lascio fare inerte, alle sue parole ed alle sue mani. Eppure mi sento di stare bene li tanto che ci dormirei in quel letto con lei se me lo permettesse. Questo sto pensando quando mi chiede quando mi decido che il tempo sta per scadere.
Chissà che tempo le dico io, alle cinque del mattino!!
“Non te lo immagini nemmeno, dice lei, tra un po’ aprono il mercato e quelli sono tutti assatanati! Lo sai come siete voi la mattina appena svegli, no? E ride, dai, saltami addosso che ormai sei più che pronto! Potrebbe anche piacermi.”
Mi tenta con la lusinga, lei lo sa che noi maschietti siamo tutti stupidi, che bastano due complimenti riferiti alle nostre prestazioni sessuali per renderci soddisfatti: sono anni che ci conosce bene.

Siamo ormai in macchina, sulla strada del ritorno, quando Veronica riprende a parlare di suo padre. Credevo avesse esaurito l’argomento o che non volesse più parlarmene. Nel frattempo, dopo la battuta sul sesso avevamo cambiato discorso. Ma avrei dovuto capirlo che lei era sempre lì.
“ Ho aspettato tre mesi che mi venisse a prendere. Ero convinta io. Sai, Quando se n’è andato mi sono sentita felice perché ho pensato che da allora l’avrei avuto tutto per me. Mia madre non riuscivo a sopportarla. Sempre dietro a Sabrina ed io come se non esistessi. A quattordici anni ero sempre per la strada, la scuola c’era si e no, e se i professori chiedevano di mia madre dicevo che era matta: non sbagliavo di molto.
Ormai erano tre mesi che non si faceva vivo ma io sapevo dove abitava con quell’altra: perfino più scialba di mia madre.
Cosi un giorno ho deciso che se non veniva lui sarei andata io.

Dove siamo ora?”
Mi chiede all’improvviso cambiando discorso.
Eravamo ormai ad Ostia, sulla rotonda sul mare da dove si imbocca la strada che porta alla via del Mare per tornare a Roma.
“Fermati un momento, per favore.” mi chiede ed io ubbidiente accosto la macchina. Coi finestrini aperti si sente il mare che anche se non lo vediamo sappiamo che è li.
Ce ne stiamo in silenzio ed è un silenzio che piace anche a me, tanto che non faccio neppure il gesto di accendermi una sigaretta.
Siamo cosi vicini e amici in quel momento che neppure ci sfioriamo, eppure.
“Allora? Ti decidi si ho no. Dai che faccio io.” Mi dice Esterina mentre io sono cosi lontano che neppure la vedo.

Ho cercato anche di spiegarlo a Veronica il giorno dopo, quando l’ho rivista a casa sua. Eravamo nella sua stanza e mi spiegava quant’era stata male la sera prima e quanto dolce e carino ero stato io a capirla ed accettarla anche cosi, quando io ho cercato di raccontarle il seguito di quella notte.
Perché anch’io ero stato male con lei.
Veronica ha la voce tranquilla anche se un po’ roca quando riprende:” Ero sul portone d’ingresso ed ho pensato di fargli una improvvisata.
Cosi sono salita fino al quarto piano dove abitava facendomi le scale a piedi a due per volte. Ho suonato il campanello col cuore che mi batteva il gola.
E mi ha aperto lui. Proprio lui come volevo io ma non cosi. Mi ha detto senza neppure salutarmi cosa ci facevo lì e mi ha mandata via chiudendomi la porta in faccia: torna da tua madre , mi ha detto.”

Mi ha preso la mano per un attimo, appena sfiorata poi è uscita sul lungomare e si è allontanata da sola.
Allora io ho acceso una sigaretta mentre la vedevo lontano nello specchietto retrovisore.

 

La puttana l’ho salutata con un bacio su una guancia e lei mi ha abbracciato. Sembravamo, lì sulla porta, una coppia di amanti che si saluta sapendo che presto si sarebbe rivista.
Fuori era chiaro, quasi giorno.
Ho cercato di spiegarlo a Veronica il giorno dopo e pensavo avrebbe capito. Ma lei mi ha guardato duro e mi ha detto che si, ragionavo solo col cazzo.

08.12.2001

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Nature is Amazing ☘️ @AMAZlNGNATURE — 3.17 — 18 aprile 2024 — grazie !

 

 

 

 

 

 

 

 

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tiziana campodoni @tizianacampodon, grazie della magnifica foto ! +++ Davide Rondoni, Cinisello, Villa Ghirlanda — Una mostra di Mario Giacomelli per i vent’anni di Mufoco, il museo della fotografia e dell’immagine tecnologica — REPUBBLICA – 23 FEBBRAIO 2024 + altro + altre opere di Mario Giacomelli

 

 

 

 

 

Immagine

Mario #Giacomelli

 

 

 

REPUBBLICA – 23 FEBBRAIO 2024
https://www.repubblica.it/dossier/cultura/arte-mostre-e-fotografia/2024/02/23/news/mario_giacomelli_mostra_
mufoco_museo_della_fotografia_e_dellimmagine_
tecnologica-422172265/

 

 

Una mostra di Mario Giacomelli per i vent’anni di Mufoco, il museo della fotografia e dell’immagine tecnologica

 

 

 

 

 

 

Mario Giacomelli, “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, Archivio Mario Giacomelli © Rita Giacomelli

 

 

Negli spazi rinnovati di Villa Ghirlanda, a Cinisello Balsamo, l’omaggio al grande artista alle soglie dei festeggiamenti per il centenario della nascita. Ospitiamo un intervento del presidente del museo

 

 

I vent’anni, diceva Montale, portano un’ombra di minaccia, ma di più una luce di vitalità. “La tua gaiezza impegna già il futuro” scrive il poeta della musa ventenne esposta agli scogli e al mare. Il Mufoco come la Esterina della poesia? Un museo che si accende e si rinnova. Che accetta la sfida di essere luogo di lavoro sul tema oggi centrale ed esplosivo della creazione delle immagini.

Per chi, come me, vive nell’arte della poesia, vedere la tenacia e la vitalità di questo ventenne rammemora certi versi di Montale e di Penna o degli antichi che vedevano nella giovinezza un’ombra di minaccia e una irrefutabile potenza. Un museo che si reinventa e accetta sfide plurime. Mufoco è il più autorevole museo di fotografia contemporanea del nostro Paese.

Lo rendono tale lo straordinario archivio, la ventennale storia di iniziative che in questi ultimi due hanno toccato traguardi importanti, come la recente grande mostra alle Scuderie del Quirinale, “L’Italia è un desiderio” insieme alla prestigiosa Fondazione Alinari, la collaborazione per la grande mostra omaggio che Milano ha dedicato a Gabriele Basilico, e la prossima mostra in sede sugli estremi lavori di Mario Giacomelli, prezioso testamento artistico del Maestro, nonché i diversi progetti in Italia e all’estero dedicati a nuove energie artistiche.

 

 

 

Mario Giacomelli, “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, Archivio Mario Giacomelli © Rita Giacomelli

 

Il nostro Museo è vivissimo per la attitudine, consona a una arte recente e mutevole come la fotografia, alla continua messa in discussione e al perpetuo rinnovo. Ora a vent’anni si compie un doppio passo. Uno è rappresentato in questi giorni dalla riapertura degli spazi in parte ridisegnati e attrezzati grazie ai fondi PNRR che faciliteranno la fruizione di visitatori speciali, e grazie al lavoro di invenzione e di perizia a cura di Dotdotdot. il Museo è davvero accessibile a tutti, e lo sarà sempre di più. E, altro passo in corso, siamo al termine di un iter che porterà ad adempiere pienamente alla vocazione del Mufoco. – essere il museo nazionale di fotografia del nostro Paese.

 

 

 

 

Mario Giacomelli, “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, Archivio Mario Giacomelli © Rita Giacomelli

 

 

Il debito di amicizia con Giovannni Gastel, che per primo mi avvicinò al museo a cui molto teneva, a cui ora si aggiunge il debito con un altro amico che se ne sta in cielo a fotografare l’Invisibile, Giovanni Chiaramonte, mi hanno motivato a riprendere il percorso già avviato da chi mi ha preceduto. Il piccolo e combattivo Mufoco in questi giorni festeggia i suoi vent’anni con un omaggio straordinario al grande maestro della fotografia, Mario Giacomelli e al suo lavoro estremo Questo ricordo lo vorrei raccontare. Il Museo di Fotografia Contemporanea con questa ospitalità, dal 24 febbraio al 19 maggio, non sta solo rendendo un giusto tributo a uno degli indiscutibili grandi della fotografia italiana e europea, ma sta seguendo le tracce del “mago” che viene dalla terra di Leopardi.

 

 

Mario Giacomelli, “Questo ricordo lo vorrei raccontare”, Archivio Mario Giacomelli © Rita Giacomelli

 

Mario Giacomelli scrive con la luce e il buio, con i lumi e le buita?, fa qualcosa che e? luogo e teatro, memoria e dissolvenza di se?, recupero e invenzione. Insomma fa scrittura-luce, scrittura-buio, scrittura-ombra. E riavvicina tutti alla radice “ph” del verbo phainomai, e che tiene – al di la? delle discussioni filologiche – in un’unica fonte l’apparire di fenomeno, di fantasma, di fantasia e di pho?s, luce. Il mago Giacomelli ci ha regalato con il suo lavoro estremo, un antico e futuro viaggio.


Mufoco presenta “Questo ricordo lo vorrei raccontare”. L’ultima serie fotografica creata da Giacomelli poco prima della sua scomparsa, per la prima volta esposta nella sua interezza. La mostra, che si apre il 24 febbraio e sarà visitabile fino al 19 maggio, si completa con l’uscita e la prima presentazione del volume “Mario Giacomelli. Questo ricordo lo vorrei raccontare” (Skinnerboox), ideato dall’editore Milo Montelli, che ne è curatore insieme a Katiuscia Biondi Giacomelli, direttore artistico dell’archivio del maestro.

 

 

 

*** Se invece di Villa Ghrilanda e il Museo di Fotografia contemporanea,
vuoi vedere altre foto di Mario Giacomelli — VAI AL FONDO -.-

 

 

CINISELLO — VILLA GHIRLANDA

 

 

 

Villa Ghirlanda - complesso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORAEA

 

 

Il Museo di Fotografia Contemporanea occupa interamente l’Ala Sud di Villa Ghirlanda, a Cinisello Balsamo città di oltre 70.000 abitanti situata a pochi chilometri da Milano.

L’edificio di Villa Ghirlanda, complesso seicentesco di pregio architettonico e rilevanza metropolitana, è costituito da un corpo centrale con ampie sale affrescate e da due corpi laterali. Insieme al giardino storico di Ercole Silva che le si apre davanti (notevole esempio di giardino all’inglese e luogo di incontro e di attività all’aperto), la villa costituisce il cuore del centro urbano, sia in senso geografico che simbolico.

Il Museo di Fotografia Contemporanea opera dal 2004, anno della sua inaugurazione, nella sede di Villa Ghirlanda, complesso architettonico secentesco con ampio parco all’inglese situato nel centro storico di Cinisello Balsamo, a pochi chilometri da Milano.

Unico museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia contemporanea, è una struttura attiva nel campo della conservazione, catalogazione, studio e divulgazione della fotografia, con particolare accento sulle trasformazioni tecnologiche in corso e sul rapporto fra la fotografia e le altre discipline espressive.

 

Il patrimonio fotografico del Museo comprende oltre 2 milioni di opere fotografiche, tra stampe in bianco e nero e a colori, diapositive, negativi, video, installazioni di oltre 1000 autori italiani e stranieri. L’insieme delle immagini costituisce uno spaccato significativo della fotografia dal secondo dopoguerra a oggi, con particolare accento sugli sviluppi della fotografia strettamente contemporanea, dunque dagli anni Settanta a oggi, e sulla attuale evoluzione del mezzo nel suo passaggio dalle pratiche analogiche alle soluzioni digitali.
I fondi fotografici conservati presso il Museo comprendono opere di autori italiani e stranieri e derivano da committenze, depositi, donazioni.

 

Inoltre, il Museo custodisce la più grande biblioteca specialistica in fotografia esistente in Italia e una delle maggiori in Europa, che conta oggi 20.000 volumi e riviste, provenienti da acquisti, scambi con altre istituzioni e da numerose donazioni di privati

Il Museo opera in un contesto nazionale e internazionale, ma al tempo stesso è fortemente radicato nel territorio metropolitano in cui si trova, ponendosi in continuo dialogo con le comunità che vi abitano.

La Fondazione Museo Fotografia Contemporanea è costituita da Comune di Cinisello Balsamo e da Città metropolitana di Milano (Enti fondatori).

Regione Lombardia e Ministero della Cultura sostengono l’istituzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FONDAZIONE MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

INDIRIZZO Villa Ghirlanda, via Frova 10 20092 Cinisello Balsamo – Milano Italia

TELEFONO +39 02.6605661
EMAIL info@mufoco.org
PEC mufoco@pec.it
PARTITA IVA 04993770967
CODICE FISCALE 94598490152

ORGANIGRAMMA

PRESIDENTE
Davide Rondoni

 

segue con altri organi nel link:

About us

 

 

 

ALTRE OPERE DI  MARIO GIACOMELLI :::

 

 

THE MAMMOTH’S REFLEX, 6 FEBBRAIO 2021 :: Il realismo magico di Mario Giacomelli, collezione permanente a Senigallia

 

 

MARIO GIACOMELLI ::: PAESAGGI —

 

 

 

MARIO GIACOMELLI ::: DA UN CAOS ALL’ALTRO ::: UNA MOSTRA CHE SARA’ APERTA DA ADESSO FINO AL 6 GENNAIO 2019 ::: ALLA FONDAZIONE FORMA MERAVIGLI–MILANO, VIA MERAVIGLI 5 –TUTTI I DATI SOTTO–ENTRATA GRATUITA

 

 

 

MARIO GIACOMELLI ( 1925-2000) –DUE MOSTRE PER IL GRANDE ARTISTA DELLA FOTOGRAFIA A SENIGALLIA DOVE E’ NATO : A PALAZZO DEL DUCA E A PALAZZETTO BAVIERA FINO AL 27 SETTEMBRE 2020

 

 

 

LEGAMI TRA LE OPERE DI MARIO GIACOMELLI E QUELLE DI BURRI

MASSIMO RAFFAELI, SENIGALLIA (AN) : Giacomelli – Burri, amicizia laconica sulle ceneri del realismo –IL MANIFESTO/ ALIAS  DOMENICA  5 SETTEMBRE 2021

 

 

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ruggiero filannino @ruggierofilann4 – 19.08 — 18 aprile 2024 – una foto magnifica !

 

 

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Mauro Biani @maurobiani – 16.49 — 18 aprile 2024 – grazie ! così è chiaro a tutti !

 

 

#parcondicio #GovernoMeloni #tv #manganello

Le nuove regole.

Oggi su  @repubblica

 

 

 

 

 

 

 

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RSI.CH.  radio tv svizzera – link sotto :: Il “World Press Photo 2024” alla “Pietà di Gaza” e al fotoreporter palestinese Mohammed Salem ( Gaza, 1985 — dove vive )

 

 

da :

RSI.CH.  radio tv svizzera

https://www.rsi.ch/info/mondo/Il-%E2%80%9CWorld-Press-Photo-2024%E2%80%9D-alla-%E2%80%9CPiet%C3%A0-di-Gaza%E2%80%9D–2126665.html

 

MONDO

Il “World Press Photo 2024” alla “Pietà di Gaza”

 

La giuria premia lo scatto del fotoreporter Mohammed Salem, il cui lavoro rappresenta uno “sguardo metaforico e letterale su una perdita e un dolore inimmaginabile”

 

 

 

La “Pietà di Gaza” ha immortalato il dolore della guerra.JPG

La “Pietà di Gaza” ha immortalato il dolore della guerra

Reuters/Mohammed Salem
Di: ATS/RSI Info

L’hanno già ribattezzata “La Pietà di Gaza”. È la foto di una donna palestinese, accovacciata per terra, mentre stringe a sé il corpo della nipotina morta, avvolta in un sudario bianco, vincitrice del prestigioso premio di fotografia “World Press Photo” 2024.

Opera del fotoreporter palestinese della Reuters Mohammed Salem, pur non mostrando i visi dei due soggetti ricorda moltissimo il capolavoro di Michelangelo per la sua plastica drammaticità. Un’immagine in due dimensioni che però, secondo molti osservatori, potrebbe diventare una statua, un monumento in grado di rappresentare questa tragica guerra.

 

 

 

 

 

Scattata il 17 ottobre 2023 all’ospedale di Nasser di Gaza, appena dieci giorni dopo l’inizio del conflitto, lo scatto ritrae Inas Abu Maamar, una donna di 36 anni, con una veste azzurra, mentre abbraccia il corpo senza vita di Saly, sua nipote, di cinque anni, coperta da un lenzuolo bianco, uccisa insieme alla madre e a una sorella da un missile israeliano piombato sulla loro casa di Khan Yunis.

 

Un momento “pieno di forza e di tristezza”

Il fotoreporter ha incontrato la donna, accovacciata sul pavimento, abbracciata alla ragazzina, nell’obitorio dell’ospedale, in un momento in cui molti residenti erano andati là per cercare i loro parenti scomparsi, vittime delle bombe. Mohammed Salem descrive la fotografia come un momento “pieno di forza e di tristezza allo stesso tempo, che riassume il sentimento più ampio di quello che è successo nella Striscia di Gaza”. La giuria ha voluto sottolineare la cura e il rispetto con cui il reporter ha ripreso l’immagine, che “offre uno sguardo, allo stesso tempo, metaforico e letterale su una perdita e un dolore inimmaginabile”.

 

 

 

 

Mohammed Salem

Mohammed Salem (b. 1985).

Lavora con La Reuters dal 2003. La suaattenzione principale è il conflitto palestino- israeliano anche se si occupa anche di fatti internazionali.

altro nel link : https://www.worldpressphoto.org/mohammed-salem

 

 

se vi interessa, aprite il suo link qui su Instagram:

mohammedsalem85

https://www.instagram.com/mohammedsalem85/

 

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video, 31 min. ca — LA 7 — OTTO E MEZZO  – 14 MARZO 2024 — Lilli Gruber con Paolo Mieli, Massimo Cacciari, Lucio Caracciolo, e Lorenza Ghedini, direttrice di Radio Popolare

 

 

LA 7 — OTTO E MEZZO  – 14 MARZO 2024
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/litalia-leuropa-e-le-guerre-senza-uscita-otto-e-mezzo-puntata-del-1432024-14-03-2024-531469

 

 

 

 

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FABRIZIO BARCA :: Il cambiamento di Draghi è tutta roba vecchissima — IL FATTO QUOTIDIANO — 18 APRILE 2024 + IL LIBRO DI DONZELLI E LA ” CAMPAGNA ELETTORALE ” PER DECIDERE ” QUALE EUROPA “–

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO — 18 APRILE 2024
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/04/18/il-cambiamento-di-draghi-e-tutta-roba-vecchissima/7517398/

 

Il cambiamento di Draghi è tutta roba vecchissima

DI FABRIZIO BARCA

 

18 APRILE 2024

Per chi crede e chiede un’Europa giusta e all’avanguardia, sociale, produttiva e ambientale, il consenso alle anticipazioni di Mario Draghi del suo Rapporto sulla competitività si esaurisce nel primo e ultimo rigo: “Cambiamento radicale” e “non possiamo aspettare nuovi Trattati”. Ma per fare cosa? Le anticipazioni prefigurano in realtà un tuffo nel buio, l’accanimento di una terapia sbagliata – Ue come una copia degli Usa? – da cui ci si stava con stop and go  ( con tentennamenti ) ritraendo per i danni che ha inferto assieme a diritti sociali e produttività, allontanando i popoli.Pesa una logica succube nel quadro internazionale, dove si insiste a ignorare che siamo entrati nel secolo dell’Asia, si ignora la priorità di ricostruire un rapporto paritario con l’Africa, si affronta mettendosi in trincea il tema delle “risorse critiche strategiche”, dove la carta vera è promuovere filiere che non dipendano da materie possedute da pochi ed estratte con altissimi costi ambientali e umani.Si mette il riarmo al centro del rilancio della domanda: la parola “difesa” ricorre ossessivamente 9 volte, “diplomazia” non una. Si ignora la bandiera della concorrenza e si mira a rafforzare i monopoli. Si tratta “sociale” come vincolo di “economico”, non come un fine. Vediamo le tre parole chiave anticipate da Draghi, confrontandole con le idee di un’Europa radicalmente diversa, questa sì, raccontata nelle 13 tessere proposte dal Forum Disuguaglianze Diversità in Quale Europa.

 

Scalabilità. Nella rincorsa miope ai modelli statunitense e cinese, l’obiettivo indicato è uno: accelerare la concentrazione della conoscenza e del controllo produttivo in poche mani.

Il primo esempio è la “difesa”, la stella polare di Draghi: certo che ha senso, nel necessario coordinamento della difesa in Europa – se non altro per evitare in futuro fughe in avanti di singoli Stati membri – prevedere appalti collaborativi o congiunti, ma al servizio di una trasparente strategia di pace, non di un’economia dominata dal mix letale di segreti militari e proprietà intellettuale.

La devianza monopolistica appare eclatante con riguardo all’industria privata dei farmaci, dove scrive: “La scala è essenziale per lo sviluppo di farmaci nuovi, attraverso la standardizzazione dei dati dei pazienti dell’Ue (…) forti nella ricerca, non riusciamo a portare l’innovazione sul mercato”. Anziché promuovere la condivisione di dati fra pazienti nell’interesse sociale o un’infrastruttura europea per ricerca e sviluppo di farmaci, ecco che i nostri dati omogeneizzati sono pensati al servizio di ancor più alti extra-profitti di imprese farmaceutiche.

Beni pubblici. Dovrebbero indicare beni fruibili dall’intera società senza la formazione di profitti privati, ma, convinti che le persone non capiscano, l’espressione è diventata uno “specchietto per le allodole”. Qui sta a indicare che lo Stato, tutti noi, ci mettiamo i fondi per gli investimenti pubblici, che devono crescere, certo, ma per quali fini? Non per rafforzare e scalare lo Stato sociale, che è perno della “potenza competitiva e attrattiva” dell’Europa: assenza eclatante, visto che parlava nella Conferenza sul Pilastro europeo dei diritti sociali. Ma, di nuovo, per la difesa: è con riferimento a questa unica vera certezza che si chiede di rilanciare la capacità di indebitamento comune dell’Unione. Lo si spieghi alle nuove generazioni che dovranno ripagare quel debito. Si aggiunge: per sviluppare la rete pubblica di computer ad alte prestazioni. Giusto, ma l’unico uso evocato è l’utilizzo da parte di start-up private di intelligenza artificiale, senza alcun riferimento all’impiego per rafforzare quella capacità di pesare, di attenzione ai diritti delle persone, che è il tratto distintivo del sistema di regole europee sul digitale. E ancora: per rafforzare le interconnessioni delle reti energetiche. Giusto, ma per energia da quali fonti? L’“agenda climatica ambiziosa” viene citata solo per dire che è giusta, ma poi, nei fatti, parlando di “industrie ad alta intensità energetica” si evoca il carico normativo maggiore e i minori sussidi delle imprese europee rispetto alle concorrenti: è chiaro cosa ci prepara? Né vi è alcun approfondimento – ci sarà nel Rapporto? – sul forte vantaggio comparato che l’Europa ha in alcune filiere verdi (si vedano gli studi del Centro Fermi) e come puntare su di esse.

 

Risorse e input essenziali. Delle risorse strategiche critiche si è detto. Resta il lavoro. Lasciamo anche stare che lo chiami “input”, un modo di due secoli fa per parlare alle parti sociali che lo ascoltavano. Dopo aver segnalato un mismatch noto fra offerta e domanda di lavoro, Draghi si volge alla destra e prende atto degli “atteggiamenti meno favorevoli nei confronti dell’immigrazione” – sarebbe questa la moralità dell’Europa e il modo di guardare al futuro di fronte alla caduta demografica e a sommovimenti migratori legati anche al cambiamento climatico a cui abbiamo concorso? – per tornare poi a politiche inefficaci del passato: preparare gli “input” necessari qui in casa. Ignaro che con la rapidità del cambiamento di domanda se preparo giovani per una super-specializzazione X, fra quattro anni diranno loro che serve Y. E che la strada è invece di una forte, diffusa preparazione culturale e tecnica di base che consenta adattabilità e libertà.

La chiosa finale, “dare più potere ai nostri lavoratori”, appare in totale dissintonia con l’intero impianto. Ma se Draghi intendesse ciò che dice, lo strumento della Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence è sul tavolo in Europa per essere resa efficace come il Forum DD propone. Siamo qui.

 

 

 

 

 

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Forum Disuguaglianze Diversità

 

 

IL NUOVO LIBRO DEL FORUM DISUGUAGLIANZE E DIVERSITÀ

DAL 29 MARZO IN LIBRERIA

 

Quale Europa

 

 

Tra il 6 e il 9 giugno in tutta Europa le urne saranno aperte per eleggere il nuovo Parlamento europeo. I partiti scaldano i motori: scelgono nomi, avanzano candidature, pensano tattiche. E i programmi? Il vento del nazionalismo e la diffusa resistenza a credere e battersi per una vera alternativa in quasi tutti i paesi membri rischiano di condurre a proposte di scarso respiro, timide nell’affrontare le sfide della doppia transizione, digitale e ambientale; ambigue, al meglio, nei confronti dei migranti; inadeguate a contrastare il nuovo disordine mondiale, le guerre e anche le tante ingiustizie ereditate.

 

La strada da prendere per noi non è quella dell’indifferenza o dell’opposizione all’Ue. L’Unione europea può essere una risorsa preziosa per i destini del mondo, ancor più in questa fase di crescente disordine mondiale e di crescenti rischi per la pace. Non serve, però, una «Unione qualunque». Si sfidano oggi, e continueranno a sfidarsi dopo le elezioni, tre idee diverse di Europaquella che ha governato gli ultimi cinque anni, che, pur compiendo passi in avanti in campo digitale, ambientale e di autonoma capacità di investimento, resta profondamente segnata dalla cultura neoliberistaquella conservatrice-autoritaria, che al neoliberismo cerca di affiancare nazionalismo e corporativismo, giocando «sociale» contro «ambientale», «noi» contro «loro»; e, poi, una terza idea, quella di un’Europa di giustizia sociale e ambientale e di pace. Quest’ultima è l’aspirazione del ForumDD.

 

Abbiamo quindi deciso con questo volume, curato da Elena Granaglia e Gloria Riva e che raccoglie i contributi di numerosi autori e autrici interni o vicini al ForumDD, di scendere in campo. Non è una discesa nell’arena elettorale. È l’offerta di alcuni tratti dell’Unione europea che servirebbe alla giustizia sociale e ambientale, un contributo informativo e di confronto, un metro per giudicare – prima e dopo le elezioni – programmi, partiti, candidature ed eletti, una bussola per il monitoraggio civico delle azioni che l’Unione realizzerà nella prossima legislatura, che porteremo in giro per l’Italia con presentazioni e dibattiti.

 

 

L’Unione auspicata in questo libro è un luogo di promozione del welfare universale, non penalizzato dall’austerità; dove la conoscenza e i dati siano accessibili e a disposizione delle comunità; dove la trasformazione ecologica sia accelerata nell’interesse prima di tutto dei più vulnerabili per realizzare un modo più giusto di vita e di lavoro e dove politiche pubbliche e governo siano democratizzati. Un’Europa che prenda consapevolezza del proprio ruolo fondamentale nei processi migratori e che agisca come costruttore di cooperazione e pace.

 

 

Al suo interno troverete tredici contributi su alcuni dei temi più importanti per disegnare un’Europa di giustizia sociale e ambientale.

 

Istituzioni Gloria Riva
Macroeconomia Francesco Saraceno
Risorse finanziarie Vieri Ceriani
Disuguaglianze Salvatore Morelli
Coesione Fabrizio Barca e Sabina De Luca
Welfare Elena Granaglia
Salute Massimo Florio
Crisi climatica Vittorio Cogliati Dezza e Rossella Muroni
Governo d’impresa Lorenzo Sacconi
Tecnologia digitale Giorgio Resta
Equità di genere Carola Carazzone e Lella Palladino
Migrazioni Marco De Ponte
Europa-mondo Ugo Pagano

 

 

Viaggio in Italia con la testa in Europa

 

L’uscita del libro sarà accompagnata da un vero e proprio “Viaggio in Italia con la testa in Europa” che partirà il 4 aprile per terminare il 7 giugno toccando oltre 70 luoghi in tutto il PaeseIl giro inizierà in Calabria e toccherà tutte le regioni italiane. Gli incontri sono organizzati da soggetti della cittadinanza attiva che in questi anni hanno costruito con il ForumDD relazioni e collaborazioni e che con generosità ed entusiasmo danno vita alle tappe del viaggio. Una vera e propria “campagna elettorale” per la giustizia sociale e ambientale. Il lancio del libro avverrà a Roma il 3 aprile alle 18:00 presso la libreria Ubik Spazio Sette (Via dei Barbieri 7). Parteciperanno Marco Damilano, le due curatrici e Fabrizio Barca.

 

 

Diario di viaggio

 

 

 

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ALBERTO VILLA, ARTRIBUNE –16/04/2024 :: Stranieri Ovunque”– Pregi e difetti della mostra di Adriano Pedrosa alla 60. Biennale di Venezia -. Le foto sono di Irene Fanizza

 

 

ARTRIBUNE —

“Stranieri Ovunque”: una mostra senza grandi sorprese alla Biennale d’Arte di Venezia 2024

 

“Stranieri Ovunque”: una mostra senza grandi sorprese alla Biennale d’Arte di Venezia 2024

Pregi e difetti della mostra di Adriano Pedrosa alla 60. Biennale di Venezia: una celebrazione dello straniero in tutte le sue conformazioni. Ma è abbastanza?

 

 

 

 

 

Nella nostra intervista ad Adriano Pedrosa, qualche mese prima dell’inizio della sua Biennale, gli avevamo chiesto se la retorica dello straniero sia ancora necessaria per parlare di diversità: la sua non risposta (o meglio, il suo parlare di “punti di vista”) ci era sembrata eloquente. Stranieri Ovunque è una Biennale che celebra lo straniero, in tutte le sue possibili conformazioni: da chi proviene dal Sud globale (quindi non dai Paesi occidentali) a chi fa parte della comunità queer, il pregio di questa Biennale è l’essere riuscita a dare una voce consistente, senza precedenti nella storia di questa istituzione e in linea con la traiettoria tracciata dal presidente uscente Roberto Cicutto, a oltre trecento artisti appartenenti a contesti sottorappresentati dal sistema dell’arte; in una parola, agli outsider. Se è (quasi) una novità per la Biennale di Venezia, non lo è tuttavia per altre grandi manifestazioni come documenta a Kassel, che da più di vent’anni (e in particolare dalla sua undicesima edizione, curata dal compianto Okwui Enwezor nel 2002) esplora il tema del decolonialismo. Ma veniamo al sodo, per capire se la relativa originalità del tema selezionato sia supportata dagli artisti e, soprattutto, dalle opere.

 

“Stranieri Ovunque”. La mostra di Adriano Pedrosa alla Biennale di Venezia

 

Nonostante sia la scritta al neon “Foreigners Everywhere / Stranierə Ovunque” di Claire Fontaine a introdurre la mostra alle Corderie dell’Arsenale (così come al Padiglione Centrale dei Giardini), è poco dopo che appare quello che è facile definire il vero manifesto di questa Biennale: un’imponente opera di Frieda Toranzo Jaeger include le grandi tematiche (e le tecniche) attorno a cui ruota la mostra di Pedrosa. Pittura e ricamo sono infatti al centro dell’opera di Toranzo Jaeger, per raccontare le istanze del decolonialismo, dell’amore non dicotomico, della libertà dei popoli: non mancano, infatti, riferimenti più o meno espliciti alla causa palestinese. Procede così su queste direttive Stranieri Ovunque, esplorando lo straniero nella difficoltà ma anche nella ricchezza della sua condizione. Se in certi brani, in particolare all’Arsenale, sembra di venir catapultati indietro nel tempo all’edizione 2022 curata da Cecilia Alemani, la stessa sensazione non può essere riscontrata riguardo ai video: troppi e dispersivi due anni fa, pochi e curati in questa edizione. A partire dal validissimo Disobedience Archive di Marco Scotini, che meriterebbe un articolo a sé: decine di filmati che raccontano la disobbedienza civile sono presentati simultaneamente, ma il brusio audio-visivo che pervade la stanza scompare quando ci si concentra su un singolo video, grazie a un allestimento attento a evitare la sovrapposizione e la cannibalizzazione dei contenuti. Sempre all’Arsenale si segnalano i filmati VOID del filippino Joshua Serafin Torita-encuetada del nicaraguense Elyla, entrambi dedicati all’esplorazione dell’identità queer attraverso performance che coinvolgono il corpo in maniera rituale, seppur con accezioni rispettivamente fantascientifiche e tradizionali. Al Padiglione Centrale dei Giardini spicca invece la proiezione Gaddafi in Rome: Anatomy of a Friendship, in cui Alessandra Ferrini esplora i riflessi contemporanei del passato colonialista italiano a partire dalla documentazione relativa all’incontro tra Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi nel 2008.

 

 

 

 

biennale 2024 ph irene fanizza 10 “Stranieri Ovunque”: una mostra senza grandi sorprese alla Biennale d’Arte di Venezia 202460ma Esposizione Internazionale d’Arte. Ph: Irene Fanizza

 

 

“Stranieri Ovunque”. Il nucleo storico, sulle orme di un nuovo modernismo

 

Fra i maggiori pregi della mostra c’è il cosiddetto nucleo storico: tre sezioni che servono da punto fermo di un processo di rilettura del passato da un punto di vista non occidentale. Ai Giardini, le sezioni Astrazioni Ritratti raccolgono le esperienze di un Novecento finora non considerato, se non alle latitudini in cui si è sviluppato. Opere di artisti e artiste provenienti da contesti asiatici, africani, centro-sudamericani e oceanici dimostrano la necessità di ripensare le coordinate (geografiche e temporali) del modernismo. Se Astrazioni Ritratti soffrono di allestimenti infelici, che ricalcano vetuste e poco valorizzanti quadrerie, non si può dire lo stesso della sezione del nucleo storico ospitata all’Arsenale e intitolata Italiani Ovunque: le opere di artisti italiani che hanno trovato casa all’estero, delineando quella che fu (e che è tuttora) una vera e propria diaspora, sono esposte su pannelli in vetro trasparente, recuperando un allestimento progettato da Lina Bo Bardi proprio per il Museu de Arte de São Paulo in Brasile (di cui Pedrosa è direttore). Tra le altre, un’opera di Domenico Gnoli che mostra la suola di una scarpa (una parte solitamente invisibile, che fa riecheggiare l’invisibilità storica di molti degli artisti esposti in mostra e quella del retro delle opere, reso visibile proprio dai supporti vitrei) e un dipinto di Umberto Giangrandi in cui a una natura morta fanno da sfondo un cielo plumbeo e un amplesso, forse d’amore, forse di violenza.

 

Adriano Pedrosa ( sinistra ) , curatore della  Biennale Arte  e Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia

PH . IRENE FANIZZA

biennale 2024 ph irene fanizza 4 “Stranieri Ovunque”: una mostra senza grandi sorprese alla Biennale d’Arte di Venezia 2024

 

 

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L’ESILIO E’ UN LAVORO DURO

 

 

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Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

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Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

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Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

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Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

 

Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

“Stranieri Ovunque”. Tanta pittura, poca tecnologia

 

La mostra di Pedrosa è allineata anche ai riverberi (o agli scheletri) transavanguardisti che caratterizzano il presente dell’arte contemporanea internazionale. Al di là della sua prevedibile ingenza ( = considerevole, ingente ) nel nucleo storico, la pittura pare continuare a essere il medium favorito della stragrande maggioranza degli artisti selezionati, non solo al Padiglione Centrale dei Giardini, ma anche all’Arsenale, dove gli spazi potrebbero favorire (com’è successo in passato) interventi di natura maggiormente installativa.

Della pittura è certamente apprezzata l’immediatezza con cui permette di veicolare temi quali l’identità, la sessualità, l’appartenenza culturale. È il caso dei bei dipinti dello statunitense Louis Fratino, manifesti di una queerness tenera e audace al tempo stesso, a pochi passi dalle opere di Filippo de Pisis. Tela e pennello replicano inoltre un sentimento, se vogliamo, “anti-tecnologico” che ricorre in tutta l’esposizione: anche nelle opere maggiormente installative, dove potrebbero trovare spazio soluzioni meno analogiche, si preferiscono medium più tradizionali (come il tessuto) o comunque materiali di recupero, come nella grande struttura realizzata da Daniel Otero Torres.

Pare dunque essere suggerito un legame a doppio filo tra la condizione di straniero e il generico rifiuto della tecnologia (o la maggiore vicinanza al dato naturale). Da un lato non può che essere così, proprio per aspetti culturali che rendono le popolazioni indigene generalmente più attente al territorio che abitano, influenzando in questo senso le pratiche dei loro artisti; dall’altro è rischioso presentare così veementemente la distanza dello straniero dalla tecnologia, soprattutto in un’epoca in cui Internet, i social network e l’intelligenza artificiale giocano un ruolo chiave anche nelle riflessioni postcoloniali, anticapitaliste e antipatriarcali (tra i tanti nomi eminenti in materia, quelli di Donna Haraway e di Rosi Braidotti).

 

 

Biennale 2024 ph Irene Fanizza

 

 

 

“Stranieri Ovunque”. I limiti della mostra di Adriano Pedrosa

 

Tutto sommato, quella di Pedrosa è una Biennale priva di grandi sorprese. I temi della diversità e dell’estraneità sono affrontati in maniera trasversale ma di certo non avanguardistica, rendendo Stranieri Ovunque una mostra terminale, più che germinale. Forse era l’occasione – l’ultima, prima di un mandato presidenziale che verosimilmente non avrà le stesse accortezze in termini decoloniali e queer – per trattare la diversità da un punto di vista innovativo. Era l’opportunità, per la Biennale, di porsi come esempio di inclusione senza il bisogno di giustificazioni. Il dubbio con cui siamo entrati è rimasto: finché lo straniero sarà riconosciuto nella sua condizione di straniero, l’orizzonte dell’inclusione sarà a distanza. Rendere visibili gli invisibili è un intento nobile, ma limitato nella sua capacità di costruire cambiamento se è l’invisibilità la ragione di tale attenzione. Una medesima e pluralistica selezione degli artisti partecipanti avrebbe potuto avere un impatto decisamente maggiore se non fosse stata “giustificata” meramente dall’appartenenza a contesti sottorappresentati. Quello che è certo è che il Padiglione Centrale così colorato (merito del collettivo indigeno brasiliano MAHKU) è proprio bello.

 

Alberto Villa

 

 

ALTRE FOTO POTETE VEDERLE NEL LINK :

“Stranieri Ovunque”: una mostra senza grandi sorprese alla Biennale d’Arte di Venezia 2024

 

 

 

 

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Qualche tela dell’artista palestinese Mohammed Alhaj – DA ASSOPALESTINA.ORG — 16 APRILE 2024 –di Giuseppina Fioretti + altri link ( segnati sotto )

 

 

ASSOPALESTINA.ORG — 16 APRILE 2024

di Giuseppina Fioretti

https://www.assopacepalestina.org/2024/04/16/da-gaza-esistenza-e-fermezza-nellarte-di-mohammed-alhaj/

 

 

 

Displacement

Painting, 120 W x 100 H x 2 D c

 

 

 

Alhaj è sicuramente uno degli artisti di Gaza più famosi, che ha animato la scena artistica del mondo arabo, non solo palestinese, attraverso la sua capacità di sperimentazione e di ricerca. Continua a farlo anche adesso, mentre con i quattro figli e la moglie cerca di salvarsi dalle bombe che cadono su ogni angolo della striscia di Gaza. All’inizio dei bombardamenti è stato costretto a dirigersi verso sud, lasciando la residenza e lo studio a Gaza City e raggiungendo prima il campo profughi di Nuseirat, al centro della Striscia, e poi Khan Yunis e infine Rafah.

Le sue opere, le tele e le sculture, i bassorilievi e i murales sono andate tutte distruttebruciate e ridotte in cenere. Dell’incredibile lavoro artistico di Mohammed Alhaj resta traccia solo in qualche foto che ha pubblicato in passato sulle sue pagine social oltre a quelle conservate presso il Palestine Museum US.

 

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto grafico raffigurante ‎3 persone e ‎il seguente testo "‎gofundme gofund ۔. Please Help Artist Artist Mohammed Al-Haj and his Family $1,031 Raised L7 mohammed.alhaj.000‎"‎‎

25 MARZO 2024 —Woodbridge, Stati Uniti d’America 

 

 

 

RACCOLTA FONDI PER L’ARTISTA MOHAMMED ALHAI E LA SUA FAMIGLIA  —ORGANIZZADA DA TALA JALLAD

https://www.gofundme.com/f/please-help-artist-mohammed-alhaj-and-his-family?utm_campaign=p_cp+fundraiser-sidebar&utm_medium=copy_link_all&utm_source=customer

 

 

 

Palestine Museum US

 

https://www.facebook.com/PalestineMuseum.US/

 

 

 

 

TELA 1

 

Kawkaba Village, 70 x 50 cm,
tecnica mista su legno, 2014.
Collezione: Lana e Nasser Abdel Hadi.

 

 

 

 

La famiglia di Mohammed dopo il 1948 si rifugiò a Gaza proveniente dal villaggio di Kawkaba in Palestina.

 

profile avatar

foto da :

SAATCHIART.COM
https://www.saatchiart.com/mohammedalhaj

 

 

Emigrarono poi in Libia dove nel 1982 nacque Mohammed. All’età di 13 anni ritornò a Gaza stabilendosi prima a Nuseirat e successivamente si trasferì a Gaza City laureandosi nel 2004 in Arte presso l’Università di Al Aqsa. Questa università, fondata nel 1955, era la più antica istituzione pubblica d’istruzione superiore; divisa in due campus, uno a Gaza City e un altro a Khan Yunis, è stata completamente distrutta in questi mesi di incessanti attacchi aerei.

Dopo la laurea inizia il suo percorso di insegnante e di artista sperimentando varie tecniche e materiali. Fortemente influenzato da artisti palestinesi come Suleiman Mansour e Ismail Shammout, i suoi dipinti in una prima fase sono caratterizzati dai simboli del patrimonio artistico e culturale palestinese. Come egli stesso ama ripetere, oltre all’influenza di grandi esponenti della Lega degli Artisti palestinesi, Mohammed è stato condizionato anche dai racconti e dai ricordi di suo padre. Sulla memoria familiare costruisce una nuova fase artistica quella in cui il tempo e lo spazio diventano il focus dei suoi lavori a partire dal 2014 quando dipinge “Kawkaba Village” (tela 1).

 

 

Poco prima suo padre aveva ottenuto il permesso di visitare il suo villaggio che era stato costretto ad abbandonare nel 1948 e al suo ritorno a Gaza il racconto di questa esperienza segnò artisticamente Alhaj.

Ispirato dai racconti del padre sul processo ancora in corso della Nakba e dall’esperienza di spostamento che lui stesso ha vissuto tra Gaza e Libia, come i tanti palestinesi in diaspora, l’artista si concentra sulla relazione tra il territorio e il dislocamento creando immagini in cui “L’ombra umana diventa l’orizzonte che porta con sé ricordi del passato e aspirazioni per il futuro”. Nelle sue opere il cambiamento dello spazio generato da spostamenti forzati diventa quasi metafisico esprimendo la consapevolezza che la dispersione, l’emigrazione forzata, la diaspora sono percorsi che accomunano i palestinesi ad altri popoli arabi i cui paesi sono devastati dalle guerre.  Con questa cognizione nel 2019 realizza una serie di quadri che intitola “Displacement” ( ” migrazione ” ) e con cui parteciperà nel 2021 alla mostra “Transizioni” tenutasi a Gaza. Di questa collezione fa parte il quadro “Immigration” (tela 2) con cui partecipa alla Biennale 2022 e insieme a due sculture dedicate al ruolo delle donne palestinesi nella Grande Marcia del Ritorno.

 

 

Displacement

DISPLACEMENT –Displacement Series, Untitled #6, 100 x 80 cm, acrilico su tela, 2020.

 

 

 

 

Displacement

UN’ALTRA OPERA CON LO STESSO TITOLO

 

 

 

 

 

Displacement

Displacement Series, Untitled #8, 100 x 80 cm, acrilico su tela, 2020.

 

 

 

 

OPERE SOPRA DA:

SAATCHIART.COM — GOOGLE

https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.saatchiart.com%2Fprint%2FPainting-Displacement%2F1878038%2F8846283%2Fview&psig=AOvVaw0OdpEY-594MAW9ZYG-x7fy&ust=1713455020111000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CAQQjB1qFwoTCIiW7MPLyYUDFQAAAAAdAAAAABAS

 

 

 

FOTO DI MOHAMMED ALHAJ

DA :
https://thisweekinpalestine.com/mohammed-alhaj/

 

 

 SITO A GAZA
https://gazatraces.wordpress.com/mohammed-al-haj/.

 

 

 

FOTO DI MOHAMMED ALHAJ
https://shababek.guccpal.org/profile.php?member=38&title=Mohammed_Alhaj#:~:text=mohammedalhaj.1982%40gmail.com

 

 

 

 

 

shababek For art .. untitled

 

 

 

 

Mohammed Alhaj 01 | Jodar Artistry

 

JODAR ARTISTRY
https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fjodar-artistry.com%2Fartwork%2Fmohammed-alhaj-01%2F&psig=AOvVaw0TgE-NdcpgP9iqdc7tXNpU&ust=1713456067385000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CAQQjB1qFwoTCIjb1bfPyYUDFQAAAAAdAAAAABAJ

 

 

 

 

shababek For art .. untitled

https://shababek.guccpal.org/work_details.php?details=116&title=untitled

 

 

 

 

Mohammed Alhaj - gaza - palestine | LinkedIn

 

LINKEDIN PALESTINE

https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fps.linkedin.com%2Fin%2Fmohammed-alhaj-51172578&psig=AOvVaw0TgE-NdcpgP9iqdc7tXNpU&ust=1713456067385000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CAQQjB1qFwoTCIjb1bfPyYUDFQAAAAAdAAAAABAd

 

 

 

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17 SETTEMBRE 2019

 

 

 

 

 

 

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28 AGOSTO 2019

 

 

 

 

 

 

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13 AGOSTO 2019

 

 

 

 

 

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12 AGOSTO 2019

 

 

 

 

 

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5 Agosto 2019 

 

 

 

 

 

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31 LUGLIO 2019

 

 

 

 

 

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19 AGOSTO 2021

 

 

 

 

 

फ़ोटो के बारे में कोई जानकारी नहीं दी गई है.

FACEBOOK 17 AGOSTO 2021

M O H A M M A D A L H A J
Acrylic on canvas
Size : 100cm x 80cm
2017

 

 

 

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BARBARA BUBBI – UNIVERSO ASTRONOMIA — FACEBOOK ( link sotto ) :::: Il Telescopio Webb Inquadra la Galassia detta ” Ruota di Carro “

 

 

UNIVERSO ASTRONOMIA

22 GENNAIO 2023

https://www.facebook.com/photo/?fbid=727992732020849&set=pb.100044303865664.-2207520000

 

 

 

Webb Inquadra la Ruota di Carro



La Galassia Ruota di Carro (ESO 350-40), localizzata a circa 500 milioni di anni luce da noi, è una visione cosmica molto speciale. Il suo aspetto insolito e sorprendente deriva da un evento cosmico devastante: una collisione ad alta velocità tra una grande spirale e una galassia più piccola, non visibile in questa immagine, che è passata attraverso il disco della compagna. La collisione tra il materiale interstellare ha generato onde d’urto che hanno travolto gas e polveri, in modo simile alle increspature prodotte quando un sasso cade in un lago. Espandendosi a circa 320.000 km/h, questo tsunami cosmico ha lasciato dietro di sè vaste regioni di formazione stellare. Come si può ben notare, lo scontro ha avuto conseguenze distruttive per la struttura e la forma degli oggetti coinvolti.

L’insolita galassia sfoggia un anello interno brillante e un anello circostante principale, che si estende per oltre 150.000 anni luce: potrebbe contenere la Via Lattea al suo interno. Queste due strutture si espandono verso l’esterno a partire dal centro della collisione, come onde concentriche in uno stagno. Il nucleo luminoso contiene prodigiose quantità di polvere calda, con le regioni più brillanti che ospitano giganteschi e giovani ammassi stellari. D’altro canto, l’anello esterno, che si sta espandendo da circa 440 milioni di anni, è dominato da processi di formazione stellare ed esplosioni di supernove. Man mano che l’anello si allarga, collide con il gas circostante, che si addensa e si comprime, portando alla nascita di miriadi di nuove stelle.

Le osservazioni nell’infrarosso del telescopio Webb permettono di scoprire nuovi indizi sulla natura della straordinaria galassia. La Near-Infrared Camera (NIRCam) è in grado di rivelare la presenza di stelle che normalmente rimangono oscurate dalle polveri cosmiche in luce visibile. In questa ripresa i dati di NIRCam sono mostrati in colore blu, arancio e giallo e rivelano singole stelle o addensamenti di formazione stellare, permettendo anche di distinguere tra le stelle più vecchie del nucleo e la popolazione stellare più giovane verso l’esterno. Tuttavia, lo studio delle polveri interstellari sparse attraverso la galassia richiede l’utilizzo della camera Mid-Infrared Instrument (MIRI), i cui dati sono mostrati in rosso. Questi dati rivelano zone ricche di polveri composte da silicati e idrocarburi, che essenzialmente si addensano nei “raggi” della ruota galattica.

Prima della collisione la Ruota di Carro era probabilmente una normale galassia a spirale come la nostra Via Lattea e questa struttura sta cominciando a riemergere, come si può notare dai raggi tra l’anello esterno e il brillante nucleo ovale. Le osservazioni di Webb evidenziano il fatto che la galassia si trova in una fase assai transitoria della sua evoluzione. Nel corso del tempo continuerà a trasformarsi e a cambiare aspetto. Questa immagine rappresenta soltanto un istante del percorso evolutivo della Ruota di Carro, ma fornisce anche indizi su quanto è avvenuto in passato e su ciò che accadrà in futuro in questo ambiente cosmico turbolento.

Credits: NASA, ESA, CSA, STScI

 

 

 

 

 

 

 

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LIMESONLINE — 15 APRILE 2024 — FEDERICO PETRONI / FIAMME AMERICANE : COME E PERCHÉ L’AMERICA CHIEDE A ISRAELE DI NON REAGIRE

 

 

LIMESONLINE — 15 APRILE 2024
https://www.limesonline.com/rubriche/fiamme-americane/iran-attacco-israele-reazione-stati-uniti-biden-netanyahu-15644192/?ref=LHTP-BH-I15594164-P1-S2-T1

 

COME E PERCHÉ L’AMERICA CHIEDE A ISRAELE DI NON REAGIRE

 

FIAMME AMERICANE 

L’amministrazione Biden prova a convincere l’alleato che il bilancio dell’attacco iraniano è positivo. Ma le valutazioni del governo Netanyahu divergono.

 

 

di Federico Petroni

 

 

 

Dettaglio di una carta di Laura Canali. La versione integrale è nel corpo dell’articolo

 

 

 

Fiamme Americane è l’osservatorio di Limes sugli Stati Uniti e sugli intrecci tra la discordia interna e la politica estera. Rubrica curata e ideata da Federico Petroni. Tutte le puntate a questo link.

 

 

Israele ha colpito l’Iran ma non ne ha pagato alcun prezzo. Anzi, ci ha guadagnato. Perché ha respinto con straordinaria efficacia la rappresaglia persiana di sabato-domenica notte. Ha dimostrato di avere l’appoggio di paesi occidentali e arabi che lo preferiscono a Teheran nonostante la tragedia dei civili a Gaza.

Soprattutto, la Repubblica Islamica ha fatto di tutto, persino esporre il proprio strumento militare a una figuraccia, pur di non rischiare di innescare un’escalation. Avendo ottenuto un successo, una controrappresaglia contro gli iraniani non è necessaria. E comunque l’America non vi parteciperebbe, dunque non la appoggia.

Questo sta dicendo l’amministrazione Biden al governo di Benyamin Netanyahu per dissuaderlo dal rispondere agli attacchi del fine settimana. L’intenzione americana è chiara: la crisi può finire qui, Israele ha ottenuto importanti successi e non deve alimentare l’escalation, bensì «pensare attentamente e strategicamente» alla prossima mossa.

La posizione di Washington è dettata dall’ovvio interesse a non allargare ulteriormente la guerra in Medio Oriente. Ma non solo.

Per gli americani la notte del 13-14 aprile contiene effettivamente importanti successi, smorzati però da alcuni caveat.

 

Carta di Laura Canali - 2023

Carta di Laura Canali – 2023

Un primo elemento riguarda l’Iran. Il regime degli ayatollah si è dimostrato al contempo cauto e non particolarmente forte. È vero che ha attaccato per la prima volta nella sua storia il territorio israeliano e lo ha fatto in modo massiccio – circa 300 droni e missili in un colpo solo superano persino quanto lancia la Russia sull’Ucraina nei giorni peggiori. Ma ha controbilanciato il superamento di queste soglie critiche preannunciando gli attacchi. Così ha azzerato l’effetto sorpresa, con l’evidente intento di ridurre gli enormi danni che quegli attacchi avrebbero potuto causare. Difficilmente aveva previsto che i danni sarebbero stati nulli. Ha dunque dimostrato di non avere mezzi convenzionali splendenti. Ciò costituisce l’elemento di sconfitta tattica per Teheran che soddisfa la percezione americana.

 

Un secondo aspetto riguarda le alleanze locali. Uno degli aspetti più importanti della notte del 13-14 aprile è la partecipazione diretta dei paesi arabi alla difesa di Israele.

L’Iran aveva avvisato i propri vicini 72 ore prima i propri vicini delle tempistiche e delle modalità della rappresaglia, ufficialmente per consentire loro di prendere contromisure, in realtà per testare la loro reazione. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno passato le informazioni agli Stati Uniti, i quali hanno attivato la rete di contatti mediorientali per organizzare la protezione dello Stato ebraico. Riyad e Abu Dhabi hanno fornito altra intelligence prima e dopo l’operazione. La Giordania ha persino abbattuto in prima persona alcuni droni e missili iraniani. Hanno partecipato anche Regno Unito e Francia.

 

È la validazione di un obiettivo persistente degli Stati Uniti, che da anni cercano di federare Israele e arabi del Golfo in una coalizione militare.

 

Lo spostamento dello Stato ebraico dallo European Command al Central Command aveva esplicitato tale intenzione.

( NOTA 1 – al fondo)

 

E aveva già segnalato una maggiore apertura dei paesi musulmani a interagire con Gerusalemme.

La rappresaglia sventata conferma che, nonostante l’Arabia Saudita abbia un accordo formale con l’Iran e non con Israele, preferisce difendere quest’ultimo per evitare sia un allargamento della guerra sia un rafforzamento dell’immagine dei persiani a livello regionale. Washington userà questo argomento per sconsigliare a Gerusalemme di attaccare l’Iran per evitare di compromettere la costruzione di allineamenti più saldi coi vicini.

 

Tuttavia, lo scorso fine settimana ha mostrato anche che la cooperazione tra Israele e potenze arabe funziona solo attraverso gli Stati Uniti, in qualità di fornitori di buona parte dei mezzi militari (aerei, navi, radar, intelligence, comando) che hanno disinnescato l’attacco iraniano. Se il risvolto militare degli Accordi di Abramo serve a sgravare l’America di responsabilità in Medio Oriente, l’obiettivo è lungi dall’essere centrato. Anzi potrebbe caricare Washington di maggiori impegni.

 

Soprattutto, la lettura israeliana degli eventi facilmente differisce da quella statunitense. L’Iran ha valicato una soglia psicologica: suggerisce che un attacco agli interessi iraniani nella regione (come quello all’ambasciata in Siria che ha causato questa crisi) potrà essere vendicato con un attacco al territorio israeliano. Tocca un nervo scoperto per lo Stato ebraico. Non è una questione di ripristinare la deterrenza, tecnicismo militaresco che non aiuta a capire il punto di vista di Gerusalemme (oltre al fatto che la deterrenza è saltata da tempo). Il punto è che per la dirigenza israeliana il territorio non deve essere minacciato. Sia perché non c’è profondità strategica sia perché la popolazione si sente circondata da nemici o potenziali avversari.

 

Senza contare che l’abbattimento del 99% dei droni e dei missili è stato possibile solo grazie all’aiuto di altri paesi e soprattutto al largo preavviso iraniano. In una circostanza di guerra vera, magari con gli Stati Uniti impegnati altrove, la contraerea israeliana verrebbe saturata velocemente.

 

Gerusalemme si accontenterà della figuraccia e della cautela dell’Iran oppure dovrà fare qualcosa che torni a incutere negli avversari il timore di bersagliare Eretz Yisrael?

Nella prospettiva israeliana è molto più acuta rispetto alla prospettiva americana la considerazione che, negli ultimi decenni, l’Iran si è avvicinato al territorio dello Stato ebraico e ora è anche disposto a colpirlo direttamente. Oltre al fatto che Netanyahu si è costruito una carriera sulla rappresentazione degli ayatollah come nemico assoluto e potrebbe pagare un prezzo politico se non reagisce. Agli americani dei suoi destini importa poco – in realtà molto, perché non nascondono nemmeno più di sperare che venga sostituito.

 

Carta di Laura Canali - 2023
Carta di Laura Canali – 2023

Fra Washington e Gerusalemme sta andando in scena una replica in piccolo della dinamica seguita all’aggressione di Hamas del 7 ottobre. Israele si sente ferito e gli Stati Uniti lo invitano alla calma, forti di avergli fatto da scudo per plasmare la reazione dell’alleato. In autunno la scommessa americana non ha pagato granché e anche per questo di recente le critiche di Biden a Netanyahu si sono fatte molto più forti. Ora lo shock è nettamente inferiore e la posta in gioco (scatenare una grande guerra regionale) assai superiore.

 

Soprattutto, i militari israeliani non sembrano propensi ad avallare il desiderio di Netanyahu di colpire l’Iran o comunque di rispondere con un gesto drammatico. Esattamente come da anni gli Stati Uniti e le Forze armate dello Stato ebraico sono di fatto alleate per impedire al leader ebraico di dar sfogo alla sua ostilità verso la Repubblica Islamica. Nonostante la guerra di Gaza e un crinale sempre più sottile, certe logiche ancora resistono.

 

 

Logo 

 

 

 

nota 1 —

 

da : 

 

EUCOM —

Comando europeo degli Stati Uniti

https://en.wikipedia.org/wiki/United_States_European_Command#/media/File:EulerDiagrEucomSust.jpg

 

 

 

 

non definito

 

 

Un diagramma di Eulero delle alleanze, dei partner e dei concorrenti europei, indicati dalle loro bandiere nazionali, [5] nell’area di responsabilità dell’EUCOM. Le alleanze e gli accordi includono i seguenti organismi sovranazionali: PESCOArea SchengenUE e NATO .

Ancheta

 

 

  SUGGERIMENTO :

*** VOLENDO LEGGERE  SI INTUISCE QUALCOSA DI PIU’:

L’Europa forte: un laboratorio di sostegno al combattimento su scala continentale

 

U.S. ARMY –4 NOVEMBRE 2019

https://www.army.mil/article/219091/strong_europe_a_continental_scale_combat_sustainment_laboratory

 

 

2.

United States Central Command

 

DA : 

https://it.wikipedia.org/wiki/United_States_Central_Command

 

 

Lo United States Central Command (CENTCOM) è un Comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti. Il quartier generale è situato presso la MacDill Air Force Base, in Florida.

Come tutti i comandi combattenti, il CENTCOM costituisce un elemento privo di qualsiasi unità militare permanentemente assegnatagli. Il comando opera con dei comandi componenti, uno per ogni servizio delle forze armate statunitensi, insieme ad una componente delle operazioni speciali congiunte ed a un certo numero di Task Forces.

 

SITO UFFICIALE DEL CENTCOM

https://www.centcom.mil/

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ZARA – ZADAR — CROAZIA — + SPALATO — PALAZZO DIOCLEZIANO + altro

 

 

 

 

Listen der Top-Ziele, zu denen Zadar und Umgebung gehören

 

Zara (AFI: /ˈʣara/; in croato Zadar; in serbo: Задар?, traslitterato Zadar; in ungherese Zára; in dalmatico: Jadera) è una città della Croazia che si trova nella Dalmazia centrale lungo il Medio Adriatico. Si affaccia sulle isole di Ugliano e Pasmano, dalle quali è separata dallo stretto di Zara. Capitale storica della Dalmazia, pur essendo stata da tempo superata da Spalato per numero di residenti, conta 75 082 abitanti ( DATI 2011 )

 

 

 

Mappa MICHELIN Zara - Pinatina di Zara ViaMichelin

ZADAR — ZARA

 

 

 

CROAZIA -MAPPA DELLE REGIONI
– ZADAR — in viola
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MAPPA POLITICA DEELLA CROAZIA CON LE CITTA’- LA CAPITALE E’ ZAGABRIA- ZAGREB NEL NORD DEL PAESE.
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SPALATO — PALAZZO DI DIOCLEAZIANO

 

 

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Ricostruzione del palazzo imperiale di Diocleziano a Spalato al momento del suo completamento nel 305
Ernest Hébrard (recoloured by DIREKTOR)

SPALATO — SPLIT IN CROATO

 

 

Basement Halls of Diocletian's Palace Museum, Split, Croatia

 

 

 

Palace of Roman emperor Diocletian in Split Croatia

 

 

 

 

Croatia, Split, Diocletian's Palace, Cathedral Of St.

IL PALAZZO DI DIOCLEZIANO E LA CATTEDRALE DI SAN DOIMO, ORIGINARIAMENTE ERA IL MAUSOLEO DI DIOCLEAZIANO FACENTE PARTE DEL PALAZZO

 

 

 

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Falk2 – Opera propria

 

 

 

 

Split, Croazia

TURISTI PASSEGGIANO SUL PERISTILIO DEL PALAZZO DI DIOCLEAZIANO

 

 

 

 

Vestibule Of Diocletian Palace, Split, Split-Dalmatia, Croatia

VESTIBOLO DEL PALAZZO DI DIOCLEZIANO

 

 

 

Silver Gate, Diocletian's Place, Split, Croatia.

PORTA ARGENTEA DEL PALAZZO DI DIOCLEZIANO

 

 

 

TORNIAMO A ZARA —

 

 

Fondata nel IX secolo a.C. dai Liburni, una tribù illirica, divenne prima municipio romano con il nome Iadera e poi colonia romana probabilmente già sotto Cesare. Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la distruzione di Salona, agli inizi del VII secolo Zara diventa la capitale della provincia bizantina della Dalmazia, poi Ducato di Dalmazia. Il controllo bizantino fu conteso sino al X secolo da Goti, Franchi e in seguito dai Croati.

 

Per secoli Zara fu una delle città più importanti della Repubblica di Venezia, di cui fece parte dall’anno mille fino alla sua caduta, che avvenne nel 1797. Dopo una breve parentesi napoleonica fu dominata dagli austriaci fino ai primi del Novecento, divenendo capitale del Regno di Dalmazia. In seguito alla prima guerra mondiale la città divenne un’exclave italiana, capoluogo della provincia di Zara, circondata dalla Dalmazia jugoslava.

 

 

 

Mappa MICHELIN Zadarska županija - Pinatina di Zadarska županija ViaMichelin

ZADAR

 

 

Nel corso della seconda guerra mondiale fu gravemente colpita dai bombardamenti aerei e, in seguito al trattato di pace del 1947, fu ufficialmente annessa alla Jugoslavia. Dal 1991, dissoltasi la repubblica jugoslava, fa parte della Croazia ed è oggi il capoluogo della regione zaratina, sede universitaria e arcivescovile.

Zara fino alla dissoluzione della Jugoslavia era una delle città economicamente più sviluppate della costa dalmata, primato che tuttora conserva, vista la presenza di fabbriche di svariati rami industriali. Questa versatilità ha consentito a Zara di riprendersi relativamente rapidamente dopo la guerra d’indipendenza croata. Il porto di Zara, che è adibito sia al traffico turistico sia a quello merci, è diventato uno dei porti più trafficati della Croazia con una costante tendenza di crescita visto che offre un collegamento diretto tra l’Italia, la Croazia e il resto dell’Europa centrale.

 

 

 

 

ZARA — DA PINTEREST

 

 

 

Fino al 1947 la componente di lingua e cultura italiana costituiva la maggioranza della popolazione, ma la gran parte di essa abbandonò la città in seguito ai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale e successivamente per la persecuzione etnica e politica. Oggi sopravvive in città solo una piccola minoranza italofona di dalmati italiani, riunita nella locale Comunità degli Italiani.

Le fortificazioni risalenti all’epoca della Repubblica di Venezia presenti a Zara sono state inserite nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO nel circuito storico e culturale delle opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale

 

 

 

Aerial view of the famous Nin lagoon and medieval in Croatia

L’arcipelago di Zara offre ai visitatori la possibilità di scoprire una delle zone più belle della Dalmazia lontano dalla parte più turistica della regione. E’ popolare tra gli appassionati di pesca, ma ci sono molte attività per tutti i gusti come lo snorkeling, l’esplorazione delle grotte e il salto dalla scogliera.

 

 

 

 

ANTICO FORO ROMANO
AnatolyPm – Opera propria

 

 

 

 

Church of St Donatus and Bell Tower

CHIESA DI SAN DONATO E LA TORRE DELLA CATTEDRALE DI ZARA

 

 

 

 

 

Particolare del muro perimetrale della chiesa di San Donato, dove si possono notare pietre, in questo caso tronconi di colonne, del Foro Romano di Zara, che sono state utilizzate per edificare l’edificio sacro zaratino

Joadl – Opera propria

 

 

 

 

St Dominic's Church

CHIESA DI SAN DOMENICO
Thomas Au

 

 

 

 

 

Roman Forum in Zadar

FORO ROMANO
Maestralno – Opera propria

 

 

 

 

 

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INTERNO DELLA CHIESA DI SAN DONATO
Joan – Opera propria

 

 

La chiesa di San Donato (in croato Sv. Donat) è una chiesa di Zara. Eretta nel IX secolo, costituisce uno dei più importanti monumenti della città, e uno tra i maggiori esempi di architettura bizantina nell’intera Dalmazia.
È una chiesa a pianta centrale, che nella struttura ricorda San Vitale a Ravenna (che servì probabilmente da modello) e la Cappella Palatina di Aquisgrana.
L’interno è strutturato intorno ad uno spazio centrale, che termina con una cupola alta 27 metri; intorno ad esso è posto un deambulatorio circolare, e sopra questo il matroneo. Sul lato est si aprono tre piccole absidi, secondo un motivo tipico dell’architettura bizantina.
Molte parti della chiesa sono costruite riutilizzando materiale di recupero dell’epoca romana, e pertanto l’edificio riveste anche un notevole interesse archeologico.

 

 

 

Inside Saint Donatus Church of Zadar, Croatia

 

 

 

 

 

UNA BELLA FOTO DELLA CHIESA DI SAN DONATO CON LO SFONDO DEL MARE
dronepicr

 

 

 

 

AL TRAMONTO
Alexander Migl – Opera propria

 

 

 

 

 

UNA MASCHERA ROMANA SCOLPITA SU UNA PARETE  ESTERNA DELLA CHIESA DI SAN DONATO
Adam Jones Adam63 – Opera propria

 

 

 

 

 

 

UN’ALTRA FUORI DALLA CHIESA DI SAN DONATO
Adam Jones Adam63 – Opera propria

 

 

 

 

 

 

Zadar, Croatia.
Photograph by Mike Peel (www.mikepeel.net).

 

 

 

SAN DONATO
Photograph by Mike Peel (www.mikepeel.net).

 

 

 

 

 

VitVit – Opera propria

 

 

 

 

 

 

Zara dipinta da Conrad Grünenberg nel 1487

 

 

 

 

KONRAD GRUNENBERG
I CROCIATI SI IMBARCANO, IV CROCIATA. 1202

 

 

 

L’assedio di Zara (10-23 novembre 1202) fu la prima azione della quarta Crociata e il primo attacco contro una città cattolica da parte di crociati.

 

 

 

Jacopo Tintoretto - Conquest of Zara - WGA22631.jpg

TINTORETTO, LA CONQUISTA DI ZARA DEL 1345- ’46, DIPINTO  DEL 1548

 

 

 

Assedio della città nel 1202

GUSTAVE DORE’

 

 

 

 

La Resa di Zara, Domenico Tintoretto

 

 

 

 

Port of Zadar

RIFLESSO NELLE ACQUE  DI EDIFICI  DI UNA STRADA DI  ZARA

 

 

 

Restaurants, Zadar, CroatiaUN BEL RISTORANTE ALL’APERTO, ASSAI COLORANTO, A ZARA

 

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video, 1h ca — repubblica.it — metropolis – 15 aprile 2024 -Metropolis/540 – Attacco d’Iran. Con Caridi, Di Feo, Dipollina, Paragone, Piccolotti ( Sinistra Italiana ), Ruotolo e Visetti (integrale)

 

 

subito – parla CARACCIOLO

12° min– parla  PAOLA CARIDI

in seguito riparla – – CARACCIOLO

in seguito parla  PICCOLOTTI — ” Il ruolo dell’Italia ”

 

 

video. repubblica.it — metropolis – 15 aprile 2024
https://video.repubblica.it/metropolis/metropolis540-attacco-d-iran-con-caridi-di-feo-dipollina-paragone-piccolotti-ruotolo-e-visetti-integrale/467017/467974?ref=vd-top-d-

 

 

La guerra tra Israele e Hamas vista dalla Giordania. - Osservatorio Analitico

ISRAELE E GIORDANIA

 

 

 

Metropolis è in streaming alle 18 dal lunedì al venerdì sulle piattaforme Gedi e on demand sul sito di Repubblica 

 

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ANSA.IT/ PECHINO — 16 APRILE 2024 – 10.33 :: Xi presenta a Scholz i 4 principi sulla crisi Ucraina. ‘Per evitare che la situazione degeneri e ripristinare la pace’

 

 

ANSA.IT/ PECHINO — 16 APRILE 2024 – 10.33
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/16/xi-presenta-a-scholz-i-4-principi-sulla-crisi-ucraina_38940096-3e7a-43ae-8cf4-9c3d1f76673b.html

 

Xi presenta a Scholz i 4 principi sulla crisi Ucraina.

‘Per evitare che la situazione degeneri e ripristinare la pace’

ANSACheck

 

PECHINO, IL PRESIDENTE XI JINPING E IL  CANCELLIERE TEDESCO SCHOLZ

 

 

Il presidente cinese Xi Jinping ha proposto quattro principi da seguire per evitare che la crisi ucraina sfugga al controllo e per ripristinare la pace in tempi brevi, nell’incontro avuto a Pechino con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il network statale Cctv ha riferito che Xi ha detto di dare priorità al mantenimento di pace e stabilità rispetto a “guadagni egoistici”; al raffreddamento della situazione evitando di aggiungere benzina sul fuoco; alla creazione di condizioni per riprIstinare la pace e lo stop all’inasprimento delle tensioni.

Infine, la riduzione ulteriore “dell’impatto negativo sull’economia mondiale”.

 

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I fiori rosa a primavera – i ciliegi giapponesi in fiore alla Venaria Reale – una visita speciale a Torino

 

 

All'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria Reale
All'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria Reale
All'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria RealeAll'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria RealeAll'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria Reale

All'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria RealeAll'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria RealeAll'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria RealeAll'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria Reale

- RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

All'ombra dei ciliegi in fiore | Eventi | La Venaria Reale

 

 

 

LA REGGIA DI VENARIA A TORINO– in piemontese :

ël Castel ëd la Venerìa–

 

 

 

 

 

 

La Reggia di Venaria Reale è un capolavoro dell’architettura e del paesaggio, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco ( 1997 )

La sua storia di residenza principesca sabauda inizia nel XVII Secolo e ancora oggi comprende oltre 80.000 metri quadri di edificio monumentale e 60 ettari di Giardini.

La sua sistemazione attuale è dovuta al grande architetto Filippo Juvara.

Lo stesso nome in lingua latina della reggia, Venatio Regia, viene fatto derivare dal termine reggia venatoria.

La scelta del sito, ai piedi delle Valli di Lanzo, fu favorita dalla vicinanza degli estesi boschi detti del Gran Paese, ricchissimi di selvaggina: un territorio che si estende per un centinaio di chilometri fino alle montagne alpine, giungendo a sud e a est in prossimità del capoluogo.

Ha un numero di visitatori all’anno che supera il milione

Il percorso di visita prevede gli spazi seicenteschi con la Sala di Diana, l’eleganza della Galleria Grande la cui visita viene accompagnata dalle musiche del compositore Brian Eno, la solennità della Cappella di Sant’Uberto, con le opere settecentesche di Filippo Juvarra, e il suggestivo allestimento sulla vita di corte di Peter Greenaway. Un percorso lungo quasi 2.000 metri, tra piano interrato e piano nobile.

 

DA :

https://www.aroundfamily.it/+ wikipedia+  Wikimedia Commons + altri link

 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE

 

 

 

Giardini della Reggia di Venaria | GRANDI GIARDINI ITALIANI

GRANDI GIARDINI ITALIANI REGGIA DI VENARIA
60 ETTARI DI GIARDINI = 600.000 metri quadrati

 

 

 

 

Panorama della Reggia di Venaria
Mystère Martin – Opera propria

 

 

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Torre del Belvedere e padiglione Garove
User:Fredericks – Opera propria

 

 

 

Fiori davanti alla Fontana d’Ercole e all’Allea di Terrazza- Giardini alla francese
Georgius LXXXIX – Opera propria

 

 

 

il Giardino
Guilhem Vellut from Annecy, France –

 

 

 

 

 

Gio la Gamb

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

entrambe le foto — FrDr – Opera propria + 1

 

 

 

 

Il Roseto
adirricor

 

 

 

 

 

 

 

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La Galleria Grande
Viaggiolibera – https://pixabay.com/images/id-1220460/

 

 

 

FrDr – Opera propria

 

FrDr – Opera propria

 

 

 

 

FrDr – Opera propria

 

 

 

 

FrDr – Opera propria

 

 

 

 

 

Twice25 & Rinina25 – nostra immagine

 

 

 

 

Affresco
Zairon – Opera propria

 

 

 

DUE OPERE DEL  ‘ 600 CHE RIPRODUCONO LA REGGIA

 

 

 

La reggia di Venaria Reale in un antico dipinto – 1679
http://www.museotorino.it/images/86/5f/cc/de/865fccde2d9d484e8a59f7f4f0ec0315-1.jpg?VSCL=100

 

 

 

Romeyn de Hooghe (1645-1708)

 

 

ciliegi rosa — perez prado

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Elio Badalamenti – Verso il 25 aprile— –grazie ! — L’opera — vedi sotto + altre opere di Laika – tutte belle !

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico raffigurante 1 persona e il seguente testo "e ANTI ANTIFASCISTI ATT ASCISTI SEMPRE"

 

 

 

 

ELIO BADALAMENTI

LINK:

https://www.facebook.com/elio.badalamenti.3

 

 

 

segue da

ROMATODAY– 24 aprile 2023

redazione

https://www.romatoday.it/attualita/laika-opera-25-aprile-la-russa.html

 

GARBATELLA / PIAZZA BARTOLOMEO ROMANO

La nonna partigiana e Ignazio La Russa protagonisti dell’ultima opera di Laika

“2023, Mia nonna partigiana è ancora arrabbiata” è il titolo dell’ultima opera della street Artist Laika in occasione del 25 aprile. Raffigurato anche Ignazio La Russa

***

ROMATODAT — 13 LUGLIO 2023

https://www.romatoday.it/attualita/estate-italiana-il-poster-di-laika-contro-la-russa-e-santanche.html

 

 

 

ATTUALITÀ TRIESTE / VIA DI VILLA ADA

“Estate Italiana”: il poster di Laika contro La Russa e Santanchè

La street artist Laika è autrice di una nuova opera che mette nel mirino Ignazio La Russa e Daniela Santanchè protagonisti dei fatti politici delle ultime settimane

Nella notte fra l’11 e il 12 luglio un nuovo poster della street artist Laika è apparso nella Capitale  in via di Villa Ada, davanti alla sede del Ministero del Turismo

Filippo Giannitrapani

 

***

ROMA TODAYredazione  03 aprile 2023 

https://www.romatoday.it/attualita/dimissioni-murale-laika-via-rasella-la-russa.html

 

CASTRO PRETORIO / VIA RASELLA

“Dimissioni”: il murale di Laika in via Rasella contro Ignazio La Russa

 

Si intitola “Dimissioni” l’ultima opera di Laika che sorge in via Rasella e che ha come destinatario Ignazio La Russa, presidente del Senato

 

 

 

dimissioni braccio murale laika

dettaglio sulla manica

Le sue dichiarazioni di qualche giorno fa secondo cui l’azione dei partigiani a Via Rasella è stata “tra le meno gloriose della Resistenza perché in Via Rasella uccisero componenti “di una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS”.

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TOMASO MONTANARI, storico dell’arte — ” Dieci minuti per raccontare un maestro e un capolavoro ” – #FavoleFormeFigure

 

#FavoleFormeFigure

#LOFT: http://bit.ly/FavoleFormeFigure-LOFT

 

 

 

https://www.youtube.com/hashtag/favoleformefigure

 

video, 1 min.  BANSKY

 

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LISTA DELLE LEZIONI

 

Gian Lorenzo Bernini – Apollo e Dafne
Caravaggio – Le sette opere di Misericordia
Pietro da Cortona – Il Trionfo della Divina Provvidenza
Donatello – Monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXXIII
Giorgione – La Tempesta
Leonardo – La Gioconda
Lorenzo Lotto – L’Annunciazione
Michelangelo – complesso laurenziano Pantheon
Piero della Francesca – Resurrezione
Tiziano – L’amor sacro e amor profano
Velasquez – Ritratto di Innocenzo X

 

 

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DA DONATELLA –IL CANTO DI CACCIAGUIDA — PARADISO, XV – DANTE ALIGHIERI ( Firenze, 1265 – Ravenna, 1321 )

 

 

Dante Alighieri - Enciclopedia della storia del mondo

Dante Alighieri di Domenico di Michelino. La scena, dipinta nel 1465 d.C., mostra il poeta di fronte alla montagna del Purgatorio come descritto nella sua Divina Commedia, di cui tiene in mano una copia. Sulla destra si può vedere anche il Duomo di Firenze, dove risiede il dipinto.

 

 

IL CANTO XV 

 

Cacciaguida, progenitore di Dante, morto crociato in Terrasanta, ricorda che al tempo della “cerchia antica” (quando la città medievale era prevalentemente racchiusa entro il perimetro delle mura carolingie) la vita dei fiorentini era onorata e serena, scandita dai rintocchi delle campane della Chiesa di Badia, uno degli edifici più antichi della città (su cui questa lapide è murata). La lapide si trova in corrispondenza dell’entrata della Badia da via Dante Alighieri.

 

FIORENZA, DENTRO DALLA CERCHIA  ANTICA, OND’ ELLA TOGLIE ANCORA E TERZA E NONA, SI STAVA IN PACE SOBRIA E PUDICA ( vv. 97-99 )

 

https://www.feelflorence.it/it/node/43505

Testo

Benigna volontade in che si liqua
sempre l’amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a’ giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch’io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond’ e’ s’accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che ’n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;

né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radïal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.

Sì pïa l’ombra d’Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s’accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?».

Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;

ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.

Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch’io non lo ’ntesi, sì parlò profondo;

né per elezïon mi si nascose,
ma per necessità, ché ’l suo concetto
al segno d’i mortal si soprapuose.

E quando l’arco de l’ardente affetto
fu sì sfogato, che ’l parlar discese
inver’ lo segno del nostro intelletto,

la prima cosa che per me s’intese,
«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,
che nel mio seme se’ tanto cortese!».

E seguì: «Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume
du’ non si muta mai bianco né bruno,

solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch’io ti parlo, mercé di colei
ch’a l’alto volo ti vestì le piume.

Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch’è primo, così come raia
da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei;

e però ch’io mi sia e perch’ io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.

Tu credi ’l vero; ché i minori e ’ grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;

ma perché ’l sacro amore in che io veglio
con perpetüa vista e che m’asseta
di dolce disïar, s’adempia meglio,

la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontà, suoni ’l disio,
a che la mia risposta è già decreta!».

Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
pria ch’io parlassi, e arrisemi un cenno
che fece crescer l’ali al voler mio.

Poi cominciai così: «L’affetto e ’l senno,
come la prima equalità v’apparse,
d’un peso per ciascun di voi si fenno,

però che ’l sol che v’allumò e arse,
col caldo e con la luce è sì iguali,
che tutte simiglianze sono scarse.

Ma voglia e argomento ne’ mortali,
per la cagion ch’a voi è manifesta,
diversamente son pennuti in ali;

ond’ io, che son mortal, mi sento in questa
disagguaglianza, e però non ringrazio
se non col core a la paterna festa.

Ben supplico io a te, vivo topazio
che questa gioia prezïosa ingemmi,
perché mi facci del tuo nome sazio».

«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent’ anni e piùe
girato ha ’l monte in la prima cornice,

mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l’opere tue.

97-99
Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond’ ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.

Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.

Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, ché ’l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vòte;
non v’era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che ’n camera si puote.

Non era vinto ancora Montemalo
dal vostro Uccellatoio, che, com’ è vinto
nel montar sù, così sarà nel calo.

Bellincion Berti vid’ io andar cinto
di cuoio e d’osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza ’l viso dipinto;

e vidi quel d’i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.

Oh fortunate! ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.

L’una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l’idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;

l’altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d’i Troiani, di Fiesole e di Roma.

Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia.

A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida
cittadinanza, a così dolce ostello,

Maria mi diè, chiamata in alte grida;
e ne l’antico vostro Batisteo
insieme fui cristiano e Cacciaguida.

Moronto fu mio frate ed Eliseo;
mia donna venne a me di val di Pado,
e quindi il sopranome tuo si feo.

Poi seguitai lo ’mperador Currado;
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.

Dietro li andai incontro a la nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa d’i pastor, vostra giustizia.

Quivi fu’ io da quella gente turpa
disviluppato dal mondo fallace,
lo cui amor molt’ anime deturpa;

e venni dal martiro a questa pace».

 

 

 

Parafrasi

La voglia di far del bene in cui si scioglie
sempre quell’amore che ispira giustamente,
come la cupidità la fa ingiusta,

 

 fece tacere quel dolce strumento,
e riposare quelle sante corde
suonate dalla mano del cielo.

 

 Come possono esser sorde alle preghiere dei giusti
queste anime che, per spingermi
a pregarle, tacquero tutte insieme?

 

 È bene che soffra senza tregua
chi, per inseguire cose che non durano
eternamente, rifiuta l’amor divino.

 

 Come i cieli notturni e tersi
sono di tanto in tanto attraversati da luci improvvise,
attirando lo sguardo che prima era fermo,

 

 e sembra che una stella cambi posto,
ma in quella parte in cui prende fuoco
nessun astro scompare, e la fiamma è rapida:

 

 così dal braccio destro che si tende
fino alla base di quella croce scese una stella
dalla costellazione che in quel cielo splende;

 

 e la gemma non si separò dal suo nastro,
ma per tutto il suo raggio la percorse,
come una fiamma dietro l’alabastro.

 

 Come l’anima di Anchise si mostrò pietosa,
se si vuol dar fede al nostro più grande poeta,
quando s’accorse della presenza di Enea nei Campi Elisi.

 

 «O sangue mio, o abbondante
grazia di Dio, a chi altri come te
per due volte viene aperta la porta del cielo?»

 

 Così fece quell’anima, quando mi avvicinai a lei;
poi mi rivolsi a Beatrice,
e da una parte e dall’altra fui stupito;

 

 perché nei suoi occhi ardeva una letizia
tale, che io pensai di toccare con i miei il massimo
della mia gioia e del mio paradiso.

 

 Quindi, bello da ascoltare e vedere,
l’anima aggiunse al suo discorso delle cose,
che io non capii, tanto erano profonde;

 

 non me le nascose per scelta,
ma per necessità, poiché il suo discorso
oltrepassava quanto umanamente comprensibile.

 

 E quando l’arco di quell’ardore di carità
si fu sfogato, al punto che il suo parlare si abbassò
fino al livello dell’intelletto umano,

 

 la prima cosa che compresi fu,
«Che tu sia benedetto, uno e trino,
che nella mia discendenza sei stato così generoso!».

 

 E continuò: «Un gradito e atteso desiderio,
derivato dalla lettura del grande volume
in cui tutto è fisso,

 

 hai esaudito, figlio mio, in questa luce
dal quale io ti parlo, grazie a colei
che ti diede le ali per questo volo.

 

 Tu credi che i tuoi pensieri mi arrivino
da quello divino, così come s’irradi
dall’uno, se lo si conosce, il cinque e il sei;

 

 e perciò non mi chiedi chi io sia e
perché sembri più felice di vederti,
di qualunque altra tra queste anime felici.

 

 Ciò che credi è vero; sia le meno che le più
elevate tra le anime beate guardano in quello specchio
per cui, prima che tu lo pensi, manifesti il tuo pensiero;

 

 ma per far si che l’amore di carità che io guardo
in perpetua contemplazione e che mi asseta
di dolce desiderio, si compia meglio,

 

 con la tua voce sicura, ardita e lieta
esprima ciò che vuole e desidera,
perché a ciò la mia risposta è già pronta!».

 

 Guardai Beatrice, e lei mi udì
prima che io parlassi, e mi annuì con un sorriso
che fece volare il mio desiderio.

 

 Così cominciai a parlare:« Il sentimento e la ragione,
appena vi apparve l’uguaglianza perfetta,
sono per voi divenute la stessa cosa,

 

 poiché il sole che vi illuminò e scaldò,
ha una sapienza e un amore tanto simili,
che tutte le altre somiglianze sono inesatte.

 

 Ma la ragione e il sentimento nei mortali,
per ragioni che a voialtri sono ovvie,
hanno ali che non si assomigliano.

 

 E io, che sono mortale, soffro di
questa disuguaglianza, perciò posso ringraziare
solo con i sentimenti a questa festa paterna.

 

 Ora ti supplico, vivo topazio
che sei gemma di questa croce,
di dirmi il tuo nome».

 

 «Oh, mia discendenza di cui mi compiaccio
solo per l’attesa, io fui un tuo antenato»:
la sua risposta cominciò così.

 

 Poi mi disse: «Colui dal quale
prendi il tuo nome e che da più di cent’anni
gira per la prima cornice del Purgatorio,

 

 fu mio figlio e tuo bisnonno:
sarebbe doveroso che quella penitenza
tu gliela accorci con le tue preghiere.

 

97-99

Firenze nelle sue antiche mura,
da cui ancora sente suonare l’ora terza e la nona
stava in pace, sobria e pudica.

 

 Non indossava collane o corone,
non gonne ricamate, né cinture
che all’occhio fossero più appariscenti della persona.

 

 Ancora, quando nasceva, non faceva
paura la figlia al padre, poiché l’età e la dote
del matrimonio non erano spropositate.

 

 Non c’erano case con poche famiglie;
ancora non era arrivato Sardanapalo
a mostrare ciò che si può fare in camera da letto.

 

 Ancora non era stato battuto Montemario
dal vostro Uccellatoio, che così com’è vinto
nella fortuna, così lo sarà nella rovina.

 

 Vidi Bellincione Berti portare una cinta
di cuoio e d’osso, e sua moglie
allontanarsi dallo specchio senza trucco;

 

 e vidi membri della famiglia Nerli e dei Vecchietti
accontentarsi di vesti di pelle semplice,
e le loro donne cucire la lana.

 

 Donne fortunate! Ciascuna sicura
d’esser sepolta nella sua città, e ancora nessuna
era stata abbandonata per i commerci in Francia.

 

 Una vegliava con cura sulla culla,
consolando il bimbo con quell’idioma infantile
che per primi diverte i padri e le madri;

 

 l’altra, lavorando al telaio,
raccontava alla sua famiglia le storie
dei Troiani, di Fiesole e di Roma.

 

 Sarebbe al tempo risultato uno scandalo
una Cianghella, un Lapo Salterello,
come ora lo sarebbero un Cincinnato o una Cornelia.

 

 In un così pacifica, così civile
vita cittadina, in una così concorde
cittadinanza, in una così dolce dimora,

 

 mi fece nascere Maria, gridando ad alta voce;
e nel vostro antico Battistero
fui allo stesso tempo cristiano e Cacciaguida.

 

 Moronto ed Eliseo furono miei fratelli;
mia moglie venne dalla Val Padana,
e il suo cognome divenne il tuo.

 

 Poi seguii l’imperator Corrado;
che mi fece uno dei suoi cavalieri,
tanto gli piacque il mio operare.

 

 Lo seguii per combattere l’ingiustizia
di quella legge osservata da quella gente che usurpa,
per colpa dei papi, ciò che è vostro di diritto.

 

 E lì io, da quel popolo infedele,
fui liberato dal mondo materiale,
l’amore per cui travia molte anime;

 

 e dal martirio venni a questo luogo di pace».

 

 

 

 

 

BADIA FIORENTINA

 

 

 

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© Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons

La Torre della Badia Fiorentina vista da Palazzo Vecchio

 

“Badia” è una contrazione popolare della parola abbazia. A Firenze e dintorni sono esistite cinque abbazie benedettine, situate come ai punti cardinali della città: a nord la Badia Fiesolana, a ovest la Badia a Settimo, a sud l’abbazia di San Miniato, a est la Badia a Ripoli e al centro la Badia fiorentina.
Antichissima esisteva in questo luogo la chiesa di Santo Stefano detta “del popolo”, che è ricordata già nel 960. L’abbazia fu fondata invece nel 978.
Grazie ad altre ingenti donazioni e anche ai privilegi concessi da papi e imperatori, l’abbazia acquistò o ereditò varie proprietà ad essa circostanti, ove poi aprirono le loro attività cartolai, miniatori, legatori, librai, che connotarono la zona con una produzione legata alla realizzazione di libri e pergamene.
Nel 1071 fu annesso un ospedale al monastero. Fra le attività dei monaci c’era anche la viticoltura, come suggeritoci anche dal nome della vicina via della Vigna Vecchia.

 

 

 

dal Codece Rustici ( manoscritto illustrato )
 Marco di Bartolomeo Rustici – Opera propria– 1450

 

 

 

Abbazia di Santa Maria e il Palazzo del Bargello
Chabe01 – Opera propria

 

 

Abbazia di Santa Maria
Chabe01 – Opera propria

 

 

 

Entrata della Badia di Firenze e il Portale di Benedetto da Rovezzano
Sailko – Opera propria

 

 

 

 

Portale
I, Sailko

 

 

 

Citazione di Dante, Paradiso, XV- vv. 97-99

 

 

 

Sailko – Opera propria

 

Antonello Ruberto

https://www.studenti.it/canto-xv-del-paradiso-testo-parafrasi-commento-e-figure-retoriche.html

 

 

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Il Chiostro degli Aranci
Sailko – Opera propria

 

 

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Chiostro degli Aranci
Sailko – Opera propria

 

 

 

 

Nel Chiostro si sono ritrovati affreschi di Monaci Benedettini: ” Storie di San Benedetto “

 

Tondo con un monaco benedettino

Tondo con un monaco benedettino§
Sailko – Opera propria

 

 

 

Storie di San Benedetto

Storie di san Benedetto
Sailko – Opera propria

 

 

Storie di San Benedetto

Storie di San Benedetto  — stupendo —
Sailko – Opera propria

 

 

ALTRE FOTO :

 

Badia fiorentina, stemma pandolfini nel loggiato vicino 

 

 

Badia fiorentina, stemma Ugo di Toscana
I, Sailko

 

Firenze
I, Sailko

 

Codice Rustici

 

 

 

Statua di Dante alla Badia Fiorentina
Cjareda – Opera propria

 

 

 

 

 

 

 

Sailko – Opera propria

 

 

Sailko – Opera propria

 

 

è bellissimo —
Sailko – Opera propria

 

da : https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Badia_fiorentina?uselang=it

 

 

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DAVIDE MARIA TUROLDO -poeta con forte impegno religioso che lo aiutò nella sua evoluione artistica.

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "A TERZA A me un paese di sole una casa leggera, un canto di fontana giù nel cortile. E un sedile di pietra. E schiamazzo di bimbi. Un po' di noci in solaio, un orticello e giorni senza nome e la certezza di vivere."

 

 

 

Era nato a Coderno, in Friuli, il 22 novembre 1916 in una famiglia contadina poverissima e il Friuli lo portò sempre nel cuore. “Sono un pellegrino, un vagabondo”, diceva di se stesso, “ma il posto di partenza e di arrivo è sempre il Friuli dal punto di vista dell’emozione e del sentimento”. Fu davvero un vagabondo, portato in giro in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, Messico, Sud-Africa dall’impeto di una predicazione vigorosa del Vangelo, ma anche dalla sollecitazione delle autorità ecclesiastiche timorose delle sue prese di posizione e delle sue critiche ad una Chiesa che amava con passione ma che, in tempi pre-conciliari, voleva rinnovata, più vicina ai poveri e più aperta al dialogo con tutti, anche i non credenti. “Una vita da rivoluzionario tradizionalista” la sua esistenza, secondo i confratelli.

 

 

 

 

La fede pregata e cantata nei versi poetici

 

“Anche il grano attende / anche l’albero attende / attendono anche le pietre / tutta la creazione attende. VIENI VIENI VIENI, Signore / vieni da qualunque parte del cielo / o degli abissi della terra / o dalle profondità di noi stessi / (ciò non importa) ma vieni, / urlassimo solo: VIENI. (da “Ballata della speranza”

 

 

 

 

segue nel  link:

 

https://www.google.com/search?q=padre+maria+turodo&oq=padre+maria+turodo&gs_lcrp=EgZjaHJvbWUyBggAEEUYOTIJCAEQLhgNGIAEMgkIAhAAGA0YgAQyCQgDEAAYDRiABDIKCAQQABgFGA0YHjIKCAUQABgIGA0YHjIKCAYQABgIGA0YHtIBCDc2OTVqMGo3qAIAsAIA&sourceid=chrome&ie=UTF-8#ip=1

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anna maria moscarell @annamariamoscar – 20.18 — 14 aprile 2024 — simpaticissimi, e così graziosi, mi fanno aver fiducia -un pochino – nell’ ” essere vivente “

Grazie  cara Maria !

 

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Los Calchakis – gruppo di musica folklorica dell’Argentina ma cantano musica di tutta l’America latina– questo disco va fino al n. 91 — siate forti ! Loro sono molto bravi —

 

Los Calchakis, un gruppo di musica folk creato in Argentina nel 1961 da Héctor Miranda  assieme alla moglie Ana María Miranda, Los Calchakis sono considerati uno dei più importanti interpreti del folclore musicale latinoamericano.

Nel 1966 il gruppo viene presentato da Violeta Parra alla casa discografica Arion, etichetta con la quale avrebbero poi pubblicato i loro dischi. Nel 1972 interpretano la colonna sonora del film L’Amerikano di Costa Gavras, composta da Mikīs Theodōrakis.

Attivi da più di 35 anni, Los Calchakis hanno portato la musica latinoamericana sui palchi di numerosi teatri dell’Europa e del Nord America: dal Teatro Olympia di Parigi al Palacio de Bellas Artes di Città del Messico; dalla Victoria Hall di Ginevra al Lisner Auditorium di Washington; dai Giardini di Tivoli di Copenaghen al Teatro Monumental di Madrid.

 

 

 

 

1

2:33

Los Calchakis – Amanecer Andino

Purpurwich

4:22

Los Calchakis. La vasija de barro

pichiriloromo
3

3:09

LOS CALCHAKIS – “QUIAQUEÑITA”

sindeiran
4

4:06

LOS CALCHAKIS – “ESTUDIO PARA CHARANGO”

sindeiran
5

2:54

Los Calchakis – Estado de Sitio

kenista
6

3:01

Los Calchakis – Fantasía Para Kenas

Purpurwich
7

2:34

LOS CALCHAKIS – CHARANGUITO

kenista
8

3:15

Los Calchakis – El Condor pasa

Julia Davila
9

2:19

La peregrinación – Los Calchakis

Tochtli04
10

3:15

LOS CALCHAKIS – “QUIERO CONTARTE” / “WAYAYAY”

sindeiran
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3:18

Los Calchakis – Llama del Altiplano

Purpurwich
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2:15

Los Calchakis – La Pastora

Purpurwich
13

2:17

Los Calchakis – El Toro rabón (México)

musicalatina44
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3:37

LOS CALCHAKIS – “COPLAS DE MARZO”

sindeiran
15

1:54

Los Calchakis – El Centinela

Purpurwich
16

3:28

Los Calchakis – Pizarro y el Inca

Purpurwich
17

2:36

Los Calchakis – San Benito

Julia Davila
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2:39

Los Calchakis – Presencia Lejana

Purpurwich
19

3:11

LOS CALCHAKIS – “EL CANTO DEL CUCULI”

sindeiran
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Los Calchakis – Cae La Noche, Sopla El Viento

Purpurwich
21

2:29

Los Calchakis – Kapullay

Purpurwich
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2:21

Destino de sombras – los calchakis

kundixin
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3:33

Salida al mar Los calchakis

Tochtli04
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2:42

Los Calchakis – La Rielera

Purpurwich
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Los Calchakis – Cerros Salteños

Purpurwich
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2:40

Recuerdo azul Los calchakis

Tochtli04
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1:45

Los Calchakis – Mis recuerdos

kalchakisubida
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2:10

Los Calchakis – Lima Morena

Purpurwich
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3:40

Los Calchakis – Diablo Bailarin (Bolivia)

sssaaabbbiii88
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3:10

LOS CALCHAKIS – “PARA CUBA”

sindeiran
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2:59

Los Reyes Magos (Los Calchakis)

Gretchen Göttin
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3:21

cancion con todos – los calchakis

kundixin
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Los Calchakis – La Zandunga (México)

musicalatina44
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2:07

Los Calchakis – Aires de mi tierra (Ecuador)

sssaaabbbiii88
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2:40

LOS CALCHAKIS – “LA PIRAGUA”

sindeiran
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2:27

Los Calchakis – Joropeando (Venezuela)

musicalatina44
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2:15

Los Calchakis – Kurikinga

Purpurwich
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2:02

Los Calchakis “Luz De Amanecer”?

N e g r oC u r u c h o
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2:08

Los Calchakis – Zumampa

Purpurwich
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3:01

Los Calchakis – Poncho Verde

Purpurwich
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3:10

Los Calchakis – El Aguilucho

Purpurwich
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2:41

Los Calchakis – “Adelante” – Almafuerte

Raùl Màrquez
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2:29

Los Calchakis – Loncomeo

Purpurwich
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2:17

Los Calchakis – La Telesita-La Vieja

Purpurwich
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Los Calchakis – Bailecito Triple

Purpurwich
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Amankay – Los calchakis

Tochtli04
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Los Calchakis – Dos Sikuris

Purpurwich
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Los Calchakis – Linda Cambita

Purpurwich
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Los Calchakis – Campanas a M. Nuñez

Purpurwich
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Los Calchakis – Concierto en la Llanura

Purpurwich
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2:33

Los Calchakis – Hombre de Maíz

Purpurwich
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Los Calchakis – Urpillay

Purpurwich
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2:01

Los Calchakis – Sol de Vilcabamba

Purpurwich
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Los Calchakis – Milonga Rioplatense

Purpurwich
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Los Calchakis – Palomita Torcacita

Purpurwich
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1:48

Los Calchakis – Camiri

Purpurwich
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2:07

Los Calchakis – Misterio de los Andes

Purpurwich
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3:38

Los Calchakis – Noches

Purpurwich
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3:15

Los Calchakis – Para un presidente muerto

Purpurwich
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2:56

Los Calchakis – Hilanderita

Purpurwich
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3:03

LOS CALCHAKIS – “QUE NADIE SEPA MI SUFRIR”

sindeiran
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2:33

Los Calchakis – Lejana Purmamarca

Purpurwich
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2:41

Los Calchakis, “Después del silencio”

alittlelightmusic
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2:13

Los Calchakis – Imanaska

Purpurwich
65

2:02

Los Calchakis Arriba Quemando El Sol

Lalo Lima
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2:37

Los Calchakis – Perdí mi ruta

Purpurwich
67

3:00

Los Calchakis – Cotopaxi

Purpurwich
68

3:06

Los Calchakis – El Aguaceral

Purpurwich
69

1:46

Los Calchakis – Bailecito de Manzanares

Purpurwich
70

3:01

Los Calchakis – Sonkoy

Tochtli04
71

2:22

Los Calchakis – Rostro de Cobre

Purpurwich
72

2:43

Los Calchakis – Chimborazo

Purpurwich
73

1:39

testamento de isla negra – los calchakis

kundixin
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2:37

Los Calchakis – Volcan Osorno

Purpurwich
75

1:59

Los Calchakis – Uskil

Purpurwich
76

2:39

Los Calchakis – Lunarcito

Purpurwich
77

3:04

Los Calchakis Gracias A La Vida

Lalo Lima
78

2:52

Los Calchakis – Carta a Buenos Aires

Purpurwich
79

2:59

Aurora de Paz LOS CALCHAKIS

corvettezr11995
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1:58

Los Calchakis – Chiquita Huambrita

Purpurwich
81

3:08

Los Calchakis – Imágenes Argentinas

Purpurwich
82

2:05

Los Calchakis – Triste Tondero

Purpurwich
83

3:47

Los Calchakis – Crepúsculo Costeño

Purpurwich
84

seguono fino alla canzone n. 91

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urbana @percontomio70 — 7.24 — 14 aprile 2024 — grazie ! CAPITELLO DEL CHIOSTRO DEL DUOMO DI MONREALE IN SICILIA + altro

 

 

 

Capitello Arabo Normanno,
particolare.
Chiostro di Monreale.

 

 

Immagine

 

 

 

nota :

Monreale (Muṛṛiàli in siciliano) è un comune italiano di 38 636 abitanti ( dati del giugno 2023 ) della città metropolitana di Palermo in Sicilia.

Il sito Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale nel 2015 è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Monreale sorge all’interno della Conca d’Oro ad un’altitudine di circa 310 metri sul livello del mare, ai piedi del Monte Caputo (765 metri). Il suo territorio risulta essere in prevalenza collinare. Dista circa 4 chilometri da Palermo, ed è il comune della città metropolitana di Palermo a possedere più frazioni.

La città di Monreale nacque con i Normanni nel XII secolo. Distante dalla città normanna sorgeva un antico villaggio arabo Balharā,  situato alle pendici del Monte Caputo a 310 m sul livello del mare.

 

 

Monreale – Mappa

Posizione del comune di Monreale all’interno della provincia di Palermo
Vonvikken – Opera propria

 

 

 

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Componenti del sito patrimonio mondiale Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale
Pro Regnum Siciliæ –

 

 

da :
https://it.wikipedia.org/wiki/Monreale

 

 

 

 

 

ALTRI CAPITELLI DEL CHIOSTRO — DUOMO MONREALE   – link al fondo

 

 

 

 

 

L’arciere

 

 

 

 

Il capitello

 

 

 

 

I re magi

I RE MAGI

 

 

 

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LE COLONNE

 

 

 

 

 

mosaico delle colonne (particolare)

PARTICOLARE DEL MOSAICO DELLE COLONNE

 

 

 

 

 

WhatsApp Image 2021-09-19 at 07.53.17

 

 

 

 

Colonne con mosaici a zig zag e colonne di marmo incise con disegni arabescue

COLONNE CON DISEGNI A ZIG ZAG E COLONNE DI MARMO INCISE CON DISEGNI ARABESCUE

 

 

 

LA FONTANA DEL RE

 

 

 

WhatsApp Image 2021-09-19 at 07.50.51

IL CHIOSTRO

 

 

LE IMMAGINE DEL CHIOSTRO DEL DUOMO DI MONREALE SONO DI :

 

Filodiretto Monreale

 

 

 

WhatsApp Image 2021-09-19 at 07.50.59

 

 

 

 

 

{{de|Italien, Sizilien, Monreale, Kathedrale Santa Maria Nuova }} {{en|Italy, Sicily, Monreale, Cathedral}}

 

CATTEDRALE DI  MONREALE
Berthold Werner – Opera propria

 

 

 

 

 

LA FACCIATA
pjt56 – Opera propria

 

 

Esterno dell'abside centrale

ABSIDE CENTRALE
Berthold Werner – Opera propria

 

 

 

 

LA NAVATA CENTRALE
© José Luiz Bernardes Ribeiro

 

 

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DETTAGLIO DEL SOFFITTO LIGNEO
ru:user:Sibeaster – from ru.wiki

 

 

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PORTALE
Effems – Opera propria

 

 

 

 

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CREAZIONE DELLA LUNA – DETTAGLIO DEL MOSAICO
from book Monreale, die Kathedrale und der Kreuzgang“, Sizilia, 1976

 

 

 

Mosaici della crociera e del transetto

Mosaici della crociera e del transetto
Bjs –

*** I mosaici bizantini coprono interamente le pareti

 

 

 

I CAPITELLI DELLA CATTEDRALE
Holger Uwe Schmitt – Opera propria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CHIOSTRO
Berthold Werner – Opera propria

 

 

 

 

 

 

 

IL PRATO CENTRALE DEL CHIOSTRO
User:Matthias Süßen – Opera propria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colonnine e archi

Urban – Opera propria

 

 

 

 

 

 

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Nucci Pollarolo @NucciPollarolo — 13.07 — 14 aprile 2024 — grazie ! — Attribuita a Francesco di Lorenzo Rosselli

 

 

Fiorenza dentro
da la cerchia antica,
ond’ella toglie ancora
e terza e nona,
si stava in pace,
sobria e pudica.

Dante. Paradiso XV 97-135

 

Attribuita a Francesco di Lorenzo Rosselli, raffigurazione di una veduta di Firenze del XV secolo (1489-1495 circa)

 

 

 

 

 

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Ugo Ramella @RamellaUgo — 17.21 — 14 aprile 2024 — grazie !

 

 

Felix Vallotton Svizzera 1865 1925

 

Immagine

 

 

 

 

 

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qualcosa su — HAROLD FEINSTEIN ( Coney Island, 1931 – 2015 ) – — grandissimo fotografo

 

 

 

Chi era Harold Feinstein - FOTO Cult

Harold Feinstein
FOTO Cult

 

 

 

Lavavetri

 

lascio anche questa …

New York è a Parigi, bella come non l'avete mai vista (grazie alle foto di Harold Feinstein)

 

foto da ELLE

 

 

 

 

segue testo e foto da : 

THE TELEGRAPH – 17 LUGLIO 2015

https://www.telegraph.co.uk/news/obituaries/11746914/Harold-Feinstein-photographer-obituary.html

 

 

 

 

 

A composite image of people on the boardwalk, arranged to look like sheet music, New York, 1952.

 

 

 

Bio - Harold Feinstein Archive

Montaggio di Coney Island di Harold Feinstein – Spartito musicale fatto di gente-  1952

 

 

 

 

Harold Feinstein nel 2001

Harold Feinstein, fotografo – 1931 / 2015

 

Harold Feinstein è nato a Coney Island, New York, nel 1931 da genitori immigrati ebrei. Quando aveva 15 anni, prese in prestito una Rolleiflex da un vicino e iniziò a fotografare Coney Island e le strade di Brooklyn. Non si è mai fermato.
A 16 anni abbandonò la scuola, prese una stanza all’YMCA e iniziò a dedicarsi a tempo pieno alla fotografia.

 

 

 

Negative _CI23_CI-28_F?
Printed #1-10 8/10/2009

 

 

lascio..

Coney Island Teenagers, 1949 - Harold Feinstein Archive

Adolescenti a Coney Island – 1949 — una foto che ha colto le aspirazioni della gioventù americana del dopoguerra ed è diventata un’icona

 

 

 

Nel 1952, Feinstein fu arruolato per prestare servizio nella guerra di Corea come fante dell’esercito e continuò a documentare la vita quotidiana con i suoi compagni soldati. Al ritorno a New York tenne la sua prima mostra nel 1954 come parte di una mostra collettiva al Whitney Museum, seguita da una mostra collettiva al Museum of Modern Art di New York e successivamente da mostre personali alla George Eastman House (1957). e la galleria Limelight di Helen Gee (1958): nel recensire la mostra alla Galleria Limelight,  il fotografo del New York Times, Jacob Deschin, ha definito il suo lavoro “ il nuovo pittorialismo, la raffinatezza dell’artigianato come linguaggio tecnicamente perfezionato.”

 

 

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Harold a Brooklyn, 1955

 

 

 

Per tutti gli anni ’50, Feinstein fece parte del fermento bohémien della scena artistica di New York. Dopo essere tornato dalla guerra di Corea nel 1954, divenne uno dei primi abitanti del leggendario Jazz Loft di New York . Durante quel periodo disegnò copertine per l’etichetta jazz Blue Note Records insieme ad Andy Warhol e Reid Miles. Nel 1957 fu invitato ad unirsi a Jean Paul Sartre e Samuel Beckett nel lancio del primo numero della controversa rivista letteraria, Evergreen Review.

 

 

 

Index 1957 – 1967 – Evergreen Review

 

 

“La mia fonte di ispirazione sono sempre stati i miei studenti. Io tiro fuori il meglio di loro e loro tirano fuori il meglio di me. È come rivedere l’estate dopo un lungo inverno. Lezione dopo lezione, anno dopo anno, senza cinismo. È un miracolo e lo adoro”. Harold Feinstein, 1973, Windham College, fotografo sconosciuto

 

 

 

 

Kids ride the whip, 1950. (Harold Feinstein, Per gentile concessione della galleria Thierry Bigaignon)- – L’Internazionale

 

 

 

Harold Feinstein — Bigaignon

Bigaignon

 

 

 

 

Feinstein ha accumulato un’enorme mole di lavoro nel corso dei suoi quasi 70 anni di carriera. È noto soprattutto per la sua storia d’amore di sessant’anni con la sua terra natale, Coney Island. Una recensione della sua mostra, A Coney Island of the Heart , presso l’International Center for Photography nel 1990, diceva:

“Ecco la migliore scuola di fotografia di New York; umanistico, coinvolgente, quasi invadente… [T]questo è il lavoro di un uomo che ama le persone, prova un piacere puro nel vederle divertirsi, ama avvicinarsi a loro – e, rendendo la loro fisicità in stampe tattili e sfumate, inviluppa lo spettatore nel mondo sensuale e materiale che occupano i suoi “soggetti”.

 

 

 

 

Sightseeing bus, New York, 1956. (Harold Feinstein, Per gentile concessione della galleria Thierry Bigaignon) –Internazionale

 

 

 

 

Two men and a boy contemplate, 1950. (Harold Feinstein, Per gentile concessione della galleria Thierry Bigaignon) -Internazionale

 

 

 

Army Draftee / Korean War - Harold Feinstein Archive

1953 – Corea

 

 

 

They were all missing someone": Harold Feinstein's Korean photographs, Veteran's Day 2019 - Harold Feinstein Archive

1953

 

 

 

One of the True Greats | What Will You Remember

1953

 

 

 

Army Draftee / Korean War - Harold Feinstein Archive

1953

 

 

 

 

Harold Feinstein | Soldiers, Ice and Fog (1952) | Artsy

Soldati che sfilano, 1953 -Corea

 

 

 

 

Army Draftee / Korean War - Harold Feinstein Archive

1953 – Corea

 

 

 

Pin on Harold Feinstein

1953 –

 

 

 

 

 

SOUTH KOREA-1953: Two unidentified draftees look out the train window side by side in South Korea, 1953.

 

 

 

 

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Harold Feinstein Archive

1953

 

 

Sebbene il suo lavoro a Coney Island sia stato molto celebrato, la sua portata è molto maggiore. La sua opera comprende un’ampia collezione di classici della fotografia di strada, nudi, ritratti, natura e natura morta. Le sue fotografie della guerra di Corea offrono uno sguardo intimo sulla vita quotidiana dei soldati di leva, dall’addestramento di base alla prima linea.

 

 

 

 

nota :

Coney Island è una penisola e un quartiere situato nella zona meridionale della circoscrizione (borough) di Brooklyn a New York City.

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La piccola penisola di Coney Island a est di Manhattan
Psychocadet – Opera propria

 

 

Il nome Coney deriva dalla lingua olandese Konjn ovvero coniglio. Infatti, quando nell’anno 1654 fu barattata dai primi coloni olandesi in cambio di fucili e munizioni, l’isola vedeva una grande popolazione di conigli. A Coney Island, attorno al 1870, fu inventato l’hot dog. Il 1903 fu un anno importante nella storia di Coney, venne infatti aperto il primo parco dei divertimenti, denominato Luna Park, da cui è derivato l’uso comune del termine. Vennero in seguito costruiti ippodromi, saloon, alberghi e casinò, oltre che lo straordinario Dreamland (altro parco tematico analogo al Luna). Il 15 aprile 1931, in un ristorante della zona, Bugsy SiegelVito GenoveseJoe Adonis e Albert Anastasia uccisero su ordine di Lucky Luciano il potente boss Joe Masseria, mettendo così fine alla cosiddetta «Guerra castellammarese». Ma con la grande depressione e il devastante incendio del 1932, le grandi masse di cittadini newyorkesi abbandonarono Coney Island e, di conseguenza, tutte le strutture turistiche chiusero i battenti l’una dopo l’altra.

 

Tale processo di lento degrado è giunto fino ai giorni nostri: il territorio di Coney Island porta le tracce degli splendori del passato, ma sull’isola sono presenti soprattutto centinaia di venditori di souvenir e di piccoli stabilimenti stagionali atti all’intrattenimento. L’importanza architettonica che Coney Island ha avuto per il territorio newyorkese è elevatissima, essa è stata infatti piattaforma di sperimentazione urbanistica di quelli che sono stati poi i piani di crescita di Manhattan. Un esempio è la Passerella Riegelmann, che collega alcune delle maggiori attrazioni del posto.

 

Lo skyline di Coney Island è entrato nell’immaginario collettivo grazie alla ruota panoramica Wonder Wheel e all’ottovolante Cyclone, e sul suo territorio sono ancora nel ventunesimo secolo visibili alcuni degli edifici di più antica costruzione dell’intero Stato di New York. Non a caso alla storia di Coney Island è dedicato un capitolo del saggio di architettura Delirious New York dell’archistar Rem Koolhaas ( Mondadori Electa, 2013). Un aspetto peculiare della vita sociale di Coney Island è la pallacanestro, soprattutto quella giocata nei campetti all’aperto (playground). Da Coney Island provengono i cestisti Stephon Marbury e Sebastian Telfair.

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Oh Susanna ( 1848 ) di Stephen Foster — cantato dal gruppo folk tedesco DIE FEUERSTEINS + 3 CANZONI DI PETE SEEGER ( New York, 1919 – 2014 ) – al fondo link wikipedia

 

Oh! Susanna è un brano musicale scritto da Stephen Foster e pubblicato nel 1848.
Il pezzo venne ripreso quasi come un inno durante la corsa all’oro californiana

I testi sono in gran parte senza senso, come si vede in versi come “Ha piovuto tutta la notte il giorno che sono partito, Il clima era secco, Il sole così caldo, che sono morto di freddo…” (primo verso) e “Ho chiuso gli occhi per trattenere il respiro…” (secondo verso)

 

 

Carla Feuerstein — voc, git, bodhran

Emily Feuerstein — voc, wurlitzer, autoharp

Guntmar Feuerstein — voc, git, mand, banjo

Thomas Hecking — acc, whistles, spoons

 

 

PETE SEEGER —

 

 

 

PETE SEEGER — CLEMENTINE

 

 

 

PETE SEEGER — LITTLE BOXES

 

 

 

Pete Seeger in concerto (1986)

se vuoi :

https://it.wikipedia.org/wiki/Pete_Seeger

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Josef SCHWARZ – Opera propria

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