lunedì 20 ore 22: 56 MARIA BETHANIA E CHICO BUARQUE DE HOLLANDA: “OLHOS NON OLHOS” : ASCOLTATE QUESTO CAPOLAVORO, TRANQUILLI, IN SILENZIO. VEDETE SE CAPITE QUEST’AMORE…CHIARA LA DEDICA AL SUO CONVIVENTE CHE, COMUNQUE E PER ORA, NON SI DESGRUDA (SCOLLA) dal pavimento di legno DI CASA!

 

-ps  VEDETE CHE PAGINA PERFETTA C’E’ ADESSO, TUTTO BENE L’ITALIANO DA UNA PARTE E IL PORTOGHESE-BRASILIANO DALL’ALTRA! E’ INTERVENUTO IL SUPERTECNICO  CLAUDIO, DETTO ANCHE CLAUDIO COMPUTER, UN BELLISSIMO RAGAZZO 1.90 SE NON PIU’, OCCHI VERDI, ORIGINE SERBA…MI PROCURERO’ UNA FOTO…

 

 


Olhos Nos Olhos Chico Buarque 

Quando você me deixou, meu bem
Me disse pra ser feliz e passar bem
Quis morrer de ciúme, quase enlouqueci
Mas depois, como era de costume, obedeci 

Quando você me quiser rever
Já vai me encontrar refeita, pode crer
Olhos nos olhos, quero ver o que você faz
Ao sentir que sem você eu passo bem demais

E que venho até remoçando
Me pego cantando
Sem mas nem porque
E tantas águas rolaram
Quantos homens me amaram
Bem mais e melhor que você

Quando talvez precisar de mim
‘Cê sabe que a casa é sempre sua, venha sim
Olhos nos olhos, quero ver o que você diz
Quero ver como suporta me ver tão feliz

 

QUANDO MI HAI  LASCIATO,  MIO BENE /MI HAI DETTO DI ESSERE FELICE E STAR BENE/VOLLI MORIRE DI GELOSIA, QUASI IMPAZZII/ MA POI, COME DI ABITUDINE, HO OBBEDITO 

QUANDO VORRAI RIVEDERMI / MI INCONTRERAI GIA’ RIFATTA, PUOI CREDERMI/ OCCHI NEGLI OCCHI, VOGLIO VEDERE COSA FAI/ AL SENTIRE CHE SENZA DI TE STO ANCHE TROPPO BENE/ E CHE STO ANCHE TORNANDO RAGAZZINA (moço=ragazzo)/MI TENGO CANTANDO (pegar= prendere, afferrare, tenere stretto)/ SENZA MA NE’ PERCHE’/ E TANTE ACQUE SONO PASSATE (rolar= far girare, andare in tondo)/ QUANTI UOMINI MI HANNO AMATO/ MOLTO DI PIU’  E MEGLIO DI TE/ QUANDO UN GIORNO (talvez = forse) AVRAI BISOGNO DI ME/ TU SAI CHE LA CASA E’ SEMPRE TUA (‘ce= contrazione di vocé, il circonflesso non ci sta, pr. vossé=tu, parlano alla terza persona), VIENI DI CERTO (“vieni sì”)/ OCCHI NEGLI OCCHI, VOGLIO VEDERE COSA DICI/ VOGLIO VEDERE COME SOPPORTI DI VEDERMI COSI’ FELICE.

1976 © by Cara Nova Editora Musical Ltda.

 

facendo clic qui sotto, trovate la canzone e l’interpretazione del grande Chico, bellissimo sempre – per decreto alla nascita. Di Maria Bethania, della sua bellezza, si discute molto: oltre che odiata da sempre dal mio convivente brasiliano (ne ho un altro italiano, calma calma…”uno per volta”, come disse la grande Laura Betti), è sorella di Caetano Veloso, il grandissimo innovatore della musica brasiliana e oltre, ve lo proporrò-  in Brasile, dicevo, donne -tipo la Bethania, le definiscono “sapatao” (pr. sapatòn, con nasale, la till non ci sta nella macchina) -sapato =scarpa, sapatao= scarpona- e significa “donna-uomo”. Quando ero in Brasile la adoravo, oggi non so, dovrei vederla di nuovo sulla scena, è noto il suo-reciproco-  amore con Gal, altra grande cantante e bellissima, femminilissima…(insomma la coppia si tiene e rifa, io per esempio sono l’uomo del mio convivente, ma lasciamola lì, bella gerbida, “zerbu zerbu e ri-zerbu”, con un bisogno dentro tutto femminile di essere abbracciata – protetta- coccolata come da bimba faceva il mio papà buono…invece il bisogno di essere coccolato, ninato, cullato è già del mio convivente ( “ninato e morsicato al veleno”, direbbe subito la Do- Donatella, pensando a suo marito-) ma io, bimbi santi, non so morsicare, sono dell’altro gruppo, quello abelinato: “i morsi li prendo” e poi, “non trovo le parole”…per questo voglio tanto che le trovino i matti, che loro a morsicate…ma, in questo senso, di “non avere la parola”, la matteria è grandissima, lo so, perché di star dietro alla prima sillaba lo faccio con tutti, ma tutti tutti, non so come faccio, non lo so neanch’io, tutti tutti, a cominciare da mio nipotino Nicolo’, 9 mesi ieri, che lui, le parole le trova sempre. sempre da quando “meteu a boca no mundo= ha messo la bocca nel mondo), e da prima nella pancia di fra e vale- io lo faccio come una missione, la spiega e’ semplice: perché “ho vissuto”/  se vi guardate in giro, c’è pieno di gente in giro, padrona di sé e della parola (l’argilla dei piedi del gigante, non adesso, pf), e che a volte – la lingua-parola- la usa come sottile staffile, gente intelligente che “sa” dove vi fa male, è la prima cosa che imparano venendo al mondo, precisa /e puntuale/ e circonstanziata / ossessiva/ visione del terreno / dove mettere i loro adorati piedini, d’accordo, lo so, è il loro modo di difendersi e stare in piedi, lo so lo so, ma,  cazzo, tu cosa fai, mentre il serial killer ti uccide, tu cosa fai, te lo richiedo per enfasi, stai lì a fare la radiografia della sua anima? Sareste oltre ogni possibile idiotismo idiota di idiotismo clinico, ebbene, tremate, io sono sempre stata così fin da piccola, vi salto l’archivio, ma le mie pezze – maleodoranti e profumate – di appoggio ce l’ho tutte, ho una memoria schedata, lo so, non è colpa vostra, taglio e chiudo…così non saprete mai come mi sono riscattata…o “rifatta felice”, come direbbe il Chico, “tutto è partito da un ristorante di Napoli…”)

http://www.vagalume.com.br/chico-buarque/olhos-nos-olhos.html#ixzz247bzSelY

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

10 risposte a lunedì 20 ore 22: 56 MARIA BETHANIA E CHICO BUARQUE DE HOLLANDA: “OLHOS NON OLHOS” : ASCOLTATE QUESTO CAPOLAVORO, TRANQUILLI, IN SILENZIO. VEDETE SE CAPITE QUEST’AMORE…CHIARA LA DEDICA AL SUO CONVIVENTE CHE, COMUNQUE E PER ORA, NON SI DESGRUDA (SCOLLA) dal pavimento di legno DI CASA!

  1. nemo scrive:

    Sono belle le canzoni che riporti nel blog: rivelano la tua sentimentalità ( sentimentalismo ? ). Conservato nonostante la durezza della realtà. Un sentito apprezzamento.

    • Chiara Salvini scrive:

      mi permetterei di chiamarla: “capacità di avere sentimenti”, dimensione umana che non credo sia prerogativa del bambino o del giovane, anzi, a mio modestissimo insignificante parere, un adulto che non ha mantenuto la dimensione umana del bambino e del giovane (stupore, capacità di immaginare, sognare una realtà nuova e migliore, bisogno di utopia o realtà alternativa con i correlati amore odio invidia gelosia ecc., tutti sentimenti prettamente umani, almeno dell’umanità incarnata di Darwin (gli angeli sono un’altra cosa e sono supremamente noiosi, sempre a quel mio parere che non conta) è un mostro. Ma più importante è che da qualche decennio, la parte più scientifica dello studio del cervello, le neuroscienze, ha dimostrato che “Cartesio aveva torto”, cioè aveva torto a credere che da una parte ci fosse la materia e dall’altra e – importante – parallelamente (la comunicazione avveniva attraverso la “ghiandola pienale” che esiste davvero, ma non con questa funzione…!)ci fosse la ragione, la mente, lo spirito , l’anima, la si chiami come si vuole. Da decenni, il sentimento, l’emozione ecc. non è più fenomento “uterino”, “l’uomo nun piagne” (gigi Proietti), o, comunque sia, maschile o femminile, non è più qualcosa opposto alla ragione, MA LA BASE SULLA QUALE LA RAGIONE PUO’ SORGERE E SVILUPPARSI. osservaz. chiara: chiunque persona, capace di un minimo- minimo di auto-osservazione, cosa peraltro difficilissima a chi non è allenato a guardarsi dentro, oltre la realtà pratica e la superficie della coscienza, facilmente scoprirebbe quali potenti passioni può nascondere (o “sublimare”) un sottile esercizio logico.
      Per quello che ho visto nella mia esperienza di “osservatrice ossessiva” degli umani fin da bambina (per autodifesa), in genere la prevalente proiezione del nostro mondo interno “nel fuori, nei fatti, nella realtà pratica, nell’azione”, è difesa dalla sofferenza inaudita che proverebbero queste persone cui penso, apparentemente sempre controllate, “fredde e distaccate”, come si dice, dotate, invece, e ricchissime di sentimenti – passioni – violenza e, soprattutto – soprattutto di ipersensibilità in genere ed, in specie, alla loro immagine, sensibilità che sottraggono sotto una maschera alla violenta invasione dello sguardo altrui. Ho vicino a me persone così sempre agitate negli impegni più diversi, fatti di loro interesse, oppure gesti di altruismo cura dei deboli, o anche impegni culturali o ideali politici, che a volte-guardandole- mi viene da pensare: “il giorno che devono sedersi e riflettere, crollano come pericott. L’attivismo in loro è una terapia antidepressiva senza farmaci, scelta di tutto rispetto. Non è la mia, perché – a me- a me- questa “scelta”, o necessità che la vita ha imposto loro, pare molto fragile: “e il giorno in cui non ho più la forza di agitarmi tanto?”. Sono persone, oltre che attive, sempre allegre, serene, piacevoli che, a me, quando dico loro (ad una sola veramente, mia sorella) che vive senza memoria, ridendo allegra mi risponde: “Vivo mille volte meglio di te!”. Io mi incollo al pavimento perché voglio cadere dal più basso possibile, perché cadere, cadrò, come il più lontano possibile, spero per tutti voi.

      Ho citato Antonio Damasio, L’errore di Cartesio, 1994, Adelphi 1995. Non garantisco la serietà del testo sg.

      ANTONIO DAMASIO

      A cura di IL DIOGENE

      VITA

      Nato a Lisbona e laureato in medicina, Antonio Damasio opera negli USA. Rappresenta una delle figure di maggior spicco a livello mondiale nel campo delle neuroscienze. E’ autore di importanti pubblicazioni sulla memoria, sulla fisiologia delle emozioni e sulla malattia di Alzheimer. I laboratori di ricerca che Damasio e sua moglie Hanna hanno realizzato presso l’Università dello Iowa, sono considerati ormai un punto di riferimento per lo studio dei fenomeni nervosi che sono alla base dei processi cognitivi. Antonio Damasio è membro di prestigiose associazioni, come l’European Academy of Science and Arts e l’American Neurological Association; fa parte inoltre dei comitati scientifici di importanti periodici dedicati alle neuroscienze e di alcune fondazioni di ricerca.

      PENSIERO

      Il punto di partenza di Damasio, sostenuto dall’osservazione di diversi casi clinici, è che il cervello non può essere studiato senza tener conto dell’organismo a cui appartiene e dei suoi rapporti con l’ambiente. Per Damasio, lo studio delle funzioni cognitive, e in particolare della coscienza, ha subito per lungo tempo l’influsso di una tradizione filosofica che può essere fatta risalire a Cartesio. Questi ci propone, infatti, una concezione che separa nettamente la mente dal corpo, attribuendo alla prima, addirittura, un fondamento non materiale. L’errore di Cartesio è stato quello di non capire che la natura ha costruito l’apparato della razionalità non solo al di sopra di quello della regolazione biologica, ma anche a partire da esso e al suo stesso interno.
      Il processo decisionale (ad esempio quello di compiere una scelta tra due o più alternative), per Damasio è condizionato dalle risposte somatiche emotive osservabili, utilizzate dal soggetto come indicatori della bontà o meno di una certa prospettiva: i sentimenti somatici normalmente accompagnano le nostre aspettative del possibile esito delle varie opzioni di una decisione da prendere; in altre parole, i sentimenti fanno parte in qualche modo del contrassegno posto sulle varie opzioni; in tal modo i marcatori somatici ci servono come strumento automatico che facilita il compito di selezionare opzioni vantaggiose dal punto di vista biologico. Nelle scienze biologiche, l’orientamento cartesiano ha avuto come conseguenza quello di emarginare la mente dal campo della ricerca, ritardando ogni serio tentativo di indagarla mediante un approccio scientifico rigoroso. La coscienza, nel modello di Damasio, è studiata in funzione di due componenti fondamentali: l’organismo e l’oggetto, insieme alle relazioni che si sviluppano tra loro nel corso delle loro interazioni. In tale prospettiva, la coscienza consiste nella costruzione di conoscenze rispetto a due aspetti:
      – l’organismo che entra in relazione con qualche oggetto;
      – l’oggetto coinvolto nella relazione che causa un cambiamento nell’organismo.
      Comprendere la biologia della coscienza significa quindi capire in che modo il cervello riesce a rappresentare le due componenti – organismo e oggetto – e in che modo si stabilisce la relazione tra questi. Secondo Damasio, la coscienza inizia come un sentimento, un tipo particolare di sentimento, ma comunque qualcosa di assimilabile a questo, anche se non completamente sovrapponibile alle altre modalità sensoriali rivolte al mondo esterno. In ogni caso, coscienza ed emozione non sono separabili, poiché la prima è indissolubilmente legata al sentimento del corpo.
      Da un punto di vista evolutivo, le emozioni sono risposte fisiologiche che mirano ad ottimizzare le azioni intraprese dall’organismo nel mondo che lo circonda. A sostegno di queste tesi, il neurofisiologo portoghese riporta alcune prove neurologiche che mostrano come certi meccanismi cerebrali siano comuni sia alle emozioni che alla coscienza, giungendo alla conclusione che la coscienza rappresenti fondamentalmente un aspetto ausiliario della nostra dotazione biologica di adattameno all’ambiente.
      Nella concezione di Damasio, la coscienza non è monolitica, ma può essere distinta in:
      – Proto-sé
      Fenomeno primordiale di autoidentificazione che l’uomo condivide con gli animali superiori, alle cui base sono le emozioni, eventi strettamente biologici, sui quali si sviluppano poi i sentimenti (paura, fame, sesso, rabbia…) che hanno come motore l’interazione tra l’organismo e il mondo oggettuale. Il “proto-sé” non è consapevole di sé: rappresenta semmai quella parte del sé che impara poco per volta a riconoscersi come parte separata dal mondo esterno.
      – Coscienza nucleare
      Fenomeno biologico nel quale sono contemporaneamente presenti tre elementi: l’oggetto di sui si è coscienti, la posizione del proprio corpo rispetto a quell’oggetto e la relazione che si stabilisce tra queste due entità. La coscienza nucleare fornisce all’organismo un senso di sé qui e ora; non ci dice nulla riguardo al futuro. L’unico passato che possiede è quello, vago, relativo a ciò che è appena accaduto.
      – Coscienza estesa
      Si forma sulla base della coscienza nucleare ed è all’origine del “sé autobiografico”.
      Questo livello di coscienza richiede il linguaggio, poiché solo attraverso di esso possiamo formulare la nostra storia personale, in cui prendono posto i ricordi, le speranze, i rimpianti e così via.
      Il modello di coscienza proposto da Damasio è un modello gerarchico, per cui non può darsi il sé nucleare senza il proto-sé e non può darsi quello autobiografico senza il sé nucleare. A Damasio va senz’altro riconosciuto il merito di aver contribuito a introdurre il corpo nella discussione scientifica sulla coscienza. L’idea che l’organismo partecipi all’esperienza cosciente rompe nettamente con una tradizione che vuole la mente ben distinta dal corpo e restituisce alla coscienza stessa i requisiti biologici indispensabili per farne un oggetto di studio scientifico.

      OPERE

      — L’errore di Cartesio. Emozioni, ragione e cervello umano [1994], Adelphi, Milano, 1995
      In quest’opera Damasio compie il tentativo di unificare mente, cervello e corpo, sulla base di dati rigorosamente scientifici. Partendo da alcuni casi clinici, come quello di Phineas P. Cage, egli cerca di dimostrare che l’idea dell’esistenza di un pensiero puro, di una razionalità non influenzata da emozioni e sentimenti, non ha riscontro nella realtà. La nostra mente, secondo Damasio, non è strutturata come un computer, in grado cioè di presentarci un elenco di argomenti razionali a favore o contro una determinata scelta. La mente umana agisce in maniera molto più rapida (anche se meno precisa): prende in considerazione il peso emotivo che deriva dalle nostre precedenti esperienze, fornendoci una risposta sotto forma di sensazione viscerale.
      L’errore di Cartesio è stato quello di non capire che l’apparato della razionalità non è indipendente da quello della regolazione biologica, e che le emozioni e i sentimenti spesso sono in grado di condizionare fortemente, e a nostra insaputa, le nostre convinzioni e le nostre scelte.

      — Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000
      In quest’opera, Damasio prosegue sulla via già intrapresa con “L’errore di Cartesio”, affrontando il tema della coscienza dalla duplice prospettiva dell’analisi a livello neurofisiologico e delle relative corrispondenze sul piano psicologico.

      — Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello [2003], Adelphi, Milano, 2003
      In quest’opera, Damasio estende l’indagine, iniziata avendo come riferimento il pensiero di Cartesio, alla concezione di Spiniza, il quale, secondo il neurologo portoghese, fu il primo filosofo a intuire lo stretto legame esistente tra la mente e il corpo. La maggior parte delle convinzioni che abbiamo circa i sentimenti è falsa.
      Damasio stesso prima credeva che fosse impossibile definirli in modo specifico, che fossero privati e inaccessibili e che, come la coscienza, fossero al di là della scienza.
      I sentimenti sono la rivelazione dello stato in cui versa la vita all’interno dell’organismo nel suo insieme. Una neurobiologia dei sentimenti serve anche a risolvere il problema mente-corpo e a trovare cure più efficaci per alcune cause di sofferenza umana (come la depressione e le tossicodipendenza). Ma perché Spinoza? Il suo pensiero è utile per una descrizione delle emozioni e dei sentimenti umani. Spinoza è infatti precursore di alcune idee odierne, supportate dalle ricerche di Damasio: la separazione del processo del sentimento da quello dell’idea sull’oggetto che può aver causato l’emozione; la credenza nella possibilità di combattere un emozione negativa con una più forte ma positiva, indotta dalla ragione; la convinzione dell’unione di mente e corpo; il concetto di conatus (sforzo naturale di conservazione da parte degli organismi) ed infine l’affermazione che “l’oggetto dell’idea costituente la mente umana è il corpo”. Nel linguaggio comune non si distingue tra emozione e sentimento, adottandoli praticamente come sinonimi. Damasio opera invece una separazione intendendo per emozioni le componeti del processo esibite e rese pubbliche, e per sentimenti le componenti che restano invece private. Bisogna specificare che tale distinzione nasce per esigenze di spiegazione ma, in realtà, emozione e sentimento appartengono ad un unico processo (così come mente e corpo appartengono alla stessa sostanza). Secondo le ricerche di Damasio in tale processo per primo viene il meccanismo dell’emozione cui segue quello per produrre una mappa cerebrale e poi un’immagine mentale (o idea) dello stato dell’organismo che ne risulta, cioè il sentimento. “I sentimenti …non insorgono solo dalle emozioni vere e proprie, ma da qualsiasi insieme di reazioni omeostatiche, e traducono nel linguaggio della mente lo stato vitale in cui versa l’organismo”(pag. 107). All’origine del sentimento è quindi il corpo, costituito da diverse parti continuamente registrate in strutture cerebrali. I sentimenti sono allora la percezione di un certo stato corporeo cui, talvolta , si aggiunge la percezione di uno stato della mente ad esso associato o anche la percezione del tipo di pensieri il cui tema è consono con il genere di emozione percepita. Già con altre ricerche Damasio aveva dimostrato il ruolo decisivo che i sentimenti hanno nel comportamento sociale (si veda “L’errore di cartesio”). E anche qui l’autore ribadisce che l’integrità dei meccanismi dell’emozione e del sentimento è necessaria per un comportamento sociale umano normale. I sentimenti “ci aiutano a risolvere problemi non standard che implicano creatività, giudizio e processi decisionali, e che richiedono l’esibizione e la manipolazione di grandi quantità di conoscenza”. (pag.215) All’interno della critica del dualismo cartesiano, Damasio ritorna sull’importanza della figura di Spinoza. Il filosofo modificò infatti la prospettiva ricevuta in eredità da Cartesio quando iniziò a sostenere che pensiero ed estensione sono sì distinguibili, ma sono anche attributi della stessa sostanza. Mente e corpo sono quindi inseparabili, “tagliati dalla stessa stoffa” (pag.251) [il che- se posso aggiungere- ricorda anche il pensiero fenomenologico di Merleau-Ponty]. Inoltre Damasio richiama l’attenzione su una strana situazione che si sta verificando oggi: la moderna associazione tra mente e cervello non ha eliminato la scissione dualistica tra mente e corpo, ma l’ha solo spostata. In diverse teorie ritroviamo infatti mente e cervello da un lato e corpo (cioè l’intero organismo ad esclusione del cervello) dall’altro. Ciò va contro la concezione sempre più diffusa e supportata da diverse ricerche (tra cui, appunto, quelle di Damasio) dell’unione di mente e corpo, cioè la cosiderazione del corpo nella sua completezza, nonché il suo ruolo di formazione della mente stessa. La neurobiologia dell’emozione e del sentimento dimostrano oggi un’altra delle intuizioni spinoziane, e cioè che la gioia e i sentimenti positivi sono preferibili al dolore in quanto “più favorevoli alla salute e allo sviluppo creativo del nostro essere” (pag.320). Il consiglio che Damasio propone a conclusione del libro è di combinare alcuni aspetti della filosofia spinoziana con un atteggiamento più attivo nei confronti dell’ambiente che ci circonda: “un atteggiamento combattivo…sembra prometterci che non ci sentiremo mai soli finchè il nostro interesse sarà concentrato sul benessere altrui”. (pag.339)

      BRANI ANTOLOGICI

      Razionalità ed emozioni

      [E’ convinzione diffusa che l’utilizzo della logica formale sia di per sé in grado di condurci] alla soluzione migliore tra quelle possibili, per qualsiasi problema. Un aspetto importante di questa concezione razionalistica è che bisogna escludere le emozioni, per ottenere i migliori risultati: l’elaborazione razionale non deve essere impacciata da passioni.

      [da Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano, 1995, pag. 242]

      [Sostengo che], se questa strategia è l’unica possibile, la razionalità […] non può funzionare. Nel migliore dei casi, la decisione richiederà un tempo troppo lungo, assai più tempo di quanto si possa accettare [nelle comuni circostanze]. Per quale motivo? Perché non è facile tenere a memoria i molteplici livelli di guadagni e perdite che bisogna confrontare: dalla lavagna della memoria semplicemente scompaiono le rappresentazioni dei passi intermedi che bisogna tenere in serbo e poi passare in rassegna per trasferirli nella forma simbolica richiesta per operare l’inferenza logica.

      [da Damasio, op. cit., pag. 243]

      Il nostro cervello sovente può decidere bene in minuti o in frazioni di minuto, a seconda del quadro temporale che stabiliamo come appropriato per gli obiettivi che vogliamo conseguire; se così è, allora non è soltanto con la ragione pura che esso deve eseguire il suo mirabile compito. Occorre un’altra prospettiva.

      [da Damasio, op. cit., pag. 244]

      I “marcatori somatici”

      Che cosa fa il marcatore somatico? Esso forza l’attenzione sull’esito negativo al quale può condurre una data azione, e agisce come un segnale automatico di allarme che dice: attenzione al pericolo che ti attende se scegli l’opzione che conduce a tale esito. Il segnale può farvi abbandonare immediatamente il corso negativo d’azione e così portarvi a scegliere fra le alternative che lo escludono; vi protegge da perdite future, senza ulteriori fastidi, e in tal modo vi permette di scegliere entro un numero minore di alternative. […] Nel normale processo umano di decisione i marcatori somatici possono non essere sufficienti, poiché in molti casi […] avrà ancora luogo un successivo processo di ragionamento e decisione finale. […] In breve, i marcatori somatici sono esempi speciali di sentimenti generati a partire dalle emozioni secondarie. Quelle emozioni e sentimenti sono stati connessi, tramite l’apprendimento, a previsti esiti futuri di certi scenari. Quando un marcatore somatico negativo è giustapposto a un particolare esito futuro, la combinazione funziona come un campanello d’allarme; quando invece interviene un marcatore positivo, esso diviene un segnalatore di incentivi,

      [da Damasio, op. cit., pagg. 245-6]

      L’errore di Cartesio

      Qual era […] l’errore di Cartesio?
      Si potrebbe cominciare con una rimostranza: rimproverandogli di aver convinto i biologi ad adottare (fino ai nostri giorni) meccanismi simili a orologi per i processi della vita. Ma questo forse non sarebbe proprio corretto; e allora si potrebbe continuare con il “Penso, dunque sono”. L’enunciato, il più famoso di tutta la storia della filosofia […], esprime esattamente il contrario di ciò che io credo vero riguardo alle origini della mente e riguardo alla relazione tra mente e corpo; esso suggerisce che il pensare, e la consapevolezza di pensare, siano i veri substrati dell’essere. E siccome sappiamo che Cartesio immaginava il pensare come un’attività affatto separata dal corpo, esso celebra la separazione della mente, la “cosa pensante” (res cogitans), dal corpo non pensante, dotato di estensione e di parti meccaniche (rex estensa).

      [da Damasio, op. cit., pagg. 336-7]

      INDIETRO

    • Chiara Salvini scrive:

      Vedi, anche se mi hai detto che le canzoni “non sono quella musica su cui ti sei soffermato”, caro raffinato melomane, comunque la musica bella è tutta musica bella, come la poesia da dovunque (da do, cac.) arrivi (e qui sarai d’accordo, perché questo mi pare proprio il tuo campo…ho detto: “mi pare”!), nel risponderti, intendo al commento sulla parte bambina, mi è venuto in mente un fado veramente stupendo che …nessuno ti eviterà!! E’ una minaccia! Puoi sempre saltarlo, non ti pare? “Qual’è il problema?”, diceva tanti anni fa il mio caro amico nemo!, ciao ch.

  2. nemo scrive:

    ” …. dimensione umana del bambino e del giovane ” : ribadisco l’ apprezzamento per chi, come te, l’ ha conservata.

    • Chiara Salvini scrive:

      se l’hai capito, ne sono proprio felice, amo tanto quando gli altri mi rimandano un’immagine di me che è anche la mia, in casa non mi succede quasi mai, dove il “quasi” è solo prudenza, visto che potrei scrivere “mai”, in buona coscienza, e, vedi, io sono orgogliosa di avere questa parte bambina che, tra l’altro, mi permette di colloquiare così bene con Nicolo’ (adesso 9 mesi suonati) o con un altro bambino perché lì, in quei casi, il dialogo avviene senza parole, come qualunque vero dialogo profondo, da un amante ad un paziente (amante=colui che ama). Certamente la mia malattia ne è in parte la causa, in parte è la mia parte che “non ha potuto-voluto” crescere cioé non ha potuto-voluto “adattarsi” che è la ragione della malattia. I malati mentali non hanno potuto-voluto rassegnarci a questa realtà sociale umana in cui l’essere umano è una cosa. Oh certamente, dei belli non hanno potuto-voluto adattarsi dai Liberali (veri) ai comunisti e in primis i vecchi socialisti, le leghe ecc ecc. Ma lì, intanto si era un gruppo, la sanità mentale si mantiene così, in un gruppo anche minoritario, ma con qualcuno che ti rispecchia nella tua rivolta-ribellione-rivoluzione, nel tuo rifiuto dell’identità maggioritaria, per non dire, dominante che è frusto, e in cui tu puoi rispecchiarti. Questa è, a mio parere, la ragione per cui i cittadini tedeschi nazisti o, da noi, i “pochi”(?) convinti fascisti, pur delirando, a mio modo di vedere, non erano matti. Nella curva statistica, i matti, i galeotti, gli immigrati, specie quelli “non inseriti”, si trovano agli estremi margini della curva che al centro (che detta legge) sta la normalità. Esiste una specie di catalogo delle malattie, chiamato DSM in inglese, adesso non sto acercarlo, ne esce uno ogni 6-7 o più anni, adesso siamo al IV, DSM IV, ma i ricercatori stanno già dibattendo raccogliendo dati a livello mondiale sul V, DSMV; che dovrebbe uscire tra qualche anni, forse due, ebbene, il narcisismo, di cui tanto si parla oggi anche nei salotti, che occupa attualmente pagine e pagine di patologia ecc. , stando a quel poco che so, discutono di depennarlo dalle malattie mentali perché è-oggi-LA NORMALITA’ : TUTTI NARCISI SIAMO! chi più chi meno, si capisce. Non ti sembra bella? Tra l’altro, per me, illumina straordinariamente sul….?? “l’essenza” dell’emarginato! Non ti pare? grazie mille, ch. notte bella, soprattutto questa notte! Invidia verde? No

  3. Jenny scrive:

    Se si vede il video sotto… è quello di una famosissima canzone I WILL SURVIVE (io sopravviverò) di Gloria Gaynor. L’ho pubblicato per metterlo in contrapposizione con quello sopra di” OLHOS NON OLHOS”. Due tipi diversi di amore: uno dove nonostante tutto si rimane in attesa di un ritorno, pronti a mettere da parte tutto il dolore, eventualmente tutti i soprusi sopportati per stare di nuovo insieme all’amato idealizzato e forse come nella maggior parte dei casi, idealizzato senza reali doti, dall’altra parte un amore finito che non permette ritorno e che anzi tramuta tutto il dolore in un nuovo orgoglio in un nuovo inizio.
    Che ne pensate?

    • Chiara Salvini scrive:

      cara Jenny, voglio avvisare i nostri milioni di lettore, che sei giovanissima anche se non di primissimo pelo, sei dell’81 quindi hai 31 anni, il conto è giusto perché l’hai fatto tu, sei la prima giovane ad apparire su questo blog e come tale vorrei farti un grosso regalo nella speranza che le masse ti seguano, guai a stare lontano dai giovani e non riuscire a capirli, vuol dire che noi vecchi siamo già morti! Che cosa ti piacerebbe come regalo? Per quel poco che ti conosco, tu sei il ritratto della canzone che hai messo, hai un amore alla vita e un istinto (impulso, per Nemo!) di sopravvivenza che grida più alto di qualunque altra cosa al mondo, per quanto molto colta, sei vicino al mondo animale vegetale e alle stelle del nostro straordinario firmamento: ecco, cosa mi piacerebbe regalarti, un nerissima cielo pienissimo di stelle che ti guardassero eternamente nel tuo lungo cammino verso la vita (e anche verso la morte) come delle mamme “sufficientemente buone” (Winnicott), il che non è detto, e che – come tali- se ne stessero lassù lassù tranquille, accontentandosi di adorarti e di proteggerti. Se la trovo ti metto la mia poesia, o una delle mie poesie preferite di Tagore, grandissimo poeta indiano, che si chiama “Il dono”. Aspettami, vado a cercarla…
      Eccola, lho già messa cento volte, i lettori gireranno gli occhi…

      IL DONO di Rabindranath Tagore
      Filed under: Poesia — vbinaghi @ 1:26 am

      Voglio darti qualcosa, bambino mio,
      poiché stiamo andando alla deriva
      nella corrente del mondo.

      Le nostre vite verranno separate
      il nostro amore, dimenticato

      Ma non sono così sciocco da sperare
      di comprare il tuo cuore coi miei doni

      Giovane è la tua vita,
      il tuo sentiero, lungo,
      e tu bevi d`un sorso l’amore
      che ti portiamo, e ti volgi,
      e corri via da noi

      Tu hai i tuoi giochi,
      e i tuoi compagni di gioco

      che male c`è se non hai
      tempo di pensare a noi!

      Abbiamo abbastanza tempo nella vecchiaia
      per contare i giorni passati
      per nutrire in cuore
      ciò che le nostre mani hanno perduto
      per sempre

      Veloce scorre il fiume con un canto
      travolgendo tutte le barriere

      Ma la montagna rimane e ricorda,
      e lo segue con il suo amore.

      Sai, stella bella, questa poesia esprime i miei sentimenti per te, nuovi, appena nati, ma rigogliosi come le foreste tropicali, indimenticabili, ch.

  4. nemo scrive:

    Innanzi tutto, grazie per la traduzione di una canzone che ha fatto ‘epoca’ e che non avevo mai capito ( va detto, però, che spesso le canzoni sono più belle se misteriose … ). Poi, si parteggia per questa donna fiera di non ‘dipendere sentimentalmente’ da un uomo ( che spesso è meglio perdere che trovare … ).

    • Chiara Salvini scrive:

      Mi interesserebbe discutere, come fa Jenny, di questo, o similare, tipo di donna: questa donna è autonoma ma “fedele”, dice “quando vuoi tornare la casa e’ sempre tua”, è pronta ad accoglierlo a braccia aperte, però, è pronta adesso, adesso che si trova in ben altra posizione, che può vederlo di fronte a sé quasi come un oggetto, e non vede più se stessa appiccicata a lui come un bambino ad una vetrina di giocattoli: è una persona, donna o uomo che sia, affettivamente capace di autonutrirsi, quel tanto, almeno, necessario a sopravvivere giorno per giorno, insomma tutto quello che poi arriva è lucro di cui ringraziare il destino o Dio, come si vuole. Secondo la vs. esperienza esistono persone così? Aggiungo: “così e buone, amanti della vita e degli altri”? Se ci sono, a mio piccolissismo parere, hanno avuto una lunghissima storia di dolore alle spalle. Inoltre, tutta questa loro autonomia è, come per tutti, “relativa ad un altro che in qualche modo le nutre “dall’esterno”, perché uno ha bisogno, proprio per come l’essere umano è fatto, di un nutrimento interno e anche esterno, altrimenti non sta in piedi: non sarò un partner, sarà un amico o un’amica, ma, un “tu”, chiunque di noi deve averlo, fosse il “Tu” per eccellenza che sta nei cieli. grazie ch.

Rispondi a Jenny Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *