18 marzo 2013 ore 07:40 ERNESTO ROSSI (1897-1967)…PER CHI CREDE CHE “IL PRESENTE” POSSA ESSERE GIUDICATO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE DENTRO “IL CONTESTO” DEL PASSATO….

 

 

 

Ernesto Rossi (Caserta25 agosto 1897 – Roma9 febbraio 1967) è stato un politicogiornalistaantifascista italiano. Operò nell’ambito del Partito d’Azione e del successivo Partito Radicale.

Con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni è, in Italia, tra i principali promotori del federalismo europeo. Il Manifesto di Ventotene, di cui condivise la stesura con Spinelli e che fu pubblicato e curato da Colorni, è considerato il suo libro più importante e il suo testamento morale.

Non ancora diciannovenne partecipò volontario alla prima guerra mondiale. Nel dopoguerra, mosso dalla opposizione all’atteggiamento dei socialisti di ostilità nei confronti dei reduci e dei loro sacrifici e dal disprezzo della classe politica incapace di slanci ideali, si avvicinò ai nazionalisti del “Popolo d’Italia” diretto da Benito Mussolini, giornale con il quale collaborò dal 1919 al 1922.

In quel periodo però conobbe Gaetano Salvemini con il quale iniziò un lungo legame di stima e di amicizia e si allontanò definitivamente e radicalmente dalle posizioni che lo stavano portando all’ideologia fascista.

A Salvemini, Ernesto Rossi si legò subito e il vincolo dell’amicizia, oltre che dall’ammirazione e dall’affetto, venne ben presto cementato dalla piena intesa intellettuale. «Se non avessi incontrato sulla mia strada – scrisse Ernesto Rossi – al momento giusto Salvemini, che mi ripulì il cervello da tutti i sottoprodotti della passione suscitata dalla bestialità dei socialisti e dalla menzogna della propaganda governativa, sarei facilmente sdrucciolato anch’io nei Fasci da combattimento».

Nel 1925 con il gruppo dei salveminiani (Nello TraquandiTommaso RamorinoCarlo Rosselli) dà vita al giornale clandestino “Non Mollare“. Da questo deriva la determinazione con cui si oppose il regime fascista. Fu dirigente, insieme con Riccardo Bauer, dell’organizzazione interna di “Giustizia e Libertà“, e quindi pagò la sua intransigente attività antifascista con venti anni di carcere, inflittigli dal Tribunale Speciale, dei quali nove furono scontati nelle “patrie galere” e gli altri quattro al confino nell’isola di Ventotene. Qua, con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, maturò più compiutamente quelle idee federalistiche che nel 1941 ricevettero il loro suggello nel famoso Manifesto di Ventotene.

Dopo la Liberazione, come rappresentante del Partito d’Azione, fu sottosegretario alla Ricostruzione nel Governo Parri e presidente dell’ARAR (Azienda Rilievo Alienazione Residuati) fino al 1958.

Dopo che fu sciolto il Partito d’Azione aderì al Partito Radicale guidato da Pannunzio e da Villabruna nel quale, sentendosi come “un cane in chiesa” (sono parole sue), rifiutò incarichi di direzione anche perché preferì dedicarsi alla scrittura di libri e al giornalismo d’inchiesta su “il Mondo“.

La collaborazione con “il Mondo“, iniziata sotto i migliori auspici nel 1949 (quando il direttore Mario Pannunzio gli promise che i suoi articoli li avrebbe letti “solo dopo pubblicati”) continuò ininterrotta per tredici anni, fino al 1962.

Raccolse i suoi articoli migliori in alcuni[non chiaro] volumi, tra cui I padroni del vapore (Bari, 1956) e Aria fritta (Bari, 1955). Dal 1962 in avanti svolse la sua attività di pubblicista su “L’Astrolabio” di Ferruccio Parri.

Nel 1966 gli fu conferito il premio “Francesco Saverio Nitti”.

Ernesto Rossi muore il 9 febbraio 1967. «Ernesto – racconta Marco Pannella – era stato operato nei giorni precedenti. L’avevo visto il 7, e lui, che era sarcastico verso chi non credeva all’Anno anticlericale che avevamo lanciato, era allegro perché un’infermiera gli aveva detto: “Beh, se lei presiede questa cosa, verrò anch’io all’Adriano”. Ernesto, abituato come eravamo spesso noi radicali al Ridotto dell’Eliseo, aveva soggiunto: “L’ho detto anche a Ada: ma vuoi vedere che questa volta quel matto di Pannella ha avuto ragione!”. L’operazione era andata benissimo, il medico era Valdoni, tuttavia le conseguenze non furono controllate e all’improvviso Ernesto se ne andò. Di lì a trentasei ore avrebbe dovuto presiedere una prima grande manifestazione della religiosità anticlericale, della religione della libertà di tutti i credenti».

Qualche mese prima aveva scritto, in una lettera a Riccardo Bauer, parole presaghe che vibrano di un’accensione poetica: “se ci domandiamo a cosa approdano tutti i nostri sforzi e tutte le nostre angosce non sappiamo trovare altre risposte fuori di quelle che dava Leopardi: si gira su noi stessi come trottole, finché il moto si rallenta, le passioni si spengono e il meccanismo si rompe“. E ancora: “Io non ho mai avuto paura della morte. Mi è sempre sembrata una funzione naturale, inspiegabile com’è inspiegabile tutto quello che vediamo in questo porco mondo. Crepare un po’ prima o un po’ dopo non ha grande importanza: si tratta di anticipi di infinitesimi, in confronto all’eternità, che non riusciamo neppure ad immaginare. Ma ho sempre avuto timore della “cattiva morte” “.

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *