28 GENNAIO 2014 ORE 22:37 L’UGUAGLIANZA E’ IMPOSSIBILE! MA QUELLA CHE VOLGIAMO NON E’ ESSERE TUTTI UGUALI, MA AVERE LE STESSE OPPORTUNITA’, GLI STESSI DIRITTI, MA NON SULLA CARTA, DITITTI CON GLI STRUMENTI PRATICI PER FARLI VALERE ECC ECC.. QUELLE DELL’ARTICOLO SONO CHIACCHIERE PER FAR ANDARE LA LINGUA AD OSSIGENARSI…

DA  LINKIESTA:
UN CONCETTO TORNATO DI MODA

Basta illusioni: l’eguaglianza è impossibile

Al di là della retorica, per ottenerla dovremmo sacrificare la meritocrazia e, infine, la libertà
26/01/2014
ARTICOLO DI

Alberto Mucci

Gulliver (l’attore Jack Black) legato con lacci e lacciuoli subito dopo l’arrivo a Lilliput

 

Si è parlato molto di diseguaglianza negli ultimi tempi – ne trattano i politici, ne scrivono i giornali e ne discutono gli economisti: da Paul Krugman sul New York TimesJoseph Stiglitz su The GuardianRajan su Project Syndicate – ma sull’onda del post-Occupy Wall Street il tema  è diventato il più dibattuto degli ultimi due anni.

Circa due mesi fa il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un discorso a The Arc, un centro educativo di Washington D.C, ha sottolineato «come il compito di questa generazione sia quello di estirpare le diseguaglianze». Sulla stessa lunghezza d’onda il neo eletto sindaco di New York Bill de Blasio che diventato primo cittadino della più importante città del mondo il primo gennaio scorso ha definito la diseguaglianza «la questione centrale del nostro tempo». E non sono soltanto i politici a esprimersi sul tema. Come ricorda spesso nei suoi interventi l’economista e premio Nobel Amartya Sen, «l’onere della prova è di chi ritiene che la disuguaglianza sia preferibile all’uguaglianza, non l’opposto». Ma nonostante quella che appare un’idea esente da critiche, l’eguaglianza, se non definita in maniera specifica, rimane un concetto vago e facile preda di una vuota retorica.

 

usa povertà

Un esempio può aiutare a fare chiarezza sulle difficoltà intorno all’idea. Prendiamo Francesco, un insegnante convinto della superiorità morale dell’eguaglianza sull’ineguaglianza e assumiamo che voglia applicare quello che ritiene un principio etico al suo insegnamento. Quali sono le sue opzioni?

La prima opzione, forse la più intuitiva, è quella di trattare tutti gli studenti nella stessa maniera. A ogni alunno Francesco dedicherà la stessa quantità di tempo indipendentemente da colore della pelle, dal cognome che porta o altre caratteristiche discriminatorie. Nonostante la buona volontà, in poche settimane quello che a Francesco era apparso il modo migliore di non differenziare tra i suoi alunni causerà risultati moralmente discutibili. Nel tentativo di trattare gli studenti nella stessa maniera, Francesco si ritrova ad essere involontario responsabile del rallentamento formativo degli studenti più talentuosi, una situazione che, oltre a essere ingiusta nei confronti del singolo alunno, ha la potenzialità di creare un risultato suboptimale per la classe nel suo insieme. Come? Se per esempio Francesco avesse dato più attenzione agli studenti con maggiori capacità avrebbe potuto sperare in un generale miglioramento del rendimento della classe (i meno bravi sarebbero stati ispirati dai più talentuosi) o, altro scenario verosimile, la scelta di favorire lo sviluppo degli studenti più capaci avrebbe nel lungo periodo creato un surplus (economico) superiore al costo di lasciare gli studenti meno bravi indietro. Per esempio se Sara, studentessa dotata in matematiche, fosse stata seguita dal professore con maggior attenzione avrebbe potuto trovare la sicurezza di iscriversi a ingegneria, laurearsi e sviluppare algoritmi innovativi. Tuttavia il ritmo seguito da Francesco volto a mantenere l’eguaglianza tra gli studenti ha impedito a Sara di scoprire il suo talento e di conseguenza alla società di potersi avvantaggiare dei benefici indiretti (maggiore crescita economica, possibilità di creazione di posti di lavoro) che avere un ingegnere qualificato comporta.

 

Van Gogh, Donne che portano sacchi di carbone, 1882

Scartato questo primo approccio Francesco ha una seconda opzione: realizzato il danno potenziale che avrebbe potuto recare a Sara, decide di assegnare il suo tempo come professore in base al talento degli studenti. Utilizzando questo approccio Francesco ha la speranza di essere  in grado di creare il maggior surplus possibile a beneficio sia della classe sia, in un secondo momento, della società. Queste nuove speranze avranno tuttavia vita breve. Nonostante appaia equo per la classe presa nel suo insieme (alla fine stanno tutti meglio perché anche i meno bravi beneficiano delle conquiste dei migliori) nel lungo periodo  le diseguaglianze tra chi ha talento e chi invece non ne ha si accentueranno in una maniera che smetterà presto di essere moralmente accettabile. Non soltanto. Oltre a ritenere questo risultato ingiusto, Francesco realizza che Sara non ha alcun merito rispetto ad un talento ottenuto per puro caso.

Scartata anche questa opzione Francesco realizza di averne una terza: invece di trattare tutti allo stesso modo o dare più attenzione ai più talentuosi, decide di suddividere il suo tempo in base all’impegno mostrato dagli studenti. In base a questo nuovo principio i risultati degli studenti saranno meno importanti dell’impegno mostrato. Francesco è così convinto di poter evitare le situazioni di ingiustizia create dal primo e dal secondo approccio. Nelle settimane successive alla decisione Francesco comincia però a conoscere meglio i suoi studenti. Scopre per esempio che i genitori di Matilde sono entrambi avvocati, che il martedì e il giovedì l’allieva va a lezione di pianoforte e il fine settimana incontra un tutore con il quale rivede i compiti. Al contrario Giorgio viene da una situazione economicamente meno stabile. La madre è disoccupata e il padre fa il doppio turno al bar e, al contrario di Matilde, Giorgio non può avvantaggiarsi né di lezioni di pianoforte né di un tutore personale. Francesco inizia a capire che neanche questo terzo approccio garantisce il livello di eguaglianza che vorrebbe: anche l’impegno dello studente appare legato a fattori esogeni fuori dal diretto controllo dell’allievo e discriminare secondo questa variabile sarebbe dunque ingiusto.

A questo punto Francesco realizza che nessuna delle sue tre idee – che pure partono dall’intento di assicurare la maggiore eguaglianza possibile tra gli studenti – riesce ad ottenere lo scopo prefissato. I sopraelencati problemi riscontrati dal professore in classe sono in piccolo gli stessi dei politici (e dei commentatori) che parlano di voler creare maggiore eguaglianza nella società in cui viviamo. Quanto presentato non è un argomento contro una società più uguale, ma un esempio per ricordare che entrando nei dettagli, quella che pare una verità scontata si scopre una realtà complessa in cui ogni versione di uguaglianza comporta innumerevoli problemi. Perché quando parliamo di maggiore eguaglianza dobbiamo chiederci se per ottenerla siamo disposti ad accettare un calo del Pil? E ancora: sa un lato l’idea di una società fondata sulla meritocrazia sembra un concetto irrinunciabile, dall’altra è necessario ammettere che questa inevitabilmente crea ineguaglianza e che dunque, proprio come nel secondo tentativo di Francesco, queste due concezioni di società non possono co-esistere pienamente allo stesso tempo. Quando diciamo di volere una società in cui tutti sono più uguali siamo disponibili a rinunciare ad una parte di meritocrazia per ottenerla? Difficile rispondere. Le domande sono molte e le risposte molto più complesse dell’immagine idealizzata che abbiamo di una società dove vige maggiore eguaglianza.

 

COMMENTI /

Ritratto di marioX
Lun, 27/01/2014 – 10:22
marioX
mi sembra che si riproponga un’ideologia stantia contro l’eguaglianza per due motivi. 1) da 30 anni il dibattito economico (gli studi Atkinson per tutti) ci evidenziano come sia la diseguaglianza a contrarre il PIL e non viceversa; 2) il modo in cui il concetto viene applicato nel campo educativo sia diseducativo: se delle tre strategie non si fa nessuna valutazione, allora passa inevitabilmente quella anti-uguaglianza. La morale è duplice: 1) nel caso specifico, la strategia dell’insegnante è avere una dotazione di competenze e un raggio di azione che non è quello associato alla nozione di senso comune di “insegnante”. generalizzando: utilizzare una leva di politica pubblica per combattere la diseguaglianza richiede intervenire (o meglio non precludere) su altre leve di welfare; 2) la politica pubblica non può essere disegnata ex ante in modo autosufficiente e tecnocratico ma indicare degli obiettivi e offrire una gamma di risorse attivabili, alcune previste e altre lasciate all’iniziativa di singoli o di collettivi, da incorporare e implementare in un’interazione fra valutazione e metodo deliberativo
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Ritratto di Andreas
Lun, 27/01/2014 – 13:55
ice_storm
credo che l’obiettivo dell’autore fosse semplicemente convincerci del fatto che è semplice e più che condivisibile puntare all’uguaglianza, tuttavia è molto complesso applicare concretamente quell’idea di uguaglianza a cui tanto utopicamente diciamo di credere. Applicando strategie di uguaglianza che teoricamente sono più che condivisibili, nella realtà, applicandole, ci si troverà a svantaggiare alcuni piuttosto che altri.
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Ritratto di carlo corbellari
Lun, 27/01/2014 – 16:32
carlo corbellari
Fare tanti sofismi su uguaglianza e disuguaglianza ha un unico scopo e prettamente politico: dimenticare del tutto i bisogni dei poveri e degli ultimi del mondo. Portare il maestro francesco come esempio di bravura frustata è fuorviante: un conto è la disuguaglianza come ricchezza culturale e caratteriale, un conto quella sociale ed economica, che porta alle disuguaglianze economichee allo sfruttamento dei ricchi sui poveri.In un momento di crisi pilotata come ora, fatta e gestita per indifferenziare i bisogni veri dai subliminati, il sofismo dalla concretezza dell’orrore della nostra civiltà sedicente, serve per determinare “l’impossibilità necessaria ed oggettiva” a risolvere il divario, ormai strutturale e sublimato attraverso la “figura” del maestro francesco. grazie carlo corbellari
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Ritratto di Andrea Ferrante
Lun, 27/01/2014 – 13:27
Andreaferrante
@marioX. Ben argomentato. Ma secondo lei il politico medio è in grado anche solo di ripetere i suoi due punti? E l’elettore medio è in grado di capirli?
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Ritratto di marioX
Mar, 28/01/2014 – 10:31
marioX
so che ho “scritto difficile”. Il politico medio non credo perché non è questo che ascolta, l’elettore medio si, perché i figli a scuola ce li ha: e se non è la scuola è la sanità o la prevenzione sul lavoro. Io stesso sto applicando quello che sta ripetendo per l’Italia un ex ministro, tale Fabrizio Barca: da come lo spiega capiscono anche i sassi.
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Ritratto di giovanni la torre
Lun, 27/01/2014 – 15:43
Glatorre
IMPO++++++Temo che l’autore abbia ingaggiato una polemica contro una tesi inesistente. Si è inventato un nemico che forse esiste solo nella sua mente. Nessuno di quelli che denunciano I mali della disuguaglianza attuale ha mai detto che l’obiettivo da peseguire è l’ “eguaglianza”. Forse solo nella Cina di Mao veniva perseguito. Quello verso cui una società liberaldemocratica tende è l’ “equità”, la quale comprende anche il tentativo di pareggiare I punti di partenza, da qui l’istruzione pubblica e il welfare. Quanto poi al fatto che il perseguimento di questi obiettivi diminuisca il Pil è una balla messa in giro da Reagan e dai neoliberisti dagli anni ottanta in poi e che ci ha portato alla situazione attuale, perché l’eccessiva disuguaglianza porta al calo della domanda, all’eccesso di risparmio e alle bolle speculative.

Ritratto di Emilio Odescalchi
Mar, 28/01/2014 – 11:40
eodesca
Ricordo a tutti il secondo principio della termodinamica applicato ai sistemi economici. L’eguaglianza significa entropia (capacita di produrre lavoro utile) elevata. Come se il laghetto che alimenta con la sua acqua le turbine della centrale a valle fosse allo stesso livello delle turbine. Nella storia il giusto livello di entropia, veniva ristabilito da fenomeni sociali, naturali eccetera. Triste da dire, ma logico, la ricostruzione dopo le guerre o il ripopolamento dopo le pestilenze hanno generato benessere. Leggere un po’ di storia economica. Personalmente suggerisco i libri di Cipolla. Auguri e buona lettura!!

 

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1 risposta a 28 GENNAIO 2014 ORE 22:37 L’UGUAGLIANZA E’ IMPOSSIBILE! MA QUELLA CHE VOLGIAMO NON E’ ESSERE TUTTI UGUALI, MA AVERE LE STESSE OPPORTUNITA’, GLI STESSI DIRITTI, MA NON SULLA CARTA, DITITTI CON GLI STRUMENTI PRATICI PER FARLI VALERE ECC ECC.. QUELLE DELL’ARTICOLO SONO CHIACCHIERE PER FAR ANDARE LA LINGUA AD OSSIGENARSI…

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Quante chiacchiere per cosa ( mi riferisco all’articolo)? Per dimostrare che è meglio non fare nulla perché è troppo difficile cercare di arrivare ad una maggiore eguaglianza? Certo che è difficile, altrimenti non si spiegherebbe la situazione attuale e probabilmente l’eguaglianza assoluta non esiste né, forse per fortuna, non esisterà mai. Ma non è quella eguaglianza metafisica a cui si guarda: si guarda a che le situazioni di partenza siano più simili tra tutti gli individui di una società, che possano avere gli stessi strumenti per capire la realtà, le stesse cure per curarsi, le stesse possibilità di difendersi e di tutelarsi, ecc. Queste sono cose molto concrete, che sono passibili di un miglioramento: basta andare a vedere in altre nazioni, confrontarsi, prendere il meglio là dove c’è, anche se nessuno afferma che sia facile. Occorre la volontà politica e morale, come mi pare affermasse ieri il direttore di “Repubblica” nella sua rtedazione.

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