20 febbraio 2014 ore 18:50 Ricevo dal “nostro” avv. mg UNA SPIEGAZIONE SEMPLICE SULLE RIFORME COSTITUZIONALI PROPOSTE DA RENZI E SULLA LEGGE ELETTORALE BLINDATA SULLE PREFERENZE CON BERLUSCONI—impo-issimo: DOPO GLI ARTICOLI, BIOGRAFIA DEL MAGISTRATO UGO GENESIO—NON PERDERE! +++PER I SANREMASCHI UN ARTICOLO (CON UGO GENESIO) SULL’AMMINISTRAZIONE BOREA–

musica africana per la pace e lo sviluppo:  SOTTO-SOTTISSIMO–SENTITELA, DAI…!

IL MAGISTRATO  (IN PENSIONE)   UGO GENESIO  (FOTO DEL 2009)

 

 

DALLA BIOGRAFIA (AL FONDO)  VI ANTICIPO QUESTO BRANO: nel 1994 lascia anticipatamente la magistratura dopo trentaquattro anni di servizio (“caduta l’illusione” – scrive nella sua lettera di dimissioni – “di una riforma profonda del sistema giudiziario italiano adeguata alle crescenti esigenze di giustizia del Paese”) ricevendo il titolo onorario di presidente aggiunto della Corte di cassazione. Con decreto del 2 giugno 1995 il Presidente Scalfaro gli conferisce l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.

 

http://ugogenesio.wordpress.com/

Finalmente le riforme per cambiare l’Italia

Molti osservatori politici, anche tra i più acuti ed obiettivi, sono portati a riconoscere a Matteo Renzi il merito di avere finalmente avviato, d’intesa con Silvio Berlusconi, quel processo di riforme istituzionali di cui il Paese ha sommamente bisogno e la cui mancanza fino ad oggi sarebbe fra le maggiori cause della crisi attuale. Le riforme proposte riguardano, come è noto: 1) una nuova legge elettorale; 2) l’eliminazione del bicameralismo perfetto con una nuova configurazione del Senato; 3) la revisione del titolo V della Costituzione sulle autonomie locali.

Non mi risulta peraltro che una sufficiente attenzione sia stata riservata al contenuto delle riforme, così come queste sono state presentate, per verificare se le stesse siano intrinsecamente valide, cioè rispondenti alle effettive esigenze e alle aspettative del Paese, o non risultino invece inadeguate, se non addirittura controproducenti rispetto a tali esigenze e aspettative. Prima di mangiare qualcosa di nuovo che ci viene offerto è il caso di accertarsi che si tratti di un alimento buono e salutare e non di un intruglio poco digeribile o addirittura velenoso. Andiamo allora a vedere che cosa c’è nelle riforme in oggetto, proposte come pacchetto immodificabile senza l’accordo di entrambi i contraenti (“altrimenti cade tutto”).

1. La legge elettorale

Dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il “porcellum” sotto il duplice profilo (a) del premio di maggioranza che inficia il fondamentale principio democratico della rappresentanza e (b) della esclusione del potere di scelta degli eletti da parte degli elettori, l”italicum” mantiene nella sostanza l’impostazione del “porcellum”, che si è cercato di legittimare con accorgimenti tecnici volti ad eludere i “paletti” posti da quella sentenza introducendo un “quorum” del 35 (elevato ora al 37) per cento per un premio di maggioranza del 15 per cento e le “liste corte” di collegio con 5-6 candidati teoricamente più “riconoscibili”. Basterebbe quindi il 37 per cento dei voti coalizzati per prendersi il 52 per cento dei seggi, sottraendo la differenza a tutti gli altri partiti, che assieme potrebbero in ipotesi rappresentare il 63 per cento dell’elettorato. Ma vi è di più: si prevede un incredibile “ballottaggio di coalizione” per cui il premio potrebbe in teoria andare alla lista che al primo turno avesse avuto anche solo il 20-25 per cento (se tutte le altre hanno preso di meno), rendendosi così di fatto inoperante il “quorum”, in evidente contrasto con la condizione imposta dalla Consulta per la legittimità del premio, giudicato “distorsivo” ove “attribuito anche senza il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”, tale perciò da integrare “una grave alterazione della rappresentanza democratica”. La situazione è aggravata dalla discriminazione imposta ai partiti non coalizzati per effetto delle proibitive soglie di sbarramento. Quanto poi alle “liste corte” ma pur sempre bloccate, esse darebbero forse agli elettori una maggiore possibilità di conoscere i candidati ma non la possibilità di sceglierli. Il risultato è sempre quello, voluto e perseguito dai degradati partiti politici italiani, di riservarsi il potere autoreferenziale di nomina dei membri del Parlamento. E se pure un tale  sistema non venisse ritenuto incostituzionale, esso sarebbe comunque inaccettabile politicamente, tanto più alla luce della passata esperienza delle nomine operate dai partiti  con il “porcellum”.

2. Il nuovo Senato

Tutti d’accordo sull’esigenza di distinguere le funzioni delle due Camere, oggi perfettamente sovrapponibili, semplificando la funzione legislativa, riservando alla Camera dei deputati il compito di dare o ritirare la fiducia al governo e di approvarne il bilancio e configurando il Senato come Camera delle autonomie. Nel progetto illustrato da Renzi il nuovo Senato sarebbe composto da 150 membri, dei quali 108 sindaci dei comuni capoluogo, 21 presidenti di regione e 21 esponenti della società civile, tutti senza alcuna indennità. Ne risulterebbe preponderante e senz’altro sproporzionata la presenza dei sindaci, tale da potersi propriamente parlare di una Camera dei Comuni. I sindaci indicati come quelli dei comuni capoluogo: capoluogo di che, dato che si prevede anche la soppressione delle province? E poi: resterebbero senza indennità anche i membri nominati fra gli esponenti della società civile? Sono dubbi e perplessità che si giustificano di fronte ai segni evidenti nel progetto di una superficialità preoccupante.

3. Il Titolo V

Il Titolo V della Costituzione è ormai universalmente riconosciuto come il cattivo prodotto di una sciagurata riforma attuata in fretta e furia dal centrosinistra nel 2001, della cui revisione sostanziale oggi tutti avrebbero motivo di rallegrarsi. Ma dire che la normativa va riformata non basta, è come dire nulla. Ciò che sarebbe importante sapere e che i proponenti sarebbero tenuti a far conoscere è che cosa si intende riformare e in quale direzione. La riforma costituzionale portata avanti dal governo Berlusconi nel 2005 sotto la spinta leghista e poi bocciata dal referendum popolare prevedeva, fra l’altro, la devoluzione alle regioni del potere di legiferare in via esclusiva in materia di assistenza e di organizzazione sanitaria, di organizzazione scolastica e di polizia amministrativa. Considerate le gravissime disfunzioni ogni giorno più evidenti nella gestione delle autonomie regionali, una riforma che per  ipotesi andasse in quel senso sarebbe addirittura catastrofica. Il silenzio di Renzi circa i termini dell’intesa con Berlusconi su questo punto non può non preoccupare.

Queste sono le tre riforme che vengono proposte per cambiare il destino dell’Italia. Non pare proprio il caso di entusiasmarsene.

 

 

per chi vuole segue questo articolo dallo stesso blog del magistrato ugo genesio:   SOTTO BIOGRAFIA DEL MAGISTRATO!

DI  | 27/01/2014 · 19:23

Parte l”Italicum”

Il nuovo segretario del PD ha presentato la proposta di nuova legge elettorale concordata con Berlusconi come parte di un pacchetto di riforme comprendente anche una nuova configurazione del Senato e la revisione delle autonomie regionali (Titolo V della Costituzione). Dice che lui non voleva le liste bloccate per le elezioni, ma ha dovuto accettarle per avere in cambio il consenso di Berlusconi sugli altri due punti. Afferma che il pacchetto non può essere modificato se non con l’accordo di tutti (cioè, nella sostanza, di Berlusconi), altrimenti tutto cade, come nel gioco dello “shangai”, e così finisce la legislatura.

Vedo qui ignorata la differenza di fondo fra legge costituzionale e legge ordinaria. Già Quagliariello aveva cercato di legare la questione della legge (ordinaria) elettorale alle riforme costituzionali (con il semi-presidenzialismo) nel chiaro intento di portare alle calende greche l’eliminazione del “porcellum.” Una nuova legge elettorale, che è definita da tutti della massima urgenza, può essere varata nel giro di poche settimane. Le riforme costituzionali, invece, implicano  ovviamente tempi assai più lunghi: quattro votazioni, l’intervallo minimo di tre mesi fra la prima e la seconda approvazione in ciascuna camera, il possibile (quasi certo) referendum popolare: realisticamente, un paio d’anni. Ma Berlusconi ha posto la condizione, ribadita ancora ieri da Brunetta, che una volta approvata la nuova legge elettorale si vada subito al voto. Del resto, già l’accordo tra i partiti e con il Capo dello Stato all’atto della formazione dello “strano” governo Letta non era che le “larghe intese” sarebbero durate fino al semestre italiano di presidenza UE, per poi andare a votare con la nuova legge nella primavera del 2015 ? E allora, che ne sarebbe delle proposte riforme costituzionali ?

Non si capisce d’altronde in che senso le riforme costituzionali incluse nell’accordo Berlusconi-Renzi possano essere considerate una contropartita valida a giustificare l’accettazione di una legge elettorale sgradita e comunque pessima. La configurazione del Senato come Camera delle autonomie risulta generalmente condivisa e accetta ai partiti (Lega a parte e fatte salve le prevedibili resistenze degli attuali senatori) per la maggiore “governabilità” che si avrebbe con il voto di fiducia rimesso alla sola Camera dei deputati. Il Titolo V della Costituzione è il cattivo prodotto di una sciagurata riforma attuata in fretta e furia nel 2001 dal solo centrosinistra, della cui revisione sostanziale il centrodestra avrebbe solo motivo di compiacersi. Trattasi di riforme, per così dire, scontate: devono farsi, probabilmente si faranno non in tempi brevi, ma accreditarle al decantato successo dell’operazione Berlusconi-Renzi è soltanto fumo negli occhi per cercar di coprire il cattivo odore della proposta nuova legge elettorale.

In proposito, lo stesso Quagliariello aveva cercato di bloccare la decisione della Corte costituzionale, di cui già si poteva intuire l’esito, con la proposta di una revisione del “porcellum” volta a “metterlo in sicurezza”  mediante  l’introduzione di un “quorum” per il premio di maggioranza e di un qualche pur minimo riconoscimento del diritto di scelta all’elettorato. Ora il progetto fatto proprio dal PD realizza puntualmente il piano Quagliariello: “quorum” al 35 per cento, premio al 18 per cento e liste “corte” con 5-6 candidati teoricamente più “riconoscibili”.

“Questa legge sembra la mia” ha dichiarato subito il senatore Calderoli, che aveva a suo tempo definito la sua legge una porcata: “questo è un Calderoli-bis”. Quindi, una porcata-bis. Alle segreterie dei partiti il “porcellum”, con le liste bloccate, stava più che bene. Per questo finora non è stato cambiato, né lo si cambierebbe se non fosse per la sentenza della Corte costituzionale.

Ora l’impegno comune è di conservarlo con accorgimenti tecnici volti ad eludere i “paletti” posti da quella sentenza. Perciò si mantiene il premio di maggioranza, sconosciuto in qualsiasi altro paese (salvo forse San Marino), che inficia il valore della rappresentanza democratica dando un peso diverso al voto espresso per l’uno o l’altro partito: discriminazione aggravata dalle (elevate) soglie di sbarramento. Basta il 35 per cento dei voti coalizzati per prendersi il 53 per cento dei seggi, sottraendo la differenza a tutti gli altri partiti, che assieme potrebbero rappresentare il 65 per cento dell’elettorato. Si introduce un incredibile “ballottaggio di coalizione”, privo di riscontro in qualsiasi altro paese al mondo, per cui il premio potrebbe in teoria andare alla lista che al primo turno avesse avuto anche solo il 20 per cento, rendendosi così di fatto inoperante il “quorum”, in aperto contrasto con la condizione imposta dalla Corte costituzionale per la legittimità del premio di maggioranza, giudicato “distorsivo” ove “attribuito anche senza il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”, e quindi tale da integrare “una grave alterazione della rappresentanza democratica”.

L’altro punto indecente del “porcellum”, che priva totalmente gli elettori del diritto di scelta degli eletti, resta in piedi con l’”escamotage”, quasi suggerito dalla sentenza della Corte costituzionale, delle liste “corte” (ma non tanto corte come in Spagna). Qui si gioca sull’equivoco. Non spetta alla Consulta di fare o di proporre le leggi, perciò non basta che una legge non possa essere tacciata di incostituzionalità per essere una buona legge: certo il “porcellum” non era una buona legge, ma non lo è nemmeno il “porcellinum” per le mille ragioni di cui si è detto ampiamente in questi anni. Le liste “corte” di partito o di coalizione darebbero forse agli elettori una maggiore possibilità di conoscere i candidati, ma non la possibilità di sceglierli. Il risultato è sempre quello, voluto e perseguito dai degradati partiti italiani, di riservarsi il potere autoreferenziale di nomina dei membri del Parlamento.

Con la legge elettorale che ci viene proposta si aprirebbe quindi la strada a un nuovo devastante conflitto politico-costituzionale di cui certamente il Paese non ha bisogno nel momento attuale.

Si dice che l’alternativa, criticabile per vari aspetti, sarebbe quella delle preferenze, ma non è così. Il principio maggioritario, per definizione e per esperienza storica, è connaturato al collegio uninominale, non invece al proporzionale di lista per cui si rendono (ragionevolmente) inevitabili le preferenze. Il più grave problema dell’Italia, ormai universalmente riconosciuto, è il bassissimo livello qualitativo (per competenza e moralità) di gran parte di un personale politico selezionato in base ad appartenenze e a rapporti personali o di interesse. Anche se le leggi elettorali hanno sempre un carattere di relatività, il collegio uninominale, nella particolare situazione del paese, potrebbe portare alla politica personalità qualificate e generalmente indipendenti da cui attendersi un serio impegno per uscire dalla crisi gravissima che ci travaglia e per cui non sono in vista soluzioni attendibili.

Si osserva che anche con l’uninominale i candidati sono designati dai partiti, ma così argomentando si trascura il fatto che nella scelta del candidato i partiti si troverebbero obbligati ad orientarsi su persone qualificate, di capacità e moralità riconosciute in un territorio limitato e perciò tale da rendere possibile “un consenso informato”. Oggi il voto è “mobile”, la gente ne dispone liberamente, non è più disposta a portare “il cervello all’ammasso” del partito: le vicende dei sindaci di Milano, Genova, Cagliari e da ultimo Grillo con il M5S stanno a dimostrarlo. Certo è che il candidato scelto ed eletto in virtù delle sue qualità personali e con un proprio elettorato di riferimento cui è chiamato a rispondere sul territorio non sarebbe facilmente manovrabile secondo gli interessi del partito.

Fatto sta che qualsiasi anomalia di sistema viene oggi giustificata appellandosi al “mantra” pretestuoso della “governabilità”, che è il messaggio che Berlusconi è riuscito ad imporre alla nostra indifesa opinione pubblica e che resterà probabilmente il maggiore residuo velenoso della sua stagione politica non ancora chiusa. La governabilità, a mio avviso in effetti un non-valore, è stata messa in campo come il grimaldello utile per scardinare il nostro sistema democratico concentrando il potere nelle mani del premier e limitando il ruolo del parlamento, ridotto a mero esecutore di quanto deciso dal capo del governo.

Cosa si intende invero per “governabilità” dietro gli slogan di comodo? In sostanza si vuole che il governo possa disporre in parlamento di una maggioranza tale per cui le sue decisioni siano recepite e approvate senza difficoltà in forza della disciplina di partito. Non si coglie peraltro, o forse si preferisce ignorare, che una governabilità così intesa, cioè quale possibilità di controllo del parlamento da parte dell’esecutivo, confligge frontalmente con quel pilastro fondamentale della democrazia che si identifica nella separazione dei poteri: poiché in un sistema realmente democratico l’organo che ha il compito di legiferare e quello che provvede alla gestione della cosa pubblica devono rimanere separati e indipendenti l’uno dall’altro, pur ovviamente nel contesto di una leale e costruttiva collaborazione. Questo principio trova riscontro in modo più o meno marcato in altri paesi (pensiamo alle difficoltà che il presidente degli Stati Uniti incontra per far passare in congresso le misure più impegnative della sua linea politica), ma è pressoché assente nel nostro, ove sempre più spesso il parlamento, in forza di maggioranze precostituite, è chiamato semplicemente ad avallare con il suo voto i provvedimenti adottati dal governo in forma di decreti con forza di legge.

Certo è che in nessun paese democratico, quale che sia il sistema elettorale, si concepisce che un partito possa ottenere la maggioranza assoluta in parlamento semplicemente in forza di un “premio” invece che dei voti effettivi ricevuti dagli elettori. Nei paesi democratici il governo si forma in base all’esito del voto, di peso uguale per tutti i cittadini, che determina le intese possibili fra le forze politiche per comporre una maggioranza, evidenziando anche i punti degli eventuali accordi programmatici.

Ciò si è realizzato anche da noi per quasi cinquant’anni dal dopoguerra e in quegli anni, pur con tutti i difetti, l’Italia ha compiuto enormi progressi in tutti i campi, risollevandosi dalla condizione disperata in cui era si venuta a trovare al termine dei conflitto. Così, dopo la vigorosa ricostruzione, abbiamo conosciuto la storica riforma agraria, un imponente sviluppo industriale, il “boom” economico, e poi le leggi sui diritti civili, lo statuto dei lavoratori, il sistema sanitario nazionale, e il benessere del cittadino medio è salito al livello dei paesi più avanzati. Per tutto questo lungo periodo, fino al fatale 1994, non risulta che mai da nessun politico o politologo sia stata sollevata una questione di governabilità.

Berlusconi ha chiarito: “Questa è la mia riforma, da me perseguita per anni. Ora, con Renzi, posso metterla in esecuzione”.  A questo si sta riducendo la nostra democrazia marchiata “Italicum”.

 

Nota biografica

Ugo Genesio Ugo Genesio
nato a Bagnara (RC) il 3 agosto 1935
Sposato con Eugenia (1966) – Tre figlie: Laura, Paola, Valeria

Ugo Genesio compie gli studi secondari a Reggio Calabria ove nel 1952, non ancora diciassettenne, consegue la maturità classica. Ammesso al Collegio Augustinianum dell’Università Cattolica di Milano, nel 1956 si laurea con lode in giurisprudenza.
Chiamato dopo la laurea al Comune di Milano, studia la riorganizzazione degli uffici e il miglioramento dei metodi di lavoro avviando altresì un progetto di zonizzazione urbana preliminare alle future circoscrizioni. Rappresenta quindi il Comune nella segreteria del comitato di supporto alla candidatura di Milano a sede delle Istituzioni europee (1958).
Nel 1959 si abilita alla professione legale e si iscrive al relativo albo. Selezionato per una borsa di studio negli Stati Uniti, nell’anno accademico 1960-61 frequenta l’Università di California a Berkeley, ove si perfeziona nel campo del diritto costituzionale americano e comparato conseguendo il “master degree” in scienza politica. L’esperienza di studio e di vita negli Stati Uniti rimarrà fondamentale nella sua maturazione intellettuale e nel prosieguo della sua attività.
Superato il concorso per la magistratura ordinaria, nel 1962 Genesio è assegnato alla Procura di Busto Arsizio, che per alcuni mesi si trova a reggere come sostituto in assenza di titolare. E’ quindi pretore a Saronno e a Milano e dal 1968 giudice al tribunale di Sanremo. Dal 1973 al 1977 fa parte del Consiglio Giudiziario della Liguria. Promosso magistrato di appello nel 1979 e assegnato alla Corte d’appello di Milano, vi tratta importanti processi per reati di impresa. E’ relatore/estensore della sentenza di secondo grado per la nube di diossina alla ICMESA di Seveso e di quella sul cosiddetto “primo troncone” della complessa vicenda giudiziaria del Banco Ambrosiano.
Il suo ”iter” professionale nella magistratura si conclude in Corte di cassazione, ove opera nella sezione penale che si occupa di reati amministrativi ed economici nonché, per turno, di criminalità mafiosa. Genesio tratta fra gli altri il processo per l’omicidio del capitano Basile in Sicilia e vari processi contro la “ndrangheta” calabrese e le cosche criminali pugliesi. Sua è la sentenza del 1993 con cui la Corte annulla il decreto di archiviazione emesso dal g.i.p. del Tribunale di Roma nella nota vertenza IMI – SIR per la denunziata sottrazione di una procura dal fascicolo dell’appello IMI contro la sentenza di primo grado. Quindi, nel 1994 lascia anticipatamente la magistratura dopo trentaquattro anni di servizio (“caduta l’illusione” – scrive nella sua lettera di dimissioni – “di una riforma profonda del sistema giudiziario italiano adeguata alle crescenti esigenze di giustizia del Paese”) ricevendo il titolo onorario di presidente aggiunto della Corte di cassazione. Con decreto del 2 giugno 1995 il Presidente Scalfaro gli conferisce l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.
Nel corso degli anni Ugo Genesio ha peraltro coltivato studi e sviluppato interessi che vanno oltre l’ambito strettamente riconducibile alla professionalità del giudice. Nel 1970 promuove la creazione a Sanremo dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, ente non governativo riconosciuto dalle Nazioni Unite come organo consultivo del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) e dell’Alto Commissariato Rifugiati. L’Istituto, cui collaborano studiosi ed esperti di diversi paesi, opera oggi per la promozione e diffusione delle norme internazionali poste a tutela dei diritti umani fondamentali nelle situazioni di emergenza (conflitti armati, gravi tensioni interne, calamità naturali), concorrendo alla loro effettiva applicazione con un vasto e articolato programma di corsi di formazione organizzati in varie lingue per ufficiali delle forze armate e funzionari governativi, che hanno sin qui coinvolto oltre 15.000 partecipanti di 180 paesi. Il ruolo di segretario generale dell’Istituto svolto per quasi trent’anni comporta per Ugo Genesio un intenso e gratificante impegno in campo internazionale, che gli permette di acquisire ineguagliabili cognizioni ed esperienze e di stabilire rapporti privilegiati con personalità della cultura e della militanza civile e umanitaria di ogni parte del mondo.
Lasciata la magistratura, nel 1995 Genesio accetta da indipendente la candidatura alla presidenza della Provincia di Imperia propostagli dai partiti del centrosinistra. L’esito negativo del ballottaggio gli attribuisce comunque una percentuale (47,3 %) mai raggiunta, prima o dopo, in alternativa al gruppo di potere politico dominante nel territorio.
Nel 1998 è chiamato alla presidenza della Fondazione Almerini, storica istituzione sanremese per l’insegnamento cristiano e l’assistenza ai minori poveri o disagiati. Dal 1998 al 2002 è membro del Comitato etico dell’ASL imperiese. Viene quindi designato a fare parte della Commissione di bioetica del locale Ordine dei medici e altresì di un gruppo di studio sulla bioetica in psichiatria della Società Italiana di Psichiatria.
Nel 2006, da presidente del comitato imperiese “Salviamo la Costituzione”, guida la campagna referendaria contro la riforma costituzionale varata dal centrodestra.
Dal 2005 al 2009 fa parte del consiglio di amministrazione della SPUI (Società di Promozione per l’Università nell’Imperiese) in rappresentanza del Comune di Sanremo. A Sanremo nel 2005 forma un circolo di cultura politico-amministrativa intitolato allo scrittore sanremese Italo Calvino, che è tuttora in attività.
E’ attualmente membro di una “task-force” internazionale chiamata ad elaborare un progetto di legge modello per la promozione della tolleranza in Europa.
Autore o coautore di libri, articoli, saggi e contributi in diverse materie.

Pubblicazioni

1) Iliade – Scansione metrica per schemi, Reggio Calabria, 1952
2) “Le nuove tecniche dell’organizzazione e le amministrazioni comunali”, Città di Milano, 1957, nn. 4 e 5
3) “La scienza dell’amministrazione pubblica negli Stati Uniti”, Città di Milano, 1957, n. 6
4) “La nuova scienza dell’amministrazione”, Città di Milano, 1958, n. 3
5) “Problemi di sviluppo dell’organismo municipale”, Città di Milano, 1959, n.4
6) “Verso la riforma dell’amministrazione locale”, Città di Milano 1959, n. 6
7) La Comunità Locale – Orientamenti di politica amministrativa (op. coll. a cura di F. Hazon), Milano, 1960  ( Cap. II: Gli enti locali nel pensiero politico e nella legislazione dall’Unità  alla Costituzione Repubblicana –  Cap. V, 1: L’educazione e la cultura –  Cap. V, 5: L’assistenza e l’igiene –  Cap. VI, 5: La gestione dei servizi pubblici –  Cap. XII: L’efficienza degli enti locali)
8) “La partecipazione del cittadino alla burocrazia“, in “La burocrazia statale in Italia” (op. coll. a cura di F. Benvenuti), Archivio ISAP, 1965
9) “Contributo all’ elaborazione di una nuova legge di ordinamento giudiziario”, La Magistratura, 1969, n. 1-2
10) “Gli ispettori del ministro”, La Magistratura, 1969, n. 9
11) “Ancora sul reclutamento dei magistrati”, Rivista di Diritto Processuale, 1969, n.4
12) “Democrazia ed elezioni”, Giustizia e Costituzione, 1971, n.4
13) “L’indipendenza del giudice nell’ordinamento statale americano”, Giustizia e Costituzione, 1973, n. 2-3
14) Prefazione alla raccolta: P. Verri, “Diritto per la Pace e Diritto nella Guerra”, Roma,1980
15) “La persona nel diritto internazionale umanitario”, in “I diritti umani” (op. coll. a cura di G. Concetti), Roma, 1982
16) “Fernandez-Flores J.L., Del Derecho de la Guerra” – Recensione in Rassegna della Giustizia Militare, 1983
17) “Fernandez-Flores J.L., Del Derecho de la Guerra” – Recensione in Revista Espanola de Derecho Militar, 1983
18) “Verso una Convenzione europea contro la tortura”, Difesa Penale, 1983
19) “International Institute of Humanitarian Law 1970-1985: Fifteen Years of Service”, in “Humanitarian Law” (op. coll. a cura di Rup C. Hingorani), New Delhi-Bombay-Calcutta, 1987 e 1991
20) “Dissemination of International Law of Armed Conflicts”, Yearbook (1986-87) of the International Institute of Humanitarian Law, 1989
21) Prefazione al volume: A. Marcheggiano – “Diritto umanitario e sua introduzione nella regolamentazione dell’Esercito italiano”, Roma, 1991
22) “Dreptul international umanitar si drepturile omului”, Revista Romana de Drept Umanitar, 1993
23) “Studierea chepturilor omului si a dreptului international umanitar”, Revista Romana de Drept Umanitar, 1994
24) “L’insegnamento del diritto umanitario e dei diritti dell’uomo”, Revista Espanola de Derecho Militar, 1995 (in memoriam de F.J. Sanchez del Rio y Sierra)
25) “Verso la Corte Penale Internazionale”, I diritti dell’uomo, 1996, n. 3
26) “L’insegnamento dei Diritti Umani e del Diritto Internazionale Umanitario”, Bulletin Européen, 1996, n. 10
27) “The Role of the Referendum in Representative Democracy”, Israel Yearbook on Human Rights (1996),1997
28) “Referendum e Democrazia”, in “Héctor Gros Espiell Amicorum Liber”, Bruxelles, 1997
29) “Un impegno per l’avvenire: le Risoluzioni ONU del 1946”, in “LUISS: Verso un tribunale permanente internazionale sui crimini contro l’umanità”, a cura di P. Ungari e M.P. Malintoppi, Roma, 1998
30) “Non c’è pace senza giustizia”, Affari Esteri, 2002
31) “La protezione umanitaria dei feriti, malati e naufraghi nei conflitti armati”, in “Diritto umanitario e cappellani militari”, a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della Congregazione dei Vescovi, Roma, 2004.
32) “La protezione della popolazione civile”, in “Quale diritto nei conflitti armati?”, Università degli Studi Milano-Bicocca, Dipartimento Giuridico Istituzioni Nazionali ed Europee, Milano, 2006
33) “Protectia Populatiei Civile”, Mari probleme umanitare in dezbaterile oamenilor de stiinta, Bucarest, 2006
34) “La bioetica e il diritto internazionale, i principi costituzionali, il diritto civile, penale e amministrativo” in “Atti delle Giornate di Bioetica Clinica”, Milano, 2007.
35) “Le Leggi dell’Umanità”, Milano, 2009.
36) “Bambini Soldato: Una tragedia senza fine”, Informazioni della Difesa, 3/2010.
37) “Per una legge europea in favore della tolleranza”, Centro in Europa, 3/2012.

38) “La riflessione sul diritto internazionale umanitario”, in “Giorgio Filibeck, Un uomo per i diritti”, Roma, 2013.

 

 

SOLO PER I SANREMESI E DINTORNI—UGO GENESIO ED ALTRI SULL’AMMINISTRAZIONE BOREA

 

Elezioni 2009

“Per Borea noi ci abbiamo messo la faccia”, parlano i testimonial

Sono 250 cittadini sanremesi che si sono esposti in sostegno alla candidatura a sindaco di Borea. “Ci hanno messo la faccia” come si suol dire. Pur non essendo candidati hanno acconsentito a comparire su sei grandi manifesti, affissi per le vie della città, come sostenitori della coalizione che appoggia all’ex sindaco. Questa mattina quattro di loro sono intervenuti in conferenza stampa, presso il point di Borea in piazza Colombo.  Come sottolineato da Claudio Borea si tratta di persone appartenenti ad ogni tipologia, gente di tutte le professioni e di tutte le età. 

Oltre a Borea e all’ex assessore Roberto Del Beccaro erano presenti Nicola Lanteri, commercialista, Ugo Genesio, magistrato in pensione, Alessandro Moroni, avvocato, e Giuseppe Squizzato, magistrato in pensione ex presidente del Tribunale di Imperia. Ognuno dei quattro a spiegato perché ha deciso di sostenere pubblicamente Borea.

Nicola Lanteri: “Ci abbiamo messo la faccia perché chiediamo in Borea. Non è lista di destra o di sinistra è una lista per la città. Borea sa come creare valore ed avvantaggia tutta la città, la pista ciclabile ne è un esempio. Il miglioramento della città è quello che ci interessa”.

 

Ugo Genesio: ”Sono un cittadino sanremese per scelta. Vengo da fuori. Negli anni che sono stato qui ho visto Sanremo degenerare, cambiare in peggio. In questi quattro anni anche ad occhio si è visto invece un miglioramento, anche sul territorio. Ventuno interventi realizzati e gli altri ancora da finire sono una prova. Sarebbe masochista voler cambiare”.

Alessandro Moroni: “Borea è l’unico che ha un progetto organico per la città. Gli altri promuovono interventi spot. Borea ha un’idea globale di rilancio di Sanremo dal mare alla Pigna. Borea inoltre è un candidato che i cittadini si sono scelti, non è imposto dall’altro. Ci permette di partecipare alla gestione della città e questo è importante.

Giuseppe Squizzato: “Trasparenza, legalità e rispondenza alle esigenze dei cittadini. Sono queste le cose che ritengo fondamentali. Ricordo per esempio l’eco-mostro a piazzale Calvino, che non serviva alla comunità. Borea in tempi rapidi ha provveduto a ripristinare la legalità. Un sindaco che non persegue ricompense o gratificazioni diverse dal raggiungimento dell’obiettivo per il bene comune. Senza favoritismi”.

di Giorgio Giordano

04/06/2009


 

Charlotte Dipanda & Epée & Koum in concerto

Festival della Felicità 2012 – “L’Africa in musica per la pace e per lo sviluppo”–Pesaro, mi pare, ma la terrificante presentatrice ve lo dice!

 

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11 risposte a 20 febbraio 2014 ore 18:50 Ricevo dal “nostro” avv. mg UNA SPIEGAZIONE SEMPLICE SULLE RIFORME COSTITUZIONALI PROPOSTE DA RENZI E SULLA LEGGE ELETTORALE BLINDATA SULLE PREFERENZE CON BERLUSCONI—impo-issimo: DOPO GLI ARTICOLI, BIOGRAFIA DEL MAGISTRATO UGO GENESIO—NON PERDERE! +++PER I SANREMASCHI UN ARTICOLO (CON UGO GENESIO) SULL’AMMINISTRAZIONE BOREA–

  1. DONATELLA scrive:

    Ho trovato molto bello e chiaro lo scritto di Ugo Genesio sulle cosiddette riforme: bisognerebbe che molti conoscessero queste cose per non farsi incantare dai vari pifferai magici di turno.

    • Chiara Salvini scrive:

      hai guardato anche le cose sull’amministrazione Borea (sanremasca “marça”!) e soprattutto la vita di questo magistrato?…credo che l’avvocato mg lo conosca; hai visto – da “meno giovane” (non mi becchi più!)- che faccino adorabile ha? Almeno per me: sembra una persona che ha vissuto, pagato “per i suoi principi di persona” (li chiamo così) e insieme ha colto dalla vita una “umanità” serena che, nel mio minuscolo, possano avere solo persone che hanno sofferto. Aggiungo, pero’, che “sofferto”, c’è tanta gente che ha sofferto, ma non sempre il risultato è una maggiore bontà o “pietas” verso gli errori degli uomini. “Una bonaria indulgenza che non vuol dire “giustificazione” “. Per me, una meta. Come immagini, sul magistrato Ugo Genesio, tutto quello che sto dicendo, me lo immagino io (pura proiezione di un desiderio!) guardando la foto! Avrei tanto bisogno nella mia vecchiaia (questa è la mia e la vivo a modo mio!) di avere un amico o un’amica così. La RI-RI, una zia, che tu hai amato “quasi” quanto me, mi manca moltissimo: lei, vedi, era una persona di famiglia (l’unica) che mi amava “così com’ero”, anzi, forse, “proprio per com’ero”, mi accettava senza storie (a parte alcune similarità tra di noi) perché non faceva castelli sulla mia persona né vedeva dietro le mie frasi codici imperscrutabili di potenze straniere; pur essendo una persona a suo modo “blandamente egocentrica”, era così capace di immedesimarsi negli altri che il suo era, invece, “un narcisismo sano”, cioè aveva una buona autostima di sé, abbastanza indipendente dagli altri, che invece di allontanarla, la avvicinava al prossimo. Come dice la Bibbia, prima del Vangelo: “ama gli altri come te stesso”: ho sempre inteso, quindi, che un amore per sé è il presupposto di una relazione “veramente amorosa” con gli altri. Perché, se non è così (e a mio parere, è raramente così), gli altri diventano dei mezzi per tappare i buchi del tuo amore-autostima per te…sei, per così, obbligato “ad andare incontro agli altri per stare in piedi. E questi io non li fucilerei, e li preferisco a quelli che ti sparano pallottole nei polpacci. Tutto dipende da come lo fai, se hai cioè rispetto- almeno il sufficiente – per gli altri, per la liberta’ della loro vita: ad una mia osservazione (“come faranno quando non ci sarai più? Si dovranno sparare!”) ad un’amica che “tira su” delle specie di nipoti, lei mi ha risposto allegramente: “Quando saro’ morta, cosa accadrà non mi toccherà più”—Pur non essendo oggi particolarmente religiosa, parlo di questa amica, dubitando anche dell’esistenza di Dio, temo che le sia rimasta addosso una cosa del cattolicesimo (forse anche del cristianesimo? Non so rispondere) che odio profondamente ossia “L’imitazione di Cristo”. Nella tua vita- lo saprai- sei tanto più vicina alla beatitudine in Paradiso, quanto più ti avvicini – piaga per piaga – fino alla crocefissione – a quello che è successo a Cristo. Mi pare che sia stata la felicità del nostro simpaticissimo e amato S. Francesco nell’ultimo periodo della sua vita. Tu saprai. Odio così tanto questo impegno perché indica che-uomo- vuoi essere Dio, come i bambini e gli adolescenti (magari di 80 anni), e in questo caso, direi “più di un Dio” perché chi crede sa bene che la natura di cristo era sì umana, ma insieme divina- Insomma mi contrabbandano per “eccelsità” della loro persona, delle brutte cose della natura umana o, forse, più correttamente, profondi aspetti patologici. Passano gli anni, e ame – perché parto da me, ma non solo- la natura umana mi appare “sempre più piccina picciò”. Che poi, alcuni facciano cose grandi…Molte, inoltre, “grandi e terribili”: non riesco a non pensare alla gente che si sta ammazzando per strada a Kiev o a Leopoli, senza dirmi che stanno pagando con la vita o con traumi indelebili, la disputa di egemonia (o puro potere per il potere) tra la Russia e l’America. Pensa ai fiumi di soldi, di infiltrati…tutte cose che sappiamo e abbiamo anche vissuto; così in Siria… Spesso noi due ci arrabbiamo o ci intristiamo perché non contiamo niente (pensa la manifestazione mondiale per la pace contro l’intervento in Irak: manco registrata!), ma qui in Europa, dovremmo essere già felici che non ci usino-letteralmente – da carne da macello, non ti pare? Sono andata testardamente di palo in frasca perché avevo bisogno di parlare con un amico, Mi sono anche un po’ rinfrancata e-leggermente- mi anche diminuita quell’angoscia fissa sul cuore o stomaco come una pietra. ciao ma belle, grazie! Se mi hai ascoltato, si capisce! chiara

  2. DONATELLA scrive:

    ” Il dramma delle due Italie”, di Nicola Cacace, articolo dell’Unità in data 20 febbraio 2014, pag.1

    ” Siamo pronti a sostenere Renzi se avrà il coraggio di sfidare la rendita”, ha scritto Bonanni della CISL su l” Unità” del 18 febbraio. “Se facessi una patrimoniale da 40 miliardi andrebbe bene?” ha detto Fabrizio Barca al finto Vendola. Non sono voci dal sen fuggite ma affermazioni che rimettono alla ribalta il dramma delle due Italie, quella dei poveri e quella dei ricchi. L’Italia del lavoro e quella delle rendite. Bankitalia ci ricorda da anni che l’Italia ha una ricchezza privata di 9mila miliardi, 6 volte il PIL, elevata ma concentrata in poche mani, il 10% ne possiede il 46%, quasi 2 milioni di euro a famiglia, e c’è in fondo il blocco dei poveri, l’ultimo 50% delle famiglie che possiede il 9%, meno di 60mila euro a famiglia. Da queste parti, se si perde il lavoro, si sopravvive qualche mese con i risparmi di una vita, poi dopo è la fine. Malgrado la grave crisi in atto da anni, nessuno degli ultimi governi, Berlusconi, Monti e, spiace dirlo neanche Letta, ha mai preso in considerazione, nei provvedimenti, l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze. Perché, di fronte ad un Paese sempre più spaccato, ad un debito pubblico crescente e ad una tagliola, il Fiscal Compact che ci imporraà presto di ridurlo di alcune decine di miliardi l’anno, ad una ricchezza privata consistente in 2,4 milioni di famiglie, nessun governo ha avuto il coraggio di rivolgersi a questi privilegiati e chiedere loro un contributo straordinario per recuperare risorse e rimettere in moto il Paese? Eppure, da anni, proposte per un contributo patrimoniale straordinario, sono state avanzate, oltre che da sinistra, da autorevoli borghesi, come il banchiere cattolico Pellegrino Capaldo, il presidente Bnl Luigi Abete, il presidente di Nomisma Pietro Modiano, Carlo De Benedetti, Vito Gamberale. Perché, per iniziare a salvare il Paese, non si può chiedere un contributo a quel 10% di famiglie che posseggono 4mila miliardi di patrimonio netto? Monti aveva obiettato che non ci sono dati certi, ma non è vero: c’è il catasto per gli immobili e c’è la banca dati della Finanza per i beni mobili. Un contributo straordinario dello 0,5% del patrimonio del 10% delle famiglie più ricche, da due milioni di patrimonio in su, darebbe 20 miliardi di entrate e costerebbe una media di 8mila euro a ciascuna delle famiglie più brave e fortunate. Nessuno fallirebbe, qualcuno si avvicinerebbe al Paradiso, l’Italia avrebbe qualche possibilità di uscire dal buco nero della crisi.

  3. nemo scrive:

    Oltre a Donatella, penso che tu abbia anche un altro amico ( e sicuramente anche di più ). In alto i cuori !

  4. mg scrive:

    MANIFESTAZIONI CONTRO LA GUERRA.
    Cara Chiara nel tuo commento dici che la manifestazione mondiale contro la guerra in Irak non è stata neppure ripresa. Non so in Italia, ma in Spagna le manifestazioni contro la guerra in Irak (2003) state riprese in diretta dalle televisioni. In tutte le città fiumi di gente, milioni.
    queste le riprese di tele Madrid
    http://www.youtube.com/watch?v=5t2FZS0cUHM
    e della TV catalana da Barcelona
    http://www.tv3.cat/videos/447519

    • Chiara Salvini scrive:

      scusami tanto, non mi sono spiegata: mi pare che io abbia scritto qualcosa tipo “non registrata”… ero molto ambiziosa e guardavo ai governi che avevano deciso la guerra nonostante l’ONU ecc. Mi è sembrato incredibile che i governi americani e inglesi, quando quasi tutto il mondo si mobilita contro una guerra, non dicano qualcosa come (non so parlare come il presidente degli Stati Uniti): “nonostante i dissensi, questa guerra è necessaria bla bla…”—Di un numero così inverosimile di gente in tutto il mondo, non è neanche stato preso atto. Questo allora mi ha molto colpito ed è da lì che ho iniziato a riflettere ( e non ho ancora finito—ho riflessioni secolari come le vacche) sul fatto che la gente, i cittadini, non contano piu’ niente- niente di niente. Contano 2 o 3 organizzazioni mondiali: per la Grecia e per la sua gente ha deciso tutto, come tutti sanno, il FMI e quella signorina o signora francese, ammirevolmente elegante-chic—alla fine si sono anche ricreduti! Ma quella gente rarefatta, che se puo’ (e puo’) si scopa la cameriera dell’albergo…cosa potranno mai sapere di come vive la maggioranza delle persone? Devo mettermi (vincere l’inerzia che è sempre più alta per cominciare) a fare lo schema di un minuscolo libretto del tuo Zigmunt Bauman, Il buio del Postmoderno, Aliberti editore, pp.57, 5 euro // che finalmente mi toglierà i pidocchi dal cervello, come si dice in Brasile. Quando non si sa, si parla lo stesso…ma lui, credo, mi raddrizzerà bene! Se non hai tempo di leggere tutta la risposta, non ha importanza, chiara

  5. mg scrive:

    cara Chiara, sì hai ragione e quello che dici solleva molti problemi.
    Le mobilitazioni popolari, anche se oceaniche, non vengono prese in considerazione dai potenti. Forse finché sono pacifiche?.. Ma le mobilitazioni non pacifiche di solito vengono fatte da chi non ha niente o poco da perdere. Forse cominciamo a vederne qualcuna anche in Europa…
    A proposito di guerra, ieri sera ad otto e mezzo
    http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/nuovo-governo-vecchia-italia-22-02-2014-127245
    vi è stato un interessante incontro con il sociologo Domenico de Masi per la presentazione del suo recente libro “Mappa Mundi”. De Masi sostiene che un tempo vi era la guerra dei poveri contro i ricchi mentre oggi c’è quella dei ricchi (il famoso 1% http://www.mondoallarovescia.com/la-forbice-tra-i-ricchi-e-gli-iper-ricchi/ ) contro i poveri!
    Sempre a proposito di guerra, ci sono diverse ragioni per dire no ad una guerra. Ma chi mai vorrebbe una guerra? Si tratta di vedere se tra quelli che scendono in piazza per dire no alla guerra c’è consapevolezza degli interessi che vi stanno dietro, la volontà di schierarsi contro tali interessi e di rinunciare a qualcosa per conservare la pace.
    Mi è piaciuto fare un ripasso di quanto era accaduto in Spagna, perché lì almeno le parole d’ordine erano politiche, contro l’imperialismo americano (gli spagnoli non hanno mai amato gli Stati Uniti) e contro Aznar suo fiancheggiatore. Sta di fatto che Aznar l’anno successivo non è stato più rieletto (anche per le note vicende legate all’attentato terroristico alla stazione di Madrid) e si è ritirato dalla scena politica spagnola. Non so quali parole d’ordine ci fossero state in Italia, ma comunque non mi risulta che Berlusconi abbia subito danni.

    • Chiara Salvini scrive:

      grazie come sempre dei preziosi contributi, che mi auguro approfittino anche altri, e grazie anche del dialogo. Ho visto de Masi e mi è piaciuto molto anche se non saprei ripeterne una parola. Pubblichero’ il link della trasmissione: così non mi dimentico di metterlo e non devo neanche cercarlo visto che spesso non ci riesco! Un’osservazione a margine: in questa settimana, con Renzi e tutto, ho forse troppo insistito troppo sulla politica …i visitatori sono molto diminuiti…e, ancora più purtroppo, “io ci tengo ad essere visitata”, come le signore che nel Settecento tenevano un salotto…Vanità o solitudine? Non c’è bisogno di decidere! ciao, bru

  6. DONATELLA scrive:

    Maledizione! Come dicevano i Cinesi, viviamo in tempi interessanti!

  7. They Seemed to Laugh about japan – Now I actually laugh at them

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