Perché l’Europa e l’Italia non funzionano più
Estratto da Quel che resta dell’Italia, in edicola, libreria, ebook e su iPad.
[Carta di Laura Canali da Quel che resta dell’Italia – clicca sull’immagine per ingrandire]
LIMES Oggi in Italia l’Europa e l’euro, un tempo riferimenti quasi indiscussi, sono scaduti a capro espiatorio di tutti i nostri guai. Come stanno davvero le cose?
PRODI L’euro non è, come si dice comunemente, un progetto dei banchieri. È la più innovativa idea politica dopo la fondazione dell’Unione Europea: la grande e irreversibile decisione di unire gli europei in una sola entità politica a partire dalla moneta. Fallito nel 1954 il progetto della difesa comune, non restava che passare al secondo pilastro dello Stato vestfaliano: la moneta.
Da parte italiana, al di là delle questioni economiche, il dibattito sull’ingresso nella moneta europea era eminentemente politico. Nelle discussioni con i protagonisti di allora, avevamo chiara l’idea che l’Italia dovesse entrare alla pari con gli altri paesi europei. Restarne fuori avrebbe voluto dire essere emarginati, non disponendo di una strategia alternativa, di respiro più mondiale, a differenza per esempio del Regno Unito.
Sin da allora era evidente la necessità di accompagnare la moneta unica con altre decisioni fiscali ed economiche che approfondissero l’unità europea. Ma si doveva andare avanti in ogni caso: il processo era concepito come irreversibile e doveva conseguire una completa integrazione economica, non solo monetaria.
LIMES Se era un progetto geopolitico, destinato a produrre uno Stato europeo, perché non si è partiti dalla politica?
PRODI Era impossibile. Il clima politico non permetteva quel salto in avanti.
Le discussioni su una politica di difesa comune si erano fermate su progetti minimalisti, bilaterali, di cooperazione. Quanto alla politica estera, le divisioni sul Medio Oriente o sull’influenza americana nel nostro continente erano evidenti. Invece, l’aspetto monetario era affrontabile con argomenti tecnici, con i numeri, con le statistiche, che spesso tranquillizzano i politici e l’opinione pubblica. La valuta comune non era una scorciatoia, ma il progetto più realistico che si potesse intraprendere. Certo, nessuno avrebbe mai pensato a un cambiamento così radicale nel modo in cui i leader europei riflettono sull’Europa come quello intervenuto negli ultimi anni.
Perché l’euro è stato gestito con il criterio dei ragionieri, con quello che chiamai – deriso da tutti – lo «stupido» patto di stabilità. Ma la gestione dell’economia non si può irrigidire: qualunque economista sa che il bilancio deve essere flessibile.
La crisi dell’euro dipende dal fatto che l’abbiamo concepito pensando a misure successive che poi non sono state realizzate. Era ovvio che la valuta comune fosse solo un primo passo verso l’integrazione piena, economica e politica. Ma nel giro di quattro-cinque anni il dibattito politico europeo è diventato difensivo. All’Europa della speranza e dei passi in avanti è subentrata l’Europa della paura. Paura dei partiti populisti e della riemersione degli spiriti nazionalisti. Ma anche paura dell’allargamento dell’Unione Europea, comunque indispensabile dopo la caduta della cortina di ferro.
LIMES Ma è sensato allargare lo spazio comunitario senza delimitarne i confini?
PRODI Per me l’Europa deve finire dove finisce oggi, con la sola aggiunta dei restanti paesi dell’ex Jugoslavia e dell’Albania…
Leggi l’intervista integrale a Romano Prodi in Quel che resta dell’Italia,
il nuovo numero di Limes disponibile in edicola, libreria, ebook e su iPad.
DA NON PERDERE
Prodi è ‘una testa pensante’, una delle pochissime che la scuola e soprattutto la ‘politica’ ci abbia ‘offerto’ …. Ma si sà, le ‘teste pensanti’ non sono facilmente manovrabili né arrendevoli. Così …. l’ Italia ha perso un Presidente della Repubblica che avrebbe sicuramente lasciato un segno … Un fatto triste e …. un po’ misterioso ( almeno per me ), diciamo nella ‘tradizione italiana’.
grazie di questo telegramma lungo! Ho visto un tuo MS sul telefonino. il mio telef. si sentiva male perché sia era rotto l’autoparlante; quelli che sentivano male, specie mia figlia e Valerio che, da buon giovani, non hanno appreso la pazienza, me ne hanno dato uno di Eugenio, zio di Nicolo’ perché l’aveva cambiato. E’ di quei a “touch”!, ma non mi hanno spiegato proprio nulla, per caso l’altro giorno sono usciti i messaggi, non saprei neanche come, e neanche come saprei come fare a scrivere una risposta...Mi dici che stai bene–-tutti dicono così per augurio a loro stessi e – se altruisti-per non preoccupare gli altri- Siccome a “come stai” ci tengo molto, non vorrei fosse …del tipo” Stai sereno”. I ragazzi e anche certi adulti dicono “non preoccuparti”, che vuol dire “fatti i cavoli tuoi”–Sapeste quanto mi c’è voluto a capire e quante volte ho risposto “Io non mi preoccupo, ma vorrei sapere…”–Ah come è dura la vita dei genitori, quando non hanno vissuto gli anni ’80 in Italia e, in più, sono vecchi- Non più grandi, come dice la Do,, tra me e francesca ci sono quasi 40 anni e per Mario 44–Poi fissati sul anticonsumismo, anche se consumavano eccome e poi avevano una figlia adolescente, come ha sempre detto mipi, “stranza”—Lei lo sa e lo ammette—Ma adesso!! ciao b
Sono d’accordo completamente sia con Prodi sia con Nemo!
allora, mon chou, come ti direbbe nemo, siamo già in tre! Un gruppo–pensante?–ma si puo’ imparare anche rapidamente “alla nostra esperienza di vita” / nemo politicamente sarebbe un buon “maestro”—siamo quindi “appena e quasi”un partito! Oggi è sabato, metterò quel Vinicius che dice con sottofondo musicale, mi pare, “L’ode alla vita” /// Savara’—Savarà credo sia un saluto della tradizione negra—cioe’: “questi poveri ragazzi”, preferisco chiamarli così (non so se avete visto il documentario sulla schiavitù nel blog), arrivati nelle colonie, sono stati “sottoposti” alla religione cattolica–Sono sopravvissuti, come spesso ci succede nella vita, “dividendosi” loro stessi, per cui, per esempio, Maria la Madonna e’ contemporaneamente la dea del mare che si chiama Jemanjà (iemansgià)—e così per tutti gli altri– Ai bianchi di turno non è fregato granché o niente del tutto–Come sapete, girando le cose del mondo, la negritudine è diventata prima “cult” per eletti (parlo del Brasile) e poi di moda–cioè accessibile a tutti. Lo stesso Vinicius, mi pare tra la fine ’50 e inizi 60, forse quando ha fatto il famoso film che non ho visto, ma ho letto l’opera da cui è stato tratto—dicevo lo stesso Vincius ha fatto un bagno di negritudine andando al nord, dove dicono che la tradizione si è mantenuto piu’ genuina (…adesso, di mio, credo che debbano andare al polo tra gli esquimesi se conta “la genuinità”!)—Vorrei aggiungere una cosa —che è una sensazione— che per me “non è uguale a un’idea”, come dice Boccioni nella lettera alla bella (per carita’ non ‘ una critica, ma non perché è LUI, ma perché si capisce bene nella lettera ecc ecc ecc— Eccoci alla sensazione di chiara sul Brasile. Mi pare di aver visto dei filmati in occasione delle proteste del campionato di calcio o qualcos’altro: erano delle donne giovani che parlavano, nere o mulatte come si dice in Brasile, perché anche i bianchi sono -per paradosso-tutti i mulatti // che rivendicavano la negritudine -loro o di altri come loro- con una prepotenza quasi gliela negassero: anche se non sono informata “dal” Brasile, credo che sia una bandiera che afferrano per combattere il razzismo, se volete, o preferirei, le grandi disuguaglianze tra neri e bianchi che esistono nel paese anche se meno sbandierate che negli USA. Ci sono ovviamente delle ragioni, ma adesso chiudo, non so nemmeno se qualcuno puo’ avere interesse a leggere! Buon sabato del Signore! // Buon sabato del cielo e delle stelle e, se ci sta, anche della luna…adesso poi…grazie a nemo! –abbiamo visto quella ragazzina lassù lassù che sorrideva con il suo sorriso ingenuo da bambina…Speriamo che le vada tutto bene, e già che li c’è, che il cielo la protegga da vicino! Amen o così sia–chiara sabatina o sabbatina, forse–
E’ bello ogni tanto guardare il cielo stellato, non per distogliere lo sguardo dalla Terra, ma per fare l’occhiolino alle stelle.