la ricerca sul gioco cominciò ad ampliarsi e a progredire per merito dell’etologia, la ragione di questa premessa. Fu infatti la scoperta che la selezione della capacità ludica potrebbe avere un’importanza cruciale nell’evoluzione e determinare una svolta decisiva nelle ricerche sul gioco.

I ricercatori furono indotti a pensare che il gioco nei primati non abbia tanto lo scopo di abituare gli istinti al comportamento, quanto piuttosto quello di rendere possibile l’esercizio ludico di sequenze di atti che solo più tardi potrebbero combinarsi in modo tale da risultare utili alla soluzione dei problemi. La madre, con la sua presenza, funge da stimolo al piccolo per indurlo, giocando, a montare, smontare e rimontare sequenze comportamentali nel gioco.
Come per l’uomo così per i primati la capacità ludica si sviluppa e si esprime solo in un’area libera: l’istinto entra in funzione di fronte alla necessità, il gioco, per nascere, ha bisogno di libertà.

Per quanto concerne la struttura del gioco bisogna ricordare che non c’è gioco senza regole e che la prima regola del gioco è quella che consente appunto il riconoscimento della situazione ludica. A questo proposito è di fondamentale importanza il fatto che nei primati il gioco prende avvio a partire da segnali che vengono emessi per comunicare il carattere ludico dei comportamenti. Il segnale “questo è un gioco” ha un valore metacomunicativo, designa cioè la “cornice della relazione” tra un animale e un altro e permette di differenziarla da altre forme di relazione con cui potrebbe essere confusa; è noto che in certe specie i comportamenti ludici assomigliano a quelli di combattimento, perciò l’incapacità negli animali a leggere il segnale dà luogo ad un combattimento vero e proprio, mentre la corretta lettura produce il gioco, cioè il far finta di darsi battaglia. Lo stesso fenomeno è ben noto nel gioco umano, dove il riso e il sorriso segnalano che un comportamento normalmente aggressivo è invece privo di intenzioni aggressive, è un gioco, una finzione.

Si può quindi dire che l’evoluzione della specie, accompagnata dall’aumento del numero di anni di prematurità, comprende la selezione delle capacità ludiche, il che significa che il gioco è fuori da ogni dubbio una delle manifestazioni filogeneticamente ed ontogeneticamente di maggiore rilievo nella storia evolutiva degli animali e dell’uomo. In concomitanza ad un più ampio campo di gioco si sviluppano le strutture attenzionali che servono all’imitazione di un modello, ma prima di tutto, affinché compaia il gioco, deve essere acquistata la capacità di comprendere ed emettere metasegnali. Inoltre, affinché la struttura attentiva produca l’effettiva capacità di imitare un modello, deve essere acquisita quella che in linguistica si denomina “deissi” e cioè la capacità di vedere se stessi e i propri atti come nettamente distinti da quelli di un altro.

 

 

 

psychomedia

Campo immaginario e campo ludico

di Donata Miglietta

(articolo tratto dal n. 1 della Rivista Areanalisi, 1987)

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *