a me piace molto, ma non sono il miglior giudice per me stesso ( me l’hai fatta venir in mente ora )
La bella estate
(trasfigurazione)
Tra palazzi di ferro e cemento
sotto il sole d’agosto in città
una ragazza dorme sdraiata
sulla panchina verde
e sull’asfalto giocano i bambini
Un cane soddisfatto
ha pisciato a ridosso del muro
sicuro d’essere cane
La ragazza che dorme sotto il sole
non sogna e le mamme che passano
trascinano i figli per mano
e gli uomini voltano il capo
Un vigile grasso
la tocca sul braccio e la scuote
felice nell’uniforme
ma la ragazza dorme
Continua a dormire
e un sorriso le trema sul labbro
e il vigile piange.
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la bella estate è formata da due poesie, l’altra è:
La bella estate
( i vecchi dimenticati)
Quando trascineremo i nostri piedi
al bar dell’angolo
partiranno i bagnanti
per i carnai di Rimini e Sanremo
Canottiera e braccia bianche
commenteremo la cronaca del mondo
gialli sapienti senza saggezza
e una rivoluzione ci starebbe bene
per noi che nulla abbiamo a perdere
oltre al sangue grigio delle nostre vene
novella nobiltà
Ma uno di noi cade ogni giorno
dal nono piano del suo formicaio
ed il suo sangue appare sempre rosso
schizzato sul selciato.
ptima o poi te ne vorrei mandare una piuttosto lunga, di quelle che, credo, piacciono solo a me.
io proverei…ciao, un abbraccio, chiara
ecco qua. presa in parola. con la più ostica e più controversa. per me.
la città ad oriente
(e il Signore Iddio piantò un giardino ad Oriente
in Eden, e laggiù pose l’uomo che aveva creato
e Caino si allontanò dalla presenza del Signore
e abitò nella terra di Nod, a Oriente di Eden)
Genesi
A un mercato delle pulci
di una città orientale
così ad oriente orientata
che non si raggiunge mai
che solo esiste all’alba
e per raggiungerla bisogna
invertire l’ordine del tempo
così che al giorno si sussegua il giorno
perchè cammina cammina
incontro al sole
con le piaghe ai piedi
la gola riarsa il cervello un fuoco
ma sempre torna la notte
A quel suck
di quella città tanto orientale
che non sempre esiste
perchè il sole non nasce tutti i giorni
stanco incarognito sporco debilitato
così rattristato sporco disorientato
che ormai nasce solo al tramonto
giusto per morire
Era un mercato come tanti
visto da vicino
con donne che vendono pane
bambini fatti storpi che bevono vino
ladretti che frugano le tasche
con dita leggere
e i morti lasciati nella polvere
un po’ disfatti un po’ risorti
Io ci sono stato e c’era
un negozietto sporco sporco
con perline all’ingresso tintinnanti
per le mosche che cozzano contro
tenaci organizzate come legioni
c’era un vecchio d’età indefinita
da poter essere bambino
o donna col fiore negli anni
occhi verdi e vuoti
uno sguardo vivace e limpido
un po’ turpe che guardava oltre me
oltre la porta tintinnante oltre la vita
oltre tutto se qualcosa ancora c’è
oltre nulla se più nulla avanza
con orbite vuote
come una casa da sempre disabitata
o mai costruita
Ma era lì e lì entrai
per un caso o una maledizione
come un miracolo che beatifica
o un delitto oltre l’ignobile
ma non si sa mai
in quel bazaar io rovistai da solo
perchè io solo c’ero e non sapevo
quel che volevo
o non volevo trovare mai
col vecchio cieco gli occhi limpidi
forse un bambino dagli occhi vecchi
o una ragazza dagli occhi vuoti
colmi di tutto
che mi picchiava con il bastone
nodoso e antico come un albero secolare
che mi picchiava sulla testa e sulle mani
su tutto il corpo
che bestemmiava oscenità
come un angelo seduto a un crocevia
che sputava preghiere sublimi
ed in ginocchio mi supplicava
la testa nella polvere
In quel tugurio della città orientale
cosi ad oriente da non esistere mai
fatta di polvere e di sterchi
e da niente d’altro che nuguli di mosche
picchianti all’impazzata sulle perline
creando un suono un suono multiplo
sembrava un organo di chiesa
trovai due specchi concavi
di pietra dura levigata e lucida
sotto strati di polvere e di tempo
perchè quel giorno nacque un’alba
ed una sola dopo tanti anni
limpida e luminosa sulle pietre concave
D’incanto o d’incubo
mentre il bambino dagli occhi opachi
piangeva urlando
o il vecchio il capo nella polvere
mi percuoteva col bastone nodoso e millenario
o la fanciulla coi pochi giorni in fiore
rideva sguaiata
le vesti alzando sui fianchi stanchi
e le mosche entravano sciamando
come due specchi essendo
le pietre concave levigate e lucide
come in un occhio in un volto antico
mi vidi dentro da cima a fondo fin dall’inizio
dal primo giorno di tutti noi
o l’ultimo che fosse dei miei
e neanche un angolo buio
neanche un angolo
e nemmeno uno spiraglio di luce
Scappai urlando verso occidente
cosi a occidente tanto era lontano
che non raggiunsi mai il buio che cercavo
E sono ancora là
dove sono sempre stato
dove sono nato
bambino e vecchio gli occhi bianchi
e donna con gli anni in un fiore racchiusi
che percuote col nodoso bastone e duro
alla cieca le mosche
che mi scorticano l’anima nidificando
inviolata restando soltanto la memoria.