Alla Federazione Operaia Sanremese la presentazione del libro “Ci chiamavano libertà”
Scritto dalla giornalista a La Repubblica Donatella Alfonso con prefazione di Lidia Menapace.
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Ci chiamavano libertàPartigiane e resistenti in Liguria 1943-1945.Donatella Alfonso, Ed.De Ferrari, 2012, pp. 181, euro 16,00 Donatella Alfonso “Chi lotta e continua a fare resistenza non invecchia mai…” sorride sicura Vanda Bianchi, la partigiana “Sonia”, con la sua medaglia d’oro di staffetta partigiana bene in vista e il fazzoletto rosso da garibaldina in mano, mentre Fabio Fazio l’abbraccia per interromperne il flusso appassionato di parole. “Vandina” come tutti la conoscono a Sarzana e nello spezzino, è stata una delle presenze più forti nelle tre serate della trasmissione di Fazio e Saviano su La7 “Quello che (non) ho”. Ed è anche una delle testimoni in prima persona che ho incontrato lavorando a “Ci chiamavano libertà. Partigianee resistenti in Liguria 1943-1945” edito da De Ferrari. Incontrare queste donne è stato come percorrere il Novecento dalla parte delle donne. Vanda “la figlia del sovversivo”, così come Zenech Marani che dopo la guerra porta in fabbrica la necessità di tenere sempre la schiena dritta, Maria Grazia Pighetti che unisce il profondo sentimento cristiano alla necessità di una grande libertà intellettuale, Rosalda Panigo, la decana di tutte con la sua data di nascita nel 1915 e la certezza, già nel 1934, che “non eravamo cretine, perciò perché non potevamo votare?”. E ancora Gilda Piana che la sua lotta partigiana l’ha fatta “per amore di Pippo”, mentre Albertina Maranzana, allora studentessa di medicina, diventa poi la pediatra che sarà sempre dalla parte delle madri operaie; Carla Ferro che mette in scena una commedia “per la Croce Rossa” e invece raccoglie soldi per i partigiani anche dalle tasche di fascisti e nazisti, Mina Garibaldi che percorre la Riviera di ponente in bici, Mariuccia Fava che sale sui monti del Savonese perché sì, voleva sparare. E tocca a lei dover annunciare al figlio di Clelia Corradini, a sua volta giovanissimo combattente, che la madre è stata fucilata a Vado… Testimonianze di prima mano, ma anche il doveroso ricordo di chi ha combattuto quella guerra silenziosa, taciuta, che è stata la Resistenza delle donne, il loro modo di dare una spallata fortissima al fascismo, sia dividendo il poco cibo che regalando un abito smesso, oltre che portare documenti e armi, quando non impugnandole direttamente. Una guerra che è stata troppo poco ricordata e considerata, in Liguria forse più che altrove. Forse perché il riserbo insito nel dna dei liguri ha fatto la sua parte, ma anche perché è esistito un processo di innegabile rimozione della partecipazione femminile alla lotta partigiana, tranne in pochi casi, anche in una regione che peraltro ha sempre conservato una fortissima identità antifascista, anche con la prevalenza strica dei partiti della sinistra. Non è un caso che molte di queste donne raccontino di aver “ripreso il loro posto”, partecipando alla vita politica e alle attività dell’Anpi, ad esempio, in età avanzata, concluso il lungo periodo delle incombenze familiari. Ma è vero che la Resistenza, per tutte loro, è stata il confine che porta all’autodeterminazione, alla scelta di sapere da che parte stare, e perché: “Aver condiviso quest’esperienza significa aver deciso di non accettare l’ingiustizia, fosse anche in una riunione di condominio” spiega Carla Ferro. E nella sua introduzione Lidia Menapace, staffetta partigiana, docente universitaria, senatrice e appassionata protagonista della vita e della politica ancora oggi, a 86 anni, segnala un fatto mai ricordato abbastanza: che è grazie alla esigua pattuglia delle donne costituenti che nella Carta fondatrice della Repubblica c’è l’articolo 3, riferito all’uguaglianza, proposto e sostenuto proprio dalle deputate. A queste migliaia di donne che hanno combattuto la “loro” guerra, e che non hanno mai smesso di farlo, dobbiamo imparare a dire grazie. Io so che da queste “ragazze” che ho incontrato, ho imparato una delle più appassionanti lezioni della mia vita. Donatella Alfonso, genovese, giornalista de “la Repubblica”, si occupa di politica e cultura, storia sociale e movimenti delle donne. 26 Maggio 2012 |
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dall’ANPI, vedi link in cima
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“Pierina la staffetta dei ribelli” | € 12,00 | |
“Pierina” La staffetta dei ribelli di Federico Fornaro Le Mani editore Il racconto dell’avventura partigiana di Pierina Ferrari, nome di battaglia Milly, staffetta operante tra i monti dell’Appennino Ligure-Piemontese, rappresenta un contributo alla conservazione e alla trasmissione alle nuove generazioni della memoria della Resistenza, affichè tutto non vada perduto a causa del lento, ma insesorabile trascorrere del tempo. La storia vera raccontata in queste pagine aiuta a comprendere tutta la drammaticità e la pericolosità del lavoro oscuro ma non per questo meno importante, della staffetta: missioni solitarie per consegnare istruzioni che esponevano queste giovani donne a rischi di ogni tipo. |
Antonio Voltolini compartió la publicación de noi che abbiamo ancora queste emozioni nel cuore.
25 aprile 2016
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CHIARA: avrete letto che adesso si sa il nome e la vita di questa donna partigiana bellissima che ” ci ” ha fatto da manifesto delle donne ” resistenti” dovunque|!
LA RESISTENZA TACIUTA.
Per decenni a livello storiografico ed istituzionale il contributo delle donne alla Resistenza non è mai stato adeguatamente riconosciuto, rimanendo relegato ad un ruolo secondario, che scontava “di fatto” una visione in cui anche la Lotta di Liberazione veniva “declinata” al “maschile”.
I dati ufficiali della partecipazione femminile alla Resistenza hanno scontato inoltre criteri di riconoscimento e di premiazioni puramente militari, non prendendo in considerazione i “modi diversi”, ma non per questo meno importanti con cui le donne parteciparono ad essa.
Per questi motivi di parla di RESISTENZA TACIUTA, eppure questi sono alcuni dati della partecipazione femminile alla Resistenza:
70.000 donne organizzate nei Gruppi di Difesa delle Donne.
35.000 donne partigiane, che operavano come combattenti.
20.000 donne con funzioni di supporto.
4.563 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti.
2.900 giustiziate o uccise in combattimento.
2.750 deportate in Germania nei lager nazisti.
1.700 donne ferite.
623 fucilate e cadute.
512 commissarie di guerra.
dati estratti da ANPI e Wikipedia .
Dafne Anastasi