LE FABULAE ATELLANEAE
Gli Osci della Campania usavano rappresentare una specie di farsa con personaggi fissi. I Romani, che la conobbero dopo le guerre sannitiche, la chiamarono fabula atellana, perché era stata portata a Roma da attori di Atella (v.), oppure perché si rappresentava in Atella nell’occasione di feste religiose: spiegazione più probabile, pur non escludendo la prima. L’atellana, da principio, era recitata a Roma in osco, e così rimase come parte di una festa romana fino all’età d’Augusto. Ma la gioventù di Roma si compiacque delle atellane e prese a improvvisarle in latino. Non si sa quando cominciassero precisamente queste rappresentazioni improvvisate, ma certo prima dell’età di Livio Andronico. Gli attori dilettanti delle atellane non erano colpiti d’infamia come gl’istrioni.
L’atellana divenne un genere letterario al tempo di Silla, quando dopo breve splendore cominciava a decadere la fabula togata. La sollevò a dignità letteraria L. Pomponio bolognese: accanto a esso gli scrittori latini ricordano Novio, che dovette essere suo contemporaneo. Nulla sappiamo della vita dei due poeti, solo titoli e frammenti ci restano delle loro opere: settanta titoli e quasi duecento versi di Pomponio, quarantaquattro titoli e un centinaio di versi di Novio.
Pare che recitò in Atellane anche Plauto, il maggiore esponente della commedia latina.
L’atellana si rappresentava come exodium dopo una tragedia, secondo l’esempio del dramma satiresco dei Greci, che seguiva la trilogia tragica. Era perciò di breve estensione e di rapido svolgimento. Vi recitavano attori di professione, che portavano le maschere come i dilettanti, ma non ne conservavano i privilegi. Il suo carattere si desume, per quanto è possibile, dai titoli, dai frammenti e da poche notizie degli antichi. I frammenti sono di regola d’un verso o di due, e solo di un’atellana si possiedono dieci frammenti con quattordici versi. Essi sono stati conservati dai grammatici, e specialmente da Nonio, per qualche particolarità grammaticale o lessicale.
Ogni atellana doveva avere pochi personaggi, conforme alla sua brevità, ma quattro erano i tipi caratteristici del genere letterario: Maccus, Pappus, Bucco e Dossennus, che non era necessario comparissero tutti in ogni dramma.
https://www.studiarapido.it/forme-preletterarie-latine/
I primi tre son tipi di stupido: Maccus e Bucco sono d’età giovanile, Pappus è il vecchio babbeo Maccus è anche un ghiottone, Bucco fa lo smargiasso. Invece Dossennus è il gobbo scaltro che si spaccia per sapiente: ma anche lui, come Maccits, cerca i bocconcini buoni.
DOSSENNUS —IL GOBBO ASTUTO
FRAMMENTI
La lettura dei frammenti sorprende soprattutto per le espressioni di crudo realismo (cfr. Pomponio, 64, 97, 129, 130, 151; Novio, 6) e per le oscenità (cfr. Pomponio, 1, 68, 69, 76, 83, 99 segg.; Novio, 81 segg.). La comicità talvolta è grossolana, ma abbondano motti vivaci, arguti e sentenziosi. Un tale raccomanda a Buccone: puriter fac ut rem tractes, e Buccone finge di fraintendere e risponde: lavi iandudum manus (Pomponio, 10 segg.).
Una moglie è confortata con queste parole: “Non t’inquietare: è naturale che ogni marito desideri la morte della moglie” (Pomponio, 30 segg.).
Un poveretto esclamava: “Trovo appena da mangiare ora: e che sarà, se prenderò moglie?” (Pomponio, 33).
Un altro diceva: “Fare il fattore lontano dalla città e dove il padrone venga di rado, non è fare il fattore, ma il padrone” (Pomponio, 45 segg.).
Pappo bocciato alle elezioni si consola così: “È questo il costume del popolo: oggi ti va contro, ma t’appoggerà domani” (Pomponio, 105 segg.).
Si chiedeva a Dossenno che scoprisse il ladro dell’oro. E quello: “Io non faccio l’indovino gratis” (Pomponio, 109 segg.).
“Che cos’è il denaro?” si domandava a un tale: “È un bene breve, somiglia al cacio sardo” (Novio, 45).
Macco partiva per l’esilio salutando il soffitto, che tante volte gli aveva rotto la testa, e la soglia dove s’era spezzate tutte le dita (Novio, 49 segg.).
E così di seguito, anche in tono assai più triviale.
DA :
TRECCANI– LE ATELLANE
https://www.treccani.it/enciclopedia/atellana_%28Enciclopedia-Italiana%29/
DOSSENUS
L’unica cosa certa erano i personaggi, riconoscibili da maschere fisse:
https://slideplayer.it/slide/5407961/
- Buccus, da bucca, termine utilizzato per dire “uomo dalla bocca larga“, era il grasso ciarlatano, ghiottone maleducato, il fanfarone che parlava a vanvera;
- Pappus, da pappos “antenato”, era il vecchio babbeo, rimbambito e avaro;
- Dossennus, dalla radice etrusca -ennus, il nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, “gobba” ; è il gobbo saccente e astuto.
- A queste maschere antropomorfe se ne aggiungeva un’altra: Kikirrus, una maschera teriomorfa (ovvero con l’aspetto di un animale) il cui stesso nome richiama il verso del gallo.
Quest’ultima maschera ricorda da vicino il Pulcinella che è sopravvissuto nella tradizione comica napoletana.
NAPOLI.REPUBBLICA- 01- FEBBRAIO 2016
Le Maschere delle fabulae atellane rivivono grazie agli studenti di sei istituti scolastici
Le maschere delle Fabulae Atellanae di Maccus, Pappus, Bucco e Dossennus, e altre a loro ispirate, rivivono grazie agli studenti di sei Istituti scolastici superiori delle province di Napoli e Caserta. Si tratta del primo contest di riciclo artistico interscolastico che ha per titolo “Le Eco-Belle”. Un progetto promosso dal’’associazione Geofilos-Legambiente di Succivo. Gli istituti scolastici che vi partecipano sono: il Liceo Artistico Statale “San Leucio” di Caserta, l’ ISISS “O. Conti” di Aversa (CE), il Liceo Artistico “Sereni” di Cardito (NA), l’ ISISS “G.B. Novelli” di Marcianise (CE), l’ IPIA “M. Niglio” di Grumo Nevano (NA) e il Liceo “Bruno Munari” di Acerra (NA). L’esposizione delle opere, che possono essere votate su Facebook sulla pagina FaceBook del MuLab, il Museo-Laboratorio del progetto Terra Felix di Legambiente, è prevista da venerdì 5 febbraio a Succivo, presso il Casale di Teverolaccio. (raffaele sardo)
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UNA CURIOSITA’
LE “FABULAE ATELLANAE” IN SPAGNA.
Le “Fabulae Atellanae” , genere di teatro satirico nato nell’ antica città osca di Atella (Campania), vengono ancora oggi rappresentate nelle province spagnole della NAVARRA e della CATALOGNA.
Interessantissimo questo servizio sulle maschere atellane, che confermano la persistenza di tipi umani esagerati, su cui però si può finalmente ridere apertamente. Forse le maschere sono anche servite per poter prendere in giro, oltre che la comune umanità, anche i potenti del momento.
Curioso che queste maschere siano sopravvissute in regioni della Spagna.