HANS JONAS, FILOSOFO TEDESCO (1903-1993):::1979 IL PRINCIPIO RESPONSABILITA’, UN’ETICA PER LA SOCIETA’ TECNOLOGICA —UNO SCHIZZO —solo per sapere che esiste e ci parla—

 

 

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Hans Jonas (Mönchengladbach, 10 maggio 1903New York, 5 febbraio 1993) è stato un filosofo tedesco naturalizzato statunitense di origine ebraica.

 

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Il dibattito intorno alla nostra responsabilità verso le generazioni future si è fatto in questi anni sempre più fitto e interessante, man mano che svanivano le certezze sul modello di sviluppo fondato sull’asservimento tecnologico della natura e l’«euforia del sogno faustiano» della modernità lasciava il posto a una visione della storia disincantata e perplessa – quando non disperante e apocalittica. L’uomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura lo fosse per lui, mentre alle tante fratture sociali che ostacolano il cammino verso un’umanità unificata si è venuta ad aggiungere la contraddizione antagonistica tra il mondo di oggi e il mondo di domani. Muovendo da questa diagnosi, Hans Jonas cerca in questo lavoro di andare alle radici filosofiche del problema della responsabilità, che non concerne soltanto la sopravvivenza, ma l’unità della specie e la dignità della sua esistenza. Tra il «principio speranza» di Ernst Bloch e il «principio disperazione» di Günther Anders, il «principio responsabilità» dà voce a una via di mezzo, nel tentativo di coniugare in un modello unitario tra etica universalistica e realismo politico. (presentazione Einaudi)

 

 

 

 

(wikipedia sotto Hans Jonas)

Etica per la civiltà tecnologica

La paura e la responsabilità di fronte alla realtà come un “tutto” sono al centro della sua opera più conosciuta, Il principio responsabilità (1979). Quest’opera è dedicata ai delicati problemi etici e sociali sollevati dall’applicazione incessante della tecnologia in tutti gli aspetti della vita. In questo testo, che porta all’ordine del giorno della riflessione filosofica europea l’emergenza ecologica, confluiscono tutte le ricerche precedenti dell’autore: religione, natura, tecnica.

Il punto di partenza dell’autore è che “il fare dell’uomo è oggi in grado di distruggere l’essere del mondo”.

« Si prenda ad esempio, quale prima e maggiore trasformazione del quadro tradizionale, la vulnerabilità critica della natura davanti all’intervento tecnico dell’uomo – una vulnerabilità insospettata prima che cominciasse a manifestarsi in danni irrevocabili. Tale scoperta, il cui brivido portò all’idea e alla nascita dell’ecologia, modifica per intero la concezione che abbiamo di noi stessi in quanto fattore causale nel più vasto sistema delle cose […]. Un oggetto di ordine completamente nuovo, nientemeno che l’intera biosfera del pianeta, è stato aggiunto al novero delle cose per cui dobbiamo essere responsabili, in quanto su di esso abbiamo potere e che oggetto di sconvolgente grandezza, davanti al quale tutti gli oggetti dell’agire umano appaiono irrilevanti! La natura come responsabilità umana è certamente una novità sulla quale la teoria etica deve riflettere[5]. »

Dal Principio responsabilità:

« non si deve mai fare dell’esistenza o dell’essenza dell’uomo globalmente inteso una posta in gioco nelle scommesse dell’agire[6]. »

Jonas formula un nuovo imperativo categorico per il nostro presente:

« Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra[7]. »

 

Etica applicata o bioetica

Hans Jonas riguardo a questioni etiche di particolare rilevanza bioetica come l’eugenetica, la clonazione, il prolungamento della vita, la limitazione delle nascite, le nuove tecniche di procreazione assistita e la libertà di ricerca scientifica, assume una posizione definita e chiara. Al riguardo però bisogna fare una premessa: quando si scende nel terreno particolare delle scelte (rapporto valori-fatti) non è possibile senza entrare nelfanatismo, mantenere la propria idea fissa su un principio, o meglio: un principio diventa pura forma se non tiene conto dell’articolazione e della multiformità del reale. Le risposte quindi non potranno mai essere univoche e definitive perché è l’argomento stesso che richiede di essere compreso nella sua peculiarità e nella sua imponderabilità. In generale Jonas basa le sue risposte su un unico filo conduttore, vale a dire il fatto che l’uomo non è in grado di conoscere tutto di sé stesso: l’ignoranza riguardo alle cose ultime è positiva, e non va intesa come una carenza dell’intelligenza umana. In poche parole noi non dobbiamo né possiamo intrometterci in quel profondo segreto che è l’uomo: la vita racchiude in sé una propria sacralità, questa richiede il massimo rispetto in quanto “noi non siamo i soggetti che possono creare l’uomo, noi siamo già stati creati”. Prendiamo in esame alcuni casi di bioetica.

Eugenetica

L’eugenetica: la disciplina che si propone come scopo il miglioramento delle specie umana. Jonas distingue tra eugenetica preventiva o negativa ed eugenetica migliorativa o positiva. La prima ha come compito quello di impedire la trasmissione di geni patogeni, come ad esempio nel caso di un diabetico congenito. In questa situazione si fa affidamento al suo senso di responsabilità affinché il soggetto non metta al mondo dei figli. Questa è secondo Jonas, una richiesta lecita perché si può dire al diabetico che la scienza gli ha salvato la vita (attraverso l’insulina che gli viene somministrata), permettendogli così di raggiungere l’età della riproduzione; come quid pro quo gli si potrebbe domandare di sacrificare questo diritto. Caso diverso invece è quello dell’eugenetica positiva che rappresenta una vera e propria manipolazione biologica, che mira non al controllo dei portatori di un gene, ma al controllo di quelli recessivi, sostituendosi così all’autoregolazione naturale. Questo tipo eugenetica porta alla scelta degli esemplari più idonei all’accoppiamento. Questo non vuol dire avere un’idea fissista della natura umana, ma significa stabilire una differenza tra i processi regolativi interni alla natura, e le modifiche fatte dall’uomo alla sua stessa costituzione biologica. I primi sono contraddistinti da apertura e da indeterminatezza che rende ricco l’organismo, ovvero capace di un adattamento futuro a nuove condizioni di vita; le seconde invece restringono e impoveriscono la specie, inoltre la selezione deliberata dovrà avvenire in base a criteri e preferenze il cui valore non potrà mai venir condiviso da tutti, ma sarà imposto da chi avrà maggior ricchezza economica, prestigio e potere. Chi può affermare che queste modifiche avverranno per il “bene comune” e non per uno scopo utilitaristico in base al quale, si potrebbe arrivare anche a sbarazzarsi degli individui creati con tali tecniche? Un esempio eloquente è la clonazione: da un soggetto clonato ci si attende che esso sia così come lo conosciamo, sarebbe atteso, inaspettato al varco” e l’azzardo della vita, la sua imprevedibilità che consiste nel cadere e nel rialzarsi, gli verrebbero sottratti. Analogamente il corpo individuale è indisponibile per esperimenti scientifici, anche per quelli mirati ad ottenere miglioramenti nelle cure di alcune gravi malattie. La scienza non ha alcun diritto sul corpo dei cittadini, ma in alcuni casi pretende di compiere esperimenti umani: in quella situazione se proprio lo ritengono necessario, gli scienziati possono usare loro stessi come cavie. La vita, non può essere frutto di scommesse, neanche se queste ultime sono votate al miglioramento, poiché il miglioramento non può andare a scapito della vita stessa, ossia della sopravvivenza dell‘integrità morale e biologica della specie umana, che costituiscono il punto cardine nella filosofia di Jonas.

Eutanasia

L’eutanasia e il differimento della morte. Per Jonas il diritto di vivere comprende in sé anche il diritto a morire. Bisogna precisare che deve trattarsi di un’eutanasia passiva, dove viene assolutamente evitato l’accanimento terapeutico, e non di quella attiva in cui il medico somministra al soggetto un’iniezione letale. La missione del medico non è uccidere, stroncare una vita non è tra i suoi compiti, se così fosse in ogni paziente nascerebbe il dubbio che da curante, il dottore potrebbe trasformarsi in boia. Ma tutto questo riguarda il medico nella sua professione. Questione diversa è se altri possano o meno dare la morte in casi disperati, nei quali sia presente la lucida richiesta del malato. Per quanto sia difficile stabilire se un paziente sia nel pieno delle sue facoltà mentali, esistono casi in cui questa evidenza non si può di certo mettere in dubbio. D’altro canto, la nozione di “coscienza piena e consapevole” si basa su criteri che noi stessi determiniamo, e se cerchiamo una dimostrazione assoluta di questa coscienza, si arriverà alla conclusione che essa è praticamente irraggiungibile anche in molti casi che riguardano il cosiddetto “uomo sano”. Qui l’etica della responsabilità deve conciliarsi con l’etica della compassione, come nel caso in cui un congiunto, per amore, desidera porre fine alle sofferenze del proprio caro. Si entra in un campo non semplice, che non può nemmeno essere sottoposto a norme giuridiche; questo gesto è infatti “una possibilità riservata alla vita in quanto fonte d’amore”.

ricerca

Riguardo a questo tema Jonas non assume una posizione netta pro o contro, ma nelle ultime fasi della sua vita dimostra una maggiore apertura nei confronti della libertà di ricerca, in quanto “il sapere non può mai rinunciare alla sua chance. In mezzo ad ogni incertezza, esso deve sempre e comunque compiere il suo dovere”. Questo pensiero esprime una grande fiducia nelle capacità conoscitive e autoregolative della ragione umana.

Limitazione delle nascite

Riguardo a questo argomento Jonas prende invece una posizione netta e precisa a favore del controllo delle nascite, venendosi così a trovare in polemica con tutte le politiche demografiche che lui definisce irresponsabili, a partire dall’idea della chiesa cattolica. Jonas si dice dispiaciuto, ma ritiene che, riguardo alle questioni relative alla natalità, il magistero del Papa appare totalmente dissennato.

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