IL SOLE 24 ORE DI OGGI
PRIMA PAGINA 28 OTTOBRE 2017 Il Sole 24 Ore
TRA ERRORI E COERENZA
Il metodo Rajoy
«A volte quando c’è un problema, è meglio guardare dall’altra parte, fare come se il problema non esistesse ma proseguire comunque, senza indugi». Sono parole di Mariano Rajoy, sono il suo metodo di governo: insistere, non cedere, fare finta di niente, ma procedere «senza indugi».
Sono stati molti gli errori commessi da Rajoy nell’affrontare la deriva secessionista della Catalogna. È stato forse miope, spesso intransigente, sordo alle rivendicazioni, anche legittime, di una parte rilevante della società catalana. Sono almeno quattro i passaggi nei quali il leader conservatore ha sbagliato i tempi e i modi: nel 2006, quando era leader dell’opposizione, ha gestito in prima persona il ricorso alla Corte Costituzionale contro il nuovo Statuto catalano che avrebbe dato più autonomia alla regione (anche nella gestione del gettito fiscale) placando così, in modo quasi definitivo, le spinte indipendentiste; dal 2011 in poi ha scelto di «guardare dall’altra parte» rifiutando il confronto con i leader di Barcellona mentre, negli anni della recessione più grave, con la disoccupazione al 25%, le strade della Catalogna avevano iniziato a riempirsi di milioni di bandiere esteladas; negli ultimi mesi ha di nuovo ignorato le richieste del governatore catalano Carles Puigdemont, si è limitato a minacciare di commissariare la Generalitat, si è rifugiato nella legge senza fare politica, ed è finito in un’escalation continua che ha portato fino al referendum del primo ottobre, e alle cariche violente della polizia contro i catalani ai seggi; infine due giorni fa non ha voluto ascoltare l’ultima richiesta di mediazione, che veniva soprattutto dalle imprese catalane, spaventate dal precipitare della crisi politica: un appello che aveva trovato Puigdemont pronto a farsi da parte ma che è rimasto inascoltato.
Si deve tuttavia riconoscere a Rajoy una notevole coerenza. Anche negli errori: è stato sempre fedele alla Costituzione, sordo a ogni richiesta catalana. Allineato con la tradizione unionista del suo Partito popolare. E la coerenza, almeno fino a qui, ha pagato. La dichiarazione di indipendenza votata dall’Assemblea catalana, è un ultimo tentativo della Generalitat di affermare una sovranità che già non esiste più. «Questa è una giornata triste, queste sono ore di animi esaltati ed è importante avere prudenza, serenità e fiducia nello Stato. Bisogna usare strumenti pacifici per recuperare la legalità. Quest’indipendenza è un’indipendenza triste che ci porta ad avere paure», ha detto ieri sera Rajoy prima di togliere di mezzo in un colpo solo tutte le istituzioni dell’autonomia catalana. Ha destituito il presidente catalano Puigdemont e il suo governo, ha sciolto il Parlament, l’Assemblea catalana. E si prepara a una campagna elettorale durissima. Verso il voto del 21 dicembre, Rajoy parte da una posizione di vantaggio. Ha evitato tutti i rischi di una fase di interregno che avrebbe potuto essere logorante e «ora ha in mano tutte le carte per vincere in Catalogna e per consolidare la sua leadership anche in Spagna», dicono con fiducia nel suo entourage.
Il capo dei Popolari ha rifiutato, a più riprese, di intavolare una trattativa con Puigdemont ma ha tenuto contatti costanti e rassicuranti con i partiti che lo sostengono in Spagna e con i leader europei che non gli hanno fatto mai mancare il loro appoggio, isolando così Barcellona. Non potendo contare su una maggioranza chiara in Parlamento ha cercato e trovato un fedele alleato nei Socialisti, che pure premendo per il dialogo con Puigdemont, hanno poi votato – con Rajoy immobile nelle sue posizioni – l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione e quindi il commissariamento della Catalogna.
Con i leader europei ha avuto qualche tensione nei giorni successivi al referendum sull’indipendenza del primo ottobre: aveva garantito ad Angela Merkel e a Bruxelles una gestione morbida, pacifica e ordinata del voto ma ha poi dovuto quasi scusarsi per la violenza della repressione, che tutto il mondo ha visto e condannato. Poi però ha saputo ricucire e – proseguendo «comunque, senza indugi» – ha riguadagnato la fiducia internazionale. Il rischio è che la crisi in Catalogna si trascini, nonostante le elezioni, per anni. Anche per Rajoy non sarà così facile continuare a ignorare il problema.
Luca Veronese
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