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Carla Attianese
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Dijana Pavlović, attrice e attivista per i diritti umani, di origine rom.
Sull’ultima crociata lanciata contro rom e sinti, che sta scatenando reazioni a tutti livelli dentro e fuori i confini nazionali, non solo Salvini mostra di non avere alcuna intenzione di fare marcia indietro, ma anzi annuncia su twitter “Io non mollo e vado dritto!”. Ma quali sono i numeri e la situazione reale di una comunità, quella rom, tanto poco conosciuta da essere diventata una specie di bersaglio privilegiato di molta discriminazione, e di qualche luogo comune?
Ne parliamo con Dijana Pavlović, attrice e attivista per i diritti umani, di origine rom.
Salvini rilancia sul censimento dei Rom. Cosa risponde?
Rispondo che va benissimo, non c’è problema. Questo governo ci riconosca finalmente, visto che siamo l’unica minoranza non riconosciuta di questo Paese. L’unico modo per poter censire su base etnica è l’autodichiarazione, vorrà dire che ci dichiareremo tutti rom. E’ dal ’99, quando fu approvata la legge sulle minoranze linguistiche, che chiediamo di essere riconosciuti. Finalmente diventeremmo quello che siamo, e cioè una minoranza e non un problema.
Un problema che nasce anche dalla percezione sbagliata dei numeri?
Sì. Sono certa che gli italiani pensano che siamo almeno un milione, invece siamo a malapena 130mila persone, di cui il 55% bambini. E a proposito delle nazionalità, 80mila sono italiani e il resto sono o cittadini comunitari o profughi della ex Jugoslavia, oggi apolidi.
E’ vero però che esiste un problema culturale in Italia.
Il nostro problema è sempre stato quello della discriminazione, soprattutto istituzionale, perché scatena e alimenta il senso comune. L’”emergenza nomadi” proclamata da Maroni fece passare 130mila persone, di cui la metà bambini, come una calamità, dunque tutto parte da una discriminazione dello Stato. Quando esco di casa ho sempre addosso gli occhi del vicino che dicono “ecco la zingara”, altra cosa è se a dirlo è un ministro.
Sui rom si dicono molte cose: realtà o luoghi comuni?
Non è un mistero quello che si dice sui rom. È vero che tra le baracche c’è molta microcriminalità, ma i campi non li abbiamo inventati noi, ma le istituzioni 40 anni fa. Se ghettizzi le persone e le fai vivere in un contesto separato e degradato, ovvio che si scateni lo stesso meccanismo di ogni baraccopoli. Se a questo aggiungi le violenze, con bambini che subiscono sgomberi forzati con ruspe e polizia, il gioco è fatto. Si dice che i bimbi non vanno a scuola, ma se arrivi con la ruspa ogni due giorni non avranno mai speranza di andarci. A quei bambini dovresti invece garantire dignità e un luogo stabile in cui vivere e studiare. Inoltre, se un bimbo a 6 anni ha già subito uno o due sgomberi, con la casa e i giochi abbattuti dalla polizia, che rapporto potrà mai avere con la società?
Nella strategia nazionale per l’inclusione di rom e sinti si parla di microaree. Di cosa si tratta?
L’Emilia Romagna ha fatto nel 2015 una legge regionale che riconosce l’identità di rom e sinti, grazie alla quale i Comuni possono creare delle microaree – come previsto dalla strategia nazionale – per piccoli nuclei di famiglie allargate. In pratica esiste la possibilità di trasformare in microaree riconosciute le zone, private o pubbliche, occupate da mezzi mobili come le roulotte. Questo vuol dire responsabilità per chi ci vive, con diritti e doveri, ed è un modello che funziona alla grande. Putroppo spesso i Comuni, come a Rimini, si trovano contro i comitati di cittadini. Per la Lega, che mobilita persone ovunque, la soluzione è solo abbattere, ma questo aggrava i problemi sia per i rom che per i cittadini italiani.
Fin dove pensa potrà spingersi questo governo?
Temo che la prossima mossa di Salvini possa essere quella di terrorizzare la gente dicendo che gli verranno tolti i figli se questi non andranno a scuola. La sanzione per gli italiani che non mandano i figli a scuola è 30 euro di multa, dunque l’idea sarebbe quella di un provvedimento ad hoc solo per i bambini rom? Un’assessora veneta ha già proposto di togliere ai rom i bimbi da 1 a 6 anni. E’ quello che fecero i nazisti, con un esperimento per testare l’”educabilità” di 39 bambini rom. Quando decisero che i bimbi continuavano a conservare “istinti nomadi”, li vestirono di tutto punto, dissero loro che andavano a fare una gita e li portarono nei lager. Solo tre di loro sopravvissero. Non dobbiamo pensare che sia una cosa né così lontana, né così difficile. Ricordiamoci di Aylan: allora tutti piansero per la foto di quel bimbo morto, ma dove sono oggi quelle persone?
Come vi muoverete come comunità?
Chiederemo un incontro a Salvini e a Di Maio, perché se sono un governo serio e vogliono affrontare i problemi noi siamo pronti. Ne abbiamo tutto l’interesse, non teniamo solo ai rom, teniamo a questo Paese, perché siamo italiani. Ma serve la volontà di metterci risorse e faccia.
Stiamo comprendendo di persona come siano potuti nascere e prosperare fenomeni sciagurati e delittuosi come fascismo e nazismo. Individuato un nemico, in genere debole e già colpevolizzato, lo si continua a colpire con slogan, falsità, luoghi comuni. Alla fine, a furia di sentire una bugia per migliaia di volte, la maggioranza delle persone è portata a crederci. E’ quello che stiamo vivendo con gli immigrati e i rom. Negli anni Cinquanta e Sessanta a Milano dicevano:” Oh Signur de Vimudrun, cascia via tùti i terùn”. Adesso i terùn molte volte votano Lega insieme ai padani doc. Serve aggiornare la rima.