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Il riso sotto il velame. La novella cinquecentesca tra l’avventura e la norma Copertina flessibile – 30 nov 1987

 

 

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I tre principi di Serendippo

 

 

I tre principi di Serendippo

Cristoforo Armeno (metà XVI secolo), scrittore e traduttore italiano di origini mediorientali, è stato il primo a tradurre nel 1548 la fiaba Viaggi e avventure dei tre principi  di Serendippo. Il racconto è stato, poi, introdotto da Renzo Bragantini nella raccolta Il riso sotto il velame (1987).

“C’ era anticamente ad Oriente, nel paese di Serendippo (l’attuale Sri Lanka),un grande e potprincipidiserendipente re, chiamato Giafar, il quale aveva tre figli maschi, coltissimi perché educati dai più grandi saggi del tempo, ma privi di un’esperienza altrettanto importante di vita vissuta.

Per provare, oltre alla loro saggezza, anche le loro attitudini pratiche, decise di allontanarli dal regno e, perché diventassero ancora più perfetti, stabilì che andassero a vedere il mondo per conoscere per esperienza diretta i diversi costumi e i modi di fare di molte nazioni che già conoscevano per averli studiati sui libri o appresi dai precettori. Durante il loro viaggio i tre fecero diverse scoperte, grazie al caso e alla loro sagacia, di cose che non stavano cercando. 

Da poco giunti nel Paese del potente imperatore Bahrām, i principi si imbatterono in un cammelliere, disperato perché aveva perduto il proprio animale. I tre pur non avendolo visto, dissero al poveretto di averlo incontrato un bel po’ avanti, lungo la strada. Per assicurare il cammelliere gli fornirono, come prova, tre elementi: il cammello perduto era cieco da un occhio, gli mancava uno dente in bocca ed era zoppo. Il buon uomo, ripercorse a ritroso la strada ma non riuscì a ritrovare l’animale.

Il giorno seguente, ritornato sui suoi passi, incontrò di nuovo i tre giovani e li accusò di averlo ingannato. Per dimostrare di non aver mentito i tre principi aggiunsero altri tre elementi. Gli dissero checammello il cammello aveva una soma, carica da un lato di miele e dall’altro di burro, portava una donna, e questa era incinta.

Di fronte a questi particolari, il cammelliere diede per certo che i tre avessero incontrato il suo animale ma, vista la ricerca infruttuosa, li accusò di avergli rubato il cammello. I nobili singalesi, imprigionati nelle segrete dell’imperatore Bahrām, affermarono di aver inventato tutto per burlarsi del cammelliere ma le apparenze li inchiodavano e così vennero condannati a morte perché ladri.

Fortunatamente un altro cammelliere, trovato il cammello e avendolo riconosciuto, lo ricondusse al legittimo proprietario. Dimostrata in tal modo la propria innocenza, i tre vennero liberati non senza una adeguata spiegazione di come avessero fatto a descrivere l’animale, senza averlo mai visto.

I tre rivelarono che ciascun particolare del cammello era stato immaginato, grazie alla capacità di osservazione e alla sagacia. Che fosse cieco da un occhio era dimostrato dal fatto che, pur essendo l’erba migliore da un lato della strada, era stata brucata quella del lato opposto, quello che poteva essere visto dall’unico occhio buono dell’animale. Che fosse privo di un dente lo dimostrava l’erba mal tagliata che si poteva osservare lungo la via. Che fosse zoppo, poi, lo svelavano senza ombra di dubbio le impronte lasciate dall’animale sulla sabbia. Sulla spiegazione del carico i tre dissero di aver dedotto che il cammello portasse da un lato miele e dall’altro burro perché lungo la strada da una parte si accalcavano le formiche (amanti del grasso) e dall’altro le mosche (amanti del miele); aveva sul dorso una donna perché in una sosta il passeggero si era fermato ai lati della strada a urinare, e questa urina era stata odorata da uno dei principi per curiosità, venendo egli preso da un desiderio carnale che può venire solo da urine di una donna, aveva dedotto che il passeggero doveva essere di sesso femminile. Infine la donna doveva essere gravida, perché poco innanzi alle orme dei piedi c’erano quelle delle mani, usate dalla donna per rialzarsi a fatica visto che doveva avere un corpo pesante.Le spiegazioni dei tre principi stupirono a tal punto Bahrām che decise di fare dei tre giovani sconosciuti i propri consiglieri. I tre principi in incognito offrirono così i lo ro servigi all’imperatore, salvandogli anche la vita, risolvendo situazioni difficili o prevedendo il futuro. “

cristoforoarmeno

(il testo della novella è stato preso qui)


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1 risposta a serendipitytalesblog::: LINK DEL BLOG SOTTO::: CRISTOFORO ARMENO:: PEREGRINAGGIO DI TRE GIOVANI FIGLIUOLI DEL RE SERENDIPPO, SALERNO EDITRICE

  1. Donatella scrive:

    Che belle queste favole, che fanno andare la fantasia in luoghi mai visti ma tante volte immaginati dalla fantasia.

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