Christiania (Città libera di Christiania) è un quartiere della città di Copenaghen, dalla storia e dello statuto particolare.
Tutto iniziò quando nel 1971 un gruppo di Hippie occupò a Copenaghenun’aera costituita da edifici militari abbandonati e la elesse “Stato libero di Christiania”.
Dopo varie vicissitudini gli abitanti di Christiania riuscirono a raggiungere un accordo col governo che riconobbe Christiania come suolo autogestito, gli abitanti del quartiere decisero così di creare una propria microeconomia interna indipendente basata sul principio dell’autogestione e della proprietà collettiva, inoltre dal 1995 Christiania ha negoziato un accordo con il ministero della difesa danese (che è ancora proprietario del terreno) e i residenti non pagano tasse.
Purtroppo col passare del tempo Christiania viene ricordata in Europa soprattutto come il luogo in cui le droghe leggerecircolano liberamente.
Sono anni che, senza successo, il governo Danese cerca di rimuovere gli occupanti e demolire la zona, tanto che nel 2004 gli abitanti di Christiania, come segno di reazione, hanno tolto le bancarelle dove vendevano l’Hascis che comunque continua ad essere venduto su base personale.
Il quartiere è un mondo a se, un esperimento sociologico di anarchia pacifista ed insieme ormai anche un’attrazione turistica che non può che far vivere un esperienza particolare a chi lo visita.
Per entrare a Christiania ci sono due ingressi principali e non è permesso l’accesso alle macchine.
La via principale è “pusher street” (un nome un programma), su cui si affacciano negozietti tipici di artigianato e bellissime casette colorate.
Christiania

area della libera città di cristania in Copenhagen






















28/8/2018
MONDO
Il reportage
La comune hippie nel centro di Copenaghen
Se polizia e spacciatori si rincorrono nell’utopia di Christiania
ELLEN BARRY,
COPENAGHEN
Quando una falange di poliziotti danesi con giubbotti antiproiettile attraversa il confine della Città libera di Christiania, la comune hippie nel centro di Copenaghen, succedono molte cose: risuonano grida allarmate, blocchi di hascisc e sacchetti di marijuana scompaiono dentro sacchi neri che vengono arrotolati e lanciati sopra i tetti, nascosti sotto il pavimento o infilati dentro nascondigli ingegnosamente camuffati. Quando infine gli agenti di polizia raggiungono il mercato en plein air a Pusher Street, l’odore di hascisc è stato rimpiazzato da quello delle girelle alla cannella e metà della popolazione è sparita. Pochi secondi dopo che gli agenti se ne sono andati, l’animato mercato della droga si ricompone e gli affari ripartono.
Questo balletto è andato in scena diverse volte al giorno quest’estate fra il governo danese e la città libera di Christiania, uno dei più longevi esperimenti utopici d’Europa. L’area era una base militare abbandonata nel 1971 quando gli squatter occuparono 84 ettari proclamando una “società autogestita” di artisti e liberi pensatori. La Danimarca ha consentito l’esistenza della comune per quasi mezzo secolo, in violazione delle leggi sulla proprietà, sulla droga e delle norme urbanistiche. Christiania ormai è una delle principali attrazioni turistiche di Copenaghen e monumento alla tolleranza danese.
Negli ultimi anni, però, i problemi della sicurezza hanno cominciato ad avere più peso nell’opinione pubblica. L’ansia crescente si porta dietro un aumento di consensi per l’estrema destra anti-immigrati. Alcuni politici conservatori hanno promesso di chiudere il mercato della droga di Pusher Street, ricordando quando due anni fa uno spacciatore sparò e ferì due poliziotti.
I residenti stabili di Christiania, circa 900, hanno loro regole tra cui il divieto di violenze e droghe pesanti come l’eroina. Le decisioni vengono prese in assemblee che si dilatano in maratone di cinque ore dato che tutti hanno diritto di parola. Dopo la sparatoria con i poliziotti del 2016, il mercato della droga era stato smantellato, ma la pausa è stata temporanea e il gioco quotidiano del gatto col topo è ripreso. «È quello che succede quando giochi a nascondino per trent’anni: diventi molto bravo», dice Simon Gabriel Laugesen, che organizza la videosorveglianza delle pattuglie di polizia. La polizia non effettua incursioni più aggressive, dice, perché non vuole scioccare i turisti che vengono a guardare (e a comprare). «La verità è che non possono farci niente».
Ma lo stress della vigilanza costante impone un prezzo.
Alcuni dormono con una mazza da baseball accanto alla porta o cambiano regolarmente numeri di telefono o non ne usano proprio.
Una mattina, quando una donna di mezza età ha scattato una foto di Pusher Street, un ragazzo è andato da lei per chiederle di cancellarla. La polizia, ha spiegato, passa al setaccio i social media per scovare foto che possano essere usate per effettuare arresti. «Ma siete in guerra?», gli ha chiesto la donna.
«Sì», ha risposto lui con un sorriso. «Va avanti dal 1971», ha detto. «E loro continuano a perderla».
(Traduzione di Fabio Galimberti)
© 2018 New York Times News Service
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