EUGENIO MONTALE
Spenta l’identità
si può essere vivi
nella neutralità
della pigna svuotata dei pinòli
e ignara che l’attende il forno.
Attenderà forse giorno dopo giorno
senza sapere di essere se stessa
IL CAVALLO
Io non sono il cavallo
di Caracalla come Benvolio crede;
non corro il derby, non mi cibo di erbe,
non fui uomo di corsa ma neppure
di trotto. Tentai di essere
un uomo e già era troppo
per me (e per lui).
(Da Diario del ’71 e del ’72, Mondadori, 1973)
UGO MULAS, “EUGENIO MONTALE E L’UPUPA”, 1970
.
La pendola a carillon.
La vecchia pendola a carillon
Veniva dalla Francia forse dal tempo
Del secondo impero.
Non dava trilli o rintocchi ma esalava
Più che suonare tanto n’era fioca la voce
L’entrata di Escamillo o le campane
Di Corneville: le novità di quando
Qualcuno l’acquistò: forse il proavo
Finito al manicomio e sotterrato
Senza rimpianti, necrologi o altre
Notizie che turbassero i suoi non nati nipoti.
I quali vennero poi e vissero senza memoria
Di chi portò quell’oggetto tra inospiti mura sferzate
Da furibonde libecciate – e chi
Di essi ne udì il richiamo ? era una sveglia
Beninteso che mai destò nessuno
Che non fosse già sveglio. Io solo un’alba
Regolarmente insonne tradii l’ectoplasma
Vocale,il soffio della toriada,
ma appena per un attimo. Poi la voce
della boite non si estinse ma si fece parola
poco udibile e disse «non c’è molla né carica
che un giorno non si scarichi. Io ch’ero
il Tempo lo abbandono. Ed a te che sei l’unico
mio ascoltatore dico cerca di vivere
nel fuordeltempo, quello che nessuno
può misurare. Poi la voce tacque
e l’orologio per molti anni ancora
rimase appeso al muro. Probabilmente
v’è ancora la traccia sull’intonaco.
Diario del’71 e del’72
I NASCONDIGLI– Diario del ’71-’71
Quando non sono certo di essere vivo
la certezza è a due passi ma costa pena
ritrovarli gli oggetti, una pipa, il cagnuccio
di legno di mia moglie, un necrologio
del fratello di lei, tre o quattro occhiali
di lei ancora!, un tappo di bottiglia
che colpì la sua fronte in un lontano
cottillon di capodanno a Sils Maria
e altre carabattole. Mutano alloggio, entrano
nei buchi più nascosti, ad ogni ora
hanno rischiato il secchio della spazzatura.
Complottando tra loro si sono organizzati
per sostenermi, sanno più di me
il filo che li lega a chi vorrebbe
e non osa disfarsene. Più prossimo
negli anni il Gubelin automatico tenta
di aggregarvisi, sempre rifiutato.
Lo comprammo a Lucerna e lei disse
piove troppo a Lucerna non funzionerà mai
E infatti…
DOVE COMINCIA LA CARITA’—-dai Diari del ’71-’72
Questa violenta raffica di carità
che si abbatte su di noi
è un’ultima impostura.
Non sarà mai ch’essa cominci at home
come ci hanno insegnato alla berlitz; mai
accadrà che si trovi nei libri di lettura.
E non certo da te, Malvolio, o dalla tua banda,
non da ululi di tromba, non da chi ne fa
una seconda pelle che poi si butta via.
Non appartiene a nessuno la carità. Sua pari
la bolla di sapone che brilla un attimo, scoppia,
e non sa di chi era il soffio.
QUEL CHE PIU’ CONTA — dal Diario del ’72
A forza di inzeppare
in una qualche valigia di finto cuoio
gonfia a scoppiare
tutti i lacerti della nostra vita
ci siamo detti che il politeismo
non era da buttar via.
Le abbiamo più volte incontrate,
viste di faccia o di sbieco
le nostre mezze divinità e fu stolto
chiderne una maggiore,
quasi una mongolfiera
totale dello spirito, una bolla
di spazio soffiata di cui noi fossimo gli ospiti
e i sudditi adoranti.
E salutiamo con umiltà gli iddii
che ci hanno dato una mano durante il nostro viaggio,
veneriamo i loro occhi, i loro piedi
se mai n’ebbero, i doni
che ci offersero, i loro insulti e scherni,
prosterniamoci alle loro ombre se pure
ne furono e andiamo incontro al tempo,
all’avvenire che non è più vero
del passato perché tutto che riempie un vuoto
non fu né mai sarà più pieno dei
custodi dell’Eterno, gli invisibili.
IL PAGURO — dai Diari del ’72
Il paguro non guarda per il sottile
se s’infila in guscio che non è il suo.
Ma resta un eremita. Il mio male è
che se mi sfilo dal mio non posso entrare nel tuo.
Eugenio Montale e l’upupa –da Mulas
ANNETTA
(Diario del ’72)
Perdona Annetta se dove tu sei
(non certo tra di noi, i sedicenti
vivi) poco ti giunge il mio ricordo.
Le tue apparizioni furono per molti anni
rare e impreviste, non certo da te volute.
Anche i luoghi (la rupe dei doganieri,
la foce del Bisagno dove ti trasformasti in Dafne)
non avevano senso senza di te.
Di certo resta il gioco delle sciarade incatenate
o incastrate che fossero di cui eri maestra.
Erano veri spettacoli in miniatura.
Vi recitai la parte di Leonardo
(Bistolfi ahimè, non l’altro), mi truccai da leone
per ottenere il ‘primo’ e quanto al nardo
mi aspersi di profumi. Ma non bastò la barba
che mi aggiunsi prolissa e alquanto sudicia.
Occorreva di più, una statua viva
da me scolpita. E fosti tu a balzare
su un plinto traballante di dizionari
miracolosa palpitante ed io
a modellarti con non so quale aggeggio.
Fu il mio solo successo di teatrante
domestico. Ma so che tutti gli occhi
posavano su te. Tuo era il prodigio.
Altra volta salimmo fino alla torre
dove sovente un passero solitario
modulava il motivo che Massenet
imprestò al suo Des Grieux.
Più tardi ne uccisi uno fermo sull’asta
della bandiera: il solo mio delitto
che non so perdonarmi. Ma ero pazzo
e non di te, pazzo di gioventù,
pazzo della stagione più ridicola
della vita. Ora sto
a chiedermi che posto tu hai avuto
in quella mia stagione. Certo un senso
allora inesprimibile, più tardi
non l’oblio ma una punta che feriva
quasi a sangue. Ma allora eri già morta
e non ho mai saputo dove e come.
Oggi penso che tu sei stata un genio
di pura inesistenza, un’agnizione
reale perché assurda. Lo stupore
quando s’incarna è lampo che ti abbaglia
e si spenge. Durare potrebbe essere
l’effetto di una droga nel creato,
in un medium di cui non si ebbe mai
alcuna prova.
Montale con Maria Luisa Spaziani ( (Torino, 1922 – Roma, 2014) è stata una poetessa, traduttrice e aforista italiana. Nel gennaio del 1949 conobbe Eugenio Montale durante una conferenza del poeta al teatro Carignano di Torino, e fra i due nacque, dopo un periodo d’assidua frequentazione a Milano, un sodalizio intellettuale caratterizzato anche da un’affettuosa amicizia. Mondadori pubblicò nel 1954 una sua raccolta di poesie “Le acque del Sabato “, nella prestigiosa collana Lo Specchio. … È stata tre volte candidata al Premio Nobel per la letteratura, nel 1990, 1992 e 1997. Nel 2012 la sua carriera fu onorata con la pubblicazione del Meridiano Mondadori dedicato alla sua opera poetica. Morì nel 2014 a Roma all’età di 91 anni.
La poesia di Montale così vicina alla vita.
grazie di essere venuto a trovarci, stasera sono partiti i ragazzi, noi partiamo giovedì mattina, e voi? ci saluteremo ” non visti “? chiara
Tempo di scuola e di rientri. Non sappiamo se ci riuscirà d’incontrarci prima della vostra partenza. Ma un pensiero affettuoso per voi non mancherà di certo. Intanto, un abbraccio ‘virtuale’.
MA DA QUANDO HAI DEI PICCOLI DA PORTARE A SCUOLA? ANCHE NOI RICAMBIAMO QUESTO BEL ABBRACCIO VIRTUALE…
Nell’ultima foto tre grandi:ognuno,a suo modo,testimone della crisi dell’uomo del Novecento.C’è solo l’imbarazzo della scelta.Ma alla fine propenderei proprio per l’autore delle poesie sopra riportate che nel loro andamento apparentemente prosastico e nel tono umoristico confermano la visione problematica,negativa dei vari tempi della produzione montaliana.Aggiungo solo che tra Montale e Pasolini i rapporti non sono stati sempre lineari,amicali.Anzi.Basterebbe tenere presente il testo poetico poco frequentato:”lettera a Malvolio”in cui il premio Nobel polemizza aspramente con PPP.Una lirica difficile dove esprime la sua psicologia riservata,lontana dal “mondan rumore”…