LA SONDA MAVEN INTORNO A MARTE–ILLUSTRAZIONE NASA
MARTE: SCOPERTI SU MARTE OTTO DEPOSITI DI GHIACCIO A CIELO APERTO
27/12/2018
SCIENZE
L’incontro
Carlie Zumwalt
“Così noi ragazze della Nasa siamo arrivate anche su Marte”
TROVATO UN ALBERO SU MARTE
INSIGHT E’ IL GIOIELLO DELLA NASA
ROSITA RIJTANO (qualche notizia al fondo)
— foto La Repubblica
Dietro un grande ammartaggio ci sono grandi donne. Sette ingegnere, con unghie laccate rosso Marte e 35 anni d’età media, che hanno svolto un ruolo cruciale nei 7 minuti di terrore attraversati dalla sonda InSight prima di toccare Marte un mese fa. «Il 40% del team di entrata, discesa e atterraggio era composto da donne, la più alta percentuale della storia», ha scritto Carlie Zumwalt, 32enne ricercatrice del Langley Research Center della Nasa su Facebook subito dopo il successo: «Abbiamo fatto una pausa per metterci lo smalto, bere un bicchiere di vino e parlare dei nostri negozi e dei nostri show preferiti. Poi siamo tornate ai computer e abbiamo fatto atterrare una sonda su Marte». Sonda che ha appena depositato al suolo il primo strumento: un sismometro.
Il segreto del successo?
«Duro lavoro e rigore. Negli ultimi sei anni abbiamo speso una parte consistente delle nostre energie su qualcosa durato appena sei minuti e mezzo».
Perché la fase di discesa è così difficile?
«Coinvolge molte tecnologie diverse. Le testiamo sulla Terra, ma le condizioni non rispecchiano quelle di Marte. Nel caso di InSight, una grande incognita era costituita da MarCO, i due piccoli satelliti che hanno seguito la sonda per trasmetterci le informazioni durante la discesa e una volta toccato il suolo: non sapevamo se avrebbero funzionato, come poi è accaduto».
Qual è stato il suo compito?
«La mia squadra si occupa di sviluppare i modelli che prevedono dove si poggerà la sonda. Per anni abbiamo simulato ogni scenario immaginabile: che succede se c’è un’improvvisa tempesta di vento o se il paracadute si apre solo a metà? Poi abbiamo elaborato le centinaia di potenziali traiettorie conseguenti.
L’area prevista entro cui aspettavamo l’atterraggio di Insight era molto grande: un’ellisse di cento chilometri».
Come vi siete preparate nelle ore precedenti?
«I dati che arrivavano dalla sonda ci hanno permesso di fare predizioni sempre più precise sul luogo dell’atterraggio e rimpicciolire l’ellisse. InSight non si è poggiato esattamente al centro della zona designata, per il resto tutto è andato come previsto».
Che cosa ha provato in quel momento?
«Ho faticato a realizzare non si trattasse dell’ennesima simulazione, ma della realtà. Solo quando la prima foto è stata proiettata sullo schermo ho capito che ce l’avevamo fatta davvero: eravamo su Marte.
Questo era esattamente ciò che sognavo nella vita fin da quando avevo sei anni e vedendo quell’immagine ho pensato: ogni sacrificio fatto, è valso la pena».
Emozionate anche le altre?
«Ho visto molti occhi lucidi».
Il vostro lavoro su InSight è finito?
«No, ora che la sonda è atterrata inizia un lungo processo che ha l’obiettivo di comparare quanto realmente successo con il nostro modello, per comprendere come migliorarlo e fare delle previsioni di ammartaggio più accurate».
Siete già all’opera per la prossima missione sul pianeta Rosso, Mars 2020?
«Sì, da poco è stata scelta la zona in cui vogliamo atterrare. Mars 2020 è una sfida diversa da InSight: stiamo lavorando a un sistema che consentirà al rover di cambiare direzione da solo per evitare grandi ostacoli, comparando le immagini che scatta durante la discesa con una mappa di bordo. Per le missioni passate, il 99% della potenziale area di atterraggio doveva essere libera da rocce e pendii pericolosi. Adesso possiamo farcela in territori prima impensabili»
Qual è stata la parte migliore di questa esperienza?
«Lavorare con donne straordinarie, purtroppo non capita molto spesso in un ambiente ancora dominato da uomini.
Questa volta, invece, abbiamo fatto riunioni in cui le quote rosa erano la maggioranza».
Avevate in media 35 anni d’età. Il trend stia cambiando?
«Sì, e sta cambiando anche l’atteggiamento nei nostri confronti: nessuno mi ha mai fatto sentire fuori posto».
NOTA DEL BLOG ::: ROSITA JITANO
Journalist (Tech and science)
Informazioni
Giornalista, scrivo soprattutto di tecnologia e scienza. Appassionata di cronaca estera e di sport che sono troppo pigra per fare. Ho lavorato qualche mese al desk del sito de Il Mattino, dove in portineria continuano a chiamarmi Rita. Da cinque anni collaboro con Repubblica, dove in portineria continuano a presentarmi come Rigitano. Non ho mai avuto il coraggio di contraddire nessuno. Nel 2014 ho vinto il premio Tomassetti dedicato all’informazione scientifica