MATTHIAS GRUNEWALD (1480-1528) — L’ALTARE DI ISENHEIM (1512-1516 ), A COLMAR, UNA CITTADINA DELL’ALSAZIA –NOI OGGI CI FERMIAMO AD OSSERVARE QUELLA CHE VIENE CHIAMATA ” LA PRIMA FACCIA O POLITTICO CHIUSO “…

 

Matthias Grünewald (Würzburg1480 circa – Halle31 agosto 1528)–

 

E’ considerato uno degli autoritratti del pittore— insieme a quello sotto con un punto interrogativo

San Sebastiano (autoritratto?)

Altare di Issenheima, particolare, Musée d’Unterlinden, Colmar

 

 

L’altare di Issenheim (1512-1516)

Dalla documentazione pervenuta sul pittore, risulta che egli lavorasse per il Capitolo del duomo di Magonza, che lo inviò il 13 giugno 1510 a Bingen, per occuparsi, come ingegnere, della fontana del locale castello. L’anno dopo è documentato ad Aschaffenburg come pittore nella corte dell’elettore e arcivescovo di Magonza Uriel von Gemmingen, occupandosi anche di lavori di ingegneria.

Nel 1512 ricevette dal siciliano Guido Guersi, priore del ricco monastero di Sant’Antonio a Issenheim (così in francese; in tedesco, Isenheim), Alsazia, nel quale si praticava anche assistenza ospedaliera, l’incarico di eseguire quella che sarà il suo capolavoro e lo terrà impegnato per almeno quattro anni: l’altare della chiesa della prioria – conservato dal 1832 nel Musée d’Unterlinden di Colmar – un grandioso e complesso organismo di pittura, scultura e architettura, fatto di ante apribili che potessero far assumere tre diverse configurazioni all’altare, che misura circa sei metri in larghezza e oltre tre in altezza. È costituito di quattro grandi ante mobili, dipinte su entrambe le facce, di due sportelli fissi e di una predella, dipinti su di un’unica faccia

La prima faccia assunta dall’altare a sportelli chiusi è costituita, da sinistra a destra, dal San Sebastiano, dalla Crocefissione e dal Sant’Antonio, mentre nella predella è rappresentato il Compianto sul Cristo morto—

 

 e noi oggi si fermiamo qui, alla ” prima faccia “…

—-   IMMAGINI SOTTO —-

 

 

TUTTO IL LUNGO BRANO CHE SEGUE E’ DI PHILIPPE DAVERIO NEL LINK SOTTO

 

La Cappella Sistina del Nord, come è stata chiamata da Philippe Daverio si situa intorno al 1515…

” Eravamo all’inizio della Riforma Protestante ( le 95 tesi di Martin Lutero sono del 1517); durante i moti rivoluzionari della Guerra dei Contadini (1520-1526) e delle Guerre di Religione(1524-1648)… poco prima del Concilio di Trento (1545-1563)…e subito dopo della Scoperta dell’America (1492), quando l’Europa iniziava ad essere inondata dall’oro del Nuovo Mondo, che rese possibile la realizzazione di opere audacissime e costosissime d’arte, di architettura e di urbanistica. E l’oro, come si sa, provoca tra gli umani cose bellissime e anche bruttissime, e i riflessi di questi scombussolamenti epocali sono senz’altro visibili nei due capolavori di cui stiamo parlando.

 

” L’”Altare di Isenheim” di Grünewald, attualmente conservato nel Musée d’Unterlinden di Colmar in Francia (Alto Reno, regione dell’Alsazia), e la Cappella Sistina di Michelangelo sono due capolavori assoluti della civiltà artistica occidentale; dipinti quasi contemporaneamente nei primi decenni del 1500 (L’altare di Issenheim tra il1512 e il 1516 e gli affreschi della Sistina tra il 1508 e il 1541) nel mezzo di grandi sconvolgimenti dei popoli dell’Europa…che vivevano ancora le tragiche devastazioni provocate dalle successive epidemie di peste…

Io, l’”Altare di Isenheim” di Grünewald lo definirei piuttosto una anti-Cappella Sistina…molto “al di qua” della trionfante e monumentale descrizione teologico/dottrinale di Michelangelo, dove le certezze dello spazio e del tempo, dagli inizi della Creazione alla fine dei giorni, fino al Giudizio Finale, è sequenziale, cronologica, ordinata e disciplinata, così come doveva essere l’ordine prestabilito del potere della Roma papale.

La visione di Grünewald, sicuramente riflesso degli scombussolamenti centro-europei dell’epoca, insieme alla funzione taumaturgica che doveva avere l’”Altare di Isenheim” hanno creato questa opera allucinante, dove tutto viene sconvolto, la vita e la morte, il principio e la fine…. la vita può coincidere con la morte, il principio può coincidere con la fine , la gloria può coincidere con la vergogna e il trionfo con la catastrofe….perchè non è la imitazione o rappresentazione delle cose o dei fatti il carattere centrale di questo capolavoro, quanto l’esistenza, l’essere e l’espressione dell’essere nel suo insieme, divino, umano, animale e vegetale (Pare di leggere per immagini i racconti di Juan Rulfo, scritti 4 secoli dopo…)

Giovanni Testori parla appunto di “vegetalità generante e generale….dove le voci, gli stridii e i lamenti…le chiamate soffocanti e inesauste…stanno perennemente sul punto di farsi….come se si levassero dall’intrico arrovellato e crudele delle radici di un’immane foresta”….e descrive la Crocifissione in questi termini tremendi: “Che nel corpo di Cristo dovesse contenersi il massimo d’unicità e quasi di concentrazione della natura vegetale, di quella animale e di quella umana…..Cristo, in Grünewald, non scende a incontrarsi solo come uomo; s’incarna come scandalo dell’unità e dell’unicità dell’essere…..Il Cristo di Colmar non è più soltanto un colosso umano; e neppur più soltanto un toro indomabile, anche se vinto; le piaghe che maculano la sua pelle non sono più e solo cicatrici o ascessi dovuti alle spine e agli atrezzi della flagellazione e della tortura; esse sono anche, e nello stesso tempo, escrescenze e oscuri morbi di natura tipicamente vegetale, ferite di tronchi strappati, croste di clorofille malate”……

…”Nè il rapporto tra la testa di Cristo e la corona di spine è quale risulterebbe se la corona fosse stata veramente infilata sul cranio del Crocifisso; esso è quale sarebbe se la corona ne fosse uscita come una gemmazione spontanea e necessaria; nè più nè meno di come vi sono usciti e cresciuti i capelli……Non era forse scritto da sempre che Cristo sarebbe stato coronato di spine? Ma questo “sempre” è, nello scandalo di Grünewald, talmente reale che la corona si sarebbe sviluppata da sè per ferirlo e torturarlo, anche se attorno a lui non ci fosse stato nessun carnefice. Così è assai difficile capire se le spine che fuoriescono, qua e là, lungo tutto il corpo vi sian state immesse o non siano invece spuntate per una sorta di mostruosa e folgorante capacità vegetale dei suoi stessi muscoli e del suo stesso sangue. L’atrocità dell’atto viene, del resto, subito ribaltata dalla maggior quantità, anzi dal massimo di desiderio, di bisogno e di necessità di sofferenza e di morte che si leggerebbe in Cristo, attraverso questa sua folle, animalesca e divina autospinazione”.

E’ difficile inserire questo pittore in un convincente e coerente filo di sviluppo della pittura tedesca dei secoli XV e XVI. Giovanni Testori dice che “Il suo percorso risulta esterno alle regole del grande, tragico gioco o cammino dell’arte”…
L’impianto pittorico e decorativo è ancora medioevale “tardo-gotico”: simbolico nella disposizione dei colori, carichi di valori spirituali (R.Arnheim) e contrastante con la realtà nella scala di grandezza delle figure (Gombrich).

Il Rinascimento Grünewald non l’ha assimilato…l’ha superato con indifferenza sbarcando in una specie di “manierismo” espressionista….che poi ispirerà tutti gli “espressionismi” successivi, fino a quelli moderni e contemporanei.

A Grünewald non interessano che l’espressione e il movimento. La norma, la misura, le proporzioni della figura umana (che Dürer perseguì per tutta vita) non lo hanno certamente interessato molto. Le sue forme fisiche sono per lo più brutte, malaticce, impossibili o almeno fuori dall’ordinario, anche quando non si sacrifichi niente all’espressione. I volti sono asimmetrici, quasi in ogni dipinto si riscontrano arbitrii di disegno che hanno una giustificazione artistica; oppure tralascia il modellato, come avviene negli schizzi“. (H. A. Schmid, Die Gemälde und Zeichnungen von Matthias Grünewald, 1911)

La predilezione per i temi drammatici e crudeli manifesta in Grünewald una sensibilità appassionata. L’asprezza con cui li rende svela una sensualità morbosa, una specie di nevrosi che degenera in voluttà del dolore.
Il realismo con cui evoca il cadavere di Cristo sulla croce è di una brutalità che nemmeno i più frenetici spagnoli hanno superato… La sua sensualità esacerbata di mistico si compiace nell’orrendo e nel ripugnante. Nessuno come questo tedesco ha dipinto i ‘livori della decomposizione’, le ‘fosforescenze della putrefazione’…..
Composizione, disegno, colore, ogni cosa è sacrificata o subordinata all’espressione, che deve a ogni costo toccare la massima intensità …
Nei dipinti di Grünewald il colore ha una parte primordiale ed essenziale. Non è una veste d’accatto : si identifica col disegno, è carne e sangue dei suoi personaggi, che non si potrebbero concepire senza di esso … La sua tavolozza è ricchissima. Ha un gusto dichiarato per i toni schietti e opulenti, l’azzurro oltremare, il giallo aranciato, il giallo zafferano, il giallo d’oro. Predilige i rossi, ne modula tutta la gamma, spingendola a limiti estremi, dal rosa salmone fino al lusso della porpora … si direbbe che, anticipando i secoli, Grünewald abbia presentito il principio delle ombre colorate e della esaltazione dei colori complementari, considerati conquista della moderna pittura in plein-air. La definizione che meglio si addice per caratterizzarlo è la parola ‘barocco’, spogliata – s’intende – di ogni significato peggiorativo”. (L. REAU, Matthias Grünewald et le Retable de Colmar, 1920)

Dicevamo che Grünewald, nell’’”Altare di Isenheim” sta parecchio “al di qua” della Cappella Sistina, perchè è ancora umano tra gli umani, tra “follie e fantasmi” e con tutte le incertezze, i dubbi e le sporcizie del “mettere le mani in pasta”, e le sue rappresentazioni non potranno mai arrivare alla eroicità, alla gloria trionfante e alla apoteosi delle certezze di Michelangelo.

Esattamente quattrocento anni dopo José Clemente Orozco ha dipinto la Cappella Sistina dell’America Latina nell’Hospicio Cabañas di Guadalajara-Messico, in un certo senso concludendo il ciclo delle “Cappelle Sistine” …andando “al di là”, implodendo e contemporaneamente esplodendo la monumentalità gloriosa e trionfante di tutte le ideologie e filosofie e “razionalità scientifiche” che hanno guidato questo millennio, in una rappresentazione e narrazione pittorica che prende per mano Grünewald e lo porta ai nostri giorni.

Sono tre “Cappelle Sistine” che vivono gli inizi, le glorie e la fine di questo piccolo frammento millenario della storia della umanità occidentale….

…..con la utopistica nota della purificazione nella cupola dell’Hospicio Cabañascome speranza della sopravvivenza della vita a condizione di cambiare la rotta e cambiare totalmente i paradigmi fin qui vissuti.

 

 

il testo di Daverio è preso da questo link::: LA BOTTEGA DEL PITTORE

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L’OPERA

 

 

NELLO SCHEMA SOTTO ( DOPO LE IMMAGINI DELLA CAPPELLA DOVE E’ ESPOSTO IL DIPINTO), QUESTA POSIZIONE DOVREBBE ESSERE DEL POLITTICO CHIUSO CON SANT’ANTONIO ABATE  (qui a destra di chi guarda) e l’altro santo è SAN SEBASTIANO; AL CENTRO LA CROCEFISSIONE::

Una croce di legno ricavata da un albero rozzamente tagliato, mostra il suo braccio orizzontale che si flette per reggere il corpo imponente di un uomo martoriato in ogni brandello di carne; un uomo ritratto nell’estremo spasimo che precede la morte. Le mani inchiodate alla croce, paiono ancora contorcersi convulsamente, le braccia si stendono disarticolate ben al di sopra del capo reclinato sul petto, coperto da un’impressionante corona di spine; la bocca sfatta dal dolore pare ormai aver tratto l’ultimo respiro.
Tutto il corpo è livido per le infinite percosse subite, mentre le carni ferite paiono già assalite da una putredine cadaverica; le ginocchia si torcono assieme ai polpacci; i piedi si accavallano trafitti da enorme chiodo che ha tratto dal corpo gli ultimi rivoli di sangue.

Grünewald dipinge in questi termini la “bestemmia” della morte dell’Uomo-Dio, e sulla scena di quest’orrendo macello si avverte l’angoscia soprannaturale insita nel mistero doloroso.

Ad un lato della croce vediamo una Madonna, con il velo ed una bianca veste monacale, dal viso che appare bellissimo nel pallore dello sfinimento. Ha ancora la forza di torcersi le mani, quasi a farsi male, mentre un San Giovanni vestito in rosso- che nei taglio dei capelli e nei tratti del volto ha l’aria di un giovane studente tedesco – la sorregge pietosamente.
Una minuta Maddalena, nel suo ampio manto color rosa, si contorce nel cordoglio tendendo le mani giunte verso la croce. Deposto ogni segno di avvenenza, invecchiata, anzi, dallo strazio, Maddalena si tende come un arco, con il corpo e con le braccia, e guarda angosciata, attraverso il velo che le cala sugli occhi, il corpo martoriato di Cristo.

Sull’altro lato della croce, con insolita iconografia, troviamo la figura del Battista nella sua rozza veste di pelo di cammello; ha statura elevata, i capelli a zazzera ed una barba incolta; tiene in mano le Scritture e, con un indice smisurato, addita didatticamente la figura del Cristo. Ai suoi piedi l’Agnello di Dio (simbolo di quel Gesù che egli ha battezzato) ha il petto ferito ed una coppa raccoglie il fiotto di sangue che ne esce. Alle spalle del Battista, nel buio della penombra che avvolge l’angosciante silenzio della scena, leggiamo la scritta Illum oportet crescere, me autem minui[1] (“Egli deve crescere e io invece diminuire”), tratta dal Vangelo secondo Giovanni (3, 30), ove il Battista dichiara di essere stato mandato ad annunciare il Cristo.

Il paesaggio, che si dispiega oltre il patibolo in un crepuscolo di morte, lascia scorgere le acque stagnanti di un fiume, come se anche la natura si fosse raggrumata e divenuta marcescente assieme al sangue ed alla carne dell’Uomo-Dio.

Osserva lo scrittore francese Joris-Karl Huysmans che:
Quel Cristo spaventoso, morente sull’altare dell’ospizio d’Isenheim sembra fatto a immagine dei colpiti dal fuoco sacro che lo pregavano, e si consolavano al pensiero che il Dio che imploravano avesse provato i loro stessi tormenti, e che si fosse incarnato in una forma ripugnante quanto la loro, e si sentivano meno sventurati e meno spregevoli“.

WIKIPEDIA

 

Immagine correlataun’altra foto con colori meno brillanti…

 

Ho trovato anche questa riproduzione, in questo link: http://cav.unibg.it/elephant_castle/web/saggi/il-em-polittico-di-isenheim-em-nella-poetica-di-erik-neutsch/35

 

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questa è di nuovo molto nitida…

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dettaglio della figura di Cristo

 

Mathis Gothart Grünewald 023.jpg

 

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dettaglio del volto del Cristo

 

Immagine correlata

un’immagine più vasta di quella appena sopra con colori quasi plumbei…

 

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la mano destra

 

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la mano sinistra del Cristo

 

Immagine correlata

altro dettaglio: i piedi inchiodati

 

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altra foto

 

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il grembo–dettaglio

 

 

 

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altro dettaglio–La Maddalena

 

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un’altra foto con altri colori della Maddalena

 

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un’altra immagine con colori più caldi della Maddalena

 

 

dettaglio

 

Mathis Gothart Grünewald 027.jpg

un’altra foto

 

 

dettaglio

 

Mathis Gothart Grünewald 024.jpg

un’altra foto

 

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dettaglio

 

predella con La Deposizione

 

 

una foto un po’ più grande della ” Deposizione ”

 

 

 

L’opera all’interno della Cappella che fa parte del Museo di Unterlinden a Colmar, cittadina dell’Alsazia.

Il Museo è situato tra le mura di un ex monastero delle monache Domenicane, fondato nel XIII secolo. Famoso per la Pala d’Altare di Issenheim, il museo ospita una ricca collezione di opere d’arte locali e internazionali, e manufatti dall’età preistorica a quella contemporanea.

Gli edifici del museo, di grande interesse artistico, sono disposti intorno all’antico chiostro gotico, che funge da elemento focale, e all’adiacente cappella dedicata a San Giovanni sotto il tiglio[2] (dal tedesco St Johann unter der Linde), da cui il nome Unterlinden. La cappella, composta dalla navata centrale con volta a quattro campate e dal coro a sette campate, fu costruita tra il 1262 e il 1269[3]. Successiva è la costruzione del chiostro in arenaria rosa dei Vosgi[4], composto da quattro gallerie con volta e un piano superiore per ospitare le celle.

Immagine correlata

il chiostro

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il chiostro

 

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la cappella

 

NOTIZIE IMPORTANTI SULL’ALTARE DI ISENHEIM

 

L’Altare di Isenheim (o Issenheim, secondo la denominazione francese della città alsaziana) costituisce l’opera più importante eseguita da Matthias Grünewald. Si tratta di una sorprendente “macchina di altare” fatta di ante fisse ed ante rimovibili, che possono assumere tre diverse configurazioni.
Committente dell’opera fu l’abate del monastero di Issenheim, Guido Guersi. Essa era destinata alla preghiera dei monaci antoniani e dei tanti malati (soprattutto quelli sofferenti del “Fuoco di Sant’Antonio“) che venivano pietosamente accolti nel monastero.

 

SCHEMA DEL MOVIMENTO DELLA MACCHINA::

 

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